La storia della subacquea
Il XVIII ed il XIX secolo

 

Nel XVIII secolo continua la spinta alla ricerca ed allo sviluppo delle tecniche che permetteranno l'esplorazione ed il lavoro sottomarino.
John Lethbridge nel 1715 riesce a concretizzare nel suo scafandro una novità significativa, l'idea della torretta batiscopica, un congegno per la prospezione del fondale, che sarà sviluppata poi in tempi successivi.
Un cilindro in legno calafatato, rinforzato da doghe di ferro, con alla sommità il portello di accesso imbullonato dall'esterno, con un oblò posto all'altezza degli occhi e con due fori guarniti di cuoio, per assicurarne l'impermeabilità, attraverso cui passano le braccia che possono così, seppur minimamente, interagire con l'ambiente circostante.
Certo non possedeva nessuna mobilità autonoma ma la grande quantità d'aria che poteva contenere, circa 150 litri che consentivano al palombaro un'autonomia di alcune decine di minuti, la possibilità di scambiare messaggi con la superficie per mezzo di una sagola tenuta con le mani e la possibilità, con queste libere, di poter operare all'esterno ne fanno uno strumento interessante
La campana di Halley per la ricognizione del fondale.
Sempre nel 1715 un' inventore inglese di nome Beker diede una dimostrazione pubblica di una sua attrezzatura subacquea, una sorta di muta di cuoio con un enorme casco metallico con un oblò frontale, il subacqueo era rifornito d'aria dalla superficie attraverso due condotti e per mezzo di due grandi mantici.
In questo periodo anche le campane si evolvono e nel 1728 con quella di Martin Triewald, simile a quelle individuali seicentesche, si introduce l'uso di un nuovo materiale per queste attrezzature,
il rame, zincato all'interno.
Per l'esterno e si mettono a punto i primi
"portavoce" cioè quei tubi muniti di un
imbuto che servono a comunicare con la
superficie al posto della sagola di comando
usata fino ad allora.
Nel 1735 M. Clare nel suo "Motion of
fluids" descrive uno scafandro in rame
alimentato, anch'esso, dalla superficie per
Lo scafandro di Lethbridge mezzo di mantici.
Un nuovo passo avanti si attua nel 1772
Macchina di Frèminet
con l'attrezzatura del francese Fréminet, la sua "machine hydrostrategique" era costituita da due elementi, uno era il subacqueo con tuta di cuoio ad articolazioni metalliche e scafandro di rame, l'altro era il serbatoio della riserva d'aria,
metallico, dotato di pesi per consentirli un assetto
negativo e con all'interno un soffietto a molla che
inviava aria fresca al subacqueo su suo comando.
Il sommozzatore ed il serbatoio erano uniti da due
tubi di caucciù per il passaggio dell'aria inspirata
ed espirata, il sistema era a "circuito chiuso" e,
sebbene inizialmente il riciclo dell'aria fosse basato
sulla fantasiosa ipotesi del Borrelli, dopo molte
modifiche e l'utilizzo di aria compressa all'interno
del serbatoio questo sistema permise, durante una
dimostrazione a Le Havre, ad un sommozzatore
un permanenza in immersione, a 15 metri, di un'ora.
In questo periodo anche le campane raggiungono
i limiti del loro sviluppo, per la tecnologia di cui si
Sistema di K. H. Klingert disponeva, con il progetto dello scozzese Charles
Spalding, 1775, una campana zavorrata in assetto
Il Triton di Drieberg
neutro che con un sistema di carrucole e contrappesi poteva essere posizionata alla quota scelta per l'operatività desiderata.
Ma è sul finire del secolo che vede la luce uno dei progetti più interessanti, quello di Karl Heinrich Klingert, di Breslau, nel 1797.
Il sistema era, come quello di Frèminet, costituito da due parti separate: da una parte una campana metallica con circa 10 metri cubi di volume che funzionava come riserva d'aria in profondità, zavorrata nella parte inferiore, e con un sistema a pistone e cremagliera azionato dal subacqueo , simile a quello ideato dal Borrelli, che col suo movimento assolveva sia al controllo dell'assetto della campana stessa, diminuendone il volume interno, sia, per la stessa prerogativa, alla compressione dell' aria al suo interno che quindi giungeva al sommozzatore a pressione ambiente.
L'altra parte dell'attrezzatura era costituita dal subacqueo, collegato alla campana da tubi di caucciù che gli assicuravano l'afflusso di aria e libertà di movimento, con indosso una muta di cuoio che gli lasciava libere le braccia e le gambe e con un casco di rame dotato di cristalli per la visione, quasi un moderno palombaro.
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