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ESPERIENZE DAI SERVIZI. |
Recensioni
bibliografiche 2003
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Pietro Nigro è Dirigente Medico
Psichiatra presso il Dip. di Salute Mentale dell'ASL BR/1 (Brindisi),
Specialista in Psichiatria ed in Criminologia Clinica e Psichiatria
Forense.
E' autore, insieme a Marcello Nardini, Francesco Scapati, Antonello Bellomo e Domenico Suma, del libro "Aspetti dell'agire psichiatrico. Contesti, norme, responsabilità, etica" (Giuffré, Milano, 2002). |
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Recensioni dalla stampa 2003 | "Osservazioni
sul Disegno di Legge n. 2584 contenente Disposizioni in materia di
assistenza psichiatrica"
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Il
testo del Disegno di Legge n.2584:
SENATO DELLA REPUBBLICA ———– XIV LEGISLATURA ———– N. 2584
d’iniziativa dei senatori DANIELI Paolo, TREDESE, COZZOLINO, DEMASI, MULAS, ULIVI, TATÒ, DANZI, BIANCONI e CHINCARINI
———– Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica ———– Onorevoli Senatori. – Sono trascorsi ormai venticinque anni dalla
promulgazione della legge sull’assistenza psichiatrica, la famosa legge
13 maggio 1978, n. 180, recepita poi nella legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Le esperienze di questo quarto di secolo, sommate ai progressi della
psichiatria sia nel campo terapeutico che assistenziale e riabilitativo,
chiedono perentoriamente una revisione della normativa che disciplina
l’erogazione di questo tipo di assistenza. In particolare risultano
urgenti ed importanti: 2. un approccio più vicino al modello medico,
con il recupero dei concetti di prevenzione, cura e riabilitazione in base
alle nuove risorse della moderna assistenza e con i suggerimenti
provenienti dal progresso della medicina; Occorre inoltre colmare alcune lacune e
prendere in considerazione alcuni aspetti che, non previsti o non ben
tutelati dalla citata legge n. 180 del 1978, hanno caratterizzato questi
ultimi anni di attività di chi lavora, ai vari livelli, in ambito
psichiatrico, con frequente insorgenza di difficoltà operative e di
problemi gestionali. Occorre, in altre parole: 2): la presa d’atto della necessità per lo
psichiatra di farsi carico di nuovi o dismessi campi di attività che,
comunque, continuano ad appesantire la quotidianità dell’assistenza (in
primis la psichiatria delle disabilità e l’etnopsichiatria ma,
anche, la psichiatria implicata con la doppia diagnosi e le dipendenze
patologiche correlate); – il consenso informato esprime il superamento della concezione paternalistica che in passato tradizionalmente (in base al principio di «beneficialità») ha caratterizzato il rapporto medico-paziente: al medico era totalmente delegata la potestà di cura e di scelta terapeutica; – il principio di
autodeterminazione riconosce il primato della persona sugli interessi
della scienza e della società, nonchè il rispetto della dignità e dei
diritti fondamentali di uguaglianza, autonomia e libertà dell’individuo
quali espressioni di valori e principi universali ed inalienabili [si
vedano il Codice di Norimberga, 1946; la Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni
Unite il 10 dicembre 1948; la Convenzione per la protezione dei diritti
dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo
all’applicazione della biologia e della medicina (adottata a Strasburgo
il 19 novembre 1996; firmata dal Governo italiano ad Oviedo il 4 aprile
1997) che promuove la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali di
ogni essere umano e, in particolare, della sua integrità psicofisica,
nonchè sancisce il principio dell’autonomia del soggetto interessato,
quale espressione del diritto alla libertà e alla dignità della persona
(articoli 1 e 5) e, in particolare, l’articolo 2 della Costituzione che
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo]; 6): la conseguente ipotesi di un algoritmo
operativo così strutturato: b) nel caso
della volontarietà, il paziente può essere dimesso senza problemi; 1) essere dimesso per cessazione del TSO; 2)
rimanere ricoverato come volontario, nonostante la cessazione del TSO; 7): l’ampliamento della presenza psichiatrica nell’ambito dei Dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA) finalizzato sia ad affrontare nel modo più rapido e adeguato le emergenze psichiatriche sia alla possibilità di prendere in carico tempestivamente il paziente, evitando ricoveri magari impropri che causano sovraccariche operativi per i servizi di psichiatria; 8): l’offerta all’utenza di centri di
ascolto ed orientamento specialistici che, in ambiti non psichiatrizzati,
possano configurarsi come filtro delle varie esigenze sia dei possibili
fruitori, direttamente interessati, sia dei loro familiari e degli
eventuali care-giver, nel tentativo di evitare sviluppi di
situazioni che possono raggiungere, altrimenti, anche momenti di
drammaticità. L’attività di questi centri dovrebbe configurarsi non
solo come consultazione per eventuali prese in carico ma anche come punto
di riferimento per l’assistenza, l’informazione e la formazione di
quanti si trovino a dover affrontare le problematiche del paziente
psichiatrico;
DISEGNO DI LEGGEArt. 1. (Princìpi generali) 1. Il Servizio sanitario nazionale (SSN), tramite le regioni a statuto ordinario e le province autonome di Trento e di Bolzano, garantisce la promozione e la tutela della salute mentale del cittadino, della famiglia e della collettività attraverso i Dipartimenti di salute mentale (DSM) istituiti presso le Aziende sanitarie regionali. 2. Ogni DSM assicura direttamente o
indirettamente le attività di prevenzione, cura e riabilitazione delle
persone affette da disturbi psichici di qualsiasi gravità, attraverso
l’integrazione di attività finalizzate alla continuità degli
interventi psichiatrici per l’intero ciclo di vita dell’individuo,
qualunque sia la sua condizione socio-culturale ed etnica.
(Attività di prevenzione) 1. Il SSN garantisce tutte le attività finalizzate alla prevenzione della salute mentale erogate dalle unità operative componenti il DSM in ambito scolastico, lavorativo e in ogni situazione socio-ambientale a rischio psicopatologico. 2. A livello regionale, sono predisposti dall’Assessore alla sanità i protocolli delle attività di prevenzione e di assistenza, da attivare in collaborazione con i tecnici ed i rappresentanti delle associazioni di familiari, di volontariato e di altre associazioni operanti nel settore, individuate dal medesimo Assessore.
(Attività di cura) 1. Le attività di cura psichiatrica prevedono la centralità operativa del DSM che eroga prestazioni assistenziali e sanitarie in ambito ospedaliero, territoriale, residenziale e semiresidenziale. Nelle competenze del DSM, oltre ai servizi previsti dal progetto obiettivo «Tutela salute mentale 1998-2000», approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 Novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 22 novembre 1999, sono previsti quelli per la «doppia diagnosi» relativamente alle dipendenze patologiche ed alle disabilità. 2. Il DSM coordina le proprie attività
indirizzate al trattamento della psicopatologia di persone caratterizzate
da fragilità sociale di interesse sanitario e di quelle appartenenti ad
altri contesti etnici con le attività svolte dagli altri servizi sociali
e sanitari presenti sul territorio. a) in condizione di degenza ospedaliera, nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura; b) presso altri
centri accreditati rispetto a quelli di cui alla lettera a); 8. Il TSO si effettua: b) quando non vi
siano diverse possibilità di trattamento, anche in relazione al contesto
di vita del paziente ed al suo livello di autonomia; 9. Il TSO deve essere preceduto dalla convalida della proposta, di cui al terzo comma dell’articolo 33 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, da parte di uno psichiatra del DSM. In attesa del provvedimento con il quale il sindaco dispone il TSO, il paziente, quando se ne ravvedano le condizioni di urgenza, può essere accompagnato al DEA, dove è previsto lo spazio per gli interventi urgenti e le osservazioni psichiatriche. La proposta del TSO deve contenere le motivazioni che inducono all’intervento e la sede di attivazione delle stesse. 10. Il procedimento relativo all’ASO ed al
TSO, nonchè la tutela giurisdizionale di tali procedimenti, sono regolati
dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Art. 4. (Attività di riabilitazione) 1. Il DSM assicura le attività riabilitative psico-sociali con gestione, sia diretta che indiretta, nelle seguenti strutture: a) strutture ambulatoriali, anche con interventi domiciliari; b) strutture
residenziali, quali presìdi di riabilitazione intensiva o estensiva, a
ciclo diurno o continuativo e residenze sanitarie assistite (RSA); 2. Il DSM attua il reinserimento del paziente nel contesto familiare od abituale oppure l’inserimento in strutture residenziali e semiresidenziali socio-sanitarie con progetti personalizzati, verificati periodicamente dallo psichiatra cui compete territorialmente la presa in carico del paziente. Le attività di riabilitazione garantiscono la qualità delle attività svolte, in organico collegamento ed in continuità terapeutica con i servizi che costituiscono il DSM e con gli eventuali centri terapeutico-riabilitativi accreditati cui è stato affidato il paziente. Art. 5. (Rapporti tra DSM e le università) 1. Nell’ambito degli accordi tra le regioni e le università, è programmata l’integrazione dell’attività di assistenza, formazione e ricerca con i DSM. Sia ai DSM sia alle università è richiesta, nell’ambito delle proprie attività, la creazione di spazi e collaborazioni specifiche per le nuove professionalità riferibili alla psichiatria. Art. 6. (Rapporti tra DSM 1. In applicazione del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, e successive modificazioni, le aziende sanitarie locali (ASL) su cui insistono le case circondariali attivano adeguate risorse dell’équipe del DSM competente per l’assistenza ambulatoriale, semiresidenziale e residenziale dei detenuti che necessitano di assistenza psichiatrica o psicologica. Sono stipulati specifici protocolli d’intesa tra le ASL e autorità giudiziaria per reperire spazi adeguati all’interno della casa circondariale da destinare al trattamento ambulatoriale, semiresidenziale e residenziale dei malati di mente autori di reato che, per la persistenza della pericolosità sociale, non possono essere trattati all’esterno del luogo di detenzione, ovvero che permangono in stato di detenzione perchè imputabili. 2. Le regioni individuano, in collaborazione con i tribunali ordinari e di sorveglianza, specifici percorsi di trattamento alternativi all’invio in ospedale psichiatrico giudiziario (OPG), da realizzare con la collaborazione della rete dei servizi esterni al carcere e finalizzati alla tutela dei diritti alla cura dei malati di mente autori di reato, sia nella fase di cognizione che di esecuzione della pena. In qualunque fase del percorso al di fuori dell’OPG, i compiti e gli oneri delle cure sono a carico del Ministero della salute, mentre i compiti e gli oneri della custodia del soggetto malato di mente, autore di reato e socialmente pericoloso, sono di competenza del Ministero della giustizia. Gli OPG esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge mantengono l’attuale organizzazione per tutta la fase iniziale di costruzione della rete dell’assistenza da parte del servizio sanitario regionale nelle case circondariali.
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Rivista Frenis Zero |
Le osservazioni di Pietro Nigro:
Due elementi sembrano caratterizzare il Disegno di legge n. 2584, dal titolo: “Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica”. Il primo, contenuto nell’introduzione, è costituito dal “contratto terapeutico vincolante” o “contratto di Ulisse” e rappresenta la visione etica del Disegno di legge, nonché il principio ispiratore delle prassi che potrebbe innescare. Il secondo elemento è rappresentato dal “Trattamento sanitario prolungato” (TSOP) e rappresenta l’ulteriore versione dei trattamenti senza consenso, da realizzarsi, per periodi di tempo abbastanza prolungati, al fine di :” vincolare il paziente al rispetto di alcuni principi terapeutici quali l’accettazione delle cure e la permanenza presso comunità accreditate, per prevenire le ricadute derivanti dalla mancata adesione ai programmi terapeutico-riabilitativi”. Il
contratto di Ulisse Nell’approcciarsi alla questione del consenso alle cure in ambito psichiatrico, gli estensori del DL 2584, inizialmente, enfatizzano la centralità del principio di autodeterminazione (citano, a riguardo, i riferimenti alla promozione del consenso informato, dal Codice di Norimberga sino alla Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo, adottata a Strasburgo nel novembre 1996 e ad Oviedo nell’aprile 1997), successivamente, sottolineano la necessità di “ dover conciliare le esigenze dell’individuo con quelle dell’attività clinica” ed introducono infine il concetto del “contratto di Ulisse”. Al punto 5 della introduzione del DL. si afferma: “ Si tratta del contratto terapeutico vincolante per il proseguimento delle cure che ben si configura con la denominazione di contratto di Ulisse: esso vincola il paziente, originariamente d’accordo, a farsi seguire anche a prescindere da una volontà contraria, manifestata in una successiva fase della malattia”. E’ utile sottolineare che recentemente, nell’ambito del dibattito relativo al consenso informato in psichiatria si è discusso intorno al problema delle “ Direttive anticipate e decorso temporale”. A tal proposito, nella Consensus Conference della SOPSI del 1998 ( “Consenso al trattamento in psichiatria”) si afferma: ” Nella malattia di Alzheimer, questo problema, appare emblematico. Il National Institute of Health ha istituito una procedura nota come Durable power of attorney, in base alla quale il paziente delega, ad una persona di fiducia, la possibilità di prendere decisioni in merito al trattamento, nel momento in cui, per il progredire della patologia, il proprio consenso non risultasse valido”. Con il termine di “direttive anticipate” si intendono delle direttive scritte che un soggetto lascia sui trattamenti medici cui essere sottoposto, nel caso che egli sia nel futuro impossibilitato a farlo (Mordini, 1997). Il tema delle direttive anticipate è molto controverso, non sono attualmente dotate di alcun valore legale e la maggiore obiezione filosofica che si muove ad esse è che nessuno può disporre legalmente di un se stesso futuro che è, per definizione, diverso dal se stesso presente (Mordini, 1997). Non va dimenticato che il dibattito intorno alle direttive anticipate, si è sviluppato a partire da malattie che presumono la perdita irreversibile della coscienza da parte del malato, tale che egli non sia più in grado di prendere o comunicare alcuna decisione che lo riguardi (demenze agli stadi finali, coma apallico). D’altro canto, da un punto di vista etico e legale sono state proposte le seguenti limitazioni al contratto di Ulisse (Howell et al:, 1982): - dovrebbe essere limitato ad alcune malattie psichiatriche e solo dopo che il paziente sia già passato attraverso almeno due episodi di completa remissione; - il contratto è possibile solo all’interno di una relazione psichiatra-paziente già stabilita e di reciproca fiducia; - il periodo di validità legale del contratto deve essere definito e limitato (un anno, ad es.); -
ugualmente deve essere limitato il periodo durante il quale il
paziente può essere trattato contro la sua volontà (non più di tre
settimane); nel caso l’opposizione permanga dopo questo periodo il
contratto decade. Tentativo dunque superficiale e riduttivo quello di introdurre nella prassi psichiatrica il “Contratto di Ulisse”. Forse anche ipocrita e manipolativo poiché cerca, nell’accattivante enfatizzazione del principio di autodeterminazione di far rientrare la più retriva concezione paternalistica. Per chiarire meglio la mia posizione: il principio di beneficialità può conservare la sua dignità, a patto che sia esplicitato chiaramente e che vi sia un ampio dibattito, tra i diversi soggetti (operatori, associazioni di utenti e familiari, società civile), rispetto ai valori, relativi alla promozione e salvaguardia della salute mentale, da condividere. Un’ultima notazione riguarda la concezione della “clinica “ psichiatrica che può ispirare la visione delineata dal “ contratto terapeutico vincolante”: il dominio della difettualità, del deficit. Appare assente la concezione che, anche nelle forme più complesse di psicosi, possano sussistere nei soggetti aree idonee all’instaurarsi di alleanze terapeutiche, ed aggiungo, vi è la mancanza assoluta di accettare che con i pazienti possano instaurarsi dinamiche di conflittualità e rifiuti che non necessariamente debbano essere risolte con approcci “unidimensionali”. Il paziente grave in questa visione appare “difettuale” ed alienato (in senso più marxiano che psicopatologico), ossia non integrato ma scisso, estraneo a se stesso nella diacronicità esistenziale. Il
trattamento sanitario prolungato (TSOP) All’art. 3 capoverso 11 del DL. N. 2584 si afferma: ” E’
istituito il TSOP senza consenso, finalizzato al ricovero di pazienti che
necessitano di cure obbligatorie per tempi protratti in strutture diverse
da quelle previste per i pazienti che versano in fase di acuzie, nonché
ad avviare gli stessi pazienti ad un percorso terapeutico-riabilitativo di
tipo prolungato. Il TSOP ha una durata di sei mesi e può essere
interrotto o ripetuto. (…). Il TSOP è finalizzato alla possibilità
di vincolare il paziente al rispetto di alcuni principi terapeutici quali
l’accettazione delle cure e la permanenza nelle comunità accreditate,
per prevenire le ricadute derivanti dalla mancata adesione ai programmi
terapeutico-riabilitativi”. Siamo sicuri che la recovery migliori controllando solo le ricadute? E che la prevenzione delle ricadute debba avvenire mediante la permanenza in comunità accreditate? Quello che colpisce nel leggere delle continue proposte di Trattamenti prolungati obbligatori è il progressivo processo di riduzionismo, epistemologico-clinico, che si produce, al fine di elaborare procedure di comando semplificate sulle “ crisi in psichiatria”. Quando si afferma “ prevenire le ricadute derivanti dalla mancata adesione ai programmi terapeutico-riabilitativi”, mi chiedo a quali pratiche riabilitative ci si riferisca. Il problema della aderenza alle cure, dei drop-out, delle finalità dei processi riabilitativi è molto più complesso rispetto a quanto emerge dalle notazioni del DL 2584 e rimanda alla storia della psichiatria di comunità, non solo in Italia. Nel concludere vorrei proporre, alla riflessione del nostro dibattito, le osservazioni di Stefan Priebe, pubblicate nel volume “ Leggi e salute mentale”: “Mentre ancora ci sforziamo di comprendere a fondo la deistituzionalizzazione, potremmo già essere entrati in una nuova epoca: quella della reistituzionalizzazione (…) Nella maggior parte dei paesi europei è in aumento il numero dei letti dedicati alla psichiatria forense. In un certo senso, ciò sembra una ripetizione di ciò che accadde alla fine del 19° secolo quando aumentava sempre più il numero delle ospedalizzazioni a lungo termine. A quell’epoca, nella maggior parte dei paesi europei, il ricovero psichiatrico era, più o meno per definizione, involontario, proprio come sono ora i trattamenti nelle strutture giudiziarie. (…) Un secondo segno è costituito dal fatto che è in aumento sotto varie forme il numero dei posti residenziali per malati mentali e le residenze sembra stiano prendendo il posto lasciato libero dai manicomi (…) Sebbene i costi dei programmi residenziali siano enormi rispetto a ciò che viene speso per altri aspetti dell’assistenza territoriale, i loro effetti sono stati poco oggetto di ricerca”. Bibliografia Priebe S. (2002). Esiste una psichiatria Europea e può esistere una legislazione psichiatrica europea? In Fioritti A. (a cura di) Leggi e salute mentale Centro Scientifico Editore, Torino. Mordini E. ( 1997). Psichiatria, Deontologia ed Etica Medica. In: Lo psichiatra Italiano, I edizione. Angelici, Milano. Consensus Conference della Società Italiana di Psicopatologia (1998). Il consenso al trattamento in psichiatria. Giornale Italiano di Psicopatologia vol. 4 supplemento al Numero 2-agosto 1998. Howell T. et al. (1982). Is there a case for voluntarycommitment? In Beauchamp T.L. (ed),
Contemporary issues in bioethics, 2° ed., Wadsworth Publ., Belmont.
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