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Su di un livello

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Crisi a tempo di un tango tragico
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dicembre 2001 - Il presidente argentino, Fernando de la Rúa, tenta di minimizzare gli errori economici commessi durante il suo mandato coinvolgendo l'intera nazione, cercando di convincere la gente della responsabilità collettiva delle nefaste misure finanziarie che hanno condotto il Paese alla rovina. Tuttavia, come sempre succede, "la fune si spezza sempre dalla parte più debole", perciò a rimetterci sarà la popolazione argentina.
Le conseguenze dell'applicazione a oltranza delle strategie neoliberiste, in osservanza delle quali non si è fatto che privatizzare a destra e a manca - dall'industria petrolifera e i giacimenti statali, alla compagnia aerea di bandiera, alla quasi totalità dei servizi pubblici - all'Argentina è rimasto ben poco da offrire al mercato, considerando anche la fuga di capitali senza precedenti e un debito estero che ha raggiunto cifre astronomiche.
A tutto ciò bisogna aggiungere che sia Carlos Menem durante i suoi due mandati consecutivi, sia il suo successore De la Rúa hanno costretto il Paese a una adesione incondizionata alla politica finanziaria degli Stati Uniti, obbedendo passo passo ai dettami economici stabiliti da Washington.
Le conseguenze catastrofiche di tali scelte non si sono fatte attendere: questo paese sudamericano ha cessato di appartenere agli argentini, che si trovano schiacciati tra la dollarizzazione a oltranza e la svalutazione della loro moneta; una situazione resa ancora più grave dall'atteggiamento degli Stati Uniti, che ora hanno voltato le spalle al paese, escludendo la possibilità di ulteriori finanziamenti internazionali di aiuto all'Argentina.
In questi giorni davanti alle banche si sono formate lunghe file di persone in attesa di ritirare i 250 dollari settimanali fissati dal Governo, che ha deciso di limitare le quote dei prelievi per timore di esaurire le riserve di denaro liquido.
Domingo Cavallo, il Ministro dell'Economia, ha affermato che la restrizione nell'uso dei depositi bancari è imprescindibile, evitando tuttavia di spiegare in che modo i cittadini, che non possono ritirare i propri risparmi, pagheranno gli affitti, le bollette della luce e dell'acqua o faranno la spesa, visto che il peso è equiparato al dollaro e i prezzi sono alle stelle.
Si pensi infatti che a Buenos Aires il costo dell'affitto di un appartamento di tre locali è di circa 1.000 dollari, mentre una razione alimentare di base per quattro persone comprendente latte, pane, burro e carne costa la "modica" cifra di 400 dollari mensili.
Di fronte a una situazione come questa, il ministro Cavallo ribadisce la necessità di portare a compimento alcune misure economiche fondamentali del pacchetto "di salvataggio": conseguimento del deficit zero, controllo dei trasferimenti di capitale all'estero, potenziamento della dollarizzazione dei depositi bancari per porre freno al flusso dei dollari in uscita verificatosi nei mesi scorsi.
Sicuramente le parole di Cavallo sono state accolte con un sorriso ironico da molti economisti argentini, considerato che negli ultimi tre mesi sono già fuggiti dal paese capitali per un ammontare che va dai 400 ai 700 milioni di dollari, per timore di una svalutazione del peso.
In tale frangente, De la Rúa e i ministri del suo Governo tentano di esimersi dalle loro responsabilità, dichiarando di trovarsi legati mani e piedi a uno stato vittima di attacchi speculativi che vanno a unico beneficio dei "fondi avvoltoio", in modo analogo a quello che è successo in Russia e in Ecuador.
Le stesse persone che in soli tre anni sono state capaci di far raddoppiare il debito estero argentino, che ammonta attualmente a 132.000 milioni di dollari, fanno ora sapere ai loro rappresentanti provinciali che bloccheranno gli aiuti forniti dal Governo centrale di Buenos Aires, costringendoli inevitabilmente a tagliare la spesa sociale.
In Argentina la crisi di Governo è diventata una realtà, così come sono reali le catastrofiche conseguenze sociali determinate dall'applicazione incondizionata delle misure economiche neoliberiste: la disoccupazione nelle aree urbane sale al 20 %, mentre il modello argentino "partorisce" 200.000 nuovi poveri ogni giorno.
Matías Bello, un giovane di 26 anni, non si è lasciato ingannare dai discorsi dei suoi governanti e ha deciso di trovare da solo una soluzione ai suoi problemi. Il suo suicidio davanti alle telecamere della televisione ha portato drammaticamente allo scoperto la disperazione della gente.
"I debiti che ho lasciato quando me ne sono andato di casa, aggiunti agli interessi accumulati, non potranno mai essere saldati con il poco che guadagno" - ha affermato il giovane prima di spararsi.

L’angoscia invade un paese in crisi
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ottobre 2001 – Beatriz Blanco è un’argentina di classe media, psicologa, coniugata, con due figli e in buona situazione economica. Nonostante ciò vive in ansia, teme di perdere il suo lavoro, soffre al pensiero che possano licenziare suo marito ed è depressa per gli amici che sono emigrati.
I sentimenti della signora Blanco, di 34 anni, sono condivisi oggi in Argentina da milioni di persone di fronte alla severa recessione che si trascina da tre anni, alla disoccupazione e alla sensazione che ormai non conta più il livello educativo e culturale per ottenere un avanzamento sociale.
Un’inchiesta realizzata in agosto dall’agenzia di sondaggi Ricardo Rouvier ha segnalato che il 93.8 % degli intervistati ha dichiarato di provare angoscia, tristezza, depressione o amarezza a causa della crisi socio-economica, mentre appena il 3.5 % ha manifestato speranze in un cambiamento positivo.
Gli intervistati hanno risposto che le cause del malessere, in ordine decrescente, sono la mancanza di un futuro, carenza di lavoro o timore di perderlo, la grande quantità di disoccupati e di poveri, la sofferenza per quelli che se ne sono andati dal paese, "perché non abbiamo nulla", "per l’indifferenza dei politici" e "perché non ci sono cambiamenti".
I timori sul lavoro si basano sul fatto che la disoccupazione è salita al 16.4 % della popolazione economicamente attiva, il sottoimpiego ammonta a un altro 15 % ed esiste una percentuale imprecisata di persone "demotivate" che ormai non cercano più un lavoro.
L’inchiesta ha sottolineato che, anche se l’angoscia è generalizzata, la classe media è la più tormentata dalla possibile perdita di aspetti che finora facevano parte della sua vita quotidiana, come l’invio dei suoi figli nei collegi privati, l’accesso a prestazioni mediche a pagamento e a club sportivi, l’acquisto di vestiti e i viaggi.
La signora Bianco, che lavora in un centro assistenziale pubblico e cura determinati pazienti, ha commentato all’agenzia di notizie IPS che "nell’ospedale si vedono gli effetti più gravi della crisi. In questo posto arrivano pure persone della classe media che già non possono più andare in una clinica privata".
Inoltre, alcuni pazienti del suo consultorio privato già non sono più in grado di pagare il trattamento.
"Il problema sta nel fatto che io pago l’affitto per il consultorio e arriverà il momento in cui non potrò proseguire se non aggiungerò i soldi per le spese", ha commentato. Mentre nell’ospedale, che prima rappresentava le sue "entrate sicure", la situazione non è migliore, dato che i salari vengono pagati in ritardo e con tagli.
L’incertezza sul futuro della famiglia della signora Blanco si aggrava davanti alla situazione di suo marito, che è un grafico.
"Un giorno lavorava per conto proprio, ma è molto difficile affrontare le spese da soli. L’anno scorso era riuscito a entrare in un grande studio, che ha buoni clienti, ma questo mese i dirigenti hanno avvisato che la situazione non è buona, perché molti clienti non possono pagare", ha spiegato.
L’angoscia per il timore di perdere il lavoro era stata studiata in un sondaggio realizzato dall’agenzia di risorse umane ‘RHO’ tra le maggiori 500 aziende del paese..
La ricerca ha messo in luce che il 62 % dei dirigenti lavora sotto pressione e assicura che questa situazione è "visibilmente maggiore" di quella registrata l’anno precedente.
Colpite dalla recessione e dalla caduta dei consumi, molte aziende lavorano in un ambiente ad alto stress, preoccupazione e angoscia generalizzata per la difficoltà di raggiungere gli obiettivi.
Un problema che molte volte viene risolto con tagli da parte delle aziende più deboli: il dirigente a carico dei progetti.
In tal senso, la Camera delle Assicurazioni dei Rischi sul Lavoro ha informato che quest’anno sono notevolmente aumentate le malattie cardiache e le allergie provocate dallo stress, oltre che la perdita dei capelli, le irritazioni sulla pelle, ulcere e gastriti.
In altri casi la crisi economica ha risvegliato stati di ansietà che avrebbero potuto rimanere sopiti in un individuo che non vive sottoposto a tensioni.
Lo psichiatra Daniel Bogiaizián, dell’Associazione Argentina degli Stati d’Ansia, ha spiegato all’agenzia di notizie IPS le diverse manifestazioni della malattia derivata da situazioni di lavoro ed economiche.
"Una cosa è l’ansietà di base che provoca il timore di perdere il lavoro oppure la mancanza di lavoro, altra cosa è uno stato acuto di ansietà. Quest’ultimo non è in relazione alla crisi, ma questa può scatenare situazioni che erano bloccate", ha puntualizzato.
Bogiaizián ha indicato che la caduta del livello di vita o dei consumi di una persona può essere il catalizzatore di un processo che forse sarebbe avvenuto in ogni caso.
"Le persone con questo tipo di stato di ansietà avrebbero potuto vivere senza molte difficoltà, ma adesso si recano di più dallo psichiatra perché nel lavoro ci sono maggiori esigenze di rendimento, di esposizione di fronte ai gruppi, di conferenze e di altre attività", ha sostenuto l’esperto.
Ma ai problemi di salute affrontati da molti argentini a causa della situazione economica locale, si aggiunge l’ansietà provocata dagli attentati terroristi negli Stati Uniti.
"Se qualcuno avesse avuto ancora qualche tenue speranza, o una struttura sostenuta in modo fragile, con l’attentato alle Torri Gemelle di New York, sarebbero crollate anch’esse", ha osservato intervistata dall’agenzia di notizie IPS la psicoanalista Liliana Canesa.
Di fronte a questo panorama, gli ospedali pubblici con divisione di psichiatria hanno realizzato in questo mese la cosiddetta ‘Settimana degli Stati di Ansietà’ affinché le persone con problemi di angoscia e con paure potessero avvicinarsi ai consultori.
Terapeuti che hanno lavorato in queste strutture hanno scoperto l’esistenza di un’enorme quantità di persone che soffrono di tristezza e di angoscia, senza che questo fatto sfoci in un grave sintomo di malattia psichica.

Più regali di povertà per gli argentini
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novembre 2001 - A poco meno di due mesi dalla fine dell’anno, i 37 milioni di Argentini riceveranno in regalo, per queste feste, un gran pacco esente da prosperità e abbondanza ma, al contrario, pieno d’aggiustamenti economici e penurie.
Alla situazione economica deteriorata si somma una crisi di Governo, nella quale la rinuncia del Ministro dello Sviluppo Sociale, Juan Pablo Cafiero, ha messo a nudo i propositi del capo della nazione sudamericana, Fernando de la Rúa, di ridurre il preventivo e le risorse previste per i progetti sociali.
Il taglio dovrebbe oscillare tra il 75 ed il 90 % del fondo dello sviluppo sociale, che era stato stimato in circa 300 milioni di dollari.
Nonostante ciò, l’attuale ministro del settore, il radicale Daniel Alberto Sartor, ha assicurato in modo contraddittorio che manterrà i ritmi stabiliti dal benestare pubblico, ma con una marcata tendenza al risparmio.
Sondaggi di opinione, eseguiti da Gallup Argentina e divulgati dal quotidiano La Nación, hanno dimostrato l’esistenza di una coscienza popolare sul fatto che il paese sia in un vicolo senza uscita sino a che i governanti continuano ad applicare misure neoliberiste.
Per il 71 % degli intervistati, la situazione economica è peggiorata nel 2001, con la conseguente ondata di licenziamenti, e alla domanda sulle prospettive di questa situazione, il 43 % è sicuro che l’evoluzione sarà negativa con una notevole recrudescenza economica nella vita familiare e lavorativa.
Altro argomento sensibile è il pagamento del debito estero, a proposito del quale il 42 % degli argentini pensa che dovrebbe esserci una ristrutturazione del medesimo allo scopo di ridurlo, mentre il 22 % sostiene la sua cancellazione definitiva.
La dollarizzazione dell’economia nazionale è stata motivo di preoccupazione per il 63 % della popolazione in quanto ricordava le critiche al precedente Governo di Carlos Ménem, precursore della cosiddetta "formula magica" tanto di moda in alcune strategie latinoamericane.
Coscienti del loro decorso storico, gli argentini, tuttavia, hanno creduto di trovare in De la Rúa delle possibilità di miglioramento, visto che la recessione, iniziata nel 1998, si è appropriata della vita quotidiana provocando la chiusura di 2.000 aziende e la sparizione di altre mille; il settore degli elettrodomestici ed elettronici è stato colpito per un 50 % ed i commerci con il Brasile ogni giorno trovano nuovi ostacoli.
Con il passare del tempo si sentono frustrati, data l’incompetenza dell’amministrazione presidenziale, che non è riuscita a risolvere questi problemi, e al contrario si va rafforzando l’idea che si acutizzerà la disoccupazione e la crisi economica.
Tutto ciò ha suscitato un elevato livello di sfiducia negli investitori stranieri che hanno aumentato considerevolmente i tassi d’interesse fino a portare il debito estero argentino a più di 132.100 milioni di dollari.
Con il fantasma di una moratoria che si aggira per l’Argentina, il Ministro dell’Economia, Domingo Cavallo, è andato negli Stati Uniti, sperando nella sensibilità nordamericana, discutendo sulla possibilità di un prestito di 10.000 milioni di dollari per varare un pacchetto di assistenza finanziaria.
Cavallo pretende che la Banca Mondiale (BM), il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e anche la Casa Bianca, eroghino dei fondi speciali con i quali poter finanziare un’operazione di scambio dei titoli pubblici.
Precedentemente il FMI aveva assegnato a Buenos Aires circa 3.000 milioni di dollari destinati al riacquisto o al cambio dei buoni, il che farebbe supporre un alleggerimento per il suo debito estero che genera ogni anno interessi per un valore di 10.000 milioni di dollari.
Tutti questi problemi economici e finanziari si ripercuotono, indubbiamente, nelle crisi di Governo attuali, tra cui la più significativa è quella tra l’amministrazione centrale e le province.
Queste ultime si sono pronunciate contro l’annuncio di Fernando de la Rúa di tagliare le risorse che storicamente vengono ripartite tra le 24 province della nazione sudamericana.
La citata compartecipazione federale esige l’adempimento degli impegni statali, mentre Buenos Aires insiste nel "tirare la cinghia" per pagare i debiti con gli organismi internazionali.
I governatori provinciali hanno proposto che si continui a erogare, ogni mese, circa 1.364 milioni di dollari, e che, inoltre, i propri debiti di 500 milioni di dollari siano pagati medianti buoni, con un tasso d’interesse non superiore al 7 %.
Seppur è certo che il futuro scenario argentino non è per niente allettante per la popolazione, nemmeno per il suo Presidente sarà migliore.
La recente sconfitta nelle Elezioni Legislative gli servirà, come pure, per valutare la temperatura politica del suo Governo, che ha perso contro gli oppositori giustizialisti.
Il Partito Giustizialista ha conquistato un’importante vittoria al Senato e alla Camera dei Deputati, crescendo nel primo da 39 a 41 seggi e da 98 a 110 nella seconda. Intanto l’Alleanza di Governo che ha portato De la Rúa alla Casa Rosada nel 1999, ha visto ridotta la sua partecipazione nei due organi di potere.
Questo panorama politico farà sì che, inesorabilmente, De la Rúa cercherà nuove alleanze con il giustizialismo.
Il che se risolverà il rompicapo, servirà a rinnovare la fiducia, non solo dei suoi sostenitori, ma anche di tutti gli argentini, che lo tacciano di malgoverno, al servizio di paesi stranieri e dei suoi interessi.

Giovani argentini chiedono la libertà dei cubani detenuti in Florida
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ottobre 2001 - Dirigenti di diverse organizzazioni universitarie e giovanili argentine hanno preteso a Buenos Aires la liberazione dei cinque cubani imprigionati da quasi tre anni in un carcere federale nordamericano.
La richiesta è contenuta in una dichiarazione il cui testo sostiene che questi cittadini di Cuba "sono stati accusati falsamente di spionaggio e sottoposti a innumerevoli vessazioni durante un processo viziato da irregolarità che fanno sì che esigiamo la loro immediata liberazione".
Il documento è stato consegnato all’Ambasciatore cubato in Argentina, Alejandro González ed è firmato dai presidenti delle Federazioni Universitarie Argentine e di Buenos Aires e dai Comitati Nazionali e della capitale della Gioventù Radicale, rispettivamente Manuel Terradez, Oscar Zoppi, Pablo Javkin e Marcelo D’Ambrosio.
Sottoscrivono pure la dichiarazione i Segretari Generali delle Assemblee Nazionali e del porto di Franja Morada, ramo studentesco del Partito Unione Civica Radicale, Hernán Rossi e Emiliano Yacobitti.
Il testo indica che Cuba è stata sottoposta per decenni all’aggressione e al blocco nordamericani e "ha tutto il diritto di adottare le misure necessarie per prevenire e difendersi da atti terroristi, allo stesso tempo di evitare provocazioni che possano portare alla perdita di vite innocenti di cubani e di statunitensi"
Aggiunge che Cuba non rappresenta alcuna minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e accusa Washington di praticare la tortura psicologica e di impedire che gli accusati accedano a una giusta difesa.
I firmatari esigono la sospensione dell’embargo contro Cuba e l’interruzione del finanziamento alle mafie controrivoluzionarie che operano nel territorio nordamericano, e che considerano paraventi per il traffico di droga e armi e per il riciclaggio di soldi.
Esprimiamo la nostra solidarietà con i detenuti, cittadini iscritti nel sogno di tutti i latinoamericani che sperano che la formazione di una società libera, giusta e ugualitaria sia la madre dell’uomo nuovo preconizzato da Ernesto Che Guevara, dice il testo.
Antonio Guerrero, Gerardo Hernández, Fernando González, Ramón Labañino e René González si trovano in una prigione federale di Miami da 34 mesi, accusati di attentare contro la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Cresce la lista delle vittime del Piano Condor
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ottobre 2001 - Un giudice federale argentino ha aggiunto al processo dell’ex dittatore Jorge Rafael Videla, altri 70 casi di sparizioni forzate avvenute come parte del cosiddetto Piano Condor nella decade tra il 1970 e il 1980, ha riferito Prensa Latina.
L’ex capo della giunta militare che ha governato l’Argentina tra il 1976 e il 1981 si trova in arresto preventivo domiciliare da tre anni per un’altra causa relativa alla sottrazione, all’occultamento, alla detenzione e alla cancellazione dell’identità di cinque bambini e alla falsificazione dei loro documenti.
Adesso il giudice Rodolfo Canicoba Corral gli ha imputato 70 "casi precisi" di persone fatte sparire con la forza. La risoluzione giuridica, che allarga il processo a Videla, lo indica responsabile di "amministrazione immediata" dei casi compresi nella causa e dispone di estendere il congelamento dei beni dell’ex capo militare da uno a due milioni di pesos (uguale in dollari).
D’altra parte e da Montevideo, Prensa Latina riferisce che il colonnello uruguayano in pensione Manuel Cordero, accusato di violazione dei diritti umani, è tornato a rivendicare i sequestri, le torture e le sparizioni durante la dittatura, quale metodo di lotta contro l’opposizione.
Le dichiarazioni di Cordero sono state riportate dal settimanale conservatore Búsqueda e hanno provocato il più energico rifiuto dei settori sociali e politici locali.
L’ex ufficiale è accusato di aver partecipato attivamente al repressivo Piano Condor dei regimi militari sudamericani e, specialmente, alla persecuzione e al sequestro di oppositori nella vicina Argentina.
Fonti parlamentari hanno commentato che il Governo del presidente Jorge Battle e la giustizia dovrebbero agire immediatamente davanti alle dichiarazioni di Cordero, che hanno definito terroristiche.

L'Argentina si dissangua: senza freno gli aggiustamenti fiscali
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settembre 2001 - Blocchi stradali in differenti zone del Paese e manifestazioni imponenti nella capitale Buenos Aires fanno ormai parte della quotidianità in Argentina: questa nazione sta morendo dissanguata e quel che è peggio, sono coloro che la governano a minacciare la sua esistenza.
Ospedali privi di medicinali dove i pazienti in gravi condizioni giacciono abbandonati nei corridoi, aule senza porte in scuole affollate di bambini e centinaia di famiglie di disoccupati che non sanno più come andare avanti rappresentano solo una minima parte dei gravissimi problemi sociali che affliggono l'Argentina, senza che si ravvisi, per la loro soluzione, alcuna prospettiva di cambiamento drastico e decisivo.
Questo Paese del Sudamerica sembra infatti sprofondare sotto il peso di una crisi storica, nonostante i tentativi estremi del Governo guidato da Fernando de la Rúa di attuarne il "salvataggio", attraverso le suppliche rivolte all'oligarchia finanziaria mondiale per ottenere altri prestiti, senza tener conto del fatto che ogni milione di dollari in più concesso dal FMI contribuisce a far crescere ulteriormente il debito estero del Paese, già uno dei cinque più elevati del mondo.
Il bilancio preventivo del 2002 prevede tagli per un ammontare che va da 6.000 a 10.000 milioni di dollari: una misura di questo genere dimostra che la classe dirigente sta portando il Paese alla rovina, distruggendolo dal suo interno. La gravità della situazione è confermata dai risultati di una ricerca, resi noti a Buenos Aires alla fine dell'estate, secondo la quale ogni giorno più di 8.000 cittadini scivolano nell'inquietante realtà della miseria, una condizione in cui si trovano tutti coloro che non arrivano a consumare giornalmente 2.700 calorie.
Tuttavia, l'elemento più allarmante risultante da questo studio riguarda l'aumento vertiginoso dei valori relativi alla curva della povertà: mentre nel 1997 questi indicatori erano pari al 8.3 %, tra il maggio del 2000 e lo stesso mese del 2001 sono cresciuti dal 10.2 al 14 %, con un ritmo desolante. Alla fine dell'anno la situazione sociale appariva disastrosa, con più di 6 milioni di cittadini alla fame, di cui il 47 % risultavano essere giovani minori di 18 anni. Proseguendo di questo passo, è evidente che si distrugge inesorabilmente il futuro del Paese.
Esiste inoltre una stretta relazione tra la penuria calorica e la mancanza di occupazione. Nonostante stime ufficiali rilevino un tasso di disoccupazione attorno al 17 %, in realtà le cifre sono molto più elevate, se si considerano situazioni limite come la sottoccupazione o gli impieghi temporanei con salari molto bassi, come conseguenza dell'attuale situazione di elevata domanda di impiego, di cui approfittano i datori di lavoro.
Tuttavia, neanche chi possiede un lavoro riesce a sfuggire alla povertà, dato che dal 1999 a oggi i salari hanno subito un ribasso costante, quantificabile tra il 15 % e il 26 % in meno rispetto alla retribuzione originaria. I settori più colpiti da questa tendenza sono quelli dell'edilizia e dell'industria manifatturiera, in particolare privata, dove attualmente si lavora di più, ma con paghe più basse, senza contare poi che in molti casi la giornata lavorativa è stata prolungata da 8 a 10 ore.
Come risultato del calo generalizzato dei consumi, e quindi della recessione economica, si è verificato un cambiamento di tendenza nella politica aziendale di molte imprese: Un quarto delle imprese private che prevedevano incentivi per i dipendenti li ha ridotti, mentre un ulteriore 18 % li ha completamente soppressi. Naturalmente la quasi totalità delle imprese ha applicato la riduzione salariale senza averne precedentemente discusso con i diretti interessati: la direzione prende da sola le decisioni e poi mette i lavoratori di fronte all'alternativa di accettare i tagli oppure di considerarsi licenziati. Dovendo fronteggiare tali incertezze e difficoltà, chi lavora, cosciente della propria impotenza, non ha altra scelta che tenersi stretto il posto, senza discutere.
In effetti, se la situazione della sottoccupazione è critica, non è certamente migliore quella delle finanze: la diminuzione dei fondi pubblici e l'aumento dei ritardi nei pagamenti ne sono un segnale evidente, così come i tagli generalizzati che colpiscono i settori dell'educazione, della sanità e di altri servizi pubblici. Centinaia fra medici, personale ospedaliero, maestri e avvocati hanno infatti ricevuto in luglio e in agosto soltanto la metà del loro salario e quel che è peggio, la loro maggiore preoccupazione non è di ottenere il saldo di quanto gli spetta, quanto di ricevere i prossimi stipendi.
Da parte sua il governo, condizionato da poteri finanziari esterni al Paese e dagli interessi delle multinazionali, persiste nel proposito di mantenere il deficit fiscale zero, e diminuisce a tal fine del 13 % gli stipendi degli impiegati pubblici e le pensioni di anzianità. Per combattere efficacemente la crisi sarebbero invece necessari urgenti provvedimenti antispeculativi, come la tassazione delle rendite finanziarie e dei capitali volatili, punto di partenza imprescindibile per qualsiasi programma di ridistribuzione del reddito.


FMI: il Governo predica bene, ma agisce male
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agosto 2001 - A dispetto del nome beneaugurante della capitale argentina, l'aria che tira sul Río de la Plata è tutt'altro che buona. Il Paese, infatti, deve fare i conti con una delle più gravi crisi economiche e sociali della sua storia, di entità tale - e questo ne è l'effetto peggiore - da trascinare con sé le economie deboli di altri Paesi latinoamericani, afflitti da instabilità finanziaria.
Il periodo critico del governo di Fernando De La Rúa sembra non essere ancora terminato. A dire il vero, da quando De La Rúa è stato eletto presidente nel dicembre 1999, la stragrande maggioranza degli argentini ha atteso invano di godere gli effetti del benessere, a causa del fatto che la tanto ambita e prospera società del cosiddetto "cono sur" - meta, nel XX secolo, di numerose ondate migratorie provenienti anche dall'Europa industriale - ha conosciuto un declino talmente rapido da spingere la gente a trascorrere la maggior parte del tempo in piazza. Tutto ciò nonostante il sostegno del FMI. O piuttosto, proprio a causa del suo sostegno.
L'attuale Governo, in meno di 20 mesi di attività, ha già messo in atto sette "aggiustamenti economici" che hanno avuto come conseguenza la riduzione dei salari, delle pensioni di anzianità e dei fondi destinati ai servizi sociali in campo sanitario, educativo e assistenziale e hanno colpito in particolare le strutture di intervento alimentare a favore di anziani e bambini poveri. Un aggiustamento davvero efficace!
Ogni volta, dopo l'ennesimo annuncio di tagli, il Governo assicurava che sarebbero stati gli ultimi, ma si è sempre contraddetto. Ne è prova il nuovo provvedimento che il Governo ha disposto lo scorso agosto, per far fronte a una situazione di necessità e urgenza, che riguarderà due settori a gestione statale - una misura adottata prontamente dopo che il Presidente nordamericano Bush ha annunciato che la concessione di ulteriori aiuti economici da parte degli Stati Uniti dipenderà dalla capacità di questo paese latinoamericano di conseguire l'azzeramento del deficit fiscale, secondo quanto gli viene imposto dalle organizzazioni creditizie internazionali.
Il nuovo aggiustamento colpirà duramente le categorie dei funzionari, degli impiegati e degli altri lavoratori facenti capo al PAMI, così come i dipendenti della Amministrazione Nazionale della Previdenza Sociale (ANSES), l'ente statale che gestisce le pensioni d'anzianità, gli assegni familiari e i sussidi di disoccupazione. Conseguenza immediata di tale riforma saranno i licenziamenti: più di tremila lavoratori potrebbero trovarsi da un giorno all'altro senza lavoro, mentre i fondi statali destinati alla previdenza sociale verranno ridotti al minimo.
Nonostante l'affluenza di nuovi crediti così ottenuti non garantiscano la ripresa finanziaria che potrebbe evitare il colpo di grazia alla disastrata economia del Paese, il Governo argentino ha deciso di proseguire su questa strada, senza alcuno scrupolo o ripensamento. Non è necessario allarmarsi circa le possibili conseguenze a lungo termine di tale politica economica, dato che gli argentini subiscono ormai da quasi vent'anni gli effetti imposti dalla cieca sottomissione del loro Governo ai principi della globalizzazione neoliberista.
Prestiti sempre maggiori determinano un debito estero sempre più ingente. Neppure l'ultimo colpo assestato al sistema previdenziale, attraverso la riduzione dei salari e delle pensioni di anzianità - diminuite addirittura del 13 % - ha potuto frenare la crescita vertiginosa del debito estero argentino, che è già arrivato a 160.000 milioni di dollari e costituisce, secondo il quotidiano The Wall Street Journal, la quinta parte del debito estero complessivo dei paesi in via di sviluppo: una bomba a orologeria che minaccia la stabilità del Paese e che a nessuno conviene far scoppiare.
A questo proposito, dove è mai andata a finire la somma favolosa derivante da tali e tanti prestiti ricevuti negli anni dal Governo argentino, l'ultimo dei quali, del dicembre scorso, ammonta a 13.700 milioni di dollari? Difficile dirlo.
Certo è che, nonostante l'inaccettabile meccanismo del deficit zero imposto dai creditori internazionali all'amministrazione statale, la fuga di capitali si fa di giorno in giorno più massiccia: dal 2 marzo scorso le riserve bancarie sono scese di circa un milione di dollari, come effetto dei timori di una svalutazione del peso argentino, ancorato dal 1991 al dollaro con un tasso di cambio di 1 a 1, ed è cresciuta l'incertezza nei mercati finanziari, per non parlare dell'indice Merval della borsa di Buenos Aires, che continua a scendere.
In queste condizioni, solo un miracolo può salvare la plurindebitata Argentina: un ulteriore prestito del FMI (Fondo Monetario Internazionale) che possa infondere nuova fiducia e liquidità al suo sistema finanziario. L'FMI è dunque la divinità in grado di compiere questo miracolo e a lui sono ricorsi i governanti argentini per negoziare, appellandosi, ancora meglio, direttamente a Bush, fondi aggiuntivi per l'ammontare di 9 milioni di dollari.
Adesso sono in attesa alla porta di Horst Koehler, direttore di questa istituzione internazionale, impegnati in una disperata corsa contro il tempo per tentare di sfuggire al debito attraverso una moratoria oppure, senza che questo cambi di molto la situazione, per cercare di evitare la svalutazione e la tanto temuta cessazione degli aiuti.
La delegazione argentina, capeggiata dal vice-ministro dell'Economia Daniel Marx, ha condotto le trattative con il secondo uomo più importante del FMI, il vicedirettore responsabile uscente Stanley Fisher, favorevole alla concessione di nuovi crediti nonostante il rischio di concludere la sua lunga carriera con una moratoria dei debiti argentini.
Purtroppo però Koehler mantiene una posizione più intransigente rispetto alle scadenze e insiste sul fatto che compito del Governo di questo Paese sudamericano è prima di tutto quello di convincere gli Stati Uniti - i maggiori azionisti del FMI - che i nuovi fondi andranno a "buon fine" e che non ci saranno nuove richieste di aiuti.
Da parte loro, gli investitori attendono con un certo scetticismo l'esito dei negoziati, dubitando della reale capacità del Governo di Fernando De La Rúa di stabilizzare le proprie finanze, dopo tre anni di recessione, riuscendo nello stesso tempo a pagare il debito.
Mentre il gruppetto capeggiato dal vice-ministro Marx continua le trattative con il FMI, da Buenos Aires il Governo promette nuove misure di austerità e annuncia la creazione di un nuovo meccanismo di copertura finanziaria in funzione anticrisi, senza minimamente preoccuparsi del sinistro 17 % raggiunto dal tasso di disoccupazione, né delle conseguenze di tale situazione disastrosa sull'esistenza delle famiglie argentine. Per il Governo, l'unica cosa che conta è quella di riuscire a ottenere i favori di Washington e del FMI; il guaio è che è convinto di farcela.
Tuttavia, nel Paese cresce la resistenza popolare nei confronti di tali provvedimenti e la protesta per dover continuare a pagare con povertà e fame gli interessi di un debito estero, che la maggioranza dei cittadini non ha certo contribuito a far aumentare, essendone da sempre principale beneficiaria l'oligarchia politica ed economica fautrice del neoliberismo.
I milioni di dollari dei prestiti sono finiti proprio in queste tasche, mentre il peso delle rigide riforme fiscali è ricaduto sul resto della popolazione. Ora però sembra giunto il momento della ribellione.
Diverse organizzazioni sindacali e di disoccupati sono impegnate, per la terza settimana consecutiva, in manifestazioni nazionali di protesta nei confronti della politica economica messa in atto dal Governo di Fernando De La Rúa. I "picchetti", presidi di manifestanti che bloccano l’accesso a vie o strade, arrivano fino a Plaza de Mayo, davanti alla sede del Governo. I blocchi delle vie e delle strade, coordinati a livello nazionale, fanno parte del programma di azione approvato dall’Assemblea Nazionale delle Organizzazioni dei Disoccupati il 24 luglio a Buenos Aires.
I "piqueteros" - disoccupati, contadini senza terre, impiegati statali e appartenenti alla CTA (Centrale dei Lavoratori Argentini) e alla CCC (Corrente Classista Combattente) – costituiscono il nucleo centrale della resistenza popolare in Argentina, cui si aggiungono i lavoratori di altri settori statali come gli insegnanti e i paramedici, anch’essi duramente colpiti dalla crisi economica.
Le loro proteste si sono espresse finora attraverso manifestazioni pacifiche, tuttavia è lecito chiedersi che cosa succederà quando si stancheranno di aspettare le risposte del Governo e crescerà lo spettro della miseria.
La situazione in Argentina è decisamente preoccupante, anche perché dimostra che in realtà il processo di globalizzazione neoliberista determina un consolidamento sempre maggiore del potere delle multinazionali e, di conseguenza, una dipendenza economica praticamente irreversibile nei Paesi che lo subiscono. In questo modo la supremazia del denaro e della competizione si afferma a scapito dei valori dell’umanità e dell’identità delle persone, e viene ignorato quello che dovrebbe essere il vero obiettivo di questo processo, la lotta alla povertà, che opprime la dignità e la libertà dell’essere umano come, in questo momento, quella dei fratelli argentini.

Astiz castigo divino, e quello umano?
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luglio 2001 – Quando si parla di angeli bisogna ricordarsi innanzitutto quelli cacciati via, quegli angeli caduti capeggiati da Lucifero che sono passati alla categoria di demoni.
Alcuni dei peggiori criminali dell’umanità dello scorso secolo, sono stati definiti, come estrema contraddizione, come angeli. Così in loro sono stati uniti due termini che dovrebbero essere in antitesi, angelo e morte. Stiamo parlando di Josef Mengele, ad Auschwitz, e di Alfredo Astiz, a Buenos Aires.
Oltre ai crimini di lesa umanità commessi, l’ex capitano di fregata argentino condivideva con l’SS Mengele, fino a questo luglio, il fatto di essere sfuggito alla giustizia degli uomini.
Si dice che Mengele, chiamato anche Dottor Morte, un altro soprannome, dopo essere vissuto in Uruguay e in Paraguay, morì annegato in Brasile, senza aver pagato, se questo fosse stato possibile, per il suo orrendo lavoro ‘di ricerca’ ad Auschwitz, il campo di concentramento per eccellenza.
Per non perdere la speranza di una certa giustizia, Astiz, il confesso torturatore della Scuola Meccanica della Marina durante la dittatura militare (1976-1983) è stato imprigionato in Argentina.
Confesso, perché nella sua arroganza criminale si è vantato, durante un’intervista stampa, di essere stato l’agente più capace per assassinare e in questo delirio ha definito se stesso una ‘arma letale’, assumendo un altro dei peccati, quello di vanità, per il quale è finito male Lucifero. Si crederà forse una stella alla Mel Gibson?
Per quell’oscena dichiarazione è stato processato a Buenos Aires e condannato per ‘apologia di delitto’ e, successivamente, per questo fatto, a malincuore, esonerato dalla Marina.
C’è inoltre da dire che il temibile torturatore non è stato mai processato per i veri crimini, poiché è protetto dalle leggi di Obbedienza Dovuta e di Punto Finale, promulgate nel 1984 dal Governo di Raúl Alfonsín e che hanno impedito la messa in carcere di centinaia di militari e di poliziotti accusati di crimini e di violazioni commessi durante il regime.
I capi delle giunte militari, che in sette anni hanno fatto sparire circa 30.000 argentini, sono stati sì processati e condannati all’ergastolo per violazione dei diritti umani, ma nel 1990 hanno avuto l’indulto con Decreto firmato dall’allora Presidente Carlos Ménem, attualmente in carcere per un’accusa di traffico di armi.
Gli unici che permangono agli arresti, domiciliari, sono Jorge Videla ed Emilio Massera, per il sequestro di neonati, figli di detenute ‘desaparecidas’, unico delitto escluso dalle leggi di perdono.
Su questa breccia legale si è basata adesso il giudice argentino María Servini de Cubría per richiedere l’arresto di Astiz, uno dei simboli della repressione, su richiesta dall’Italia dal giudice Claudio Tortora e dal procuratore Francesco Caporale.
La giustizia italiana ha in corso una causa contro Astiz per il sequestro, l’assassinio e la sparizione dei cittadini italiani Angela Maria Aietta, nel 1976, e l’anno successivo di Giovanni Pegoraro e di sua moglie Susanna, che era incinta e aveva dato alla luce nella maternità (le parole possono essere pure equivoche) della tenebrosa Scuola Meccanica della Marina (ESMA).
L’indagine italiana comprende la partecipazione a questi crimini dell’ex capitano di vascello Jorge Vildoza, in fuga da quando era stato accusato in una causa simile di sequestro di minore, e di Jorge Eduardo Acosta, Héctor Antonio Febres e di Antonio Vanek, che sono agli arresti domiciliari in Argentina con l’accusa di sequestro di neonati.
La denuncia italiana non è la prima contro Astiz. Nel 1990 era stato processato in contumacia da un tribunale di Parigi e condannato all’ergastolo, per la scomparsa delle religiose francesi Alice Domon e Leonie Duquet.
Estela Carlotto, presidentessa dell’Associazione delle Nonne di Piazza di Maggio, racconta per il quotidiano L’Unità che nel 1977, Astiz, "approfittando del suo aspetto angelico", era riuscito a infiltrarsi in questa organizzazione presentandosi come il fratello di uno scomparso, e un giorno all’uscita della Chiesa della Santa Croce a Buenos Aires, lui e i suoi uomini "portarono via dieci donne, tra queste le due monache francesi".
Nell’esteso incartamento di questo angelo della morte vi è anche una causa in Svezia per l’assassinio per la giovane Dagmar Hagelin, di 17 anni, che nel 1977 era stata ferita da un proiettile e poi torturata alla ESMA, fatti imputati ad Astiz, capo dei temibili gruppi di azione nei centri clandestini di prigionia.
Il padre di Dagmar, Ragnar Hagelin, ha presentato alla giustizia svedese, nel marzo scorso, una denuncia contro Massera e contro Astiz, in coincidenza del 25° anniversario dell’ultimo golpe militare in Argentina. Appena appreso dell’arresto del feroce repressore, ha dichiarato a una radio locale argentina che allo stesso modo "da 25 anni stiamo lottando per la verità e per la giustizia".
Prima della Genesi, la legione di angeli capitanata dal più bello, Lucifero, ricevette il castigo divino. Uno dei suoi seguaci sulla terra, Alfredo Astiz, un angelo della morte, è attualmente detenuto. Di sicuro avrà perso il suo sorriso insolente in attesa del castigo dell’umanità.

Ipotizzato il coinvolgimento degli Stati Uniti nel traffico di armi
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giugno 2001 - Sta diventando sempre più attendibile, secondo le affermazioni del legale che ha intentato la causa (rese note da Prensa Latina), l'ipotesi di un'implicazione del Governo degli Stati Uniti nel traffico di armi condotto dall'Argentina, a causa del quale anche l'ex presidente Menem si trova sul banco degli imputati.
L'avvocato Ricardo Monner Sans è infatti fermamente convinto della responsabilità degli Stati Uniti nel commercio illegale di armamenti gestito dall’Argentina, cui negli anni scorsi si deve la vendita di più di 6.500 tonnellate di armi a Croazia ed Ecuador, grazie all'appoggio garantito da Menem durante il periodo del suo mandato presidenziale (1989 -1999).
"Un'operazione di questo genere nei confronti di questi due Paesi non sarebbe mai stata possibile senza il tacito consenso degli Stati Uniti o addirittura il loro beneplacito" - assicura Monner Sans e aggiunge che probabilmente "Washington ha trovato in Menem la persona giusta per ricoprire il ruolo di tramite nell'affare".
A questo proposito, nel 1995 un'inchiesta giornalistica aveva già rivelato i traffici di armi condotti dall'Argentina a beneficio di Croazia ed Ecuador - proprio durante il periodo in cui il Paese balcanico era sottoposto a un embargo internazionale relativo alle forniture belliche - e aveva fornito all'avvocato materiale sufficiente a far partire la denuncia.
Secondo Sans, che fu tacciato di pazzia quando sporse denuncia sei anni fa, la verifica delle prove avrà comunque bisogno di tempo, tanto più che egli considera il processo attualmente in corso, che vede imputato l'ex presidente Menem, solo come "il capitolo argentino" dell'operazione.
Intanto il 2 giugno lo stesso Menem, in occasione di un'intervista a una TV argentina, ha insinuato che Washington era a conoscenza di questo tipo di traffici, confermando così le supposizioni dell'accusa.
Sulla base dei risultati di un recente sondaggio, si apprende tra l'altro che il 40 % degli argentini è favorevole al suo arresto - Menem si trova agli arresti domiciliari con l'accusa di essere stato il referente di coloro che hanno pianificato e gestito il traffico di armi - mentre il 24 % si dichiara indifferente, l’11 % si dichiara preoccupato e solo il 7 % ammette di essere dispiaciuto per la sua sorte.
A favore dell’arresto dell'ex presidente ha manifestato anche un numeroso gruppo di giovani, parenti di persone scomparse durante la dittatura militare (1976-1983) e riuniti nell'associazione dei "Figli", di fronte alla villa dove Menem si trova agli arresti.

Lettera di un argentino residente negli Stati Uniti: la verità sul ‘buco’ americano
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maggio 2001 - "Il sogno americano è una bugia che serve solo ad attirare dei poveri illusi dagli altri Paesi, per farli diventare degli sfruttati in questo" - afferma Francisco Aragón Guiller, un argentino che vive da più di dieci anni negli Stati Uniti.
Francisco, che ha diciotto anni e studia all'Università, è un assiduo lettore di Granma Internacional fin dall'adolescenza. In un messaggio di posta elettronica inviato alla nostra redazione, intende raccontare alcune verità su ‘questo buco’, cioè gli Stati Uniti, avendo notato che "le lettere che ricevete provengono tutte da Paesi dell'America Latina, mentre non ce n'è nessuna inviata da persone come me, che hanno avuto la disgrazia di conoscere la realtà nordamericana".
"La mia è una lunga e triste storia - racconta Francisco -: tutto quello che ho guadagnato venendo in questo Paese è che i miei sogni sono stati distrutti e gettati via" e ricorda come sua madre, che in Argentina era maestra elementare, al suo arrivo negli Stati Uniti fu accolta con un: "sei latina? a fare le pulizie!".
Francisco spiega che negli Stati Uniti in tutte le scuole, a partire già dalle elementari, si insegna che Cuba "è un paese da condannare perché non permette ai suoi cittadini di essere liberi". In più, i ragazzi subiscono un "condizionamento psicologico, che fa loro accettare i falsi valori propugnati dall'establishment e, di conseguenza, di farsi volontariamente sfruttare dal sistema".
Francisco continua a raccontare inoltre che gli alunni "vengono suddivisi in gruppi sulla base di criteri socioeconomici, che determinano il tipo di educazione - di qualità più o meno alta - che verrà loro impartita (stabilendo così a priori il percorso educativo e professionale di ciascuno). Agli stranieri, per esempio, non si insegna l'algebra "fino a quando il gruppo dei privilegiati non la abbia già adeguatamente approfondita".
"Tutti i miei amici - prosegue Francisco - hanno finito per studiare in università di poco prestigio, oppure hanno dovuto accettare impieghi dove lavorano più di 90 ore alla settimana per ottenere un salario al limite della sopravvivenza".
Francisco porta ad esempio la sua esperienza personale e spiega che "tutte le università che avevano inizialmente accettato la mia domanda di ammissione mi hanno poi sbattuto fuori, perché non potevo permettermi di pagare 35.000 dollari di tasse all'anno (mentre George W. Bush è riuscito a entrare a Yale pur avendo una media di livello C, l'argentino che ha un livello A viene respinto)".
Vivo in una situazione di "povertà morale ed economica" - scrive Francisco - e aggiunge che la sua lettera è ispirata "dall'unico punto di vista etico valido nel mondo, quello di un difensore della dignità umana".
In conclusione - dice - "vi ammiro" e si congeda con un "Hasta la Victoria Siempre".

ALTRI MESSAGGI DALL'ARGENTINA
Da Mar del Plata, Walter Omar Barbacone si scusa per il comportamento dei "nostri rappresentanti", che hanno votato contro Cuba nella Commissione sui Diritti Umani a Ginevra e sottolinea come il popolo argentino non accetterà mai le decisioni di "questo malgoverno".
Alicia invece - che non ha indicato il suo cognome - afferma che il capitalismo selvaggio sta facendo a pezzi l'Argentina.
Marcos Bellini, da parte sua, ci manda un abbraccio e ribadisce che il Governo argentino, con la sua presa di posizione contro Cuba, non rappresenta affatto l'opinione di un popolo che sosterrà sempre il popolo cubano e che patisce insieme a lui le ingiustizie di coloro che non vogliono accettare la realtà rappresentata da una diversa maniera di governare, il cui obiettivo è di perseguire il bene di tutti".

Crescono l’opposizione e la tensione sociale
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giugno 2001 - A seguito dei provvedimenti restrittivi presi dal responsabile economico, Domingo Cavallo, che aumentano la disoccupazione e consegnano il poco rimasto in possesso degli argentini alle multinazionali nordamericane, nel maggior paese del Cono Sud si evidenzia un fenomeno che riflette la grave situazione in cui sopravvivono milioni di abitanti.
Si tratta dell'aumento dei paesi fantasma, cioè il continuo esodo dei residenti verso le città che offrono una maggiore prospettiva di sussistenza. Si calcola che, a causa dell'emigrazione rurale, ci siano più di 650 paesi in pericolo di estinzione nella Pampa, nel Chaco, a Entre Ríos e in altri territori, come conseguenza dei problemi legati al trasporto ferroviario, talvolta totalmente interrotto, alla chiusura degli stabilimenti agro-zootecnici, alla tecnicizzazione dei lavori agricoli e alla concentrazione della terra nelle mani di pochi proprietari.
L'agenzia IPS cita come esempio di questa situazione quello che è avvenuto nel Chaco, nel nordest del paese, dove l'utilizzo di macchinari ha ridotto da 70.000 a 10.000 il numero dei lavoratori necessari per la raccolta annuale del cotone, nonostante l'ampliamento delle piantagioni.
Nella Pampa, invece, sono 275 i villaggi ad alto rischio di scomparsa, fondamentalmente a causa della concentrazione del possesso della terra. Infatti, negli ultimi dieci anni, si è ridotta da 170.000 a 116.000 la quantità di piccoli produttori rurali.
Da studi effettuati sulla situazione dei villaggi rurali con meno di 2.000 abitanti, in base ai censimenti del 1980 e del 1991, è stato evidenziato che in 450 paesi si è ridotta notevolmente la popolazione, mentre altri sono completamente spariti. Partendo da dati precedenti, si calcola infatti che il censimento di quest'anno registrerà la presenza di 650 località con uno scarso numero di abitanti se non, praticamente, senza popolazione. La sociologa Mercedes Benitez, autrice di una ricerca sull'emigrazione rurale, ha informato che la maggior parte delle località in estinzione sono paradossalmente concentrate nella Pampa, la regione con il più alto tasso di sviluppo agricolo e del bestiame dell’Argentina.
Benché le maggiori testate argentine e le agenzie internazionali non parlano di questa situazione, è stato impossibile far passare sotto silenzio le proteste dei contadini di Neuqén e Tucumán che hanno bloccato la strada di collegamento con Buenos Aires, per denunciare la situazione di miseria in cui vivono.
Lo studio della sociologa cita che un giornale di Buenos Aires ha riportato la situazione di Neuquén a causa della vendita a un privato, per un valore di 5.000 dollari, del paese di Los Catetes, dove nel 1989 operava una cava di lastre di pietra che ha chiuso, licenziando i suoi 150 lavoratori.
Nel frattempo nella capitale si attuava una manifestazione di pensionati, da La Plata fino a Plaza de Mayo, contro la fame, per il pane e per il lavoro.
Un altro blocco di strada è stato organizzato a La Matanza, dove circa 3.000 persone hanno occupato la strada per una lunghezza di sei isolati, accampandosi in 450 tende, per rivendicare posti di lavoro.
La tensione sociale si è riflessa ugualmente nella zona di San Martín, nella provincia di Buenos Aires, dove un centinaio di abitanti di bidonvilles ha tagliato l'Avenida Márquez e Libertador per richiedere sussidi contro la povertà. Ha anche denunciato il problema della carenza di acqua potabile da parte di 900 famiglie, mentre altri disoccupati a Tucumán rivendicavano aiuti economici e cibo.
A Córdoba continua l'opposizione alla vendita dell'azienda energetica provinciale. Il sindacato ‘Luce e Forza’ che combatte la privatizzazione ed esige l'espulsione del direttore dell'azienda, ha deciso di garantire il ripristino del servizio elettrico alle migliaia di utenti di 40 quartieri a cui era stata tagliata l'erogazione di elettricità. Il sindacato ha organizzato azioni di protesta contro la detenzione di 219 operai.
Il sindacato ‘Luce e Forza’ è stato diretto fino alla sua morte in clandestinità da Augustín Tosco, uno dei leader dei sindacati di Córdoba. Molti dirigenti sindacali sono scomparsi durante la dittatura militare.

Lettere dall’Argentina: esseri umani senza diritti
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maggio 2001 - "Non sono comunista e neppure simpatizzo con questa ideologia, però rispetto un popolo che ha scelto di percorrere questa via. La mia solidarietà non nasce perciò da simpatie politiche, ma è frutto di un giusto riconoscimento della dignità dei cubani (cittadini e Governo) che si oppongono alle pressioni dei potenti del mondo" - afferma l'argentino Antonio Guillén in un messaggio di posta elettronica inviato alla redazione di Granma Internacional.
A Guillén, giornalista con un'esperienza di 32 anni di servizio, sono bastate due visite a Cuba - dove ha soggiornato presso famiglie cubane e ha potuto così avere scambi di opinioni molto "franchi" con diverse persone - per rendersi conto dell'integrità di questo popolo, che ha scelto di difendere la sua scelta e le sue convinzioni senza paura delle conseguenze.
Guillén, che fino al marzo scorso ha rivestito la carica di Segretario alle Relazioni Internazionali della Federazione dei Lavoratori della Stampa Argentina, sottolinea come durante diverse visite in Paesi del Centro e Sud America, effettuate negli ultimi tre anni, ha potuto constatare l'estensione "illimitata" della povertà in queste aree - una dura realtà cui neanche l'Argentina si sottrae.
La responsabilità della disoccupazione in aumento, del dilagare della povertà e dell'emarginazione è da attribuirsi, secondo Guillén, al Governo argentino che in questi giorni, come "per distogliere l'attenzione" dai problemi interni del Paese, dà voce alla sua indignazione per le dichiarazioni di Fidel Castro seguite alla votazione di condanna contro Cuba espressa a Ginevra dalla Commissione ONU per i Diritti Umani, dove anche l'Argentina ha votato contro.
"Con tutto il rispetto, aggiunge Guillén, credo che il vostro Presidente si sia fin troppo limitato nei suoi giudizi a proposito del comportamento del Governo argentino, se tuttavia si può continuare a chiamare "governo" la banda di incapaci, ipocriti e irresponsabili installata alla Casa Rosada".
Guillén fa notare come, al di là delle differenze di natura ideologica, "la verità è che il capitalismo selvaggio sta condannando la stragrande maggioranza del popolo latinoamericano a un presente di miseria e a un futuro ancora peggiore per i suoi figli".
Da Buenos Aires Oscar Eduardo Dutroc si domanda come possa un Governo come quello argentino assumere un atteggiamento di tale sottomissione ai dettami degli Stati Uniti, "quando è perfettamente a conoscenza della stima che lega il popolo argentino ai suoi fratelli cubani" e aggiunge: "non è la Storia, ma il presente che sta dando ragione a Fidel".
Martin Castro - che lavora per la stampa - si scusa per il tradimento posto in atto dal suo Governo nei confronti dell'Isola e ringrazia Cuba "per esistere, per resistere, per dimostrare che ciò è possibile e che non importa quanto sia forte il nemico".
"Non esistono diritti umani maggiormente calpestati di coloro cui sono negati un'educazione dignitosa, un lavoro dignitoso e una salute protetta" - sottolinea José Antonio Barcia, che si congeda con un "Hasta la victoria siempre!" alla maniera del Che.
Nella sua lettera Fernando Gudoias parla della tristezza che gli suscita vedere nel suo Paese migliaia di bambini e anziani ‘raschiare il fondo delle pentole’ - "dove una classe medio-alta butta via il cibo rifiutato persino dai suoi animali domestici" - per saziare la fame che li tormenta.
"I nostri diritti umani?" - si chiede Gudoias - "Quali? In Argentina gli esseri umani non hanno alcun diritto".

Proteste contro la privatizzazione
maggio 2001 - Secondo fonti dell’agenzia DPA, a Cordoba lo scorso 10 maggio la polizia ha arrestato 76 operai, che manifestavano per protestare contro la privatizzazione dell'Azienda Provinciale di Energia (EPEC).
Gli arresti sono stati ordinati da un giudice che sta conducendo indagini su una presunta azione di sabotaggio ai danni di una centralina elettrica, che ha provocato la sospensione dell'erogazione di energia in più di 50.000 abitazioni di Cordoba.
Secondo fonti della magistratura, la lista degli arrestati potrebbe allungarsi fino a comprendere 130 persone, identificate come appartenenti a gruppi di manifestanti che nei giorni scorsi si sono resi protagonisti di azioni di protesta, blocchi stradali e occupazioni di edifici.
I motivi di tale mobilitazione sono facilmente comprensibili, se si considerano notizie come quella resa nota dall'agenzia Prensa Latina, secondo la quale, qualche giorno fa, a Santiago del Estero un'insegnante si è offerta, tramite un annuncio su un quotidiano di provincia, di impartire ripetizioni in cambio di cibo, vestiario e scarpe per i suoi familiari.
L'autrice dell'annuncio è la professoressa di Educazione Sanitaria Carmen Morales, di 48 anni, che si è laureata due anni fa col massimo dei voti all'Università di Santiago del Estero.
E' evidente che l'Argentina si trova a dover affrontare le conseguenze di una grave disoccupazione, oltre che il problema rappresentato dal fatto che è il Paese sudamericano con la maggior percentuale di malati di AIDS.

Il Governo si sottomette agli interessi degli Stati Uniti
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aprile 2001 – Il Governo dell’Argentina non fa altro che mostrare "la sua totale subordinazione agli interessi dell’imperialismo" votando contro Cuba nella Commissione dei Diritti Umani dell’ONU, afferma l’Associazione delle Madri di Plaza de Mayo e un insieme di organizzazioni politiche e sociali argentine, in una dichiarazione inviata alla redazione di ‘Granma Internacional’.
Il testo, approvato da migliaia di partecipanti durante la manifestazione di ripudio in commemorazione del 25° anniversario del golpe militare in Argentina, segnala che "il triste ruolo di lacchè" che rappresenta il Governo argentino si manifesta anche "coprendo le atrocità che gli yankee commettono contro il popolo dell’Irak, che viene sottoposto a costanti bombardamenti".
E aggiunge che "si gloria quando permette la realizzazione di manovre militari yankee nelle province di Misiones, Córdoba, Tierra del Fuego e Zárate, con la inoccultabile missione di intervenire nel fratello paese della Colombia, fatto che coinvolgerebbe anche Venezuela, Ecuador, Brasile e il resto dell’America Latina".
La dichiarazione denuncia pure le responsabilità dei settori economici, nazionali ed esteri, che hanno favorito il colpo di Stato, e allo stesso tempo ripudia l’atteggiamento dei partiti politici con rappresentanza parlamentare che negli anni 1974 e 1975 incoraggiavano ed elogiavano il ruolo delle forze armate, e che dopo il golpe le hanno sostenute e appoggiate.
"Tutti questi sono stati e sono i responsabili del genocidio politico, economico e sociale che noi chiamiamo Terrorismo di Stato e che è continuato da quell’epoca fino ai giorni nostri, con l’approfondimento del modello di esclusione che oggi soffriamo e con la sottomissione assoluta dei poteri dello Stato alle necessità del capitale finanziario e dell’imperialismo", afferma il documento.
Oggi – nel mezzo della miseria, dell’esclusione e della repressione – tentano di inculcarci che è il momento di "chiudere vecchie ferite", e che "le condizioni sono mature per favorire una riconciliazione". Tuttavia, in fondo quello che cercano è "di ricostruire l’immagine di certe forze armate che mai si sono pentite di avere massacrato, torturato, incarcerato e saccheggiato ..... e che sono responsabili dell’imposizione, con il sangue e con il fuoco, dei piani dell’imperialismo nel paese ...".
Anche se "questo Governo affamatore parli ora, ipocritamente, di diritti umani, non siamo ingenui né abbiamo fiducia in questa giustizia di classe che da sempre ha lasciato impuniti i repressori e i complici del potere politico ...".
Per questo, "non ci rappacifichiamo, perché non vogliamo avere nulla a che fare con gli assassini né con i loro complici politici che dal Governo si sono segnalati nel soddisfarli con leggi come quella dell’Obbedienza Dovuta e del Punto Finale, o con indulti ...", affermano i firmatari

Proteste contro un progetto che accentua l’egemonia degli Stati Uniti
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aprile 2001 – Questa settimana la capitale argentina si è preparata duramente per diventare lo scenario di numerose manifestazioni di protesta contro la riunione ministeriale dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA).
L’incontro di 34 paesi del continente – con la unica esclusione di Cuba – è rifiutato da organizzazioni sindacali, politiche, studentesche e non governative di Argentina, Brasile, Cile, Paraguay, Uruguay e di altre nazioni della regione dalle quali sono arrivati circa 1.500 delegati.
Una parte importante della preparazione delle manifestazioni anti-ALCA è stata a carico della Centrale dei Lavoratori Argentini (CTA), il cui segretario generale, Victor de Gennaro, ha assicurato che la protesta sarà una mobilitazione moltitudinaria che marcerà per la città il 6 aprile.
"Buenos Aires si trasformerà in un degno simbolo per respingere gli accordi che intendono siglare la sottomissione delle nostre nazioni agli interessi economici e politici degli Stati Uniti", ha affermato il dirigente della CTA.
Allo stesso modo ha pronosticato una giornata storica nella quale il popolo argentino esprimerà il suo più energico rifiuto al progetto di consolidamento dell’egemonia nordamericana che si pretende impiantare attraverso questo progetto di alleanza commerciale promosso da Washington.
Da parte sua la cosiddetta ala combattiva della Confederazione Generale del Lavoro (CGT) ha annunciato lo svolgimento di un’altra manifestazione di ripudio alla riunione.
"Non vogliamo far parte dell’ALCA, perché l’ALCA è qualcosa di più di se stessa, è approfondire questo modello economico di miseria per il popolo", ha affermato Julio Piumato, segretario di stampa di questo sindacato operaio.
Il dirigente ha assicurato che il piano riguarda solamente gli interessi degli Stati Uniti. "Noi siamo per un progetto di integrazione continentale con i lavoratori che serva e che potenzi le possibilità di ciascuno dei paesi", ha aggiunto.
In un recente documento divulgato a Buenos Aires, il Comitato di mobilitazione ha segnalato che le proteste a Buenos Aires "possono e devono costituire un filo nell’unione dei popoli latinoamericani e dei Caraibi contro l’egemonia nordamericana e le politiche neoliberiste".
Secondo il testo, con questo incontro "culminerà un processo di negoziati, segreto nei contenuti", per stabilire un’area di libero commercio tra paesi a diverso grado di sviluppo. Questo, aggiunge, accentuerà le disuguaglianze e stabilirà una divisione del lavoro nella quale i più arretrati opereranno semplicemente come fornitori di risorse naturali e di manodopera a basso costo.
Allo stesso modo ha avvertito che "la potenza egemonica (gli Stati Uniti) si riserva il diritto di mantenere i sussidi ai propri produttori agricoli e le quote e le norme ‘antidumping’ che le permettono di tenere bassi i prezzi dei prodotti latinoamericani e chiudergli il suo mercato".
Inoltre ha aggiunto che questo progetto costituisce un passo avanti nella sottomissione degli stati agli interessi del grande capitale, violando la loro sovranità e la capacità dei nostri popoli di tracciare il loro destino.
L’ALCA non costituisce un reale progetto di integrazione, bensì "un progetto politico di sottomissione e di approfondimento dell’egemonia degli Stati Uniti".
"Sarà una zona che va dall’Alaska alla Terra del Fuoco, dove gli interessi delle aziende nordamericane staranno sopra le leggi e gli interessi di ciascuno dei nostri paesi", precisa il documento firmato da circa 50 organizzazioni argentine.

La crisi politica aumenta le divisioni nella coalizione governativa
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aprile 2001 – La crisi argentina continua la sua insistente azione corrosiva sull’Alleanza, la coalizione governativa, con l’allontanamento di vari membri che rifiutano l’entrata di figure come Domingo Cavallo al Governo.
La più recente rimozione è stata quella della deputata del Fronte Paese Solidale (Frepaso), Alicia Castro, per avere affermato che "l’Alleanza si è burlata della volontà popolare consegnando il paese a Cavallo, che la gente aveva già giudicato con il 10 % dei voti".
Cavallo, ex Ministro dell’Economia della precedente amministrazione giustizialista di Carlos Ménem, ex candidato presidenziale nel 1999 e leader del partito Azione per la Repubblica, è stato designato da una settimana a capo del portafoglio economico come una virtuale ultima carta ufficiale per risolvere la profonda crisi economica-finanziaria che attraversa il paese.
Annunciando il suo ritiro dall’Alleanza, Alicia Castro, che è pure a capo del forte sindacato dei piloti di aerei civili, ha sostenuto che Cavallo "è quello che ha generato il 70 % dell’indebitamento del paese" e lo ha accusato di avere svaligiato lo Stato argentino quando lavorava per i regimi militari che hanno governato tra il 1976 e il 1983.
Il "nuovo" Ministro dell’Economia è entrato nel gabinetto con la presentazione di un progetto di Legge della Competitività che comprende la delega di facoltà legislative al Potere Esecutivo per potere adottare misure dirette, secondo Cavallo, a uscire dalla crisi.
L’incrinatura dell’Alleanza è diventata evidente nell’ottobre scorso dopo la rinuncia dell’allora vicepresidente della Repubblica, Carlos Alvarez, leader a sua volta del Frepaso.
Poco dopo si era prodotta l’uscita dalla coalizione di tre deputati del Partito Socialista Democratico (PSD) e non si esclude che nei prossimi giorni almeno altri tre deputati di organizzazioni che compongono il Frepaso percorrano lo stesso cammino.
Secondo esperti argentini, Alicia Castro lavorerà ora per allacciare legami con altre forze politiche come il Polo Sociale, di recente creazione e che ha nominato il sacerdote cattolico Luis Farinello come candidato a senatore nelle elezioni legislative del prossimo ottobre.
Su questa stessa linea si stringeranno contatti con i deputati del PSD e con quelli che eventualmente usciranno dall’Alleanza nel futuro immediato, come pure con Elisa Carrio, un’attiva deputata del Partito di Unione Civica Radicale (l’altro membro dell’Alleanza), famosa per i suoi forti attacchi contro la coalizione governativa.

Sciopero nazionale in rifiuto al modello economico del Governo
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marzo 2001 – L’Argentina è semiparalizzata da uno sciopero generale convocato da vari sindacati in rifiuto alla politica economica del Governo.
I servizi pubblici di trasporto come autobus, metropolitana, treni suburbani, taxi e voli nazionali e alcuni internazionali, sono sospesi.
Allo stesso modo, le scuole restano chiuse per un altro sciopero decretato dalla Centrale dei Lavoratori dell’Educazione (CTERA) in rifiuto alle misure economiche annunciate la scorsa settimana e che colpiscono fondamentalmente le risorse destinate al sistema educativo.
Lo sciopero generale è sostenuto dalla cosiddetta ala combattiva della Confederazione Generale del Lavoro (CGT), dalla Centrale dei Lavoratori Argentini, dalla Corrente Classista e Combattiva, dall’Associazione dei Lavoratori dello Stato e da altri raggruppamenti sindacali.
Il leader della CGT combattiva, Hugo Moyano, ha dichiarato che "il paese si trova in un’incertezza totale e il popolo non sa cosa stia succedendo, ma si rende conto che i nemici della Patria si sono appropriati del Governo".
La crisi politica ed economica che sperimenta il Governo del Presidente Fernando de la Rúa si è accentuata e ha prodotto un nuovo cambiamento nella direzione dell’Economia.
Ricardo López Murphy è durato poco al suo posto di Ministro dell’Economia, e Domingo Cavallo è tornato a occupare l’incarico di fronte al rifiuto quasi unanime che le draconiane misure di aggiustamento annunciate hanno suscitato nella nazione e che alla fine non hanno potuto essere applicate.
L’aggiustamento annunciato la scorsa settimana "ha inciso in modo diretto su tutti i settori della comunità, ma toccava qualcosa di molto importante come il taglio di bilancio alle università nazionali, rendendole praticamente inaccessibili al popolo", afferma un messaggio inviato a ‘Granma Internacional’ da Fernando Gudoias, che scrive da La Plata "nella mia condizione di argentino e di dirigente del Partito Radicale presieduto da Fernando de la Rúa".
Di fronte a questa situazione sono stati diversi i ministri che hanno rinunciato al loro incarico, uomini che non hanno condiviso né la politica economica né quella internazionale di De la Rúa, aggiunge Gudoias nel suo messaggio di posta elettronica e avvisa che "in modo sorprendente, l’ex Ministro dell’Economia del Governo ‘svenditore ed esterofilo’ di Carlos Ménem, Domingo Cavallo, entra a far parte dell’attuale gabinetto".
Ricorda che il dottor Cavallo è stato presidente della Banca Centrale durante l’ultima dittatura militare e che ha trasformato il debito privato in debito pubblico, "con cui la quasi totalità del popolo argentino ha dovuto farsi carico dei crediti che erano finiti nelle tasche degli imprenditori".
"Cavallo ha consegnato ad aziende estere tutto quello che era a favore del nostro paese, come i servizi pubblici, il petrolio, le comunicazioni ... ed è l’uomo di fiducia del FMI, degli organismi internazionali di credito, del Governo imperialista degli Stati Uniti, in linea con i loro interessi.
"Qui vale il proverbio ‘dimmi con chi vai e ti dirò chi sei’, non c’è dubbio che è un emissario dell’imperialismo che torna per concludere il suo lavoro, per il momento inconcluso, perché per il resto della storia, l’Argentina diventi un’appendice dell’imperialismo statunitense", denuncia Gudoias e conclude: "Nella mia patria sono necessarie ancora persone con idee e coraggio come i leader rivoluzionari cubani per contrastare l’orso del Nord".

Scandaloso riciclaggio di denaro
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marzo 2001 – Anche se lo scudo economico favorito dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha fatto credere ad alcuni un po’ ottimisti nel recupero economico e della fiducia internazionale nell’Argentina, le loro speranze sono svanite come una bolla di sapone con l’esplosiva denuncia sul riciclaggio di denaro in cui sono coinvolti enti bancari degli Stati Uniti e dell’Argentina.
L’esplosione è avvenuta al Congresso degli Stati Uniti dove l’élite del potere politico ed economico argentino conta su potenti amici.
Secondo quanto reso noto da una relazione del Sottocomitato per gli Affari Governativi del Senato degli Stati Uniti, le banche ‘M.A. Bank’ con sede nelle Isole Cayman e ‘Federal Bank’ delle Bahamas hanno effettuato operazioni di riciclaggio di denaro per conto di influenti personalità argentine, in particolar modo per Raúl Moneta, soprannominato il "banchiere del potere", durante il Governo di Carlos Ménem. I suddetti enti agivano come corrispondenti della ‘City Bank’ con operazioni nelle quali pare siano coinvolte altre famose banche nordamericane .
Tra quelli che sono seduti sul banco degli accusati figurano il ‘Bank of America’, il ‘Chase Manhattan’ e il ‘Bank of New York’, che sono stati ammoniti per non avere prestato sufficiente attenzione ai conti aperti presso di loro da enti off shore, in odore di riciclaggio di denaro. Moneta era il padrone della ‘Federal Bank’ delle Bahamas, sui conti della quale nella ‘City Bank of New York’ avrebbero circolato in nove anni circa 4.500 milioni di dollari. ‘M.A. Bank’, una banca fantasma registrata nelle Isole Cayman e di proprietà del gruppo argentino ‘Mercado Abierto’, ha movimentato 7.7 milioni di dollari del cartello del narcotraffico di Juárez, per suo conto, nella ‘City Bank of New York’, secondo la relazione della Sottocommissione.
La ‘Federal Bank’ delle Bahamas, di proprietà dei padroni del ‘Banco República’, attualmente liquidato – tra i proprietari il banchiere Raúl Moneta - ha movimentato almeno un milione di dollari dei 21 milioni pagati dalla multinazionale IBM per aggiudicarsi un contratto con la banca statale argentina ‘La Nación’. Questo è uno dei maggiori scandali politici-finanziari avvenuti nel paese sudamericano nell'ultimo decennio.
Le due banche erano un paravento, senza fisicamente uffici, che hanno operato come corrispondenti della ‘City Bank’, attraverso la quale avevano accesso al sistema finanziario degli Stati Uniti senza alcun tipo di regolamentazione.
Il gruppo di enti finanziari ‘M.A. Bank’ è di proprietà di Miguel Iribarne, ex segretario di Economia, di Héctor Scasserra, ex Ministro dell’Interno e di Aldo Ducler, ex segretario delle Finanze, tutti argentini.
Interrogato dalla stampa sullo scandaloso affaire del riciclaggio di denaro, il Presidente Fernando de la Rúa ha assicurato che sono cose del passato, ma lo stesso Dipartimento di Stato nordamericano lo contraddice quando afferma in un documento che l’Argentina è uno degli otto principali paesi produttori di reagenti chimici per la produzione di stupefacenti e conta su di un sofisticato settore finanziario che può essere utilizzato in operazioni di riciclaggio di denaro.
Una relazione del Dipartimento di Stato aggiunge che l’Argentina ha una grande e ben sviluppata industria chimica che produce quasi tutti i reagenti per la lavorazione della cocaina. Non figura tra le principali nazioni produttrici, ma continua a essere un paese di transito per la cocaina.
D’altra parte, la Sottocommissione del Senato statunitense rivela come banche off shore utilizzano enti finanziari statunitensi per riciclare capitali ottenuti in modo illegale. Tra i casi segnalati ci sono quelli dell’ex ‘Banco República’ e della finanziaria argentina ‘Mercado Abierto’. Vengono analizzate anche a riprova le triangolazioni di denaro tra il ‘Banco República’, di proprietà di Moneta, la ‘Federal Bank’ e la succursale di New York della ‘City Bank’.
La relazione aggiunge come riferimento specifico l’utilizzo in questa banca di un milione di dollari di tangente pagato nel contratto tra IBM e l’ente bancario argentino ‘La Nación’ per l’informatizzazione di tutte le succursali dell’ente finanziario.
Anche se i fatti sono avvenuti durante il Governo di Carlos Ménem (1989-1999), le attuali ripercussioni si focalizzano sul ruolo che ha avuto allora l’attuale presidente del ‘Banco Central’ argentino, Pedro Pou, che ricopre questa carica dal 1996.
In un intervento alla televisione, il banchiere Raúl Moneta ha respinto le accuse che gli vengono attribuite e con disinvoltura ha affermato che i 4.500 milioni di dollari che gli si attribuiscono nelle operazioni di riciclaggio sono un niente all’interno del flusso di denaro di una banca. Non ha chiarito se il riferimento riguardava il riciclaggio generale di denaro proveniente dalle vendite mondiali di droga che raggiunge i 700.000 milioni di dollari all’anno.
Come un cerino nell’erba secca, l’affare del riciclaggio del narcodenaro, che attualmente coinvolge banchieri, istituzioni e funzionari di Argentina e Stati Uniti, può estendersi ad altri paesi, dato che non bisogna essere grandi esperti in materia per comprendere, come ha segnalato l’Istituto Francese di Relazioni Internazionali, che le operazioni di riciclaggio essenziali per il narcotraffico non possono essere fatte con una certa complicità o compiacenza da parte del sistema bancario.
Come in questo caso che coinvolge banchieri e funzionari argentini, il riciclaggio si realizza mediante uffici nei cosiddetti paradisi finanziari con operazioni che cancellano l’origine illecita dei capitali girati successivamente a organismi bancari degli Stati Uniti o di altri paesi sviluppati e anche del Terzo Mondo. In questi ultimi sono noti i casi di banche sospettate di realizzare riciclaggio di denaro e che sono passate sotto controllo del capitale straniero.

Desaparecido a causa della dittatura incontra la sua famiglia
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febbraio 2001 - L'Associazione argentina delle Nonne di Piazza di Maggio, che si dedica sin dal 1976 alla ricerca dei bambini scomparsi durante la dittatura militare, ha identificato il numero 70: si tratta del nipote della Vicepresidente dell'ente, che fu sequestrato alla nascita.
"Mi sento una privilegiata, ma credo che tutte le nonne abbiano diritto di conoscere i propri nipoti e che questi possano conoscere la loro vera identità", ha detto all’agenzia IPS Rosa Roisinblit, nonna di Rodolfo Pérez, il quale non sapeva nulla della sua storia e credeva di essere il figlio di due funzionari civili della Forza Aerea.
Il ritrovamento è avvenuto nel 2000, ma solo adesso le Nonne hanno deciso di renderlo pubblico, mentre continua il processo giudiziario contro Francisco Gómez e María Teodora Jofré, i "genitori" che hanno adottato il neonato rubato alla vera famiglia falsificandone i documenti.
Le Nonne hanno un registro di quasi 500 minori assassinati, sequestrati con i genitori o nati in prigionia durante la repressione, nella quale si calcola, con dati ufficiali, la scomparsa di 11.000 persone.
Dal 1976 hanno già ritrovato 70 nipoti, passando da una media di uno o due l'anno fino a sei nel 2000, a sei e quest'anno sono aumentate le restituzioni
"Ora i bambini sono grandi, hanno maggiore coscienza, così come maggiore ne ha la società per fare denunce e i dati aumentano" ha detto Roisinblit, che ha coordinato nell'ultimo anno una campagna di sensibilizzazione in questa direzione.
In un annuncio sui vari mass media, le Nonne hanno invitato i giovani che hanno dubbi sulla loro identità a presentarsi all'Associazione e a sottoporsi agli esami necessari. E' stato possibile attuare questa campagna poiché le vittime ritrovate erano già maggiorenni.
Il caso del nipote della Roisinblit è stato risolto grazie a due denunce anonime che presentavano prove inconfutabili, arrivate alle Nonne in aprile e paradossalmente ricevute dalla sorella di Rodolfo, Mariana Peréz, che lavora con sua nonna nell'associazione umanitaria.
Mariana Peréz, che oggi ha 23 anni, aveva 15 mesi il giorno del 1978 nel quale furono sequestrati, a casa sua la, madre Liliana Roisinblit e, sul posto di lavoro, suo padre José Manuel Peréz. Entrambi sono stati prigionieri della Forza Aerea.
La bambina fu affidata ai nonni paterni, ma Liliana Roisinblit era all'ottavo mese di gravidanza.
"L'ultima notizia che ho di lei - grazie alla testimonianza di due sopravvissuti - è che diede alla luce un bambino il 15 novembre del 1978, nell'Ospedale Navale, che chiese le fosse appoggiato sul petto e che chiamò Rodolfo" ha ricordato Rosa Roisinblit.
Il neonato aveva solo quattro giorni quando perse ogni traccia di sua madre, che fu obbligata ad abbandonare l'ospedale, da quel giorno non si è saputo nulla neppure del bimbo.
"Io lo cerco da quando era nella pancia di sua madre e ora che l'ho trovato inizia una nuova fase perché, se chi si è appropriato di lui apparteneva all'Aeronautica, deve sapere cosa è successo a mia figlia. Immagino che lei sia morta, ma chiedo che mi sia detto cosa le fecero" ha affermato Rosa Roisinblit.
L'atteggiamento di Mariana Peréz, che ricevette la denuncia, è stato anomalo, ha commentato sua nonna, perché quando si è resa conto che si trattava di dati riguardanti la sua famiglia, invece di portarli a conoscenza dell'Associazione, si è recata sul posto di lavoro del fratello, gli ha rivelato la sua vera identità e lo ha convinto a sporgere una denuncia.
Rodolfo Peréz, che sospettava di essere un figlio adottivo, ha avuto una reazione positiva e quella sera, dopo aver letto il materiale sulle Nonne e la denuncia che le consegnò Mariana, si è presentato nel locale dell'ente per sottoporsi al test genetico che permette di stabilire le proprie origini.
I campioni di sangue sono stati inviati a una banca dati genetica di Seattle, USA. In ogni modo, quando Rodolfo si è presentato alla nonna paterna, Argentina Peréz - che pure opera nella ricerca dei minori - questa si è emozionata fino alle lacrime nel vedere che il ragazzo "era uguale" al figlio scomparso.
Negli Stati Uniti, Rosa Roisinblit, che si era recata a Boston per seguire le iniziative dell'Associazione, ha ricevuto la notizia dalla genetista che si trattava proprio di suo nipote.
"Sono tornata volando. Abbiamo fissato un appuntamento anche con la nipote e, nel vedermi, si è avvicinato, mi ha abbracciato e baciato. E' stato tutto molto semplice" ha descritto la nonna.
Per esperienza, Rosa Roisinblit, sa che non è facile: "Ha reagito bene, ha fatto i suoi studi e accetta di vederci, ma non vuole separarsi da chi lo ha cresciuto né fare nulla contro di loro, si sente in debito e io lo comprendo".
Ora il ragazzo ha stabilito un rapporto con sua sorella e sua nonna.