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Progettazione strutturale con materiali compositi tessuti: caratterizzazione sperimentale ed ottimizzazione del ciclo di curing per il controllo della stabilità dimensionale

CONCLUSIONI

 

            Nel corso della presente tesi sono state studiate le tensioni problematiche connesse con la stabilità dimensionale di manufatti in composito tessuto connesse con il controllo della stabilità dimensionale di manufatti in composito tessuto. Lo studio si è sviluppato su tre livelli: analitico, sperimentale e numerico.

La parte analitica è stata finalizzata all’individuazione dei fenomeni che generano tensioni residue ed alla acquisizione dei modelli che li descrivono. L’incidenza degli aspetti individuati è stata valutata in base alle indicazioni emerse principalmente dall’indagine bibliografica. I fenomeni più importanti sono stati descritti mediante modelli analitici consolidati, in particolare è stata valutata l’evoluzione del grado di curing, della viscosità, del modulo elastico durante il processo di polimerizzazione.

Il miglioramento delle tecniche di caratterizzazione delle tensioni residue, rispetto alla valutazione della configurazione deformata con analisi fotogrammetrica, è stato ottenuto adottando gli estensimetri come strumento di misura. Per poterli utilizzare in maniera affidabile sul materiale studiato è stata condotta un’approfondita analisi delle modalità di utilizzo e di incollaggio degli estensimetri. I criteri individuati e le procedure messe a punto sono state validate effettuando prove di trazione su provini standardizzati (ASTM D3039). L’uso degli estensimetri ha consentito di migliorare le modalità di caratterizzazione e di superare i limiti delle prove effettuate utilizzando l’estensometro come strumento di misura. In particolare, sono stati ottenuti livelli di deviazione standard, tra i moduli elastici rilevati per ciascuna prova, inferiori al 1%. Attraverso le misurazioni con estensimetri è stato verificato il ridotto livello di tensioni residue ottenute nel processo di curing ottimizzato.

 Un estensimetro è stato incollato sul laminato, ed ha fornito i valori di deformazione del materiale durante il curing. I risultati di questa prova hanno confermato le valutazioni teoriche ed hanno fornito importanti indicazioni sul ruolo svolto da fibra e matrice durante il processo. Il laminato strumentato è stato in precedenza sottoposto a pre-trattamento: questo fatto ha permesso di effettuare l’incollaggio del estensimetro in quanto la resina e, dopo il pre-trattamento, parzialmente polimerizzata. Durante il riscaldamento sono stati evidenziati un comportamento analogo a quello del materiale finale nelle primissime fasi, in seguito si è registrata una contrazione di tipo chimico dovuta alla conclusione del processo di polimerizzazione. Durante la stasi termica il composito ha evidenziato una leggera espansione: questa è dovuta al completamento della polimerizzazione ed al leggero aumento della temperatura (processo esotermico) all’interno del autoclave. Durante la fase di raffreddamento il laminato ha mostrato un CTE negativo che ha condotto a deformazioni residue pari a circa 300 microstrain. Dai dati forniti dalle prove di trazione si evince che questo valore di deformazione è quello provocato sul materiale da uno sforzo di trazione con intensità pari a circa 10 Mpa. Questo valore fornisce una stima del livello di tensioni residue.

Per verificare la riduzione delle tensioni residue sono state svolte prove di curing su laminati di dimensioni standard variando i parametri del ciclo e le modalità di composizione del sacco da vuoto. L’entità delle deformazioni residue è stata valutata attraverso l’analisi visiva dei campioni, tramite l’analisi fotogrammetrica e, nell’ultima prova, con estensimetro incollato. L’attività ha dimostrato che il tessuto presenta deformazioni prima del processo di polimerizzazione, per ridurre l’incidenza delle quali è necessario effettuare un ciclo di pre-trattamento, che consente di estendere la permanenza del manufatto in condizioni di bassa viscosità e di concentrare l’azione meccanica della pressione nella prima parte del processo. Realizzando il curing senza l’azione della pressione, ma solo in presenza di vuoto spinto, si eliminano azioni vincolari sul campione; tali azioni, svolte dai materiali del sacco, impediscono alle fibre di liberarsi delle tensioni residue attraverso dei micromovimenti: questo impedimento porta ad uno stato tensionale che va a sommarsi alle sollecitazioni determinate nel materiale dal ciclo termochimico. Se si effettua il pre-curing, è possibile evitare di utilizzare cicli termici con stasi intermedia e controstampi di formatura in alluminio. Questo fatto si è rivelato di notevole rilevanza economica e tecnologica, i vantaggi derivati dal controstampo sono di natura termica, bilanciamento termico del sacco, e meccanica, maggiore uniformità di azione della pressione ed eliminazione degli effetti vincolari “di bordo”. Una soluzione ottimale è risultata quella con uso di un laminato in fibra di vetro, più leggero e meno costoso del corrispondente in alluminio. Relativamente al processo termo-chimico gli aspetti critici individuati sono legati al diverso comportamento di fibra e matrice.

Mentre le fibre non variano le proprie caratteristiche durante tutto il ciclo di curing la matrice è soggetta diversi effetti che ne modificano il comportamento e l’interazione con la fibra. Seguendo un criterio cronologico, è possibile studiare questi aspetti individuando due “momenti” distinti: la polimerizzazione ed il raffreddamento. Nelle resine termoindurenti il processo di polimerizzazione è accompagnato da una riduzione di volume e di viscosità: questa scende a livelli minimi nella fase iniziale del ciclo, aumenta successivamente in corrispondenza dello sviluppo delle reazioni di reticolazione. Prolungare la permanenza del materiale nello stato di minima viscosità limita gli effetti del ritiro chimico in quanto consente il libero movimento delle fibre ed il recupero delle deformazioni causate dai processi produttivi del tessuto. L’utilizzo di un gradiente termico basso (1°/min) migliora il drenaggio, favorisce il degasaggio e consente di ottenere una più omogenea distribuzione della temperatura e del grado di curing all’interno del composito. La riduzione dei gradienti è elemento positivo anche nella fase di raffreddamento: per quanto le caratteristiche del materiale all’inizio dell’ ultima fase risultino molto vicine a quelle finale, un minore gradiente termico garantisce una maggiore possibilità di una riduzione delle tensioni residue ad opera del comportamento viscolelastico del materiale.

Relativamente ai materiali utilizzati per il sacco da vuoto, è emerso come la composizione del sacco incide sulle caratteristiche del drenaggio e della trasmissione del calore. Nel caso di laminati piani la variazione dei parametri termodinamici è trascurabile nell’ambito della valutazione delle tensioni residue; le modalità di drenaggio si sono rilevate importanti, non come atteso per la quantità drenata, ma per la qualità del processo di asportazione di resina: taluni materiali, quali l’“airweave” hanno consentito di ottenere ottimi risultati indipendentemente dalla quantità di resina drenata.

Il processo di curing è stato oggetto anche di studio teorico. La modellazione numerica è stata sviluppata con l’ausilio di software di simulazione dotati di capacità di analisi non lineare; una indagine dettagliata ha riguardato la fase di raffreddamento nella quale sono utilizzati campioni di tessuto di caratteristiche variabili per forma e dimensioni. Pur non essendo stato possibile modellare un campione uguale a quello reale, è stato individuato un “trend” nella evoluzione delle deformazioni che dimostra un accordo tra i risultati numerici e quelli sperimentali. La simulazione del processo di curing è stata effettuata assumendo ipotesi restrittive sul comportamento del materiale e sui fenomeni coinvolti. I risultati, pur evidenziando i limiti di queste ipotesi formulate, sono risultati in accordo con i dati sperimentali. Il modello si basa sulla simulazione della fase di polimerizzazione attraverso un parametro che consente di modellare il ritiro chimico utilizzando un coefficiente di dilatazione termica fittizio. Il provino viene successivamente “riportato” in condizioni di temperatura ambiente; in questo secondo passaggio l’entità delle deformazioni aumenta in maniera ridotta mentre lo stato tensionale aumenta sensibilmente portandosi su valori doppi rispetto a quelli originati nella fase di polimerizzazione. Sia gli stati tensionali che quelli deformativi finali sono coerenti con i risultati sperimentali.

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