Miniere in "Sardegna"

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Fin dall'antichità, la Sardegna, è stata una terra in cui lo sfruttamento dei metalli è stato scandito con il passare degli anni.

Fin dall'antichità si  coltivavano miniere a cielo aperto (sto parlando dell'età nuragica) per ricavare metalli poco diffusi allora che avevano per quelle popolazioni, un grande valore, sia per la caccia che per la vita comunitaria.

Da lavorazioni primitiva che si facevano poi con i fenici e con i romani, si passa gradatamente  a uno sfruttamento sempre più intenso che consente alla Sardegna di rivestire un ruolo strategico per i minerali.

Quando giungono i pisani in Sardegna l'estrazione diventa sempre più intensa, dato che dal piombo dell'iglesiente si riusciva a estrarre anche dell'argento, consentendo poi a "Villa di Chiesa" (l'odierna Iglesias) addirittura la nascita di una zecca "comunale" (dato che allora c'erano i comuni - +-1100/1200) coniando così delle preziose monete e un'esportazione a Pisa del prezioso minerale.

Continua poi con gli Aragonesi l'estrazione del piombo e dello zinco, compresi anche altri minerali, dopo con gli Spagnoli, successivamente invece con l'età Sabauda si crea un clima favorevole per l'estrazione di diversi minerali, (in tutta la Sardegna) ma vengono fatte delle riforme per dare in gestione le miniere isolane, e avrà un inevitabile successo la miniera di Montevecchio che comprende tutto l'Iglesiente, partendo da Fluminimaggiore-Bugerru, fino ad arrivare a Iglesias.

Si farà tanto, ma solo nel secolo passato, intorno al 1960 cominciano nell'iglesiente a venire dismesse queste miniere, fonte di lavoro che è stato per molti e fonte di reddito e di ricchezza.

Solo nel 1989 vengono chiuse definitivamente chiuse le miniere di Monteponi, l'allora Montevecchio lasciando disoccupati diverse migliaia di lavoratori.