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numero uno

INTERVISTA A LUIGI COGODI

di Giuliana Pili

1)     Ci può descrivere brevemente l’attuale fase del processo in corso alla Corte d’Assise di Roma?

    Nell’aula bunker di Rebibbia si stà svolgendo attualmente la fase dibattimentale del processo penale a carico di due dei generali argentini responsabili dell’eccidio, il generale Carlos Suàrez Mason e il generale Omar Santiago Riveiros. Questi due generali erano i responsabili primariamente di due zone dell’Argentina, principalmente la zona 1 e la zona 4, che comprendevano al tempo del controllo militarizzato dell’Argentina durante il colpo di stato, tutta l’area della grande Buenos Aires, della capitale federale e del territorio intorno, ivi compresa tutta l’estensione del delta del Paranà che è il teatro dei fatti nei quali si sono verificate tutte quelle circostanze che hanno portato poi all’uccisione di uno dei due ragazzi sardi, precisamente Bonarino Marras, al sequestro, alla tortura e poi alla scomparsa, la desaparecion di Martino Mastinu. Oltre ai due generali sono imputati nel processo quattro esecutori, agenti del Commissariato del Tigre che aveva competenza in quel territorio. Pertanto gli imputati sono i due generali come mandanti e come organizzatori dell’eccidio in quell’area dell’Argentina durante il periodo in cui si son svolti i fatti e i quattro esecutori che poi erano alle loro dirette dipendenze.

  2)      Su quali elementi si fonda la difesa degli imputati?

    Gli imputati nel processo italiano si sono limitati a contestare nella fase preliminare del processo, durante l’udienza preliminare, poi ancora nella fase preliminare della fase dibattimentale, si sono limitati a contestare la competenza del giudice italiano. Loro hanno nominato degli avvocati di fiducia, valenti avvocati italiani e argentini per contestare la legittimità del processo, sostenendo che essendo cittadini di un altro stato e peraltro essendo stati giudicati, sebbene il giudizio in Argentina non sia andato avanti, perché sono intervenute diverse leggi che hanno dapprima attenuato la responsabilità, principalmente la legge dell’obbedienza dovuta, che stabiliva la responsabilità gerarchica, quando la responsabilità è gerarchica i bassi gradi dicono di ricevere ordini dall’alto, gli alti gradi dicono che chi esegue, chi decide sono gli elementi inferiori della gerarchia e pertanto funziona un sistema per cui alla fine non risulta responsabile nessuno. Così come un’altra legge che è intervenuta dopo la dittatura militare, durante il governo peronista o post peronista del presidente Menen è la cosiddetta legge sul punto finale, cioè essendo questi dei processi che erano complessi perché i fatti per i quali si doveva procedere riguardavano eccidi che si erano consumati in diverse parti del paese in modo anche subdolo attraverso il sistema terribile che è stato inventato e sperimentato in Argentina della Desaparecion, quindi non della pena inflitta e quindi immediatamente individuabile nelle circostanze che l’accompagnano, neppure, al limite, dell’uccisione di coloro che venivano ritenuti avversari. La desaparecion era un sistema per cui le persone venivano fatte sparire e si diffondeva l’idea in modo subdolo e disumano che queste persone fossero vive, che sarebbero riapparse, che potevano essere dei clandestini, che potevano essere all’estero. Mentre si consumavano negli anni tra il 1976 e il 1983, tanto è durato il periodo in Argentina, eccidi di massa perché son stati fatti sparire e uccisi più di trentamila persone in gran parte giovani, sindacalisti, studenti ed intellettuali. Trentamila persone in una condizione come quella dell’Argentina, che ha un ampio territorio ma una densità di popolazione molto scarsa, significa che non c’è famiglia argentina che non sia stata colpita da questo evento disumano e criminale. I processi erano pertanto complessi, perché si trattava di andare ad individuare filoni di responsabilità che spesso non erano facilmente individuabili, quindi aver fatto una legge che stabiliva una data entro la quale o i processi erano finiti o decadeva tutto, “La legge sul punto finale”, di fatto voleva dire scoraggiare i giudici dall’iniziare le indagini perché il termine che fu posto fu così breve che di fatto si sapeva sarebbe stato un dispendio di energia senza di fatto giungere ad una conclusione. I generali, pertanto si sono difesi in Italia assumendo che loro erano già stati giudicati dalla legge del loro paese, ancorché i processi non abbiano avuto esito e pertanto nel merito hanno rinunciato a difendersi, non riconoscendo il giudice italiano. Questo non significa che il processo fatto in Italia non abbia effetti, perché un’auspicabile condanna per i fatti gravissimi e provati, comporterà un’azione che a livello internazionale potrà comportare la richiesta di estradizione e la possibilità che i responsabili di questi crimini possano essere perseguiti e pagare almeno in parte per i delitti commessi.

  3)      Guardando alla Corte Internazionale di giustizia, lei crede che l’eventuale sentenza di condanna possa costituire un valido precedente per altri crimini di questo genere?

    Non c’è dubbio, il processo italiano ha dei protagonisti che sono da individuare nei movimenti e nelle organizzazioni umanitarie che per anni hanno raccolto prove, hanno tenuto aperta questa questione, hanno sollecitato i giudici a più riprese in tutti i paesi europei e son riusciti ad attivare questi processi, il processo italiano è quello che è più avanti nel suo svolgimento, ha anche una portata di carattere generale, però per episodi simili, per esempio l’uccisione di due suore francesi in Argentina già un giudice francese ha emanato una sentenza di condanna dei militari responsabili di quelle uccisioni. Come è noto, inoltre in Spagna il giudice Garson procede in relazione ai fatti cileni, naturalmente in relazione alla responsabilità di Pinochet, ma le cose sono molto interconnesse perché nell’America Latina in quegli anni si era costituita una vera e propria internazionale del crimine. I governi autoritari militari, dell’Argentina, del Cile, del Paraguay e di altri paesi, collaboravano in un piano criminale che doveva portare allo sterminio non degli avversari politici ma di chiunque venisse pensato e immaginato come potenziale avversario politico, un piano che ha il famigerato nome di “Piano Condor” che prevedeva la collaborazione interstatuale tra i diversi governi rappresentanti la statualità in quella parte del mondo. Il processo italiano riveste questo grande valore perché non solo afferma il diritto dello stato democratico della Repubblica italiana di difendere i suoi cittadini ovunque siano nel mondo, ma afferma ancora un diritto di carattere universale, che tutti i cittadini del mondo in qualsiasi parte si trovino debbono avere tutela alla loro libera espressione, alla libertà di pensiero, di azione, quando si svolge nell’ambito della legalità. Quindi il principio assunto da molti paesi del mondo, nella Costituzione del tribunale penale Internazionale per i crimini contro l’umanità da questo processo riceve una sanzione, una conferma. Già il processo italiano è un accadimento che si colloca nella dimensione del giudizio penale internazionale.

  4)      Il valore della costituzione di parte civile della Regione Sardegna, della Provincia di Oristano e del Comune di Tresnuraghes?

    Il valore delle istituzioni autonomistiche che sono intervenute nel processo per prime e quindi hanno affermato il diritto dovere delle istituzioni locali di rappresentare insieme ai familiari i buoni diritti dei cittadini a livello locale e la regione nella sua rappresentanza generale degli interessi e dei diritti dei cittadini sardi ha costituito una novità in questo processo. Finora le parti che si costituivano o parte civile o parte interveniente nel processo, oltre ai familiari che ne hanno diritto secondo il codice di procedura penale, erano i cosiddetti enti esponenziali, cioè gli enti che sono portatori di idealità di carattere generale, sono le istituzioni pubbliche in quanto tali rappresentative degli interessi di tutti i cittadini, che chiedono e ottengono di intervenire nel processo a tutela del diritto di cittadinanza che comprende i diritti di libertà dei propri appartenenti. Questo fatto ha poi determinato tutti gli interventi successivi, interessando anche le altre regioni italiane, coordinando un intervento interregionale che ha fatto si che anche le altre regioni si costituissero nel processo. Questo fatto ha influito sulla decisione, ancorché tardiva, del Governo italiano di costituirsi anch’esso parte civile nel processo.

 

5)      Lei è anche Presidente delle associazioni degli emigrati sardi, oltre che uomo politico, come vive questa situazione?

    Direi che si tratta di una felice combinazione, nel processo penale in Corte d’Assise a Roma si procede contro generali argentini per i crimini efferati che hanno commesso contro una moltitudine di persone, moltissime delle quali erano italiane, ma il giudice italiano è stato saggio nell’impostare questo processo, anziché prevedere una casistica numerosa e quindi portare il processo ad una condizione di difficile agibilità, ha selezionato alcuni casi, otto giovani italiani uccisi. Otto casi emblematici per i quali vi è conforto di prova, otto casi che in qualche modo rappresentano la generalità dei casi, per cui il processo è anche un processo simbolo. Il comitato delle madri di Plaza de Mayo seguono questo processo ritenendo che sia il processo che riguarda tutti i loro figli e l’Associazione des familiares ugualmente segue il processo ritenendo che il processo riguardi tutti gli scomparsi, perché è un processo emblematico che deve affermare per la prima volta il principio che i reati contro l’umanità non possono rimanere impuniti. I generali argentini hanno tentato solo in parte di giustificare che questo eccidio sia accaduto perché questi fossero dei terroristi e che fosse in atto una guerra civile interna, in realtà in Argentina durante la dittatura guerra civile non ce ne mai stata, l’unico movimento armato era rappresentato da una fazione del movimento politico dei Montoneros e l’ERP, esercito rivoluzionario del popolo, ed è certificato che gli appartenenti a queste due formazioni nel loro insieme non hanno mai potuto contare ad un numero superiore ai 1400 aderenti in tutta l’Argentina, scomparsi sono quelli individuati più di 30.000.

L’aspetto principale di questo processo riguarda due giovani sardi, Martino Mastinu e Mario Bonarino Marras che vennero giustiziati sommariamente, i familiari coraggiosamente non solo sostengono il processo ma sostengono l’idea che si debba fare giustizia ed accertare la verità.

(Intervista rilasciata il 3 luglio 2000)

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