PERCHÉ CREDO CHE INTELLIGENTI SI DIVENTA

Ci condiziona di più la genetica o l’ambiente? Ecco la risposta sostenuta dai fatti.

Un metodo che si fonda sulla plasticità del cervello e che permette di migliorare le capacità di apprendimento.


E’ identico a Pizarro, con la barba bianca che gli scende sulla camicia e il basco tondo. Reuven Feuerstein, che il 26-10-1999 ha ricevuto dall'Università di Torino la Laurea Honoris Causa in Scienze dell'educazione, ha un curriculum e una bibliografia sterminati. Ma ciò che colpisce di più è il miracolo continuo che produce il suo lavoro. Lo incontriamo a Gerusalemme, nel suo Intemational Centre for the Enhancement of Leaming Potential. L'energia del vecchio professore provoca un riverbero abbagliante sui collaboratori, circa 200, tutte persone che soffrono di gravi difficoltà cognitive legate a malattie genetiche come la sindrome di Down.

C'è qualcosa nella sua esperienza di vita, professor Feuerstein, che l'ha portata a sviluppare un metodo che parte dalla convinzione teorica che l'individuo è modificabile a livello intellettivo quasi senza alcun limite, a prescindere sia dai danni ambientali, per quanto terribili, sia da quelli genetici?

"Sì, l’intelligenza non è un'abilità immodificabile la cui evoluzione avviene secondo stadi prefissati. E' un potenziale dinamico sul quale è possibile intervenire in qualunque momento, non solo quando il bambino è piccolo, per favorire lo sviluppo e recuperare le carenze."

Come è nata questa convinzione che poi ha sviluppato in una teoria e in un metodo ormai diffusi in tutto il mondo?

"La vita mi ha messo in tante situazioni apparentemente insuperabili che poi si sono risolte con esiti positivi e imprevedibili. L’olocausto, la tubercolosi, le guerre... Sono nato nel 1921in Romania da una famiglia di rabbini, il quinto di nove figli. La mia famiglia era sionista, socialista, ultra-ortodossa, un coacervo di ideologie molto attive e anche in contrasto tra di loro... Ho imparato a leggere a tre anni, e subito mi sono trovato nella condizione di insegnare agli altri a leggere e scrivere. A otto anni mi è stato affidato un allievo di quindici anni che non riusciva ad imparare niente. Suo padre mi disse: ti prego aiutalo perché non posso morire se non impara a leggere il kaddish ( la preghiera che i figli recitano quando seppelliscono i genitori ndr ). Sin da ragazzo ho insegnato in situazioni impossibili, prima nei campi di preparazione sionista quando i tedeschi stavano per invadere Bucarest, poi in Transilvania dove venivano raccolti bambini scampati ai campi di concentramento. Poi sono stato a mia volta internato e sono stato liberato solo per un miracolo, un errore di persona. Ho insegnato in Romania a Bucarest, e finalmente il 20 aprile del ’44 si è compiuta la mia aliyah sulla nave Milka, ovvero il mio passaggio in Israele: in quel coacervo di esperienze quasi impossibili, di sforzi inauditi di sopravvivenza ma anche di immense speranze e entusiasmo, ho cominciato il mio lavoro con i bambini che arrivavano dai campi di sterminio e più tardi dai Paesi del Maghreb. Situazioni intrattabili, psiche e corpo che apparivano rovinati definitivamente. Qui ho cominciato a sviluppare la mia teoria, approfondita negli studi in Svizzera. Può un trauma psichico ritenuto insanabile essere sanato? Quando riesci ad avviare ad una vita normale un bambino come Noah che si era aperto in un campo di concentramento la strada per uscire sotto una montagna di morti, quando vedi che riesci ad arrivare al servizio militare, al lavoro normale, un ragazzino che a dodici anni ha contratto una malattia alla pelle che lo rende inavvicinabile agli altri, che è violento e non ha nessuna abilità lavorativa, che ha vissuto sempre senza genitori negli interstizi della società, capisci che l’intelligenza umana è una macchina in movimento continuo, che deve trovare solo un guidatore capace di indirizzarla. " .

Può sintetizzare la sua teoria ?

"La mia teoria si chiama "Modificabilità Cognitiva" . La sostanziale plasticità dell’intelligenza si conserva ben oltre l’infanzia, e non esiste quoziente d’intelligenza basso che ci possa scoraggiare. Abbiamo aiutato a diventare normali bambini con quozienti 70, 60, 50. Il quoziente d’intelligenza ci racconta solo quello che il ragazzo ha appreso, non ci dice nulla su quello che potrebbe essere messo in grado di imparare con la giusta mediazione degli insegnanti. Perché è questa mediazione che è indispensabile nel mio metodo. Il cambiamento che il loro lavoro può indurre nei disabili non si limita a comportamenti, alla superficie, ma interessa direttamente la struttura dei processi mentali, e quindi resta stabile nel tempo. Il metodo richiede tutta la dedizione, tutta la capacità selettiva dell’educatore, tutta la sua pazienza nel selezionare le nozioni e i principi utili al bambino e nel regolare i tempi dell’apprendimento, che per esempio nei bambini Down sono più lenti. Comparazione, classificazione, percezione analitica, relazioni spazio temporali sono per noi materie di apprendimento. Ci aiuta un’autentica industria di giocattoli speciali che produciamo per aiutarci con l’aiuto di disegnatori, artigiani, educatori. Sono giocattoli complessi, pensati in modo specifico per superare certe disabilità: ho visto spesso i nostri ragazzi diventare più veloci e abili dei ragazzi normali nel rimettere insieme i pezzi di un qualche speciale puzzle. L'insegnante accompagna il ragazzo non solo nel regno della conoscenza, ma in quello dello sviluppo del suo stesso cervello, che si modifica nel tempo.

E’ sicuro che più che degli insegnanti non servano persone dotate di particolarissime doti umane, di carisma e di pazienza, persone quasi introvabili?

" Non direi: certo la formazione del maestro è la colonna portante indispensabile di tutto il nostro lavoro, ma l’esperienza è straordinariamente positiva. Solo qui da me ci sono 160 insegnanti, ma la volontà di apprendere è gigantesca e riceviamo richieste di formazione da tutte le parti del mondo: il nostro programma detto IE (Instrumental Enrichment) è tradotto in tutte le lingue europee e in molte lingue asiatiche, inclusi cinese e l'arabo. Circa 30 mila studenti imparano il programma, i nostri metodi, le scuole, la formazione, stanno diventando sempre più diffusi. Anche in Italia si e cominciato a capire quello che sembrava impossibile fino a pochi anni fa. Nessuno deve essere messo da parte."

La parte che colpisce di più nel suo lavoro è quella del recupero dei bambini affetti da Sindrome di Down.

Per lei i cromosomi sono un'opinione...

"Non è proprio così: ma anche per loro vale il principio che tutti si possono modificare con un lavoro di comportamento, conoscenza, comunicazione. Sono i tre principi del metodo in generale, e anche con loro il metodo modifica il cervello, lo sviluppa, crea nuovi circuiti. "

Pensa che una società del profitto come la nostra sia disposta a mettere a disposizione dei bambini Down quasi un insegnante a testa?

E in definitiva anche per quel che riguarda loro, non si crea sofferenza in queste persone che crescono in consapevolezza e acquistano via la percezione che comunque non saranno mai uguali agli altri?

"I ragazzini Down imparano di non essere eguali, ma anche di non valere di meno: e il nostro metodo li conduce sempre a uno sbocco in cui siano apprezzate le loro qualità, cosa che accade invariabilmente perché sono dolci, impegnati, sensibili, dotati di senso dell’umorismo... Adesso che vivono molto più a lungo che nel passato riescono a raggiungere risultati davvero utili alla società. Per esempio sono molto dotati nella cura degli anziani, o come aiuto degli infermieri negli ospedali. Curandoli la società non va incontro a nessuno svantaggio economico, ma a due vantaggi: mette in condizioni migliori sia chi soffre di Sindrome di Down sia tante persone che essi possono assistere veramente bene" .

Quindi continuerà la sua guerra contro i geni.

" Non è una guerra: io non credo che possiamo accettare un doppia ontologia: esiste un solo essere umano, con la sua parte genetica e la sua parte socioculturale. Tutta la vita siamo protagonisti di una interazione costante fra la prima e la seconda di queste zone della nostra mente. Non siamo nella jungla, Tarzan è lontano. La musica, l'arte in generale, il senso morale e le norme etiche non sono genetiche: la cultura è destinata a cambiare senza tregua quello che la natura ha fatto. Saperla indirizzare vuol dire lavorare per il meglio a costruire un buon essere umano.

Professore, lei appare in gran forma, ma a ottant'anni sente la fatica di un'impresa ciclopica come quelli di cambiare l'essere umano?

" Con tutto quello che ho passato, non mi sarei certo aspettato di arrivare a quest'età. Nessuno me l'aveva promesso e quindi sento come un dono meraviglioso di poter ogni giorno seguitare a lavorare a qualcosa di utile. Quindi prego di continuare quanto più posso, e finora ho ricevuto questo dono di Dio. Mi sento come lo shohet (il macellatore rituale ndr) della storia di Shai Agnon che la Morte ha deciso di portarsi via: lo incontra mentre di Shabbat va al suo lavoro e quando la Morte lo invita ad.andare con lei, lo shohet risponde di essere pronto. "Solo c’è un problema " aggiunge, "la comunità non avrà la carne per preparare la cena di shabbat" La Morte visto che il mondo ha bisogno del suo prescelto, si ferma. Ogni tanto mi cullo nell’illusione che possa accadere anche per me".

Tuttoscienze, La Stampa, 27 ottobre 1999



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