Le Interviste del Boss

Il Rock è Morto, Viva il Boss (Con la E-Street Band)
Bruce Springsteen - Bologna, 17 Aprile 1999
di Stefano Poggialini

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IL ROCK E’ MORTO, VIVA IL BOSS (CON LA E-STREET BAND)

C’è aria di grande evento, in fila sotto la pioggia, aspettando che si aprano quei maledetti cancelli. Tutto è slittato di un paio d’ore per colpa dell’ "ultima neve di primavera", che al Brennero ha creato code interminabili nelle quali sono incappati anche i TIR del Boss con il palco e tutte le attrezzature. L’età dei bagnati appassionati accorsi non è delle più basse, colpa forse dell’esoso prezzo del biglietto.

A proposito di biglietti: sarà mai possibile poterli acquistare tranquillamente senza dannarsi l’anima e senza soprattutto esborsi aggiuntivi ? Per questi concerti italiani praticamente non c’è stata prevendita. Se è vero che, con un po’ di culo, son riuscito a trovarne uno, ho dovuto però pagare 40.000 di sovrapprezzo per un fantomatico servizio pulman che, udite, udite, partiva alle 10 della mattina da Firenze (cioè circa dieci ore prima dell’inizio del concerto). Gli organizzatori si son difesi dicendo che la mancanza di prevendita è dovuta all’enorme richiesta di biglietti e che i sovrapprezzi sono da addebitarsi ai singoli rivenditori locali. Io non so chi sia il vero colpevole, comunque la situazione è questa. E’ un dato di fatto che diventa quasi impossibile seguire i grandi concerti, soprattutto per coloro che abitano in provincia, e non mi sembra nemmeno bello vedere bagarini in azione offrire biglietti a mezzo milione come qui a Bologna.

Quando finalmente si entra nel Palasport comunque il colpo d’occhio è veramente impressionante, e quando alle nove in punto si spengono le luci e si sente l’inconfondibile "one, two, three, four" e partono le note di "My love will not let you down" c’è una scarica adrenalinica collettiva ed è l’inizio di una grande festa collettiva che sballonzolerà i corpi ed i cuori dei circa 15.000 fortunati in un viaggio nella vera essenza del rock, quella che solo i grandi personaggi sanno veramente darti.

Premetto che chi vi scrive non è mai stato un grande fan del Boss, riconosco l’importanza di Springsteen nella musica di questi ultimi venti anni, ma il mio cuore batteva più per altri personaggi; ai suoi dischi poi, mi sembrava mancasse sempre un non so che, escluso forse i primi, soprattutto dopo "The River".

Adesso capisco tutto; è qui, sul palco, che tutta la bellezza di queste canzoni viene fuori, è soprattutto qui, in compagnia della E-Street Band, che il rock rinnova ancora una volta il suo mito.

Lo show non ha forse l’irruenza e la voglia di nuovo dei mitici concerti degli inizi carriera, dalle potenzialità appena sentite in mitici bootleg che circolavano al tempo, e sono quasi patetici "quelli" della E-Street; tutto hanno fuor che l’aria di rockers, con l’apsetto ormai da tranquilli cinquantenni ad eccezione di Little Steven, sempre con la sua aria da pirata con la bandana in testa. Eppure quando suonano, signori, questa è la "BAND ROCK": si integrano alla perfezione; sono semplicemente grandi, e l’esperienza acquisita con la maturità ed il grande mestiere rende li rende pressochè perfetti. E, se nei pezzi più lenti si limitano a fornire un elegante tappeto sonoro al Boss, come in una meravigliosa versione di "The River", è quando pigiano il piede sull’accelleratore che tutta la potenza del gruppo viene fuori: un muro di suono granitico mai sentito e forse ineguagliabile.

Max Weinberg apparentemente immobile dietro i tamburi è una macchina schiacciasassi, il basso di Garry Tallent ricuce le trame delle chitarre impazzite dei fenomenali Steve Van Zandt e Nils Lofgren, mentre i tasti dell’organo di Danny Federici e del maculato piano bianco di Roy Bittan tessono un magnetico tappeto sonoro. C’è poi "Mister Sax" Clarence Clemons, il più amato dal pubblico (ogni volta che imbraccia il sax è un boato) ma anche il più sacrificato, la musica del Boss è cambiata dagli inizi, e c’è sempre meno spazio per il sax, così il gigante buono Clemons si trova spesso relegato ad inutile percussionista o cembalista. Ci sarebbe poi anche Patti Scialfa, ma è bene stendere un velo pietoso, tanto è inutile alla chitarra acustica quanto irritante negli interventi vocali. Su tutto supervisiona lui: il BOSS, che per due ore e mezzo ci tiene sulle corde senza un attimo di cedimento, senza una caduta di tono (chi altro potrebbe permettersi un intero concerto di hits ?) si passa da una magnifica "Darkness on the edge of town" al fenomenale duo acustico "The River " – "Youngstown" per ripartire poi di nuovo in quarta. Perfino un pezzo come "Lucky Town", che non ho mai amato, diventa irresistibile dopo la cura "E-Street".

Di nuovo break acustico con "The Ghost of Thom Joad" ed una quasi irriconoscibile "Born in the USA" (almeno per chi ha presente solo la versione dall’omonimo album, qui simile invece alla versione di "Tracks") e poi verso l’apoteosi finale con una incredile e potentissima "Born to run" cantata a squarciagola ed a luci accese da tutti i presenti ormai definitivamente conquistati in questo viaggio nel vero cuore del rock.

C’è ancora tempo per altri bis, tra cui una corale (con il gruppo che si alterna alla voce strofa per strofa) "If I should fall behind" e l’inedita "Land of hopes and drems" che fa ben sperare anche per il futuro.

Insomma, un trionfo. Capisco che vi posso sembrare esagerato nei toni, ma chi non c’era non potrà mai capire, come non avevo fino ad ora ben capito nemmeno io.

Il rock sarà anche morto o moribondo, come si vocifera in giro, ed in effetti vicino a me c’era un ragazzino di una quindicina d’anni presumibilmente trascinato lì dai genitori, che dopo tre o quattro pezzi si è tranquillamente addormentato sui seggiolini (non si è smosso nemmeno nel tripudio collettivo di "Born to run") che sembrerebbe avvalorare l’ipotesi che il rock non parla più il linguaggio delle nuove generazioni, ma anche se così fosse non importa. Bisognerebbe però allora scrivere di questo strano fenomeno avvenuto in questo pallazzetto, come in molti altri, dove quindicimila "zombies" hanno saltato, hanno ballato, si sono divertiti come matti, hanno gioito, hanno sudato, hanno cantato, si sono emozionati ascoltando le storie dei tanti personaggi raccontati da questo strano "Dio e dai suoi discepoli" risorti a nuova vita.

Di Stefano Poggialini (I ZIMBRA)