Le Interviste del Boss

Il Mio Libro Tradito Dal Film
di Nick Hornby
da la Republica, 15-07-2000

Il mio Libro tradito dal film - di Nick Hornby

VENDERE i diritti di un libro è esattamente come vendere una qualsiasi cosa: una volta venduti, non sono più tuoi, e questo è il principale motivo per cui te li pagano bene. Se ti preoccupi della fine che farà il tuo libro una volta caduto tra le grinfie dei film-maker hai due possibilità: puoi cercare di mantenere un qualche controllo creativo sul progetto, insistendo per curare tu stesso l'adattamento, o la regia o persino tentando di produrlo, oppure decidere che non c'è somma di denaro che valga lo strazio di vedere Arnold Schwarzenegger calpestare la tua delicata descrizione semiautobiografica di come si diventava adulti nel Devon degli anni Sessanta. Inaccettabile è, secondo me, prendere i soldi e poi lamentarsi in pubblico, come non è accettabile che uno chef si lamenti dei clienti che pagano 70 sterline a testa per mangiare nel suo ristorante. Non ho voluto curare personalmente l'adattamento di Alta Fedeltà - preferivo dedicarmi a qualcosa di nuovo piuttosto che arrovellarmi su quello che si era già preso un paio di anni della mia vita, e non mi preoccupavo di che cosa avrebbero potuto farne gli altri.

Ad un giornalista che voleva condividerne il rammarico per il destino toccato ai suoi libri finiti in mano ai cineasti, James M. Cain rispose, indicando gli scaffali della libreria: "Guardi, nessuno ha rovinato i miei libri. Sono lì sopra, perfettamente intatti". I bei libri sopravvivono sempre ai brutti film. Alla morte di Joseph Heller, avvenuta di recente, in nessuna commemorazione si è lamentato il fatto che, col suo consenso, Comma 22 sia stato trasformato in un film mediocre. Il libro continua a vivere e la performance di Art Garfunkel è stata dimenticata.
Per come la vedo io, uno scrittore ha solo da guadagnare dalla vendita dei diritti cinematografici di un libro. Ti pagano per un lavoro che hai già fatto, se il film è brutto attirerà un paio di lettori, e se è bello ci sono buone possibilità che la cerchia dei tuoi lettori si ampli notevolmente. Inoltre, dopo qualche tempo, la fascetta con sopra Schwarzenegger viene tolta e il tuo libro può tornare ad essere un libro. In tutti i casi sono sempre stato convinto che chiunque avesse l'intenzione di fare di Alta Fedeltà un film doveva trovare il libro quantomeno congeniale. Il piacere che si prova nella lettura è dato, credo, da piccoli dettagli minimalisti: battute, castigati commenti sulla biancheria intima, personaggi. Non si può tirar fuori dal romanzo un'idea, un concetto centrale e buttare via il resto, semplicemente perché non c'è un concetto centrale. Chi volesse provarci finirebbe per capire di aver speso un mucchio di soldi per la storia di un tizio che lavora in un negozio di dischi e si lascia con la ragazza.
Ho scoperto che il regista di Alta Fedeltà era Stephen Frear dal mio giornalaio, ma non leggendolo sul giornale. Era scritto su un pezzo di carta che Nick Glancey, il gestore dell'edicola fuori dalla fermata del metrò di Arsenal mi ha teso quando sono andato a comprare le mie Silk Cut. "Chiamare Stephen Frears, grazie" diceva il biglietto e così ho fatto. Non è la prima volta che mi contattano così. Visto che si sa che Nick e io ci vediamo regolarmente, l'edicola viene usata come fermo posta da chi non vuole passare attraverso il mio agente o ci tiene a risparmiare i soldi del francobollo. L'unico invito che mi è pervenuto dal British Council ha seguito questa strada, e lo trovo allarmante. Un giorno Nick mi ha allungato un biglietto da visita con su scarabocchiato questo messaggio: "British Council. Tour di conferenze in Italia. 2-3 settimane". Accanto un nome e un numero di telefono che non ho mai chiamato, pensando che seguisse un invito ufficiale mai arrivato.
In origine il regista candidato a dirigere Alta Fedeltà non era Stephen Frears, ma Mike Newell. La casa di produzione di Newells aveva dato la sua opzione per il libro quando uscì in prima edizione, nel 1995, e aveva commissionato una sceneggiatura. Quando parlai con lui l'ultima volta, Newell mi disse che fare Alta Fedeltà era in testa alle sue priorità. Non l'ho mai più sentito. Ad un certo punto del 1996 il progetto cadde in una specie di buco nero, da cui riemerse un paio di anni dopo, non troppo malconcio, tra le mani di un gruppo di persone completamente diverso.
Tutte le volte che chiedono a me o a Stephen Frears notizie sul film tratto da Alta Fedeltà e noi diciamo che l'ambientazione è stata spostata oltreatlantico brontolano. "Ma dovrebbero girarlo qui! So come va a finire, gli americani rovinano sempre tutto! Non lo capiranno!". Dopo un po' queste rimostranze hanno iniziato a darmi sui nervi: sembrava quasi che il libro offrisse qualcosa solo a chi abitava tra Seven Sister e Holloway e che girare il film a Kentish Town, lasciamo stare Chicago, avrebbe significato tradire in modo ridicolo il tema del libro - un tema che si può benissimo riassumere così: "Cavolo! Ci sono stato in quel pub!". In più di un'occasione i lettori mi hanno detto che le descrizioni che do dei quartieri a nord di Londra sono accurate, incredibilmente ricche di atmosfera e così via, ma conosco i miei punti di forza e le mie debolezze di scrittore abbastanza bene da poter dire semplicemente che non è vero, che in realtà nel libro non c'è quasi traccia di descrizioni.
Per me Alta Fedeltà è la storia di un trentacinquenne in cui l'immersione nella cultura pop ha causato un certo ritardo emotivo e di sviluppo. Gli americani sono sicuramente gli inventori della cultura pop e allo stesso tempo, potremmo discuterne, del ritardo emotivo. Chicago, allora, è adatta esattamente quanto il nord di Londra. In ogni caso, il cinema inglese non attraversa un periodo felice. Si fanno molti film, è vero, ma solo pochissimi negli ultimi anni erano davvero buoni. Ultimamente i nostri film sono stati girati in fretta, senza soldi e così non hanno trovato pubblico.
Intanto però gli stessi che si dicono sdegnati di quello che gli americani faranno del mio libro si sono messi in coda per vedere American Beauty, The Insider, Essere John Malkovich e altri film americani intelligenti, freschi, dalla sceneggiatura brillante. Americano non significa necessariamente stupido e inglese non significa automaticamente di buon gusto, di successo o intelligente, anche se ritengo che i nostri snack siano più appetitosi.
La musica. Non ho contribuito molto alla colonna sonora, ma non ce n'è stato bisogno. Ormai sono sei anni che ho scritto il libro, e un trentacinquenne del 2000 ha riferimenti musicali diversi dalla mia voce narrante.
Il film. C'è John Cusack. E Caterine Zeta Jones. E Tim Robbins. E Lisa Bonet. E Joan, la sorella di John. E, per pochi secondi Bruce Springstreen nei panni di se stesso. Che cosa potreste volere, che cosa potrei volere di più? E il film è straordinariamente fedele al libro, è divertente (aggiungo subito che queste due ultime osservazioni non sono collegate) e ha un bel lieto fine. Non posso dire altro che a Hollywood sono cortesi, sensibili, pieni di riguardo e di attenzioni. Chi ve ne parla in altri termini ha probabilmente più esperienza di me. Esce in Gran Bretagna il 21 luglio.

Copyright Nick Hornby

(Traduzione di Emilia Benghi)

La Repubblica 15-07-2000

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