Le Interviste del Boss

Philadelphia 1984 Interview
(? 18-09-1984 ?)
di Dave Hepworth

Questa intervista è stata rilasciata da Bruce nel 1984 per uno special di Dave Hepworth. E' stata trasmessa anche in Italia (su TMC) con spezzoni dei concerti di Philadelphia (settembre '84). Ci sono alcune imprecisioni causa una traduzione non molto "esperta" della musica del Boss.


I- Bruce, la domanda più ovvia che si possa fare a una persona che è stata per più di 3 ore in scena davanti a 20.000 persone è: come ti senti? Sei stanco? E' una domanda molto stupida.
S- No, sto benissimo.

I- Cosa fai di solito dopo lo spettacolo: vai a ballare, dormire, mangiare?
S- Torno a casa, mangio qualcosa, verso le 2, 2 e mezza, poi qualche volta vado a fare due passi, ma non sempre, solo quando mi va. Mi piace passeggiare di notte nella città, è tutto così tranquillo, soprattutto d'estate. Insomma esco, poi torno a casa, leggo qualcosa, poi vado a dormire verso le 5, le 5 o le 6.

I- Il gruppo da quando è in Gran Bretagna è cambiato. Steve Van Zandt se ne è andato....
S- Poi abbiamo preso Nils, Nils Lofgren che suona la chitarra, ed è venuta anche la sua ragazza, che canta piuttosto bene

I- Molta gente è rimasta sorpresa quando Nils Lofgren è arrivato nel tuo gruppo, perché in fondo era un leader molto affermato
S- Nils ha suonato con un sacco di gente, ha suonato con Neil Young e con altri molto importanti. E' strano, lo conosco da tanto tempo, le nostre strade si sono incrociate tantissime volte, fin dal 1969. La prima volta che l'ho visto è stato in una serata di prova che abbiamo fatto a San Francisco, eravamo degli sconosciuti. Noi abbiamo suonato all'inizio e lui è arrivato alla fine con il suo gruppo "Grin". E' stata la prima volta che ho sentito la chitarra suonare come un organo, andava veramente forte ed è diventato uno dei tre migliori chitarristi d'America. Così quando Steve ha deciso di andarsene, sapevo già che Nils aveva la stessa sensibilità musicale e si sarebbe inserito subito. Sono molto contento che stia con noi e ci divertiamo un mondo.

I- La domanda che si fanno sempre tutti, i fans, gli esperti è: quando farai un disco dal vivo?
S- Non lo so, non so se un disco dal vivo funzionerebbe nello stesso modo. Perché funzioni devi esserci di persona, per questo non abbiamo mai fatto molta tv o molti video.
In questo modo siamo troppo distanti, mentre quello che vogliamo è annullare la distanza, come abbiamo sempre fatto fin dall'inizio. Credo sia importante che la gente esca di casa per andare in un posto dove può incontrare altra gente.
Un altro motivo è che le canzoni che facciamo dal vivo sono già incise sui dischi, quindi sono delle noiose ripetizioni, probabilmente sarebbe noioso anche lavorarci sopra. Ma ci sono altre canzoni che vorrei incidere di nuovo, perché non mi piace come sono state registrate in sala.

I- Per esempio?
S- Darkness soprattutto, nel 33 Darkness, dove ci sono i miei pezzi migliori. C'è un certo tipo di canzoni in quel disco, forse le miei migliori. Ci sono un sacco di idee e mi è sempre sembrata un'incisione un po' vuota. Probabilmente il canto è troppo forte, si sente troppo poco la musica e troppo la voce. Ecco, quelle canzoni sono molto diverse da quando le suoniamo dal vivo, sono delle altre versioni rispetto al disco.
I- Prova a inciderle un'altra volta in sala allora....
S- Non mi va di rifarle in studio, ci vorrebbe un disco dal vivo che contenga anche canzoni come Badlands e Prove It All Night e Promised Land che secondo me sono le migliori di quel disco

I- (....) l'esuberanza esplosiva come in Born To Run e invece adesso soprattutto in canzoni come Born In The U.S.A. e Nebraska l'esuberanza sembra aver lasciato il posto a qualcosa di meno ottimistico, vero?
S- Negli ultimi due dischi ho cercato di essere il più realistico possibile, la prospettiva cambia quando si cresce. Ho fatto Born To Run a circa 25 anni, adesso ne ho quasi 35, ma per fortuna con l'età scrivo anche meglio.
Quando ho scritto BTR, volevo scrivere qualcosa che fosse più grande della realtà della dimensione umana. Volevo essere romantico ed eroico credo. Ultimamente invece cerco di esprimere qualcosa più a dimensione d'uomo. Il mio concetto di eroismo è molto cambiato da allora.

I- Adesso com'è?
S- Per esempio mia sorella si è sposata molto giovane, aveva circa 17/18 anni. La sua è stata una vita molto dura, hanno passato dei brutti momenti: suo marito era operaio edile e all'improvviso smisero di costruire palazzi, c'era la recessione. Hanno dovuto superare degli anni molto duri, avevano due bambine, è come se li rivedessi adesso, sono stati fantastici.
Sai, dei ragazzi a 12/13 anni non sono uno scherzo, ma ce l'hanno fatta. I ragazzi sono cresciuti e sono stupendi. Però è stata dura, è stato davvero molto difficile farcela.
Ecco, il mio modello di eroe moderno sono loro, è la gente comune quella che fa girare il mondo.

I- Parliamo un po' del concerto di Atlantic City(????), adesso
S- E' stata una bella serata, stupenda, è esattamente così che dev'essere un concerto: la gente viene, si dimentica delle proprie preoccupazioni e si diverte, balla, ascolta le canzoni e poi ballano tutti insieme.
Quello che cerco di fare è dimostrare che certe cose sono diverse, in modo che la gente che viene, possa vedere quelle stesse cose in modo diverso. Insomma voglio aiutarla a cambiare un certo modo di vedere la vita, il lavoro, gli amici. Credo che la gente possa riuscirci. Cerchiamo di dimostrare che può veramente cambiare idea ma allo stesso tempo credo che la gente si diverta e anche questo va bene.
Le diamo quello che vuole, quello che abbiamo, quello che le serve in quel momento. E' questo che vogliamo. Se viene qualcuno che ha bisogno di ispirazione, speriamo di trovare un po' di ispirazione per lui, oppure se vuol ballare o passare una bella serata con una ragazza, noi siamo lì per questo, se vuole ridere, se vuole pensare, se vuole piangere, quello che vuole. Siamo un misto di queste cose, almeno spero.

I- Dancing In The Dark ne hai fatto un video, è una cosa che non avevi mai fatto
S- Avevamo fatto un altro video prima di quello, ma non comparivo. Era il video di Atlantic City dall'LP Nebraska. Un bel video.

I- Non sei stato costretto in un certo senso a fare video dal momento che la MTV ha cambiato le regole del gioco in America? E' un ottimo sistema per farsi conoscere dal pubblico per avere successo
S- Certo, la MTV in America è stata molto importante per tantissima gente. Credo che sia più facile adesso avere successo con il primo disco che uno fa, perché prima era difficile per il pubblico riuscire a sapere qualcosa su di te.
La MTV invece ti fa conoscere di persona, fisicamente, ed è molto importante nel r'n'r, e la maggior parte del pubblico di MTV è più che altro composto da ragazzini, per questo l'immagine è fondamentale. Sono tutti molto giovani, vanno dai 6/7 anni, fino all'età in cui finalmente vanno ai concerti. E finché non possono uscire, allora guardano la MTV per ore e ore.
Quando parlo con i miei amici che hanno figli di quell'età, mi dicono sempre: "Per fortuna che oggi esiste la MTV!!". E le miei nipotine mi chiamano e mi dicono: "Ti abbiamo visto in tv! Quando ti vediamo un'altra volta? Oh, non lo so, devo fare prima un altro video......Fallo presto!!" Hanno più o meno 6/7/8/9/10 anni, ha preso il posto dei cartoni animati per i ragazzini.

I- Ma la cosa non ti fa piacere, vero?
S- Non lo so neanch'io, ma dato che il mio scopo principale è comunicare con il maggior numero di persone possibile, mi interessa tutto quello che può farmi raggiungere questo scopo.
Non so cosa, ma non sono ancora in sintonia con i video. Perché hanno gli stessi problemi che conosco, diversi da quelli a cui sono abituato. Innanzitutto un video è molto costoso, il più delle volte, specialmente da quando la qualità della produzione video è diventata così alta. E poi li girano in fretta, velocemente, in un giorno o due, quindi è un grosso impegno anche economico. E' come giocare ai dadi.....
A me, piace lavorare molto lentamente, non sono veloce, e lavoro lentamente perché voglio avere il controllo totale di quello che canto e di tutto il mio lavoro. E poi anche se a volte lavoro con altri, questa collaborazione non è mai così stretta, come nei video. Lì c'è chi registra, la troupe.....quando faccio un disco, il regista sono solo io.
Ma oltre a questi problemi, c'è il vero problema di fondo dei video. Quando si fa un video, la maggior parte delle persone che fanno i video, vogliono illustrare le canzoni, e di solito vengono malissimo, perché in realtà la gente vuole essere lasciata libera di usare la propria immaginazione.
Per esempio una canzone come My Father's House, uno dei miei ultimi pezzi, ognuno che la sente si immagina una cosa diversa, magari su una collina da dove si vedono prati sterminati. Le mie canzoni sono piene di dettagli cinematografici e quindi per me non c'è nient'altro. Quando scrivo una canzone nuova, è fatta, finita, basta. Rimane solo la musica, la musica è evocativa, è fatta proprio per evocare emozioni, emozioni personali e reazioni dell'ascoltatore. Quindi se il video serve ad illustrare una canzone, nel mio caso non posso farlo, perché sarebbe come disegnare dei baffi su una foto di una bella ragazza! Oppure dovrei creare un'altra storia che si sovrapponga alla canzone, ma sarebbe sciocco perché c'è già la storia della canzone ed è quella storia che voglio raccontare. Inventare un'altra storia che soffochi quella della canzone non ha nessun senso.
C'ho messo vent'anni ad imparare a scrivere bene le canzoni, perciò quando ne senti una, so che ti ho detto tutto quello che ti serve, puoi tirarne fuori le sensazioni e le emozioni che vuoi. E' piena di piccole cose, precise, insomma so fare il mio lavoro e quindi non mi va di buttare tutto all'aria. Una specie di rispetto dell'integrità della canzone.
Ancora non so cosa voglio fare, mi piacerebbe fare qualcosa con I Don't Really.....(????), perché ha una forza melodica e può arrivare a molte persone, persone molto diverse.

I- Sei uno che pensa al domani? Che pianifica il suo futuro?
S- No, di solito passo di serata in serata, perché non sopporterei di pensare di passare la vita a suonare la chitarra per 4 o 6 ore ogni sera. E quindi penso solo mentre lo faccio, ogni tanto penso:" Stavolta voglio fare una tournée in Europa, oppure in Giappone, o in Australia". Cose così.

I- Non hai paura di diventare un recluso come i Rolling Stones nella metà degli anni settanta, che dicevano sempre che stavano preparando del materiale nuovo?
S- E' quello che faccio adesso!!!

I- Sì, ma tu lavori molto sui dischi, li prepari accuratamente, almeno così sembra....
S- E' solo perché lavoro molto lentamente, è come quando un quadro va avanti da solo....ci vogliono degli anni...
Il fatto è che mi ci vogliono due anni e mezzo per preparare una tournée e circa un anno per fare un LP. Lavoro lentamente, scrivo moltissime canzoni, ne butto via tante e ne tengo qualcuna. Forse perché voglio esprimere certe idee o non ho una idea chiara di quello che voglio fare. Non prevedo che il mio metodo di lavoro possa cambiare sostanzialmente, so già che per mettere in piedi il mio prossimo lavoro, lavorerò almeno fino alla fine dell'estate prossima.

I- Di solito i tuoi concerti si tengono in posti molto grandi, certamente più grandi che in Gran Bretagna, ed è logico, perché la gente che ti vuol vedere è tantissima. Ti ricordi come hai imparato a proiettare la tua presenza in posti così?
S- Non è stato difficile, si tratta solo di sapere chi c'è là fuori. E anche rendersi conto di quanta gente c'è, più che altro è l'atteggiamento mentale, quando hai sistemato le cose materialmente come l'impianto acustico, le luci, il palcoscenico, allora diventa solo un problema mentale, devi renderti conto del pubblico. In realtà quando sei in un teatro, non è molto diverso, anche se c'è molta meno gente. La cosa più importante è il pubblico, la folla è l'unica cosa che conta in uno spettacolo. Devi riuscire a farli cantare, cantare le canzoni insieme a te. E il suono delle loro urla è stupendo! Mi piace il suono di quella marea di gente che canta.
Mi diverto ancora a suonare le vecchie canzoni, mi piacciono molto, credo che siano delle belle canzoni. E' come se Born To Run avesse un suono diverso, se hai sentito Nebraska, se hai sentito Born In The U.S.A. o The End Of The Night (??????), in fondo senti Born To Run. Secondo me lì c'era già tutto, ci sono gli anni, i miei ultimi dieci anni, quelli in cui sono maturato, quelli in cui ho dato tutto di me. Ci sono tutte queste cose e quando lo ascolti, senti il profumo di quegli anni e se stai attento ci sono tutte quelle cose, quelle esperienze.
Sai è strano, ma quando ho scritto Nebraska mi sono chiesto se non ho fatto altro che scrivere sempre la stessa canzone. Perché mi piacciono ancora le vecchie canzoni, quando ci ho pensato non ne ero sicuro, ma quando le ho cantate mi sono accorto che era proprio così.
E' la rappresentazione della vita, nei suoi diversi momenti, nei suoi diversi periodi. Sono felice perché al pubblico piace quella mia vecchia canzone, la cantano, in fondo quella canzone è loro ed è mia nello stesso modo. E' uno scambio tra loro e me e così ha un significato più importante, perché significa sempre di più per la gente.


Di Dave Hepworth

Un ringraziamento speciale va a Roberto Apice, che si è preso la briga di trascrivere per intero questa intervista apparsa in televisione.

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