Indice | Giallo e la montagnaL'allegra brigata va in montagna(® scritto da Lorella Zara)Passò il tempo, era oramai autunno inoltrato e, dopo l’avventura che
l’aveva portato a vedere il mare, le giornate di Giallo avevano preso la
routine di sempre. La mattina si svegliava, faceva colazione con il latte che la sua amica
Lolly metteva nella ciotola, giocherellava con le sue palline colorate per un
po' finché, stanco, andava verso il suo albero oramai spoglio della sua verde
chioma e dei bei frutti che durante l’estate l’avevano ornato, e si sdraiava
sotto i suoi rami. Per qualche tempo dopo la sua prima avventura, non fece altro che pensare
al mare e alla montagna che ancora doveva vedere. Aspettava con ansia vicino al
cancello del suo giardino che Rufus e Flora, il cane e il topo che l’avevano
accompagnato nel suo primo viaggio, si facessero vivi per rispettare ciò che
Rufus aveva promesso: fargli conoscere la Montagna. Oramai, però, aveva perso
la speranza. A lui sembrava che fosse passato tanto tempo dall'ultima volta che
li aveva visti e pensò che i suoi amici avessero abbandonato l'idea di un'altra
avventura. Così la sua vita continuò con il solito tran-tran che comunque a lui non
dispiaceva per nulla. Infondo, come del resto a tutti i gatti, gli piaceva
poltrire e stare sdraiato all'ombra del suo albero preferito nell'attesa che
Lolly giocasse un po' con lui. Una mattina, però, di buon'ora, Giallo sentì qualcuno che lo chiamava in
lontananza. A lui in realtà sembrava un sogno, giacché stava ancora dormendo.
Ma la voce era insistente e continuava ad urlare il suo nome. Aprì gli occhi e
si rese conto che non era un sogno. Qualcuno lo stava veramente chiamando. <<Giallo! Giallo!>> ripeteva la voce. Lui si levò dalla sua cesta e si guardò intorno per vedere a chi
appartenesse quella voce, non vide nessuno. Si avvicinò al cancello, ma anche lì
non c'era nessuno. Intanto la voce continuava a chiamarlo. D'un tratto, un'ombra proiettata sull'erba del suo giardino, attirò la
sua attenzione. Guardò in alto e scorse un uccello che volteggiava sopra la sua
testa. <<Chi sei?>> chiese incuriosito <<E come mai conosci il
mio nome?>> <<Ma come?>> disse l'uccello <<non mi riconosci? Sono
cresciuta un po' e ho imparato a volare, ma non credo di essere cambiata
molto!>> L'uccello scese in picchiata e planò davanti a Giallo che cominciava a
pensare d'essere ancora nel bel mezzo di un sogno, ma quando vide il piumaggio
colorato, non riuscì a credere ai suoi occhi: <<Quaquina!>> gridò sbalordito <<Come mi fa piacere
vederti e come sei cresciuta! Ora sei una vera papera.>> disse Giallo
felice ed emozionato. <<Beh! Sei pronto ad intraprendere il viaggio verso la montagna?
Rufus mi ha cercata e mi ha detto che per questo viaggio poteva essere utile il
mio aiuto, fortunatamente la migrazione delle mie compagne papere verso i paesi
più caldi non è ancora iniziata e così ho accettato di accompagnarvi con
grande piacere. Ora lui e Flora stanno arrivando, prepara le tue cose, ci
mettiamo subito in cammino.>> Giallo non credeva alle sue orecchie, Rufus e Flora stavano arrivando! Si
precipitò verso il cancello e vide il cane e il topino in fondo alla strada che
a passo svelto si dirigevano verso la sua casa. Allora corse a riempire il suo
foulard con i resti della colazione e vi mise dentro anche la sua pallina
portafortuna e quando Flora e Rufus arrivarono, lui era già pronto per mettersi
in viaggio. Non appena i due varcarono la soglia del cancello, Giallo li salutò
calorosamente dando pacche sulla schiena di Flora e leccando il muso di Rufus
che cercava con le sue zampette di difendersi da quel lavaggio improvviso e
indesiderato. <<Ora basta>> disse Flora felice per aver ritrovato il suo
amico, <<le rimpatriate mi emozionano sempre e sono troppo vecchia per
queste cose. Incamminiamoci, dunque, il viaggio è lungo e non possiamo perdere
tempo se vogliamo rientrare a casa prima del buio.>> Così incominciarono il viaggio guidati da Rufus, l'esperto di montagne. Presero la via opposta a quella che avevano percorso per arrivare al mare
e dovettero attraversare parecchie strade prima di trovarsi nella periferia
della città da dove si vedeva la montagna, maestosa, ergersi contro il cielo. <<E' enorme!>> si stupì Giallo <<siete sicuri che
arriveremo in cima prima di sera?>> Poi, facendosi schermo con la zampa per riparare gli occhi dal riverbero
del sole tiepido d’autunno chiese: << Che cosa è quella cosa bianca che
ricopre la punta della montagna?>> <<Quella è la neve.>> disse Rufus che ben la conosceva
<<State tranquilli torneremo a casa prima del Buio, conosco un paio di
scorciatoie che ci faranno guadagnare tempo e ci porteranno fin lassù.>> Ripresero il cammino e, finite le abitazioni della periferia cittadina, si
trovarono davanti a grandi campi coltivati con le cose più disparate. <<Quel campo a sinistra è pieno di cavoli,>> disse Rufus
<<quello in fondo è pino di cavoli, l’altro, a fianco, è un campo di
fragole, mmhh…!>> fece il topo leccandosi i baffi <<le fragole
sono buonissime peccato che questa non è la stagione giusta per raccoglierle,
ma, chissà, forse riuscirò a trovarne qualcuna bella matura, dopo ci farò una
capatina.>> poi continuò <<il campo a destra è invece pieno di
carote. Anche queste niente male!>> <<Ma le carote non sono arancioni?>> disse Flora che era
abituata a vedersele servite insieme alla carne dalla sua amica Stefy, e non le
riconosceva in quella bella veste verde. <<Si è vero>> ammise Rufus <<ma la parte arancione sta
sotto terra mentre quella che vedete costituisce le foglie, la parte verde della
carota, quella che sta in superficie.>> e per dimostrare ciò che diceva
incominciò a scavare nel terreno per estrarne una: <<Visto?>> disse tenendola tra i denti. Poi, rivolgendosi a
Giallo: <<Tieni, dal momento che l'abbiamo tolta dal terreno, la
conserviamo nel tuo fagotto per il pranzo.>> <<Caspita!>> esclamò Flora <<E’ proprio vero che non
si finisce mai di imparare. Proprio quando credi di sapere qualcosa, arriva un
signor chicchessia e ti dimostra che c’è altro da sapere. Ha, ha, ha.>>
rise la cagnetta dando una pacca con la sua grossa zampa alla schiena di Rufus
che fece un balzo in avanti a causa di quel colpo. Mentre Giallo apriva il suo fagotto per riporre la carota vide un cumulo
di terra muoversi. Rimase li, a fissarlo, con gli occhi sgranati e indicandolo
agli altri con la zampa. Anche Flora, che in genere non si stupiva mai di nulla,
rimase a bocca aperta a guardare e Quaquina per sicurezza si alzò in volo, non
si sa mai che ci fosse qualche pericolo in vista. Solo Rufus non si spaventò e
se la rideva sotto i baffi. Finalmente dal cumulo venne fuori un musetto buffo che annusava l’aria: <<Chi ruba le mie carote? Chi siete?>> chiese lo sconosciuto. <<Non si preoccupi Signora Talpa>> disse Rufus <<ho
preso soltanto una carota per farla vedere ai miei amici.>> <<Ah sei tu ragazzo!>> proferì la talpa con una vocina un
po’ tremula. Chiamava con quell'appellativo tutti quelli che incontrava, anche
se erano più vecchi di lei <<E' passato molto tempo dall'ultima volta che
sei passato di qui? Ma dimmi dove sei stato? Hai trovato la tua nuova
dimora?>> <<Si l'ho trovata e ho trovato anche molti amici, come puoi
vedere.>> Subito Rufus si accorse della gaffe che aveva fatto e chiese scusa alla
talpa. Gli amici non compresero il perché di quelle scuse e domandarono
spiegazioni al topino. Lui, a bassa voce, per non offendere la sensibilità
della Signora Talpa spiegò che le talpe erano cieche perché vivevano sotto
terra e li, al buio, la vista non era importante. <<Infatti>> disse la talpa indispettita <<io sono cieca
ma ho un udito e un fiuto finissimo.>> e sottolineò queste ultime parole Intanto
Quaquina, visto che il pericolo era scongiurato, scese e, con
agitazione, avvisò gli amici che qualcosa si muoveva poco distante. Tutti si girarono nella direzione indicata dalla papera e videro due
grosse orecchie sbucare dalla macchia verde: <<Lo so io chi è>> disse la talpa con aria rassegnata
annusando di nuovo l’aria <<sentirei il suo odore a chilometri di
distanza, è quel furbacchione e gran ladro di carote di Messer Coniglio che
viene a curiosare. Venga, venga Messer Coniglio, non abbia timore, si faccia
avanti.>> Ed ecco che dalle piante di carote sbucò il bel musetto del coniglio che
con fare baldanzoso e un po' arrogante si avvicinò al gruppo e, con la erre
moscia, recitò:
<<Io sono Messer Coniglio,
per mangiar io m' accapiglio.
Ma voi ditemi chi siete?
E poi, quanto resterete?
Se per pranzo voi sostate
cuocerò tante patate
se per cena rimarrete
le carote faro' a fette.>> A queste parole Quaquina scoppiò in una fragorosa risata. Non aveva
sentito mai nessuno parlare in questo modo. La Signora Talpa era ugualmente molto divertita e, sebbene conoscesse da
molto tempo Messer Coniglio, non si era ancora abituata a sentire quella parlata
in rima. <<Perdonatelo.>> disse ancora ridendo <<Da quando ha
sentito il contadino che lavora queste terre declamare versi, si è montato la
testa e crede di essere un poeta.>> Anche Flora, Giallo e Rufus ridevano a crepa-pelle e Messer Coniglio ci
rimase talmente male che il suo musetto, tanto grazioso, divenne tutto rosso per
la vergogna. <<Non te la prendere caro Messer Coniglio>> disse Flora fra
una risata e l'altra <<Non vogliamo prenderti in giro, ma il tuo parlare
è molto divertente, ed erano secoli che non ridevo così di gusto. Tante grazie
amico.>> Il coniglio si rincuorò per le parole di Flora la quale continuò: <<E per rispondere alle tue domande...: siamo dei viaggiatori che
vogliono vedere la montagna che sta alle tue spalle.>> Poi rivolgendosi
anche alla Signora Talpa disse: <<Perché non vi unite a noi in questo viaggio?>> <<Mi piacerebbe moltissimo>> disse la talpa <<ma come
sapete sono cieca, e vi sarei solo d'intralcio, e poi sono vecchia e preferisco
stare al sicuro nella mia tana.>> Invece Messer Coniglio disse:
<<Io vengo volentieri,
se non vi do pensieri.
Ma forse non sapete
che lassù freddo avrete,
se non siete preparati,
rimarrete assiderati.>> <<Non preoccuparti Messer Coniglio>> disse Giallo,
<<siamo tutti ben attrezzati per intraprendere il viaggio. Tutti siamo
ricoperti da una calda pelliccia e non dovremo avere problemi.>> <<Bene!>> disse la Signora Talpa <<Visto che la
compagnia è aumentata, c'è bisogno d'altro cibo.>> Estrasse, quindi, tre grosse carote dal terreno e le mise nel fagotto di
Giallo. Poi li condusse nel campo di fragole e regalò loro la ultime rimaste.
Rufus a quella vista si leccò i baffi e subito ne volle assaggiare una per
vedere se era dolce. <<Mmm… Sono buonissime. Tante grazie Signora Talpa.>> disse
leccandosi i baffi. <<Anche io la ringrazio per la sua generosità.>> disse Flora.
Poi rivolgendosi ai compagni: <<Su, andiamo, la montagna ci aspetta>> Così il gruppo, arricchito di un altro elemento, incominciò la scalata
al monte. Rufus spiegava ai suoi amici quale strada avrebbero percorso per arrivare
in cima il più presto possibile e, di tanto in tanto, mostrava loro delle
piante e ne descriveva le caratteristiche come avrebbe fatto un vero botanico. Ben presto, però, incapparono nelle prime difficoltà. Infatti, il
sentiero scelto da Rufus era stato chiuso da una frana e il gruppo di amici non
sapeva più come continuare il viaggio. Si trovavano, infatti, ai piedi di una
rupe sulla quale era impossibile arrampicarsi talmente era ripida, e senza quel
passaggio, non si poteva andare dall'altra parte. <<Proverò a vedere dall'alto se esiste qualche altro
sentiero.>> disse Quaquina. Detto, fatto. La papera si alzò in volo e i suoi amici stettero ad
osservarla ammirando le circonvoluzioni che faceva nel cielo azzurro,
invidiandola un pochino per quella capacità che la natura aveva loro negato. Appena scese al suolo raccontò ai suoi amici ciò che aveva visto al di
la della rupe: <<Ho visto un altro sentiero a pochi passi da qui che porta
esattamente dietro questa rupe. Bisogna però tornare indietro e passare sotto
un cespuglio di rovi. E' un vero peccato che non possiate volare,>> disse
marcando queste parole con una lisciatine alle piume delle ali come per
vantarsene <<dall'altra parte della rupe c'è un paesaggio bellissimo e
non lontano da qui c'è un piccolo lago. Credo che ci arriveremo in poco tempo
così potremo rinfrescarci un pochino e fare merenda prima di
proseguire.>>
<<E' fu così che la mia compagnia grazie a Quaquina riprese la via. E quando al lago noi si giungerà
Infin la carota si mangerà>> Sentenziò Messer Coniglio che non vedeva l'ora di affondare i suoi grandi denti nelle carote che la Signora Talpa gli aveva regalato. Giallo e Rufus ridevano ad ogni battuta del coniglio, ma per amore della verità, bisogna affermare che anche loro non vedevano l'ora di sostare per rifocillarsi e riposarsi un poco. Si voltarono indietro e videro che avevano fatto un bel po' di strada, il sole si stava avvicinando al punto più alto del cielo e la stanchezza cominciava a farsi sentire. Tornarono indietro e finalmente Flora trovò il cespuglio di rovi ma, haimè,
per lei era impossibile passarci in mezzo, e anche Giallo avrebbe avuto
sicuramente delle difficoltà, per non parlare poi delle spine che sicuramente
avrebbero strappato i peli della loro pelliccia e, probabilmente, procurato
qualche ferita. <<Come facciamo? Io e Giallo non possiamo attraversare questo
cespuglio!>> disse Flora avvilita per quella difficoltà che non aveva
previsto. <<Niente paura>> disse Rufus <<io e Messer Coniglio
risolveremo la faccenda.>>
<<L’amico Rufus ed io risolveremo
con i denti codesta questione.
Tutti i rami noi roderemo
per permettere la transizione.>> Quindi presero con gran lena a rodere con i loro denti affilati i rami del
rovo creando così un passaggio abbastanza largo affinché Flora potesse
passare. A dir la verità il nostro cane dovette strisciare un pochino sulla
pancia, ma Giallo passò tranquillamente senza perdere neanche un pelo della sua
bella pelliccia della quale andava orgoglioso. Al di la del cespuglio trovarono il sentiero che Quaquina aveva visto
dall'alto. Era, in verità, un po' scomodo perché era stretto e costeggiava un
profondo burrone. Le difficoltà
maggiori erano sicuramente per Flora giacché era la più grande del gruppo, ma
nonostante ciò, la cagnetta si mise coraggio e seguì i suoi amici per il
sentiero. <<Non guardate di sotto.>> ripeteva Rufus che era abituato a
vedere burroni e aveva paura che qualche suo amico si facesse male. <<Va bene, va bene.>> gli rispondevano gli altri badando a non
mettere le zampe in fallo. Flora, ovviamente, era la più attenta di tutti e si accorgeva, non senza
paura, che il terreno sotto le sue zampe era franoso, e anche se non guardava in
basso, sentiva i sassi che si staccavano dal sentiero e rotolavano giù
provocando dei piccoli smottamenti. Finalmente quello stretto passaggio finì e la comitiva si ritrovò
dall'altra parte della rupe, in uno spiazzo enorme infondo al quale c'era il
lago di cui aveva parlato Quaquina che, da gran furbacchiona, aveva evitato il
sentiero e aveva oltrepassato la rupe in volo. <<Alla fine siete arrivati…eh?>> disse agli amici in tono
canzonatorio. Nessuno però le rispose. Erano tutti intenti a riguadagnare fiato e a
riprendersi dalla fatica di aver attraversato lo stretto corridoio. <<Speriamo, al ritorno, di trovare un'altra strada.>> disse
Flora rabbrividendo al solo pensiero di ripassare di li. S'incamminarono, dunque, alla volta del lago e vi giunsero senza
incontrare altri intoppi. La prima cosa che fecero fu abbeverarsi. L'acqua del lago era freschissima
e dissetante, era un vero piacere berla. Flora e Quaquina si tuffarono e si
divertirono a bagnare con spruzzi d’acqua fresca i loro amici che dalla riva
li guardavano divertiti. Agli occhi di Giallo il lago sembrava un piccolo mare rinchiuso in una
gabbia d'alberi. Questi, infatti, lo circondavano e facevano bella mostra delle
loro chiome verdi specchiandosi nella sua superficie leggermente increspata
dalle onde che Flora e Quaquina provocavano con i loro giochi. Il colore
dell'acqua era di un celeste intenso e sulla sua superficie si riflettevano le
nuvole, bianche come il latte, che, spinte da una leggera brezza, andavano verso
la cima della montagna e quasi la coprivano alla vista. Finalmente, Giallo aprì il suo fagotto per la gioia di Messer Coniglio
che insieme a Rufus mangiò a sazietà le carote e le fragole, Giallo divise con
Flora i croccantini che aveva portato con sé da casa, Quaquina, invece, trovò
il suo cibo nel lago ricco di piccoli pesci e di insetti . <<Andiamo, si sta facendo tardi.>> disse Rufus finendo di
addentare l'ultimo pezzo di carota. Giallo raccolse ciò che era rimasto della merenda, ben poco a dir la
verità, e tutti insieme si avviarono verso la cima della montagna.
<<Finalmente la compagnia
riprenderà la via.
Finalmente andremo là
dove neve ci sarà.>> disse
canticchiando Messer Coniglio. Poi si portò alla bocca l’ennesimo pezzetto di
carota. <<Ora non ci resta che attraversare il bosco che abbiamo di
fronte.>> disse Rufus che camminava davanti al gruppo per indicare il
cammino e dare spiegazioni su tutto ciò che vedevano. <<Ma i funghi di cui ci hai parlato non li abbiamo ancora
visti!>> disse Giallo che non si era certo dimenticato i racconti
dell'amico topo. <<Non sarà facile trovarli,>> rispose Rufus <<ma se
siamo fortunati, li troveremo più su, dove finisce il bosco.>> S'inoltrarono in mezzo agli alberi e videro cose inaspettate: fiori
bellissimi, dai più svariati colori e che emanavano profumi intensi. Grandi
varietà di uccelli, lucertole, e altri animali che non avevano mai visto. Il povero Giallo, memore dei rimproveri che Flora gli aveva fatto quando
avevano incontrato Rufus, si tratteneva a stento dal rincorrere ogni piccolo
animale che vedeva. Specialmente le lucertole, che si nascondevano al loro
passaggio, erano così invitanti......... Lui di certo ci avrebbe giocato
volentieri. Gli alberi erano talmente alti e fitti che a stento i raggi del sole
filtravano tra i loro rami. Inoltre, man mano che salivano, l'aria si faceva
sempre più fredda e pungente. Messer Coniglio aveva avuto ragione ad avvisarli
del freddo, ma per fortuna erano ben attrezzati, la loro pelliccia li proteggeva
egregiamente. Ad un tratto sentirono un rumore provenire da un tronco d'albero. A dire
il vero a Giallo sembrò di aver udito un debole miagolio. <<Avete sentito anche voi?>> chiese agli altri che annuirono e
tesero le orecchie per sentire meglio. Quatti, quatti si avvicinarono per capire di cosa si trattasse. In un
tronco d'albero cavo videro un gattino tutto bianco che miagolava disperato.
D'un balzo la madre, timorosa che gli intrusi facessero del male al suo piccolo,
si avventò sbuffando contro di loro e li costrinse alla ritirata. <<Non aver paura, siamo amici.>> disse Giallo preoccupato. La gatta vedendo che, in effetti, avevano un’aria inoffensiva si
tranquillizzò: <<Scusate la mia reazione, ma il mio piccolo sta male e non può
muoversi, e in un bosco come questo, con tanti pericoli, bisogna essere molto
guardinghi e non fidarsi di nessuno.>> Giallo si avvicinò al gattino e gli annusò il muso: <<E si! Sta veramente male. Cara Flora, tu che sai molte cose, cosa
possiamo fare per aiutarlo?>> chiese. <<Beh, amici, temo che noi possiamo fare poco, l'unica cosa che
posso consigliare è di trovare un uomo al più presto, prima che le cose
peggiorino. Non so, però, se qui vicino potremo trovare qualcuno, siamo
piuttosto lontani dalla città.>> disse Flora sospirando. <<Mia alzerò in volo per vedere se qui vicino c'è qualche
casa.>> disse Quaquina. Dopo qualche minuto tornò e riferì che a poca distanza da lì aveva
visto del fumo uscire da una casa con un enorme giardino. Decisero quindi di
recarcisi portando la gatta e il piccolo con loro. Mamma gatta prese il suo piccolo per la collottola pronta a seguirli. <<Per arrivare al più presto alla casa, mi alzerò nuovamente in
volo e vi guiderò dall'alto, voi seguitemi.>> disse Quaquina contenta
perché la sua capacità di volare poteva ancora una volta essere utile ai suoi
amici. Infatti, grazie al suo aiuto, trovarono subito la casa e si fermarono di
fronte ad un cancello che aveva un'insegna sopra. <<Non vorrei sbagliarmi,>> disse Flora <<ma mi sembra di
conoscere questa insegna, se ho ragione, siamo capitati proprio nel posto
giusto. Questa dovrebbe essere la casa di un veterinario, cioè di un medico per
gli animali. La mia amica Stefy mi ha portato da uno di questi uomini una volta
che sono stata male.>> <<Si, si anche io la riconosco, anche la mia Lolly mi ci ha
portato.>> disse Giallo. E poi rivolgendosi alla gatta: <<Il tuo micino è nato sotto una buona stella, l'uomo che abita qui
lo potrà sicuramente aiutare.>> <<Si va bene>> disse mamma gatta posando a terra il suo
piccolo <<ma come facciamo ad entrare? Qui è tutto chiuso e il cancello
è troppo alto, non possiamo saltare!>> Per fortuna anche ai conigli qualche volta vengono delle buone idee.
Infatti Messer Coniglio disse:
<<Ho un'idea per l'entrata!
Cioè la nostra Flora Riproduca un'abbaiata.
Giallo faccia pure la sua bella miagolata.
Il gran trambusto vedrete farà
aprire la porta pure a un Marajà.>> <<Mi sa tanto che i versi di Messer Coniglio questa volta giungono a
pennello.>> disse Flora ridendo <<Su, Giallo, incominciamo il
canto.>> Così Giallo e Flora incominciarono a fare una gran cagnara. A gran voce
uno miagolava e l'atra abbaiava e per di più, per fare più rumore, graffiavano
con le zampe la facciata del cancello. <<Ma cosa succede qui fuori?>> disse, ad un tratto, una voce
proveniente dall’interno del giardino. Flora e Giallo continuarono a far rumore per attirare l'attenzione.
Finalmente videro una faccia bella rubiconda affacciarsi dal cancello. <<Ma guarda guarda,>> disse l'uomo <<Che allegra
brigata! Entrate, entrate.>> Entrarono tutti in fila indiana un po' timorosi. Seguirono l'uomo che li
condusse in una stanza tutta bianca, che aveva al centro un tavolo in lucido
metallo e ai lati mobili bassi con sopra tanti strumenti. Flora e Giallo,
vedendoli, rabbrividirono ricordando le loro visite mediche. Intanto il veterinario, accortosi subito che il malato era il piccolo
micio, lo prese e lo mise sul tavolino per esaminarlo. La gatta non perdeva
d'occhio suo figlio e salì sul tavolo per essere sicura che l’uomo non gli
facesse del male. L’uomo esaminò il micino e ad alta voce, come se parlasse con altre
persone, disse che il gatto era seriamente malato: <<Ha un brutto raffreddore, ma tenendolo al caldo e con le mie
medicine, guarirà alla svelta.>> poi rivolgendosi alla gatta e
accarezzandole la testa per tranquillizzarla: <<Vedrai che te lo rimetterò in sesto. Per un po’ di giorni
rimarrete con me così il tuo piccolo potrà guarire presto.>> Flora e Giallo si guardarono sollevati perché capirono,
dall’espressione dell’uomo, che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Il veterinario, che intanto armeggiava con i suoi arnesi, tirò fuori da
una scatola una siringa e la preparò
per fare un’iniezione al micino. Alla vista di quel terribile aggeggio, Flora e Giallo, che l’avevano già
visto e sperimentato sulla loro pelle, abbassarono la testa e la nascosero fra
le zampe per non vedere e non sentire il dolore del poveretto che in quel
momento era sottoposto a quella che loro chiamavano: TORTURA. <<Ecco fatto. Ora possiamo rifocillare la comitiva.>> disse il
veterinario guardando con un’espressione divertita Flora e gli altri. Depose
il micio sopra un caldo cuscino, andò verso un armadio e tirò fuori dei
barattoli di bocconcini e altre leccornie varie. Nel vedere quel ben di Dio
Flora e Giallo si leccarono i baffi e insieme con gli altri presero a mangiare,
ognuno nella sua ciotola preparata con cura dal veterinario. Alla fine del pasto tutta la comitiva si sistemò nel cortile della casa
del veterinario per prendere un po’ di sole e riposarsi prima di riprendere il
cammino. Quando si decisero a partire, mamma gatta li raggiunse e li ringraziò per
il loro aiuto: <<Tenete, prendete questo pacchetto, c’è il cibo avanzato,
probabilmente vi sarà utile visto che dovete fare ancora tanta strada.>>
Li salutò e a tutti diede una leccatina sul muso per dimostrare ancora una
volta quanto era loro grata. Flora , Giallo, Rufus, Quaquina e Messer Coniglio, commossi, si avviarono
verso il cancello girandosi ogni tanto per salutare la gatta. <<Bene ricominciamo il viaggio>> disse Rufus che si mise di
nuovo in testa al gruppo per guidarlo. Si inoltrarono nel bosco. Il sole, ormai
alto nel cielo, faceva filtrare i suoi raggi attraverso i rami fitti degli
alberi, creando una leggera nebbia che li avvolgeva dando vita a una magica
atmosfera. Agli amici infatti, sembrava di essere capitati in un paesaggio da
favola e si aspettavano da un momento all’altro di trovarsi davanti agli occhi
qualche gnomo del bosco o una bella fatina. Ma Messer Coniglio, un po’
tremolante per la paura che quell’atmosfera gli incuteva, non era d’accordo
con gli altri. I rami degli alberi, ormai quasi spogli delle foglie, a lui
sembravano braccia nere di mostri protese in cerca di afferrare qualche vittima
per sbranarla, i tronchi parevano i
corpi dei mostri con facce orribili, spaventose e sogghignanti. Ad un certo
punto, vinto dalla paura e con voce tremolante disse: <<Accipicchia! Questo bosco, stiamo attenti, è alquanto fosco. Incontrare qui potremo Forse un tipo alquanto losco. E che cosa noi faremo Se per incanto o per magia Tramutare ci farà in una qualche diavoleria?>> <<Andiamo Messer Coniglio>> disse Flora canzonandolo
<<non essere così pauroso. Nessuno ci tramuterà in niente. Vieni vicino
a me così ti potrò difendere meglio dai tuoi fantasmi>>. Intanto Giallo, Rufus e Quaquina se
la ridevano e bisbigliavano fra loro di quanto fosse fifone il loro amico
coniglio. La salita sulla montagna si faceva sempre più ripida e l’aria fredda li
avvolgeva completamente facendo uscire dalle loro bocche ciuffi di vapore che si
disperdevano nell’aria. Cammina, cammina, si trovarono in una piccola radura verdeggiante in cui,
dall’erba alta, spuntavano delle macchie rosse che sembravano cappellini e
avevano disegnato sopra dei piccoli pois bianchi. <<Guardate che delizia>> disse Giallo leccandosi i baffi. <<Calmati, amico mio>> disse Rufus << purtroppo per te
questi non li potrai mangiare.>> <<Ma cosa sono?>> chiese Flora <<Finalmente li abbiamo trovati. Questi sono funghi,>> disse
Rufus rispondendo alla domanda di Flora <<abbiamo trovato, però, quelli
velenosi. Dovete sapere che esistono molte varietà di funghi, alcune si possono
mangiare, altre sono altamente velenose, possono uccidere un uomo e quindi anche
noi. Vi pregherei, data la loro pericolosità, di non toccarli.>> <<E’ un peccato>> disse Giallo con un pizzico di delusione
<<sono comunque bellissimi e con quei pois bianchi hanno un aspetto così
invitante che viene veramente voglia di mangiarli.>> <<E’ vero>> replicò Quaquina <<sono molto belli, mi
sa che ne prendo qualcuno per decorare la mia tana.>> <<Andiamo su! lasciali stare lì dove sono, Rufus ha detto di non
toccarli perché sono molto velenosi e poi si sta facendo tardi>> disse
Flora <<siamo quasi arrivati in cima ma abbiamo da fare tutto il ritorno,
non vorrei rifare al buio quel sentiero pericoloso, tremo solo al pensiero,
brrrrrrr!>> Così i quattro amici ripresero il cammino verso la cima della montagna
che a dire la verità non era molto distante. Attraversarono altre radure in cui
videro altri funghi di diverse specie e incontrarono altri amici animali: uno
scoiattolo con una coda rossa come il fuoco regalò a Rufus delle ghiande, un
pettirosso indicò loro la strada più breve per arrivare in cima alla montagna
e una tartaruga si trattenne a chiacchierare con i cinque amici spiegandogli che
cercava una tana per il suo riposo invernale, era giunto per lei il momento del
letargo. Ancora più su e ad un certo punto a Giallo fecero male i cuscinetti di
pelle che aveva sotto i piedi. Sentiva come se tanti aghi gli penetrassero
dentro la carne delicata. Guardò in basso e un miagolio di sorpresa gli uscì
dalla bocca: <<Guardate, scommetto che questa è la neve>> disse agli altri
che per la stanchezza non si erano accorti che avevano raggiunto la cima della
montagna. <<Bravo Giallo!>> esclamò Rufus <<mi chiedevo quando
qualcuno di voi se ne sarebbe accorto. E’ già un bel pezzo che ci camminiamo
sopra.>> Flora, sbalordita, si guardò intorno e vide gli alberi intorno spruzzati
di bianco e una grande distesa bianca che si arrampicava fino in cima, iniziò a
leccare quella strana cosa per vedere di cosa era fatta: <<Ma ha il sapore dell’acqua>> disse <<Infatti,>> replicò Rufus << la neve non è altro che
acqua che scende dal cielo sotto forma di piccoli cristalli. Se avete sete,
mettetene un po’ in bocca e lasciatela sciogliere, vedrete che si trasformerà
in acqua. In questo periodo ce ne ancora poca ma d’inverno tutta la cima della
montagna si riempie di neve e gli uomini vengono fin qui per giocare, usano
delle lunghe assi che si mettono ai piedi e con quelle scivolano dalla cima
verso la valle divertendosi un mondo. Possiamo farlo anche noi se
volete.>> Rufus iniziò dunque a salire su in cima alla distesa seguito dagli altri
e una volta arrivato si lasciò scivolare giù per la valle emettendo gridolini
di gioia. Gli altri fecero lo stesso e si divertirono talmente che rifecero la
salita e la discesa tante di quelle volte che, alla fine, stanchi morti, si
sdraiarono sulla neve noncuranti del freddo. Rufus allora pensò ad un altro
gioco, prese a formare piccole palle di neve e a scagliarle contro i suoi amici. <<Questo gioco è ancora più divertente>> disse Giallo
ridendo e tirando anche lui la neve agli altri. Dopo un po’ fu una gran baldoria, erano tutti coperti di neve. Flora e
Messer Coniglio spruzzarono gli altri con la neve mettendosi di spalle e
grattandola via dal terreno con le zampe anteriori, Quaquina la prendeva col
becco e, alzandosi in volo, bombardava i suoi amici dall’alto. Si divertivano
un mondo facevano una gran cagnara con le loro risate. <<Chi è che disturba il mio sonno?>> urlò d’un tratto una
voce profonda che veniva da sopra un albero. A Flora parve di riconoscere quella voce. Sollevò la testa e vide sopra
un ramo un uccello con un folto piumaggio bianco, con un becco aquilino e due
grandi occhi che si muovevano a destra e sinistra guardinghi. Gli altri a quella
vista provarono paura, l’uccello infatti era grande e grosso e i suoi artigli,
posti alla fine delle zampe, erano alquanto minacciosi. Flora, però, riconobbe in quell’uccello la vecchia civetta che le aveva
predetto l’incontro con la sua amica Stefy: <<Buon pomeriggio Signora Civetta>> disse <<vi ricordate
di me? Sono Flora>> <<Certo che mi ricordo di te>> disse la civetta <<
dovresti sapere che non dimentico mai nulla. Cosa mi racconti? Si è già
avverata la mia predizione? Come mai siete venuti fin quassù?>> Flora raccontò del suo incontro con Stefy e di come fosse felice con lei,
di come aveva incontrato i suoi amici e deciso con loro di vedere prima il mare
e poi la montagna, narrò tutte le avventure vissute senza tralasciare nulla. La
civetta ascoltava attentamente, felice che finalmente qualcuno le rivolgesse la
parola senza provare terrore per il suo aspetto. Alla fine del racconto Giallo fece notare a Flora la posizione del sole.
Eh si, si era fatto tardi e dovevano intraprendere la via del ritorno. <<Signora Civetta>> disse Flora <<ora dobbiamo
lasciarla, dobbiamo tornare alle nostre case che sono laggiù in città e si è
già fatto molto tardi speriamo di arrivare prima di notte.>> <<Se farete la via che avete intrapreso per arrivare fin qui,
arriverete in città per domani all’alba>> disse la civetta prendendoli
bonariamente in giro <<dovete invece passare dall’altro versante della
montagna. Gli uomini hanno costruito una strada che porta in città e in men che
non si dica sarete arrivati.>> <<Finalmente la compagnia riprenderà la via, a casa si tornerà finchè luce ci sarà>> Sentenziò Messer Coniglio che aveva finalmente ritrovato la voce dopo la paura provata nel bosco. I cinque amici salutarono ossequiosamente, ringraziarono la civetta e si
incamminarono sulla via del ritorno ma prima si fermarono su una rupe ad
ammirare il panorama che si godeva da lassù. Era bellissimo, avevano la città ai loro piedi e in lontananza si
scorgeva il mare azzurro con le creste bianche provocate dalle onde. La via indicata dalla civetta si rivelò facile da percorrere ma i cinque
compagni parlarono poco, tristi per aver lasciato quel luogo di giochi e
allegria e perché fra non molto si sarebbero separati, forse per non rivedersi
mai più. Arrivarono infatti ai piedi della montagna, nelle campagne che circondano
la città e lì salutarono Messer Coniglio: <<Arrivederci caro amico, qui purtroppo ci dobbiamo lasciare, ci
mancheranno moltissimo le tue rime.>> disse Flora anche a nome di tutti
gli altri. <<Addio carissimi amici, sono talmente commosso che per la prima
volta da tanto tempo non riesco a mettere in rima le mie parole. Venite a
trovarmi quando volete, sarete i benvenuti nella mia tana.>> disse Messer
Coniglio accomiatandosi dalla compagnia e avviandosi verso un campo di carote
poco distante per affogare lì la sua tristezza. Il resto della brigata riprese la via, attraversò un paio di isolati e si
ritrovò vicino alla casa di Flora: <<Eccoci arrivati a casa>> disse la cagnetta guardando triste
i suoi amici. <<Su, su, non siate tristi ci rivedremo ancora>> disse
Quaquina <<io tornerò l’estate prossima con l’arrivo del caldo e
potremo organizzare un altro viaggio. Ora salutiamoci con allegria non mi va di
ricordarvi con quelle facce malinconiche durante il mio viaggio nei paesi del
sud. Chissà quante cose vedrò! Ve le racconterò senz’altro la prossima
estate.>> poi alzandosi in volo <<Ciaooo, ciaooo. Abbiate cura di
voi .>> urlò dall’alto volteggiando almeno una decina di volte sulla
testa dei suoi amici in segno di saluto: <<Ciao, ciao, ciao>> rifecero in coro Flora, Giallo e Rufus. <<Ha ragione Quaquina,>> disse Rufus <<la prossima
estate ci incontreremo di nuovo ed escogiteremo un altro viaggio verso
un’altra meta. Arrivederci amici miei.>> Salutò i suoi compagni di viaggio annusando loro il muso e si dileguò
attraverso i giardini dei palazzi che costeggiavano la via incamminandosi verso
il campo in cui aveva trovato dimora.. <<Va bene, eccoci arrivati proprio alla fine del viaggio.>>
disse Flora <<Caro Giallo noi abitiamo vicini e potremo comunque vederci
quasi tutti i giorni, ricorderemo le nostre avventure e ci faremo ancora tante
risate al pensiero delle rime di Messer Coniglio.>> <<Già>> disse Giallo con voce malinconica <<vieni a
trovarmi durante le tue passeggiate, ti ospiterò nel mio giardino e potremo
programmare le prossime avventure.>> Quindi si separarono e Giallo si avviò verso casa. Arrivato al cancello
vide Lolly che si occupava delle piante del giardino: <<Ciao piccolino dove sei stato tutto questo tempo? E’ quasi buio
e incominciavo a preoccuparmi, stavo per andare da Stefy per vedere se eri li
con Flora, da quando l’ hai conosciuta siete diventati inseparabili voi
due.>> disse Lolly
accarezzando il suo gatto e grattandolo sulla schiena, vicino alla coda. Giallo le si strusciò nelle gambe emettendo miagolii di piacere per il
fatto che la sua amica aveva scoperto il suo lato debole. Dopo aver ricevuto la
sua cena, stanco e assonnato, si mise nella sua cesta accanto alla poltrona dove
era solita sedersi Lolly e, ronfando, si addormentò col pensiero rivolto ai
suoi amici, alla neve, ai funghi e a tutto ciò che in quella giornata
memorabile aveva vissuto.
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