Associazione Nazionale Su Ricordo di Giovanni Ardizzone Le lezioni sempre attuali di un braccio di ferro
Nuestra America
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Da Le Monde Diplomatique - novembre 2002
Le lezioni sempre attuali di un braccio di ferro
Quarant'anni fa, la crisi dei missili a Cuba
Partendo dall'ipotesi che la guerra sia in grado di risolvere i problemi - reali - legati
al terrorismo e al possesso di armi di distruzione di massa, il presidente degli Stati
uniti George W. Bush sembrerebbe deciso ad attaccare l'Iraq, con o senza il consenso della
comunità internazionale. Quaranta anni addietro, nell'ottobre e novembre 1962, la crisi
dei missili a Cuba spinse l'umanità sull'orlo dell'abisso - lo scontro nucleare.
Fortunatamente, il conflitto è stato scongiurato da una coincidenza di eventi casuali e
dai negoziati. Ma a posteriori, ritroviamo sorprendenti analogie fra le due situazioni -
dal cinismo dei falchi americani alla strumentalizzazione delle Nazioni unite.
Daniele Ganser
Nel gennaio 1959, dopo l'ingresso trionfale di Ernesto «Che» Guevara e di Fidel Castro a
L'Avana, l'amministrazione degli Stati uniti e il presidente Dwight Eisenhower furono
indotti a temere che il comunismo potesse estendersi attraverso l'America latina. Alleato
fidato di Washington ai tempi della guerra fredda, il dittatore Fulgencio Batista era
stato deposto da una guerriglia sostenuta dalla stragrande maggioranza del popolo cubano.
Ancor prima che Castro - che a quell'epoca non era neppure comunista - attuasse la sua
riforma agraria, il 17 maggio, e cominciasse a espropriare le corporations americane,
partendo dalle terre della società bananiera United Fruit Co., il 4 aprile 1960, il
Consiglio di sicurezza nazionale della Casa bianca aveva deciso, il 10 marzo 1959, che
egli doveva essere sostituito, e stava studiando le strategie adatte ad «istituire un
nuovo governo a Cuba».
Autorizzata da Eisenhower a collaborare con le organizzazioni terroristiche, la Cia
cominciò a organizzare, pagare, armare e addestrare gli esuli cubani al fine di sabotare
la politica castrista. Nella massima segretezza, la Cia venne anche autorizzata a compiere
attentati contro il presidente cubano, come è stato rivelato nel 1975 dalla Commissione
speciale del Senato degli Stati uniti. Iniziò così fin dal 1959 una guerra non
dichiarata degli Stati uniti contro Cuba.
I bombardamenti e i sabotaggi dei terroristi della Cia iniziarono il 21 ottobre 1959,
allorché due aerei provenienti dagli Stati uniti mitragliarono L'Avana, provocando 2
morti e 50 feriti. Il ministro degli esteri cubano, Raúl Roa, portò tale episodio
all'attenzione delle Nazioni unite, e il 18 luglio 1960 fornì al Consiglio di sicurezza i
dati sul numero di cubani uccisi, i numeri di immatricolazione degli aerei, i nomi dei
piloti e l'origine degli attacchi.
L'ambasciatore degli Stati uniti, Henry Cabot Lodge, respinse decisamente tali accuse:
«Per quanto mi sembri assolutamente inutile, consentitemi di dargli [a Castro] qui ed ora
questa assicurazione forte e sovrabbondante: gli Stati uniti non hanno la minima
intenzione aggressiva nei confronti di Cuba». Il Consiglio di sicurezza non prese alcuna
decisione in merito. La cosa non garbò affatto a Castro che, nel settembre 1960, si recò
personalmente al Palazzo di vetro per perorare la causa di fronte all'Assemblea generale
dell'Onu. Esordì dicendo: «Non avete motivo di preoccuparvi, faremo del nostro meglio
per essere brevi».
Cinque ore dopo, stava ancora enumerando e denunciando gli atti criminosi che aveva subito
il suo regime...
Un mese prima di questo discorso, in un memorandum top secret, il presidente Eisenhower
aveva autorizzato lo stanziamento di 13 milioni di dollari per creare un campo di
addestramento di terroristi in Guatemala, dove gli esuli anticastristi si preparavano ad
invadere di Cuba. L'invasione iniziò un sabato mattina, il 15 aprile 1961.
Piloti al soldo della Cia bombardarono gli aeroporti di Santiago di Cuba e di San Antonio
de los Baños e i velivoli dell'aviazione cubana a L'Avana. All'alba del giorno dopo,
1.500 terroristi sbarcarono nella Baia dei Porci. Le forze di Castro affondarono le navi
degli invasori e annientarono o fecero prigionieri tutti i commandos anticastristi che
erano scesi a terra.
Mentre Cuba era sotto una pioggia di bombe, Raúl Roa invocò ancora una volta l'aiuto
delle Nazioni unite. Spiegò che il suo paese era stato attaccato da «una forza
mercenaria organizzata, finanziata e armata dal governo degli Stati uniti, proveniente dal
Guatemala e dalla Florida». L'ambasciatore americano all'Onu, Adlai Stevenson, respinse
tali accuse definendole «totalmente false; gli Stati uniti non hanno commesso alcuna
aggressione contro Cuba». L'ambasciatore britannico, Sir Patrick Dean, dichiarò il suo
sostegno a Stevenson: «Il governo del Regno unito sa per esperienza di poter fare
affidamento sulla parola degli Stati uniti».
Tuttavia, non era possibile continuare a negare la realtà. John F.
Kennedy, che dopo Eisenhower era salito alla presidenza degli Stati uniti, decise di
riconoscere la verità e si fece carico di ogni colpa, il 24 (22 nel testo inglese) aprile
in una dichiarazione della Casa bianca: «Il presidente Kennedy ha dichiarato fin
dall'inizio che in quanto presidente si assume piena responsabilità». Ma già il giorno
dopo Washington riprendeva la sua guerra contro il regime di Castro e imponeva un embargo
totale sui prodotti americani destinati a Cuba.
Per L'Avana, che temeva altre aggressioni, diveniva di vitale importanza attuare tutte le
misure necessarie per proteggere la sovranità nazionale.
A Mosca, il leader dell'Unione sovietica Nikita Kruscev seguiva da tempo l'aggressione
americana contro Cuba. Scriverà nella sua autobiografia: «Il problema era sempre
presente nei miei pensieri. Se Cuba cadeva, gli altri paesi dell'America latina ci
avrebbero respinto sostenendo che, nonostante tutta la sua potenza, l'Unione sovietica non
era stato in grado di fare alcunché per Cuba, se non dar voce a vane proteste al cospetto
delle Nazioni unite». Con una sfida temeraria, Kruscev decise di lanciare l'operazione
«Anadyr» e, nel maggio 1962, spedì per nave, verso Cuba, attraverso l'Atlantico
(territorio della Nato), 50.000 soldati sovietici e 60 missili atomici... Così facendo,
Nikita Kruscev dimostrava il suo impegno a difesa dell'alleato caraibico, guadagnava
posizioni strategiche e dava una dimostrazione di forza sia nei confronti degli Stati
uniti che della Cina. I soldati sovietici stavano installando i missili nucleari a Cuba
allorché, il 14 ottobre 1962, vennero fotografati da un aereo spia americano, un U-2 in
volo ad alta quota.
La notizia sconvolse l'amministrazione americana. Il presidente convocò immediatamente il
suo Consiglio nazionale di sicurezza in una riunione segreta alla Casa bianca. «Perché
[Kruscev] ha messo [i missili] proprio lì? - si chiese John F. Kennedy. È come se,
all'improvviso, noi cominciassimo a mettere un gran numero di missili atomici a medio
raggio (Mrbm) in Turchia; sarebbe dannatamente pericoloso, credo».
McGeorg Bundy, il suo consigliere speciale, gli rispose: «Lo abbiamo fatto, signor
presidente», riferendosi ai missili nucleari Jupiter che gli Stati uniti avevano
installato per l'appunto in Turchia, in prossimità della frontiera con l'Unione
sovietica, nel 1961.
Il presidente Kennedy era comunque convinto che i missili nucleari dovessero essere
evacuati. Non erano ancora operativi, come lo rassicurava la Cia, ma la loro installazione
continuava e il fattore tempo rivestiva la massima importanza. Il segretario alla difesa,
Robert McNamara, consigliò al presidente di non discutere la questione di fronte alle
Nazioni unite: «Una volta attivato il canale politico, credo che lei non avrà più la
minima possibilità di lanciare un'operazione militare». Poco dopo lo scoppio della
crisi, Richard Gardner, vice segretario agli affari internazionali, spiegò senza tante
perifrasi: «A Washington... consideriamo le Nazioni unite in modo pratico e realistico,
un mezzo di promozione del nostro interesse nazionale».
Trattative dietro le quinte Nonostante le enormi pressioni del Pentagono, che voleva
bombardare e invadere Cuba, John F. Kennedy saggiamente si pronunziò contro tale opzione.
Soltanto in un secondo tempo si scoprì che le forze terrestri sovietiche di stanza a Cuba
erano dotate anche di missili nucleari tattici che avrebbero utilizzato contro
un'invasione delle forze americane, scatenando così la prima guerra atomica tra due
potenze nucleari...
Il presidente americano decise invece di procedere a un blocco marittimo attorno
all'isola, onde impedire alle navi sovietiche di portare altri missili. Lunedì 22
ottobre, in un discorso trasmesso per televisione, John F. Kennedy spiegò alla gente
sbalordita, negli Stati uniti e in tutto il resto del mondo, che l'Unione sovietica, «in
una sfida flagrante e deliberata» della Carta delle Nazioni unite, aveva installato
missili nucleari a Cuba. «Il pericolo maggiore sarebbe stato decidere di non far
niente», sottolineò, spiegando che aveva ordinato di attuare un rigoroso embargo nei
confronti di qualsiasi apparecchiatura militare offensiva imbarcata verso Cuba. Nel
contempo, una risoluzione americana invitava «all'immediato smantellamento e al ritiro di
tutte le armi offensive dislocate a Cuba, sotto il controllo degli osservatori delle
Nazioni unite». Riferendosi al blocco, il segretario generale dell'Onu, Sinth U Thant, un
buddhista della Birmania, raccontò in seguito: «Stentavo a credere ai miei occhi e alle
mie orecchie. Tecnicamente, ciò segnava l'inizio della guerra contro Cuba e l'Unione
sovietica.
Per quanto ricordo, è stato il discorso più grave e più funesto mai pronunciato da un
capo di stato».
Cercando di impedire una escalation della crisi, U Thant sollecitò immediatamente tutti i
membri delle Nazioni unite ad astenersi da qualsiasi azione militare. Dietro le quinte,
parlò con Kennedy, con Kruscev e con Castro. A quest'ultimo confessò: «Se la Cia e il
Pentagono continueranno a disporre di tanto potere, il futuro del mondo si presenta sotto
una pessima luce». In quello stesso momento, Adlai Stevenson faceva del Consiglio di
sicurezza, che all'improvviso tornava ad essere utile, «il tribunale dell'opinione
mondiale», per citare le sue parole. Il 25 ottobre presentò le foto dei missili nucleari
sovietici a Cuba di fronte a un pubblico perplesso e ad un ambasciatore sovietico molto
imbarazzato, Valerian Zorin, che riuscì solo a borbottare: «Sono prove truccate ...».
Stevenson spiegò che Kennedy aveva ordinato il blocco senza consultare il Consiglio di
sicurezza dell'Onu perché l'Unione sovietica avrebbe bloccato qualsiasi risoluzione in
merito. Un amico di Stevenson osservò che l'ambasciatore aveva fatto colpo sul pubblico
americano: «Nei giorni successivi, la sua posta ha indicato che si era trasformato in una
specie di eroe per il vasto pubblico americano, che era abituato a una dieta televisiva a
base di rozza violenza e di bugie pubblicitarie piene di allusioni sessuali».
I bombardieri americani erano già in volo, con il loro carico di bombe nucleari e i piani
di volo che li dovevano guidare verso i bersagli strategici nell'Unione sovietica. Le
forze della Nato nell'Europa occidentale erano in stato di allerta. Le forze militari Usa
si stavano radunando nel sud degli Stati uniti. Le navi e i sottomarini sovietici stavano
manovrando nei Carabi.
A Cuba, i soldati sovietici lavoravano giorno e notte per rendere operativi i loro missili
nucleari. Le forze di terra sovietiche a Cuba, prive di qualsiasi possibilità di
rifornimento dal loro paese, puntavano i missili nucleari tattici contro una possibile
forza d'invasione americana. Cuba si preparava ad un'invasione imminente e schierava
anch'essa le sue forze armate. La catastrofe era ormai vicina. Ma non si concretizzò.
Perché dietro le quinte si intavolarono le trattative. Fermamente decisi ad evitare la
guerra, Kennedy e Kruscev raggiunsero l'accordo di ritirare senza clamore i rispettivi
missili da Cuba e dalla Turchia, e, il 28 ottobre 1962, gli Stati uniti promisero di
astenersi da qualsiasi nuovo attacco contro Cuba (promessa poi non mantenuta). Il mondo
respirò di sollievo.
All'inizio di novembre era stato disinnescato il conflitto potenziale più pericoloso dei
tempi della guerra fredda.
L'insegnamento che ci viene dalla Baia dei Porci è chiaro e semplice e valido ancora
oggi: tutti i paesi, grandi e piccoli, dovranno innanzi tutto astenersi dal violare le
norme e i principi delle Nazioni unite.
In secondo luogo, dovranno tener sempre fede ai loro impegni nei confronti dell'Onu, e non
sfruttare tale organizzazione soltanto nel momento in cui hanno bisogno di un appoggio a
livello internazionale.
Infine, tutti i paesi, soprattutto i membri più potenti della comunità mondiale, devono,
in qualsiasi circostanza, decidere contro la guerra e astenersi da qualsiasi azione
militare unilaterale.
note:
* Autore di Reckless Gamble, The Sabotage of the United Nations in the Cuban Conflict and
the Missile Crisis of 1962, University Press of the South, New Orleans, 2000. Tale libro
è la fonte di tutte le citazioni di questo articolo
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