Le Interviste del Boss

Springsteen, il Rock sulle Ali della Libertà.
di Paolo Zaccagnini
da Il Messaggero, 30-03-2001

Springsteen, il Rock sulle Ali della Libertà.

Diciannove Brani Suonati con la E Street Band. Un linguaggio semplice quanto emozionante.

Esce lunedì l'album registrato dal vivo, durante il concerto dello scorso giugno a New York.

di Paolo Zaccagnini

ROMA - Ha fatto non bene ma benissimo: Bruce Springsteen, una volta tornato a trionfare affiancato dalla E Street Band, ha pensato di riproporre la loro potenza, musicale ed emotiva, offrendo 130 minuti, un'inezia vista le leggendaria lunghezza dei suoi shows, vale a dire 19 canzoni, 17 note e due magnifici inediti, registrate il 29 giugno e il primo luglio dello scorso anno nel newyorchese Madison Square Garden.
Springsteen, anche se il tour 2000 documentato da questo Live in New York City, nei negozi dal 2 aprile, ha dovuto triplicare gli shows Usa, in Europa erano previsti solo date al chiuso ma alla fine aggiunse ben 32 date all'aperto per un totale di 132 concerti, non fa più tendenza (che sempre più fa rima con demenza) perchè adesso vanno gli "artisti" esangui e montati, che sul palco non sudano nè si emozionano come lui, disdegnano il coinvolgimento, suonano poco (e malissimo), non estrinsecano mai nulla: Live in New York City è bello proprio perchè porta ruvidamente indietro nel tempo, a quando il rock significava credere in una vita diversa, e per essa battersi, espressa liberatoriamente dai suoni distorti di una chitarra elettrica.
Gli anni passano, il 29 settembre ne compirà 52, ma Bruce è sempre Bruce: non ha perso la voglia di suonare, divertire e divertirsi, commuoversi e commuovere, comunicare. Come gli amici di sempre, i chitarristi Steven Van Zandt e Nils Lofgren, il sassofonista Clarence "Big Man" Clemmons - poco prima del tour aveva avuto gravissimi problemi alle articolazioni rischiando la paralisi delle gambe - e il bassista Garry W. Tallent, i tastieristi Danny Federici e Roy "professor" - professore, ndr - Bittan, "Mighty, mighty Max", il potente, potente Max, Weinberg, alla batteria, e la moglie, madre dei tre amati figli, Patty Scialfa, ai cori e chitarra acustica.
Come al solito sono riusciti a far meraviglie. Grazie a brani vecchissimi - Prove it all night, Badlands, Out on the street, Jungleland, magnifico Clarence, Tenth avenue freeze out, le celeberrime Born to run, The river e Born in the U.S.A, che acustica è pezzo estremamente drammatico - vecchi - Atlantic City, Lost in the flood, Don't look back, Ramrod, Two hearts - più attuali - My love will not let you down, Mansion on the hill, Youngstown, If I should fall behind e le inedite, da brividi, Land of hope and dreams, con Van Zandt provetto mandolinista - e American skin (41 shots), Pelle americana (41 colpi), quelli esplosi dalla polizia contro un'innocente venditore ambulante africano, Amadou Djallo, per massacrarlo.
A chi liquiderà il lavoro affermando "niente di nuovo", "già sentito", "il solito Springsteen" rimandiamo ad un'attenta lettura dei testi degli inediti, soprattutto la prima che sembra strappata dalle pagine di John Steinbeck, già ispiratore di The ghost of Tom Joad, Sinclair Lewis, John Dos Passos, John Fante e Emmanuel Carnevali. Certo, Springsteen è un'autodidatta - per saperne di più leggete American skin, vita e musica di Bruce Springsteen, esaustivo ritratto scritto da Ermanno Labianca - figlio dell'autista, dalle lontane origini olandesi, Douglas e della casalinga italiana Adele Zirilli, sempre benedetti, non filosofeggia troppo, si è sempre messo impietosamente a nudo, ha ammesso più volte di essere un "prigioniero del rock'nd'roll" che lo ha "salvato". Facendolo così volare sulle ali della libertà.
E il rock'nd'roll è linguaggio semplice, primordiale quasi, emozionale certo. Proprio come i pezzi inseriti in questo disco che il 7 aprile saranno, solo 14 però, al centro di uno speciale tv che manderà in onda la più importante tv Usa via cavo, la stessa che da tre anni propone con enorme successo la serie The Sopranos, dove gioca una parte micidiale, quella di un "consigliori" killer imbrillantinato, Van Zandt.
Assoli perfetti, le interminabili concioni di Bruce, un suono potente, giusto, tanti ricordi, l'ira furiosa di chi si batte con una chitarra, come facevano Woody Guthrie e il primo Bob Dylan, contro tutte le ingiustizie, anche quelle d'amore: questo è Live in New York City. Solo due le novità, lo ripetiamo. Per il resto il solito, inarrestabile, irrefrenabile, incommensurabile, inarrivabile Bruce Springsteen. Quello accanto al quale vorremmo, da sempre, vivere. Magari nella terra della speranza e dei sogni.

Da Il Messaggero, 30 marzo 2001

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