Capitolo 1

Aerodinamica dell’automobile


Si va ormai da anni affermando nella progettazione di un’automobile di serie l’impiego di tecniche e conoscenze ingegneristiche sempre più sofisticate, come ad esempio la progettazione aerodinamica per conoscere con precisione il comportamento della corrente che la investe, per poter controllare e diminuire la resistenza aerodinamica (e quindi i consumi) e il rumore (e quindi migliorare il comfort per i passeggeri).

Il campo di moto intorno ad un’automobile è il risultato della sua velocità e della velocità e direzione dell’eventuale vento esterno. Strettamente legati al campo di moto esterno sono due sistemi di campi interni: quello di raffreddamento del motore e quello all’interno dell’abitacolo.

I vari obiettivi dello studio aerodinamico delle automobili possono essere classificati in quattro categorie:

  1. Campo di moto esterno

  2. Campo all’esterno del vano motore
  3. Performance e stabilità
  4. Riscaldamento e ventilazione dell’abitacolo

Nel corso di questo capitolo verrà approfondito il primo punto, perché pertinente agli argomenti trattati in questa tesi.


1.1 Campo di moto esterno

Paralleli esistono tra l’aerodinamica dell’automobile e degli aeromobili.

Gli obiettivi primari sono molto similari: buone caratteristiche di guida o volo (nella dinamica longitudinale); bassa resistenza aerodinamica; bilanciamento delle forze e dei momenti lungo l’asse perpendicolare alla direzione di avanzamento del moto per assicurare buona stabilità di guida o volo (stabilità trasversale).

Nonostante questo l’aerodinamica delle automobili differisce in modo significante rispetto all’aerodinamica degli aeromobili.

Il campo reale stazionario attorno ad un profilo alare portante può essere schematizzato, nel modello non viscoso, come indicato nella figura 1.1, sovrapponendo, ad una corrente iniziale rettilinea uniforme V¥ un campo di pura circolazione creato dai vortici aderenti.

Campo di moto reale stazionario attorno ad un profilo alare

Figura 1.1 Campo di moto reale stazionario attorno ad un profilo alare

Le velocità dei due campi si vengono a sommare nei punti del dorso e a sottrarre nei punti del ventre e si crea così l’asimmetria delle velocità e delle pressioni necessaria per la produzione delle forze portanti.

Il campo di moto attorno ad un’automobile non può essere trattato allo stesso modo, per due ragioni. Dalla figura 1.2, è chiaro che la scia dietro un’automobile è fortemente governata dalla separazione.

Campo di moto nella sezione longitudinale attorno ad un'automobile

Figura 1.2 Campo di moto nella sezione longitudinale attorno ad un’automobile


Campo di moto attorno ad un'automobile

Figura 1.3 Campo di moto attorno ad un’automobile

La figura 1.3 fornisce più informazioni sul tipo e posizione della separazione. L’effetto della viscosità non è più confinato in piccole zone vicino alla superficie del corpo (strato limite). Inoltre, per un’automobile non è possibile distinguere separatamente campi di moto più o meno indipendenti. Il campo di moto attorno ad un’automobile deve essere trattato nel complesso.


1.2 Azioni nello Strato Limite

È noto che in un fluido, come l’aria, che ha bassi valori del coefficiente di viscosità, le forze tangenziali dissipative sono trascurabili ad una certa distanza dalle pareti solide perché i profili di velocità, cf. figura 1.4, non presentano apprezzabili gradienti trasversali e gli sforzi tangenziali sono in pratica nulli. Per contro nelle zone immediatamente prossime alle pareti (gli strati limiti), anche se µ (coefficiente di viscosità) è piccolo, i gradienti trasversali delle velocità sono elevati e le forze tangenziali viscose sono significative.

Strato limite su una lastra sottile piana

Figura 1.4 Strato limite su una lastra sottile piana


1.2.1 Fenomeno della transizione

I moti laminari sono ovviamente più facili da investigare da un punto di vista teorico, ma sono in realtà difficili da realizzare e mantenere. I campi di moto laminari sono, infatti, instabili e tendono rapidamente a trasformarsi in turbolenti:

A parità di condizioni gli spessori degli strati limiti laminari sono più piccoli degli strati limiti turbolenti, le velocità delle particelle fluide che scorrono in prossimità delle pareti sono più elevate in uno strato limite turbolento rispetto ad un corrispondente moto laminare, nei campi di moto turbolenti gli sforzi tangenziali sulle pareti (e quindi le resistenze d’attrito dei corpi) sono maggiori rispetto ai valori che si producono negli sviluppi degli strati limiti laminari.


1.2.2 Fenomeno della separazione

Quando i gradienti di pressione avversi sono elevati o si è in presenza di forti curvature della superficie, gli strati limiti sia laminari che turbolenti, tendono a separarsi dalle pareti. Per chiarire il fenomeno della separazione è importante l’interpretazione energetica del teorema di Bernoulli per il quale dove H è la pressione totale, r il raggio di curvatura della traiettoria e la componente del vettore rotore. In un fluido ideale lungo il contorno di un profilo si ha prima una trasformazione di energia potenziale (di pressione) in energia cinetica dal punto di ristagno anteriore al punto di massima velocità; da questo punto segue la trasformazione inversa di energia cinetica in energia di pressione. In un fluido reale interviene la viscosità e quindi l’attrito come fattore dissipativo, quindi una parte dell’energia cinetica viene impiegata per compiere lavoro contro di esso e non è più possibile ottenere la trasformazione inversa completa ovvero il recupero totale di pressione. Possiamo immaginare che la particella fluida ancor prima di raggiungere il bordo di uscita, si fermi in una certa posizione. La particella, ormai inerte perché priva di energia cinetica, sotto l’azione dei gradienti avversi, ritorna indietro venendo in collisione con le particelle ancora dotate di energia. Si verifica così un complesso fenomeno di campo inverso e di mescolamento, ed a regime, il campo di moto assume la forma di figura 1.5 . Come risultato finale si verifica una separazione della corrente, con la formazione di una scia turbolenta, presente nelle parti poppiere dei corpi. Questo distacco della vena, con la conseguente mancanza di recupero totale di pressione, origina la resistenza di scia.

Separazione dello strato limite su una parete

Figura 1.5 Separazione dello strato limite su una parete


Il fenomeno della separazione si può manifestare sia per gli strati limiti laminari che turbolenti. In particolare poiché l’energia cinetica delle particelle fluide, soprattutto in prossimità delle pareti, negli strati limiti laminari è più piccola che non in quelli turbolenti, risulta che gli strati limiti laminari si separano più facilmente ed in anticipo, rispetto a quelli turbolenti.


1.3 Analisi della resistenza aerodinamica

Ogni corpo in moto nell’atmosfera con velocità V (si sottende vettore) è soggetto ad una forza aerodinamica F (vettore) che può essere pensata come la risultante di tutte le azioni che agiscono su di esso. In un flusso simmetrico uniforme (ß = 0) e per un corpo da esso investito, cf. figura 1.6, la retta d’azione della forza aerodinamica F (vettore) ha, generalmente, una direzione diversa da V (vettore). Essa può essere scomposta in una componente R, secondo la direzione della velocità, che è detta resistenza, in una componente L ad essa normale, che si definisce portanza, e inoltre è presente un momento di beccheggio M agente sull’asse laterale y.

In condizioni di flusso laterale (ß ¹ 0) è presente un campo di flusso asimmetrico e agisce anche una forza laterale Y, un momento di imbardata N e di rollio R.

Forze e momenti agenti su un veicolo (c.g. centro di gravità)

Figura 1.6 Forze e momenti agenti su un veicolo (c.g. centro di gravità)


La resistenza che un profilo incontra nel suo moto relativo è solo di origine viscosa ed è indicata come resistenza di profilo. La resistenza di profilo Dp può essere, perciò, distinta nei seguenti contributi:

Sono valide le espressioni [3] :

Formula

(1.1)

Formula

(1.2)

Formula

(1.3)


1.3.1 Resistenza d’attrito

La resistenza di attrito di un corpo in movimento viene in genere misurata tramite il coefficiente di attrito [3] nella quale SW è la superficie bagnata dal fluido e t gli sforzi tangenziali.

Per un corpo di forma assegnata e con una data posizione relativa rispetto al fluido il coefficiente di attrito globale dipende dal numero di Reynolds () della corrente asintotica. Sperimentalmente si vede che negli strati limiti turbolenti gli sforzi tangenziali e quindi Cf , sono più elevati di quelli che si incontrano negli strati limiti laminari. Altro parametro importante nella resistenza d’attrito è la rugosità superficiale.

I concetti esposti e ulteriori approfondimenti si trovano in [3].


1.3.2 Resistenza di scia

Nelle regioni poppiere dei corpi in moto relativo rispetto ad un fluido gli strati limiti si separano e danno origine alle scie, popolate di vortici macroscopici a piccola e grande

scala. La resistenza di scia è dovuta a due effetti concomitanti, entrambi dovuti alla viscosità:

  1. variazione significativa delle distribuzioni di pressione, rispetto a quelle valutate con teorie di fluido ideale, sulle superfici dei corpi;
  2. sensibile diminuzione del livello di pressione sulla base delle geometrie con coda tronca.

Per i corpi tozzi, inoltre, anche ammettendo che i punti di separazione siano localizzati in prossimità delle estremità posteriori, le schiere vorticose che si dipartono dalle superfici svolgono una continua azione di trascinamento del fluido quasi stagnante presente nelle regioni a poppa, cf. figura 1.7, con il risultato che si instaura una ridotta pressione pb sulle basi tronche, associata alla differenza di pressione tra le regioni anteriori e posteriori dei corpi con coda tronca, che è indicata come ‘resistenza di base’.

Un esempio tipico di tale fenomeno si realizza nel moto di una lastra piana ortogonale alla direzione della corrente, cf. figura 1.8. In tal caso, infatti, gli sforzi tangenziali sulla lastra non hanno componenti nella direzione del moto, tranne che nelle regioni infinitesime dei bordi laterali, ed è nulla la resistenza di attrito. La resistenza della lastra è, in effetti, dovuta alla differenza tra la pressione di ristagno sulla faccia esposta alla corrente, e la bassa pressione che regna sulla parete a valle.

Campo di moto nelle regioni di poppa

Figura 1.7 Campo di moto nelle regioni di poppa


Per configurazioni meno ottuse di una lastra piana esposta perpendicolarmente alla corrente il rapporto tra la resistenza d’attrito e di scia cresce all’aumentare della snellezza del corpo ma la resistenza totale diminuisce. I concetti esposti e ulteriori approfondimenti si trovano in [3].

Moto di una lastra piana ortogonale alla direzione della corrente

Figura 1.8 Moto di una lastra piana ortogonale alla direzione della corrente


Per una vettura europea di medie dimensioni, la resistenza aerodinamica rappresenta circa l’ottanta per cento della resistenza totale a 100 Km/h [2].

Si può affermare che la maggior parte degli sforzi compiuti per ridurre la resistenza sono orientati a ridurre il coefficiente . Integrando, sull’intera superficie del veicolo, la distribuzione di pressione e gli sforzi di taglio, si ottengono le resistenze di pressione e di attrito e, quindi, la resistenza totale. Come per la maggior parte dei corpi tozzi, la resistenza di pressione è la componente più grande della resistenza aerodinamica. Il vero obiettivo dello studio aerodinamico su di un’automobile è proprio quello di ridurla il più possibile. Si deve anche tenere conto di un altro tipo di resistenza, chiamata resistenza indotta, generata da sistemi di vortici longitudinali presenti sulla superficie del veicolo, a causa di gradienti di pressione esistenti, per esempio, tra il cofano e il fondo del veicolo. A questo proposito, nell’aerodinamica classica, il coefficiente di resistenza di un’ala CD si può scrivere come:

Formula

(1.4)

Il primo termine, , rappresenta la resistenza di forma e tiene conto sia della resistenza di pressione sia della resistenza di attrito. Esso è misurato ipotizzando un campo di moto bidimensionale e considera tutti gli effetti dovuti alla viscosità dell’aria. Il secondo termine, , rappresenta la resistenza indotta ed è calcolato usando la teoria del flusso inviscido. Negli aeromobili, la resistenza indotta è generata da un sistema di vortici liberi che si originano dalle estremità delle ali. Tuttavia, la relazione (1.4) è valida solo nel caso in cui l’effetto della viscosità nel moto bidimensionale e quello della vorticità nel flusso inviscido tridimensionale siano nettamente separabili e non si influenzino a vicenda. Ciò accade, come ben noto, solo se l’allungamento del corpo non è troppo piccolo. Ovviamente questa condizione non si riscontra nelle automobili e quindi l’equazione (1.4) non può essere applicata. Molti studiosi hanno cercato negli ultimi anni di ricavare una formula che potesse esprimere, in modo generale, l’andamento della resistenza aerodinamica per un’automobile; tuttavia ancora oggi un’espressione di validità generale non è stata trovata. È per questa ragione che, nel progetto aerodinamico delle automobili, la sperimentazione ha avuto fino ad ora un ruolo preponderante rispetto allo studio teorico.

Nel seguito verranno riportati alcuni esempi, tratti da [2] , che mostrano come la riduzione della resistenza sia stata ottenuta modificando e ottimizzando, con prove sperimentali, varie parti di un veicolo.


1.3.3 Parte anteriore

La figura 1.9 mostra che una piccola correzione della forma dell’estremità anteriore del veicolo riduce la resistenza del 6%. Le forme 3, 4, 5 rappresentano delle varianti che riducono la resistenza del 10%. Le forme 6 e 7 mostrano significative modifiche rispetto alla forma 1 e comportano una riduzione della resistenza del 14%. Da prove di questo tipo è risultato che il ‘front end’ ottimo è quello costruito in modo che la corrente attorno alla parte anteriore dell’automobile non si separi. Inoltre la posizione del punto di stagnazione determina la porzione d’aria che passa sopra il veicolo e quella che scorre tra il fondo e il terreno.

Riduzione della resistenza con le modifiche di forma del cofano

Figura 1.9 Riduzione della resistenza con le modifiche di forma del cofano

Effetto della posizione del punto di stagnazione sulla resistenza

Figura 1.10 Effetto della posizione del punto di stagnazione sulla resistenza

Dalla figura 1.10 si può notare che esiste un punto di stagnazione ‘ottimo’, la cui posizione dipende dalla forma del veicolo completo e dalla forma della parte anteriore. Generalmente si è stabilito che un basso punto di stagnazione è favorevole per una bassa resistenza.


1.3.4 Parabrezza

Dalla figura 1.11 si può vedere come il punto di separazione S sia spostato verso la parte anteriore e il punto di riattacco R verso il retro quanto più l’angolo g del parabrezza aumenta. Si è stabilito che, se il parabrezza diventa piatto, la resistenza aerodinamica diminuisce.

L’influenza diretta dell’inclinazione del parabrezza sulla resistenza è, comunque, limitata e riconducibile a due effetti principali:

  1. la velocità nella zona del montante del parabrezza (‘A-pillar ’ in termini anglosassoni) è minore e ciò porta ad una minore perdita di quantità di moto;

  2. la deflessione della corrente, nella zona di transizione parabrezza-tetto, è minore e questo implica una minore perdita di quantità di moto nello strato limite, permettendo un recupero di pressione maggiore nella parte posteriore della vettura.

Separazione della corrente sul cofano e riattacco sul parabrezza in funzione di

Figura 1.11 Separazione della corrente sul cofano e riattacco sul parabrezza in funzione di g

Angoli di inclinazione del parabrezza maggiori di 60º non sono praticabili a causa della diffusione della luce; inoltre, parabrezza grandi e fortemente inclinati portano ad un aumento del riscaldamento dell’abitacolo dovuto al sole.

Con le moderate curvature laterali dei parabrezza odierni, a livello dell' A-pillar si ha separazione sotto forma di vortici tridimensionali (cf. figura 1.12). Il campo di moto risultante è simile a quello di un’ala a delta ad elevati angoli di incidenza.

Un valido modo per ridurre la resistenza aerodinamica è quello di arrotondare l’A-pillar e di fare in modo che il finestrino rientri il meno possibile rispetto allo stesso.

Formazione dei vortici sull' A-pillar

Figura 1.12 Formazione dei vortici sull' A-pillar


1.3.5 Tetto

Il tetto è progettato con una forma convessa per assicurare sufficiente rigidità. Per ragioni stilistiche è posta molta attenzione nel contenere questa convessità a valori piuttosto bassi.

Dalle prove sperimentali è, però, emerso che la resistenza si riduce al crescere della convessità per due ragioni: innanzitutto un alta convessità permette un passaggio dal parabrezza al tetto con un raggio di curvatura meno accentuato; inoltre, la convessità favorisce una deflessione moderata della corrente sul retro e quindi si ha un guadagno di pressione nella zona posteriore.

Effetto della forma convessa del tetto sulla resistenza

Figura 1.13 Effetto della forma convessa del tetto sulla resistenza


Dalla figura 1.13 si può notare come, se la variazione di forma comporta un aumento dell’area frontale, ci sia un aumento della resistenza aerodinamica (Dµ CD·A). A livello di CD si ha, invece una diminuzione; questo implica che, se si modifica il tetto mantenendo costante l’area frontale, la resistenza aerodinamica viene ridotta. In tale caso, il parabrezza e il lunotto dovranno essere curvati in modo da seguire la forma convessa e non pregiudicare la visibilità, con notevole aumento dei costi di produzione.


1.3.6 Fiancate

Anche per le fiancate si trae vantaggio dando una certa curvatura. Come per il tetto, l’aumento graduale di pressione, causato da tale curvatura, permette un maggior ‘boat-tailing’ della parte posteriore della vettura e, quindi, una maggiore pressione nella zona posteriore.

Valgono, per le fiancate, le stesse considerazioni svolte per il tetto riguardo alla variazione di forma con e senza modifica dell’area frontale (cf. figura 1.14).

Effetto della forma convessa delle fiancate sulla resistenza

Figura 1.14 Effetto della forma convessa delle fiancate sulla resistenza


Bisogna tenere presente che la corrente d’aria dell’aria sulle fiancate è, comunque, interrotto dalla presenza delle ruote, dal fatto che i finestrini rientrano rispetto al resto della superficie e dalla presenza degli specchietti retrovisori.


1.3.7 Appendici

Le appendici, come gli specchi retrovisori e le antenne, hanno, di per se, una elevata resistenza aerodinamica, se correlata alla loro area frontale. Nel caso dello specchietto retrovisore, si può utilizzare la seguente equazione, valida nel caso di specchietto assimilabile ad un disco piatto:

Formula

(1.5)

dove DM rappresenta la resistenza e AM l’area frontale.

L’area frontale di queste appendici è, comunque, piccola rispetto a quella della vettura. Per esempio, nel caso dello specchietto, essa è solitamente, minore dello 0,5% dell’area frontale del veicolo. Quindi, il suo contributo alla resistenza totale (assumendo, per le varie grandezze, dei valori medi riscontrabili nelle vetture di produzione) può essere approssimato con la seguente equazione:

Formula

(1.6)

dove VM è la velocità della corrente sullo specchio che è, solitamente, diversa dalla velocità del veicolo (da prove sperimentali [2] si è ricavato che VM = 1,3·V è una buona approssimazione).

Il coefficiente di resistenza così ricavato corrisponde, approssimativamente, al 2% della resistenza totale.

Queste stime non tengono, però, conto dell’interferenza tra campo di moto dello specchietto e campo di moto della vettura: gli specchietti retrovisori producono una lunga scia che disturba la corrente sulle fiancate. Tale disturbo è più pronunciato nelle vetture a basso coefficiente di resistenza, nelle quali si tende ad integrare lo specchietto nella forma del veicolo.

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