La storia della subacquea
       Il Rinascimento
        
    
 
Col medioevo il mare sembra non interessare più a nessuno e solo verso la fine dei secoli bui, nel 1400, prendono vita strani congegni pensati per portarsi sott'acqua la scorta d'aria.
Nascono apparecchi costituiti da vesciche, otri e contenitori di cuoio che si stenta a credere siano mai stati usati veramente ma, questi, sono il preludio di quanto porterà il Rinascimento, periodo al quale si può far risalire l'alba della vera storia dell' immersione.
E questa la inizia il genio di Leonardo da Vinci perfezionando molti vecchi progetti e creandone altri straordinariamente nuovi, così mette a punto una attrezzatura da immersione incredibilmente moderna ( codice Arundel ) con un sistema di respirazione dotato di galleggiante, un cappuccio di cuoio con una maschera dotata di cristalli per la visione ed una zavorra sotto forma di sacchetti di sabbia.
Riesce anche a percepire che per l'uomo in immersione il movimento dovrà essere molto diverso da quello in posizione eretta sulla terra e ne deduce l'utilizzo di uno strumento quale le pinne ( manosc. B, foglio 81. ) seppur applicate alle braccia.
Sempre nel XVI secolo altri studiosi si applicano al problema dell'esplorazione subacquea, il matematico Tartaglia con un suo studio pubblicato nel 1551, la "Travagliata inventione", in cui illustra le sue ipotesi di utilizzo di una sorta di campana e, con un approccio più tecnico, Buonaiuto Lorini che nel 1597 nel libro "Delle fortificazioni" descrive una sua attrezzatura per l'immersione con la particolarità di un casco di cuoio dotato di cristallo frontale e collegato ad un tubo di aerazione agganciato al cavo di immersione.
Ma nella letteratura di questo secolo sembra prevalere comunque l'uso della "campana" tanto che due grandi dimostrazioni pubbliche vengono fatte proprio con questo strumento, a Toledo nel 1538, lungo il Tago, davanti a Carlo V di Spagna e nel 1552 a Venezia alla presenza del Doge.
Anche il XVII secolo fu fecondo di idee e di innovazioni, nel 1616 Franz kessler progettò una campana individuale zavorrata con la quale si poteva muoversi sul fondo, la sua tipologia sarà poi descritta nel 1664 da Gaspar Scott nel suo "Tecnica sive Mirabilia Artis".
Nel 1663 l'italiano Francesco Negri descrive nel suo " Viaggio Settentrionale "
Scafandro di L . da Vinci le campane usate dagli svedesi per il recupero dei cannoni del Vasa, un vascello affondato nel porto di Stoccolma alla partenza del suo viaggio inaugurale.
Poco dopo, nel 1669, il professore George Sinclair pubblica il suo " Ars nova et magna gravitatis te levitatis " nel quale descrive una campana che operava su un relitto nella baia di Tobermory, nell'isola di Mull. Descrizione ripresa poi anche da Sturmius nel suo " Collegium Experimentale " del 1676, dalla forma a parallelepipedo, dotata di quattro oblò laterali e nella quale l'uomo, al suo interno, scendeva con i piedi poggiati su di una zavorra collegata ai lati della campana.
Nel 1677 una campana pluriposto viene usata per il recupero dei materiali contenuti in due galeoni affondati nel porto di Cadice, la cronaca, che la descrive come alta circa quattro metri e zavorrata con palle di cannone, ne racconta l'uso come base subacquea da cui partono ed a cui rientrano i sommozzatori nel loro lavoro in immersione.
Nel 1680 Sir Wiliam Phipps, sempre con una campana, riuscirà a recuperare un tesoro di migliaia di sterline.
Sul finire del secolo spicca però anche il lavoro del fisico Giovanni Alfonso Borrelli che nel suo trattato "De Motu Animalium", 1680, ipotizza un subacqueo rivestito di una muta di cuoio, con la testa in un sacco morbido dotato di un oblò per la visione e che contiene l'aria necessaria per la sua respirazione.
Molto interessanti, all'opposto del fantasioso sistema di riciclo dell'aria espirata, sono i sistemi di assetto e di locomozione di questo
Scafandro di Borrelli subacqueo, il primo costituito da un cilindro con un pistone, azionato da una cremagliera, che ne Campana di Schott
varia il volume , il secondo da una sorta di pinne applicate, finalmente, ai piedi e dotate di "unghie" per permettere la presa sul fondo.
Ma con la fine del XVII secolo gli sforzi per utilizzare al massimo le campane d'immersione raggiungono l'apice, in questo, fra gli altri, si distinguono l'americano Phillips, il fisico francese Denis Papin e l'astronomo Edmund Halley.
Questi, seppur con approcci diversi, ipotizzarono e svilupparono sia l'idea del rifornimento di aria delle delle campane dalla superficie sia i sistemi di pompaggio e le pompe ad aria necessarie per questo.
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