Le Interviste del Boss

La Voce Del Rock'n'Roll Canta Contro L'Apartheid
di Ernesto Assante
da la Repubblica, 21-11-1985

la Repubblica - Giovedì, 21 novembre 1985 - pagina 19
di ERNESTO ASSANTE

Steve Van Zandt presenta in Italia "Sun City", un album realizzato da molte star per denunciare la tragedia dei neri sudafricani
LA VOCE DEL ROCK' N' ROLL CANTA CONTRO L' APARTHEID

"SUN CITY è la Las Vegas del Sudafrica, un posto dove tra alberghi lussuosi e sale da gioco si consuma la tragica mascherata dell' apartheid, un luogo dove artisti internazionali ed atleti si esibiscono per il pubblico dei bianchi, in un paese dove la libertà è umiliata e dimenticata da troppo tempo. Non bisogna andare a suonare in Sudafrica, bisogna fare tutto quello che è possibile per fermare l' incredibile tragedia sudafricana". Chi parla è Steve Van Zandt, chitarrista per molti anni della E-Street Band di Bruce Springsteen ed ora solista, con lo pseudonimo di Little Steven, uno dei personaggi più singolari del panorama rock internazionale. L' americano Van Zandt è il promotore di una grande campagna contro l' apartheid, che ha il suo punto di forza nella realizzazione di un disco, intitolato per l' appunto Sun City, che vede la partecipazione di musicisti del jazz, del rock, del reggae e del funk, che per la prima volta collaborano, in nome della lotta contro il razzismo in Sudafrica. Miles Davis, Afrika Bambaataa, Pat Benatar, Linton Kwesi Johnson, Ron Carter, Bono, Jimmy Cliff, Bob Dylan, Bob Geldof, Hall e Oates, Herbie Hancock, Grandmaster Melle Mel, Lou Reed, Joey Ramone, Bruce Springsteen, Bobby Womack, Ringo Starr, Ray Barretto, Stiv Bator e molti altri, hanno risposto all' appello di Steve Van Zandt, ed hanno realizzato un album con sei brani, tutti tesi a denunciare le drammatiche condizioni di vita dei neri in Sudafrica. Van Zandt è arrivato in Italia, nei giorni scorsi, per presentare il disco. Come è nato il progetto di Sun City? " nato da un sentimento di rabbia, di impotenza, contro gli orrori che quotidianamente si compiono in Sudafrica, contro la politica del mio paese che non si impegna in nessun modo per porre fine all' apartheid, per stimolare l'attenzione della gente sul problema del razzismo. Ho visto Sun City, ed è un monumento all' arroganza del potere, un monumento all' apartheid, al progetto per isolare il popolo nero sudafricano". Da qualche anno lei si è impegnato sul fronte della politica, cantando canzoni sulla Polonia, per i diritti umani, ed ora per il Sudafrica. Cosa è cambiato in lei, da chitarrista di rock' n' roll a autore militante? "La gente che mi incontra per strada ora mi ferma e mi dice "Sono contento per quello che hai detto, lo penso anche io, fai bene a parlare così". Questa è una grande soddisfazione, perchè il rock' n' roll è stato in silenzio per troppo tempo, non si utilizzava più il potere della musica per comunicare. Ora è importante che non si torni indietro, bisogna continuare ad utilizzare la musica per cose importanti, come Live Aid, come Sun City, e mille altre occasioni. L' impegno deve essere una parte importante della nostra vita. Sono cresciuto con il rock' n' roll, senza guardare ad altro. Ora ho aperto gli occhi, ho letto dei libri, e non avevo mai letto libri in vita mia, mi sono reso conto di molte cose. Lo scorso anno, quando ero in tour in Europa, in Francia, una ragazza mi si è avvicinata e mi ha detto: "Perchè voi americani avete messo i missili nel mio paese?". Io risposi che non c' entravo. Ma poi mi sono reso conto che per lei io ero l' America, che condividevo la responsabilità di quello che faceva il mio governo. Mi sono reso conto insomma che ogni cosa che facciamo ha un effetto politico, e che anche l' inattività è un gesto politico, che non esiste la possibilità di dire "io non c' entro". Allora bisogna muoversi, fare sentire la propria voce, sempre". Qual è lo scopo immediato di "Sun City"? "Quello di stimolare l' attenzione della gente sul problema dei neri in Sudafrica e quello di raccogliere fondi in favore della lotta all' apartheid. I soldi che verranno raccolti con il disco andranno all' Africa Fund, un' organizzazione che ci è stata indicata dalle Nazioni Unite, che lavora da venti anni ed è collegata a tutte le organizzazioni anti-apartheid del mondo". Come è stato accolto il disco negli Stati Uniti? "In due settimane ha venduto già trecentomila copie e le vendite stanno migliorando ancora. Ma è un disco difficile per gli Stati Uniti, perchè ha un contenuto politico molto diretto, ed è stato realizzato da un insieme di artisti molto diversi tra loro, è la prima volta che jazzisti di grosso calibro collaborano con musiciti rock e reggae". Non crede che tra i musicisti oggi si stia affermando una "moda" dei dischi impegnati? "No, credo che gli artisti abbiano riscoperto di avere la possibilità di comunicare la realtà. Per molti vita e musica sono state sempre due entità separate, mentre quest' anno, dopo Live Aid, hanno capito che era possibile unire le due cose, che era importante portare la propria coscienza sociale nel lavoro".

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