- Chiaro mattino -
Mani in preghiera appena accennata da un vecchio capanno a San Salvatore sulla collina; proprio lassù nella boscaglia dorme un laghetto che non si vede; Timmari osserva l'agro Picciano con il santuario della sua Vergine proprio di fronte. Dalla nebbia a mezza costa distese al sole sbocciano montagne innevate e pare che facciano un girotondo in fondo in fondo; più in là sarà il nulla oppure un qualcosa forse un nonnulla sul dito indice di un amico che non si vede. Un cielo terso accoglie tra queste ciglia un po' assonnate ampie vallate con poche case ed il respiro senza confine di chi disconosce il tempo e l'ausiliare è l'Essere, a chi riconosce il dono in prima persona: Sono.
- L'altra via
-
Il cielo novembrino questa sera è carico di stelle sparpagliate; soffusa l'aria; una falce di luna come un ciglio capovolto ridente s'apre ai pianeti attorno: tristezza lieve d'ansia accora. Amore mio che l'occhio ombrato da lacrima frenata sorriso illude, tradita è la pena che ti nascondo. Dentro porto rumori cupi uditi, da lontano s'avvicinano lenti: calzari rimbombano nella mente ed io sussurro madre ad ogni passo; gioia invece effonde il tuo respiro, la tua pelle con inganno mi ravvivo nelle luci del tuo viso sul cuscino. Vorrei portare i tuoi sguardi a quelle stelle perché non veda nei miei pensieri l'uscio posto in fondo a quella via. Ti faccia occhiolino invece la burlesca luna perché a me l'addio lo rinnovi sempre col tuo sorriso e col trombettista nero che dall'ottone al labbro "in rosa" spiana l'altro tuo cammino.
- Panni al sole -
Da tempo non notavo il bucato al sole, eppure, dietro uno sguardo è sempre lì a sventolare. Torna. Dentro di me vivo è il ricordo di funi tese con le forcelle e panni appesi al lunedì: istantaneo e raro appariva il vezzo. Ora si mostra antracite il pizzo; di fronte, con le mani agli occhi, brache di lana spiano il perizoma. Distesa sulla collina come un velluto vedrei pelle di luna se non fossi sobrio; ma, io conosco quella finestra e sento: il vento gonfiar quelle mutande di desiderio; passare l'immaginario tra i tuoi ricami.
- Folla -
Qui non c'è più nessuno.
I canneti estivi o il maggese in oro si piegano nel vento; fusti sottili e tutte uguali le spighe appaiono fruttuose e colme: viva la folla. Pagine diafane scritte con sangue sul viso di ognuno; il vento le sfoglia al passante; occhi perduti nel vuoto nascondono storie non scritte. Se mani tremano per novello fervore di sognatore intrepido e nello spirito provato di cupido il dardo, vano sentire sono i lamenti. Ma se ti fermi per poco a pensare automi o fantasmi inanimati avranno anche sorrisi e parole; smentiranno l'assunto e tu in mezzo a loro come farai a contarli?
|