Le Interviste del Boss

Glory Days
BBC Interview 1987

Questa intervista fa parte di uno special della BBC trasmesso nel 1987 chiamato GLORY DAYS. La versione originale dura 90 minuti, ma quella trasmessa in Italia solo 45'. Oltre alle parole di Bruce, ci sono anche quelle della sua band e del suo manager.


-BRUCE- Ad un certo punto abbiamo avuto l'idea di fare un disco in cui mettere i pezzi più significativi dei vari periodi musicali del nostro gruppo. Così, chi ci aveva sentito suonare poteva riascoltare ciò che avevamo suonato dal vivo. Avevamo dei buoni brani registrati, sia delle nostre esibizioni nei clubs, che dei nostri tours dal '78 all' 80.
Born To Run l'ho scritta a Londra (????) lì mi sembrava di aver raggiunto tutto ciò che avevo sognato nel corso della mia vita. Mi ricordo che pensavo:"Oh, voglio fare un disco....voglio scrivere le parole come Dylan, come sa fare lui...e voglio che la mia chitarra suoni come quella di Duane Eddie!!"
Quando quel disco fu pubblicato, ci furono dele reazioni molto forti: c'era chi ne andava pazzo e chi non lo sopportava proprio. Beh, io avevo 25 anni a quel tempo e a quell'età non sei mai sicuro se quello che fai va bene o no. Qualche volta ti svegli la mattina e pensi:" Oh questo è stupendo!!" altre volte ti viene in mente che si tratta di spazzatura.
Eravamo partiti dal New Jersey ed eravamo arrivati in Inghilterra, l'Inghilterra dei Beatles e dei Rolling Stones. La mia prima esecuzione come chitarra solista fu It's All Over Now di Ketih Richards.
Ma io avevo l'impressione che venissimo presentati in un modo differente da ciò che eravamo. Allora ho pensato: "Lasciamo che sia la musica a parlare!!" Penso fosse il 1975, io avevo iniziato a suonare a 14 anni perciò erano già 10 anni che facevo questo lavoro. C'era molta tensione, mota commozione. In fondo mi piace stare sul palco, ma quando non devo suonare, preferisco starne lontano.
Volevo trovare il modo di inserirmi in un mondo in cui potermi riconoscere, forse era solo una cosa che mi ero immaginato, ma sapevo che ciò che mi minacciava, non era necessariamente il successo, che può arrivare o meno, bensì gli elementi che la accompagnano: l'illusione, la confusione, il disinganno. Per questo quando Time e Newsweek mi dedicarono le copertine, mi sentivo in qualche modo insidiato, queste cose minacciavano un aparte di me, quella parte che mi faceva sentire vivo, che mi dava la voglia di vivere!
Così cominciai a lavorare a Darkness, ed era come se dovessi farlo per froza, Darkness era proprio qualcosa in cui mi riconoscevo. Darkness è la storia di uno che si lascia alle spalle il passato e si dirige verso una nuova meta, senza sapere se troverà il successo o la disperazione. Fu allora che mi resi conto che un sacco di gente non era più in capace di fare una cosa del genere. Grandi musicisti, grandi artisti, grandi cantanti, non erano più in grado di voltare le spalle al passato. Quando ciò ti accade anche se non muori fisicamente, cosa che alcuni di loro hanno fatto molto prima di quando avrebbero dovuto, muori in qualche modo dentro.
Così ho iniziato a scrivere canzoni su cose che mi erano capitate nella vita. Ed allora ho avuto l'impressione di ritrovare un legame con il mondo, da uqle momento in poi, ogni disco che ho fatto fino a Born In The U.S.A., è stata una reazione a Born To Run, è stata una reazione a quel particolare momento in cui mi sono venuto a trovare.
Darkness è la storia di un apersona che cerca di mettersi a nudo per capire chi è, poi ho fatto The River che parlava della possibilità di ritrovare un rapporto con gli altri, era anche il primo disco in cui parlavo di gente sposata. Infine ho registrato Nebraska, un disco che fu proprio un aspecie di punto d'arrivo... E' un disco che ho registrato al ritorno da una tourneè, mi sono seduto a tavolino e in circa due mesi ho scritto tutte le canzoni. Avevo un piccolo registratore a qauttro piste nella mia camera da letto, così ho fatto il missaggio a casa mia e abbiamo realizzato il disco utilizzando quell'incisione.
Penso sempre a questo disco, come a quello che rappresenta le mie sensazioni più personali. Penso che riguardi tutto ciò che avenuto quando avevo circa 25 anni: cosa succede quanod tutto comincia ad andare male?
Cosa succede qaundo tutto si sfalda, quando gli amici ti tradiscono o tu tradisci loro? Cosa succede quando non riesci a trovare un posto, un impiego dove poter lavorare? Che cosa ti rimane? Su cosa puoi contare per continuare?
Io a quel tempo non lo sapevo, non conoscevo le risposte, non sapevo se ce l'avrei fatta oppure no. Sentivo che l'isolamento e la solitudine era la cosa più pericolosa che si poteva trovare sulla terra.
A un certo punto, ho capito che ciò che mi importava era essere vivo sia dentro che fuori e penso che sia questo ciò che devi fare se vuoi vivere da uomo.
Probabilmente in quel momento ha comiciato a prendere forma dentro di me una canzone come Born In The U.S.A.
In questa canzone c'è molto orgoglio, l'orgoglio di essere americano, il problema è che molti hanno capito la parte che non suscitava fierezza ma vergogna. Il personaggio della canzone è fiero di essere riuscito a sopravvivere; la gente ha capito questo aspetto orgoglioso, ma lo ha male interpretato, forse anche a causa di un certo modo di pensare tipico di questi anni, sai quelli che dicono: "L'America ha sempre ragione!", insomma tutti quei discorsi imbecilli che cercano di venderti in televisione e che stanno caratterizzando tutta la presidenza a Reagan.
Comunque a un certo punto ho pensato che andava bene lo stesso, perchè sai cosa devi fare se qualcuno non capisce la tua canzone? Tu la devi suonare e risuonare ancora, allora vedrai che se non l'hanno capita prima, inizieranno a capirla dopo.
C'è della gente là sotto che mi ascolta e io mi immmagino sempre il pubblico come qualcuno con cui sto dialogando a tu per tu, proprio quando parlo con un amico. Non mi mporta se sto suonando davanti a migliaia di persone, quello che mi interessa è riuscire a parlare ad ognuno di loro e penso che proprio in questo consista il mio lavoro. E' per questo che ho iniziato a suonare la chitarra, perchè volevo parlare alla gente, le storie e le canzoni sono venute poi, da sole, come una cosa naturale.
La vera domanda che mi ha spinto a scrivere Born To Run è: voglio capire se l'amore esiste veramente! E questo si inzia a capire verso la fine della seconda facciata, prima c'è Born To Run, poi c'è No Surrender e poi ancora
Tenth Avenue, che è la storia di una band, di un gruppo di amici che stanno insieme, fanno le cose che hanno sempre desiderato fare. poi c'è Jersey Gril e qui volevo farvi sentire la sensazione di essere su una macchina scoperta in una notte d'estate. Tu stai guidando molto piano e stai tornando al paese dove sei nato e cresciuto, ma ormai sei cambiato...tu sei cambiato e il paese è cambiato. Eppure c'è qualcosa di indelebile lì con te nella macchina, non importa che sia il ricordo di una persona o solo un sentimento.
Insomma la risposta alla domanda di Born To Run, penso proprio sia sì, l'amore esiste veramente! Alla fine del disco la risposta è sì....per me allora questo è tutto!!


-LITTLE STEVEN-
E' così bravo, che ti viene voglia di picchiarlo! Capita che si presenta alle prove e scopri che ha scritto cinque canzoni in una giornata...e lo fa sempre! Tutte le volte che vuole. "Hey ragazzi!! Ecco un paio di canzoni!"
Magari stimao registrando un nuovo album e lui capita lì e ti dice: "Bene, ho scritto sette canzoni ieri notte!"
Sapete, certe volte ti fa venire voglia di ucciderlo.


-GARRY TALLENT-
Normalmente seguiamo una scaletta per le prime due o tre canzoni, ma poi la buttiamo via. Quello che succede è che lui riesce a capire ciò che vuole il pubblico. Verso la fine del concerto non facciamo altro che improvvisare e provare cose nuove. E' come se dicessimo: "Adesso proviamo a fare questa pezzo e vediamo come viene!"


-DANNY FEDERICI-
Durante il concerto c'è un susseguirsi continuo di colpi di scena, e questo riguarda tutti, perfino il tecinco del suono e delle luci, gente che farebbe qualsiasi altro show, come se si trattasse di un programma per computers: prima una luce rossa, poi una blu e via dicendo....con noi invece bisogna improvvisare tutto, perchè non sai mai che cosa stiamo per tirare fuori dal cappello!


-JOHN LANDAU-
Durante tutti gli anni in cui gli sono stato accanto, siall'inizio della carriera che in seguito, Bruce non ha mai permesso al successo o alla popolarità di distrarlo. Ciò che gli interessa veramente è solo riuscire a fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile.
C'è una cosa su Bruce di cui sono sicuro oggi esattamente come lo ero dodici anni fa quando l'ho conosciuto: la prossima volta che prenderà in mano la chitarra, lo farà per scrivere la migliore canzone che abbia mai scritto. Questo in fondo è quello che ha sempre fatto e che continuerà a fare ogni volta che si metterà a lavorare.
Quando entrerà di nuovo in uno studio di registrazione, lo farà perchè vuole riuscire ad incidere il disco migliore e più sincero della sua vita.
Proprio questa è la sua continuità.

Un ringraziamento speciale va a Roberto Apice, che si è preso la briga di trascrivere per intero questa intervista apparsa in televisione.

Tutti i diritti sono dei rispettivi proprietari. Il materiale contenuto in questo sito non può essere utilizzato a fini di lucro. I trasgressori saranno puniti a norma di legge.