Ma che cosa è questo Campanile

Umberto Eco

Introduzione a
Se la luna mi porta fortuna
BUR - Rizzoli Editore - Aprile 1979



    La critica si è accorta da tempo del fatto che Campanile è un grande scrittore (e per una rassegna di giudizi insospettabili rimando alla prefazione stesa da Enzo Siciliano per Agosto, moglie mia non ti conosco, in questa stessa collana). Ma io sospetto che molti lettori surcigliosi, anche quando ammettono questo fatto, inclinino a pensare che Campanile sia scrittore malgrado sia umorista. Come se, insomma, Campanile tra una battuta e l'altra (che si possono godere a titolo gastronomico) abbia anche delle belle pagine serie, e leghi il tutto con una scrittura limpida e pulita, quasi classica. Ebbene, vorrei dire che quando non fa ridere Campanile non è un grande scrittore. Certe sue descrizioni di paesaggio, certe concessioni al gusto lirico elzeviristico dell'epoca in cui stilava i suoi romanzi, sono ormai datate. E si salvano quando si avverte che Campanile le inserisce a bella posta, parte di quella collezione di luoghi comuni letterari su cui fonda tanti dei suoi effetti comici. O quando finge sino alla fine della pagina di prendere sul serio il proprio volo lirico, per ribaltare il tono all'ultima riga: e si veda come esempio di questo procedimento di anticlimax la descrizione della levata del sole proprio all'inizio di Se la luna. Lo spettacolo di questo sole scenografo e pirotecnico che dispone i suoi effetti luminosi con grazia e teatralità a un tempo è indubbiamente buona letteratura, ma non sarebbe niente di più se, a spettacolo finito (o meglio al suo culmine), Campanile non andasse a capo e non attaccasse un: «Oh, rabbia! Ancora un'entrata mancata: chi russa di qua, chi russa di là, tutti dormono come ghiri e nessuno ha visto».
     A questo punto Campanile diventa grande scrittore. Il che è come dire che la sua virtù letteraria non sta nell'elocutio, ma nella dispositio: o, in termini più accessibili, che la sua maestria non consiste nel disporre parole ma nel montare e rimontare, secondo una logica Altra, gli avvenimenti; i quali, va detto, sono quasi sempre avvenimenti già messi in circolazione dalla Letteratura o dal Costume quotidiano. E chi ha familiarità coi discorsi sulla letteratura d'avanguardia vede già come questa definizione accomuni Campanile ai maestri del romanzo sperimentale contemporaneo. (Che poi non sempre i maestri del romanzo sperimentale contemporaneo siano piacevoli, e Campanile invece lo sia senza riserve, questo mi pare un bel punto a suo vantaggio.) Stabilito allora che Campanile è grande in quanto umorista e che il suo è un umorismo di montaggio e capovolgimento, cerchiamo di capire alcune delle sue regole di montaggio. Dico alcune perché, se Campanile è grande, allora bisogna presumere che sappia ogni tanto cambiare le carte in tavola e spesso ci sorprenda con una trovata che non si adatta alle regole estrapolate dalle trovate precedenti; e credo che a studiar bene Campanile si possa scrivere un bel saggio su tutti o quasi tutti i meccanismi del comico. Ma siccome uno studio del genere richiederebbe molti anni di intensa meditazione, e a fingere di farlo senza preparazione si rischia di diventare un personaggio di Campanile, ecco che mi limiterò a saggiare alcuni meccanismi fondamentali. Tanti altri ne rimarranno fuori. Per esempio, se penso alla storia del polipo di Agosto, tratto dalla sua cuccia marina ogni volta che arriva un cliente al ristorante e sbattuto su di una pietra per dare l'impressione che nel ristorante si predisponga pesce fresco (e alla patetica e disperata vicenda di questo ottopode martire), mi trovo fuori squadra, le mie proposte non funzionano più: a essere snob si potrebbe dire che qui siamo ai limiti del sublime. In realtà anche qui giocano dei meccanismi, ma sono molti e complessi. Potremmo cercare di suggerirne uno: l'imperturbabilità del tono; e infatti provate a raccontare la stessa scena alla De Amicis e il brano farà ridere, ma per altre ragioni, si piangerebbe cioè sul polipo e si riderebbe sull'autore. In Campanile invece si ride non sul polipo ma sul fatto che non si può non ridere e tuttavia occorrerebbe piangere. Ma non è l'unico meccanismo, certo, e ne giocano altri: per esempio l'antropomorfizzazione, il ricorso al luogo comune che ogni albergatore debba mentire circa la freschezza del pesce che serve, la ripetitività della situazione (è comico che il polipo sia «quasi» ucciso molte e molte volte, e che non possa sperare di arrestare questa pratica infernale) la sproporzione tra la potenza dell'uomo e la debolezza dell'animale (mentre la scena è vista con gli occhi dell'animale dotato di grande potenza d'affetti), la beffa giocata ai clienti che diventano di fatto altrettanti calandrini, l'irreale vitalità dell'animale, l'inimmaginabile crudeltà dell'oste, e così via. Come si vede in una sola storia funzionano decine di meccanismi tutti singolarmente a suo tempo studiati dai teorici del comico i quali però di solito credevano che ciascuno di questi, da solo, giustificasse il fenomeno del riso, mentre Campanile ci dimostra che la grandezza del discorso comico sta nell'intessere più effetti alla volta.
     Ecco. Detto questo si capisce perché mi limiterò a delineare solo alcuni effetti fondamentali. Prendiamo dunque in esame quattro procedimenti e tre punti di partenza. Come vedremo molte delle situazioni campaniliane nascono dal gioco incrociato di questi meccanismi. Diciamo che esamineremo tre tipi di premessa (in sé non comica) e quattro tipi di argomentazioni (in sé comiche).
    Le argomentazioni. Supponiamo di attivare una radio impazzita. Come apriamo e giriamo di poco la manopola del volume, la stanza si riempie di suoni fortissimi (effetto di amplificazione). Se invece giriamo la manopola al massimo si odono solo suoni bassi e stentati (effetto di abbassamento). Quanto alle parole, esse ci paiono, sì, riconoscibili, ma le frasi le pongono in ordine inverso (effetto di cancrizzazione). E se poi inizia una melodia sarà di questo tipo: poche battute marziali di tromba che fanno presagire l'inizio di una marcia regale, quindi la Cumparsita o la Migliavacca suonate da una fisarmonica stonata. Sono quattro effetti sorprendenti, non so se facciano ancora ridere.
Riproduciamoli su altra materia e su distanze più consistenti.

Abbiamo detto un signore mingherlino, un atleta, un soldato, un signore furibondo. Sarebbero le premesse di una azione possibile. Ma raramente Campanile usa premesse di questo tipo. Di solito le sue premesse sono dei clichés: non un atleta, bensì «l'Erculeo granatiere che sorregge sulle braccia un affusto di cannone e cinque compagni in una volta, per uso dei giornali illustrati» (Agosto). Ora questi clichés sono reperiti in tre generi di repertorio: la Realtà, il Luogo Comune, il Luogo Romanzesco. Quanto al luogo romanzesco e al luogo comune non ci sono dubbi: Campanile è narratore che usa detriti di altri romanzi e di parlare quotidiano (molto prima di Ionesco). Si potrebbe anzi dire che non c'è mai in Campanile realtà che non sia filtrata attraverso le lenti del luogo comune: un globe-trotter è un elemento della realtà, ma il modo in cui Raggio di Sole, in Se la luna, lo avvicina, è già filtrato dal luogo comune; e del pari è filtrato il modo in cui l'autore descrive l'abbigliamento del viaggiatore.
Tuttavia ci sono casi in cui le premesse sono un poco più realistiche di molti altri luoghi comuni: che un vecchio eremita abbia un segreto e luogo comune romanzesco; che Raggio di Sole abbia un brutto cappello e voglia comperarsene uno nuovo per lo sposalizio è un dato di realtà. Per rendere sorprendente il racconto del vecchio eremita occorrerà che questi racconti una storia idiota e insipida; per rendere sorprendente la storia del cappello occorrerà un procedimento molto più complesso, il cappello dovrà apparire, cadere, rotolare nei momenti più inopinati, Raggio di Sole dovrà nutrire nei suoi confronti un complesso irragionevole, e quando perderà tempo per sceglierne un altro dovrà accorgersi alla fine che ha scelto ancora quello. Voglio dire, il luogo comune, specie se romanzesco, è già comico, il fatto reale non lo è di per se stesso e richiede procedimenti più raffinati.

Vediamo allora come Campanile gioca i suoi quattro procedimenti argomentativi.

  1. La realtà amplificata. Prendiamo Ma che cosa è quest'amore? Che in uno scompartimento di treno ci siano due persone che si chiamano Carlo Alberto è certo una coincidenza, ma è nell'ordine del verosimile. Bisogna dunque amplificare: fare sì che tutti in quello scompartimento si chiamino Carlo Alberto. A questo punto si introduce però un procedimento di cancrizzazione. Là dove tutti si chiamano Carlo Alberto c'è qualcuno che si chiama Filippo. Realizzato questo artificio si passa a far scattare il luogo comune «ci si sente a disagio quando si è diversi dagli altri» e lo si complica con un luogo romanzesco, e cioè con una frase fatta. Il signor Filippo esclama, come in un romanzo d'appendice: «Signori, m'accorgo che la mia presenza in questo scompartimento è di troppo». Come si vede un effetto base genera di conserva gli altri.

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  3. La realtà abbassata. In Se la luna  il signor Filippo, marito tradito, soffre una notte insonne. Al mattino il cameriere gli dà un poco di bicarbonato ed egli rinasce a nuova vita. «Quello che aveva creduto avvenisse nel suo cuore, avveniva invece nel suo stomaco». Ma perché il gioco riuscisse occorreva condire la realtà di partenza con luoghi romanzeschi: Filippo non soffre semplicemente; bensì «un triste destino aveva afferrato come in una morsa la sua vita».

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  5. La realtà cancrizzata. In Se la luna Filippo contesta a Guerrando di essere l'amante di sua moglie. A questo punto la tragedia prende un'altra strada: sono i due uomini che, disperati, cercano di vedere se la loro amicizia potrà ricomporsi malgrado lo scandalo e la necessaria separazione e progettano di prendere un appartamentino per vedersi segretamente. Ma perché la scena a rovescio funzioni, bisogna che riproduca passo per passo le cadenze del luogo comune romanzesco e che marito e amante parlino tra loro come parlerebbero invece i due adulteri sorpresi.

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  7. Realtà con anticlimax. In Ma cosa è quest'amore?  il vaporetto salva un uomo in mare. Si scopre poi, dopo una descrizione del salvataggio e della solidarietà generale nei confronti del naufrago, che l'uomo stava semplicemente prendendo il bagno. Ma occorreva passare attraverso il luogo comune, e infatti un uomo che prende il bagno è un «uomo in mare». Il nostromo, che tenta di giustificare il suo grido d'allarme, rappresenta la cattiva coscienza dell'autore il quale sa di avere giocato su un meccanismo molto elementare che è la «presa alla lettera». Ma la presa alla lettera è una delle manifestazioni dell'abbassamento o dell'amplificazione. Se prendo alla lettera una espressione figurata come «aveva le ali ai piedi» e procedo nella descrizione come se il personaggio in questione fosse una specie di volatile mitologico, amplifico. Se invece prendo alla lettera il luogo comune «un globe-trotter è uno che ha fatto il giro del mondo a piedi»  e svolgo la scena sino alla fine per poi accorgermi che un globetrotter è uno che può anche accingersi a fare il giro del mondo a piedi, ho abbassato e ridotto la portata del cliché, come accade nelle prime pagine di Se la luna. In questo caso ho anche realizzato un altro anticlimax, perché ho sgonfiato di colpo un pallone che stava tendendosi sino ad assumere un volume enorme.Gli stessi procedimenti si applicano al luogo comune romanzesco.

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  9. Amplificazione del luogo romanzesco. Luogo tra i luoghi è l'agnizione. E in Ma che cosa è quest'amore?  avvengono agnizioni a catena, anzi, è lo stesso personaggio che viene sempre riconosciuto drammaticamente da qualcuno. Il che basterebbe a creare un effetto comico per ripetitività. Tranne che l'effetto si complica di cancrizzazione (colui che riconosce corregge via via le circostanze romanzesche sino a mostrare che si trattava di un fatto del tutto diverso e negando l'agnizione) e di anticlimax (il riconosciuto, nel momento della massima commozione, viene schiaffeggiato e svillaneggiato come un millantatore). E siccome il luogo letterario amplificato è tradizionalmente commovente, l'intero procedimento lo abbassa di tono (e il quarto effetto si aggiunge agli altri tre).

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  11. Abbassamento del luogo romanzesco. Esempio classico è all'inizio di Se la luna in una delle pagine del Campanile maggiore: «Chi in quella grigia mattina del 16 dicembre 19..., si fosse introdotto furtivamente, e a proprio rischio e pericolo, nella camera in cui si svolge la scena che dà principio alla nostra storia, sarebbe rimasto oltremodo sorpreso nel trovarvi un giovane coi capelli arruffati e le guance livide, che passeggiava nervosamente avanti e indietro: un giovine nel quale nessuno avrebbe riconosciuto il dottor Falcuccio...». Un inizio da gran feuilleton, subito abbassato, perché il brano continua « ... prima di tutto perché non era il dottor Falcuccio e, in secondo luogo, perché non aveva alcuna rassomiglianza col dottor Falcuccio. Osserviamo di passaggio che la sorpresa di chi si fosse introdotto furtivamente nella camera di cui parliamo è del tutto ingiustificata. Quell'uomo era in casa propria e aveva il diritto di passeggiare come e finché gli piacesse». Qui, oltre all'abbassamento del luogo comune, abbiamo ovviamente anche l'anticlimax e il capovolgimento della situazione. Visto a ritroso l'avvenimento è anche un caso di amplificazione, perché da un dato reale normale (uomo che passeggia in casa propria) si è passati, attraverso l'impiego del luogo romanzesco, a un effetto di enfatizzazione. Altro esempio analogo può essere reperito in Agosto. Al colmo della commozione Gedeone ritrova i naufraghi che credeva perduti: «Salvi!» gridò «Sono salvi!... E cadde in ginocchio...» Ma il resto prosegue: «avendo inciampato in un sasso».
    Potremmo continuare nella nostra casistica. Ma il lettore si sarà accorto che l'umorismo di Campanile procede in forma circolare, da un artificio base si ricuperano gli altri, e viceversa. Raramente c'è un effetto isolato (e quindi non si tratta di gags del tipo "torta in faccia") ma c'è sempre implicazione circolare di effetti. Basterà, per terminare, considerare brevemente, da Agosto, la scena del vecchio cocchiere.
     Gedeone fa gesti di richiamo a una carrozza. Il cocchiere scende di serpa e chiede premurosamente in che può servire i signori. Gedeone osserva irritato che non vuole il cocchiere, ma la carrozza, e il cocchiere appare deluso. Quando tutti salgono e il cocchiere domanda l'indirizzo, Gedeone si rifiuta di dirglielo allegando che trattasi di un segreto. Momento di attesa, sino a che Gedeone si «lascia sfuggire» l'indirizzo. A questo punto il cocchiere rifiuta perché è troppo tardi e tutti scendono dandogli appuntamento per la mattina dopo. Il cocchiere chiede se deve venire con la carrozza. Gedeone «riflette qualche istante. Alla fine disse: "Si, sarà meglio"». Mentre si allontana ha una resipiscenza e si volta verso il cocchiere:
     «Ohé, mi raccomando; anche col cavallo!».
     «Ah si?» fece l'altro, sorpreso. «Come vuole, del resto.»

     In questa scena scattano molti meccanismi. Anzitutto vi sono metonimie prese alla lettera. E' metonimia indicare il cocchiere intendendo la carrozza e viceversa. Ed è metonimia dire carrozza per cavallo (ma forse c'è anche una sineddoche perché una parte, il veicolo, nomina l'intero, il veicolo col cavallo e il guidatore). In ogni caso il cocchiere rifiuta di accettare il luogo comune del parlare figurato e lo abbassa prendendolo alla lettera. Il fatto che lo faccia più volte scatena un effetto ripetitivo di amplificazione. Ma il fatto che i clienti prendano il tutto come normale fa sì che la scena si stia svolgendo al contrario, come se vivessimo in un antimondo dove la logica normale è sospesa e nessuno se ne stupisce. Il cocchiere, che si comporta da anormale, riesce normale agli occhi degli altri, e quindi è il comportamento degli altri che appare a rovescio. In questa scena non c'è anticlimax, e questo è segno di come Campanile dosi accuratamente i suoi effetti: guai infatti ad aggiungervi un nuovo effetto comico, si sarebbe persa quella stralunata olimpicità dell'interazione tra gli attori.
     Si potrebbe continuare. Ma che sugo c'è a riassumere Campanile? Cioè, essendo un umorismo di montaggio, il suo è un umorismo che si lascia riassumere senza perdere di efficacia, ma il cuore del critico non regge ad anticipare al lettore tante sorprendenti delizie. E forse è per questo che si è preferito trarre pochi esempi dal libro che qui si introduce, per non rovinare il gioco. Di questo libro diremo che forse è meno fulminante di Agosto o di Ma che cosa è quest'amore?, e che in questo più che negli altri si gioca sul luogo comune lirico, sulla descrizione paesaggistica beffata, sull'elzeviro detto tongue in cheek. Tanto che a tratti l'autore cede al proprio gioco e da l'impressione di prendere l'elzeviro sul serio, con un certo ritegno a farlo desinere in piscem.  Cedimenti al ricatto letterario che volentieri gli perdoniamo, per averci dato in cambio personaggi come il ladro delle cinture di salvataggio, il signor Tancredi libertino impenitente e consunto dal piacere, la triste vicenda del lustrascarpe che non riesce a diventare presidente degli Stati Uniti, l'Agenzia Preoccupazioni e Affini, la magistrale descrizione di come il signor Filippo giocava a carte (artificio che mi pare sfugga alla mia classificazione esigendo una nuova categoria: la realtà descritta come irrealtà, e, oh stupore!, non sono questi, con qualche decennio di anticipo, i procedimenti del Nouveau Roman?), e cosi via, da sentenze fulminanti come «Ci sono regole fatte di sole eccezioni. Sono confermatissime» (esempio telegrafico di amplificazione del luogo comune) al brano finale sulla morte del giorno. In queste ultime pagine pare non ci siano effetti comici. Di fatto ve ne è uno solo, dosato con grazia infinita: viene preso alla lettera il luogo comune «muore il giorno» e per amplificazione se ne traggono le ultime conseguenze. Ma l'effetto non è comico perché il giorno muore davvero e Campanile ci fa sentire come sia triste questo infimo evento che si ripete da millenni ma ha pur sempre una sua grandezza cosmica. E' che (lo si sapeva, peraltro) il grande umorista e colui che è anche capace di non farci ridere, e proprio perché usa un effetto comico. Ne ci dice che è comico il fatto che il giorno muoia, o che il parlare comune abbia usato una così funerea metafora per un normale fenomeno connesso alla rotazione della terra. Qui l'umorismo è chiave per capire, attraverso le contorsioni del linguaggio comune, restituito alla sua pregnanza dalla tecnica amplificatoria, un aspetto sia pure minimo della condizione umana.