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3) LA ZONA AGRICOLA.

 

E’ una tranquilla passeggiata che si snoda tra vasti campi ancora ben tenuti e produttivi.

Percorreremo un paesaggio agreste contornato da siepi e solcato da una fitta rete irrigua, con varie coltivazioni; dai campi a cereali ai prati a foraggio

Invitiamo ancora vivamente a non uscire dai sentieri e di non danneggiare o recare alcun disturbo alle attività agricole.

Il tempo di percorrenza di questo itinerario è di circa 1 ora.

Prima di iniziare la nostra passeggiata può essere interessante dare un’occhiata alle aziende agricole ancora presenti nel borgo e alle caratteristiche architetture rurali.

Usciamo dal borgo sul lato di via fametta e ci dirigiamo a destra della strada asfaltata. Arrivati presso la ex-scuola elementare ora diventata sede di attività didattico-ambientali con il soprannome la “casetta del parco” prendiamo una stradina alla nostra sinistra che si immette nella campagna.

Alla nostra destra la strada costeggia un canaletto di irrigazione contornato da una siepe di robinie(3.1).

Per l’importanza che ebbe quest’albero nell’economia agricola passata e per la sua presenza anche in altri itinerari spenderemo due parole in suo onore.

La robinia venne introdotta in Europa dall’America settentrionale nel 1600, ma cominciò ad essere diffusa nelle nostre campagne nel secolo scorso per la sua velocità di crescita dopo il taglio e l’ottima legna da ardere che produce.

Venne così piantata in tutte le aree marginali non sfruttabili per l’agricoltura, lungo le rogge e sulle scarpate dei fontanili.

Generazioni di contadini hanno cucinato e si sono riscaldati con il legname da esse prodotto; non è esagerato affermare che sino al secondo dopoguerra ha rappresentato la principale fonte energetica per le nostre campagne.

Le siepi venivano tagliate (ceduate) ogni 3-5 anni in inverno, periodo in cui i contadini erano liberi dal lavoro nei campi, utilizzando la roncola, scure ricurva adatta al taglio dei polloni dal diametro che difficilmente raggiungeva i dieci centimetri.

Il taglio non poteva essere preciso rasente al terreno: si formavano così col tempo grosse ceppaie contorte.

Su queste in autunno crescono i funghi chiodini, oggi come allora, attivamente ricercati e molto apprezzati localmente.

Ai nostri giorni queste siepi, persa la loro importanza economica, hanno acquistato una notevole importanza naturalistica.

Nell’uniforme paesaggio agricolo rappresentano il rifugio per molte specie animali e vegetali che altrimenti non potrebbero sopravvivere nelle nostre campagne.

L ‘abbandono delle cure manutentive fa sì che fra le robinie prosperino numerosi arbusti come sambuchi, sanguinelle, evonimi, e gli onnipresenti macchioni di rovi.

In questi si insediano uno stuolo di animali che variano con il cambiare delle stagioni.

Già all’inizio della primavera i merli costruiscono i loro nidi sui sambuchi; primi arbusti a mettere le foglie, seguono poi gli altri piccoli uccelli silvani nei bassi cespugli e nei roveti.

La profumata fioritura primaverile delle robinie richiama sciami di api con la quale producono l’ottimo miele erroneamente chiamato d ‘acacia.

D’estate i rovi e i sambuchi dispensano gli abbondanti frutti a una variegata schiera di commensali.

L ‘arrivo di nuovi ospiti, come i pettirossi e gli scriccioli ci fa intuire che siamo arrivati alla

stagione fredda, ove diventa luogo sicuro per il letargo del riccio e di altri piccoli mammiferi, rettili

e anfibi.

Proseguiamo avendo sempre la siepe alla nostra destra e i campi a sinistra.

Varie coltivazioni si succedono.

I prati a foraggio occupano sempre di anno in anno gli stessi appezzamenti di terreno, per questo motivo vengono chiamati “stabili”.

Le varie erbe che lo compongono sono il risultato di una lunga selezione avvenuta in base a parametri di umidità e composizione chimica del terreno.

Negli altri campi avviene invece una rotazione delle colture imperniata generalmente sui cereali, come frumento, mais e orzo.

Dalla roggia principale si diramano diverse canalizzazioni che si perdono nei campi. Queste permettono di irrigare i prati e il mais, le coltivazioni del frumento e dell’orzo non necessitano di irrigazione in quanto crescendo dall’autunno alla primavera si avvantaggiano delle abbondanti precipitazioni atmosferiche.

In primavera allieterà la nostra passeggiata il canto dell’allodola che in questi campi costruisce al suolo il suo nido.

E’ facile ammirarla mentre volteggia alta nel cielo emettendo il suo armonioso richiamo.

Dopo circa duecento metri la strada piega verso sinistra, contornata da alcuni grossi alberi.

Oltre ai comuni pioppi notiamo numerosi esemplari di platano.

Anticamente questa pianta veniva diffusa nelle campagne e periodicamente ceduata per ottenere legna da ardere.

Questo utilizzo nella nostra zona venne abbandonato con l’avvento della robinia per la resa maggiore che offriva.

Siepi di platano sono tuttora ancora presenti nelle campagne della bassa pianura bergamasca e bresciana.

Lo sterrato termina sulla strada trafficata che dalla ss. varesina conduce a Garbagnate.

Con attenzione ne seguiamo un breve tratto sino ad incontrare una stradella alla nostra sinistra. La percorriamo circondati interamente dalla campagna, con una bella veduta del borgo di Castellazzo.

E’ questo uno dei pochi punti se non l’unico nella nostra zona ove si può ancora ammirare una vasta area agricola.

Ritrovato lo sterrato dell’andata lo percorriamo verso destra arrivando in breve tempo al nostro punto di partenza.

Abbiamo potuto verificare come a Castellazzo i ‘agricoltura sia ancora una attività vitale e produttiva.

Senza la sua presenza Castellazzo perderebbe una delle sue componenti, diventerebbe qualcosa di artificiale a cui mancherebbe la sua vera anima.

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