Ben
diversa è la forza espressiva di Honoré Daumier (Marsiglia,
1808 – Parigi ,1879) che ha fatto della sua arte, per tutta la vita,
uno strumento di accesa lotta politica. La sua attività principale è
quella di caricaturista per molti giornali satirici. Ma le sue vignette
non sono semplici commenti figurati della vita pubblica, ma violenti
attacchi al potere, quel potere sostenuto dal capitalismo borghese che,
dopo ogni rivoluzione, dopo ogni capovolgimento di regime è tornato a
dominare nel giro di pochi mesi, reprimendo la libertà e infierendo
sulle classi più disagiate. Daumier ha assistito ai tre eventi
fondamentali di questa alternanza di speranze e di delusioni: i moti del
’30, con l’ascesa al potere di Luigi Filippo; la rivolta del’48,
con l’avvento della Seconda Repubblica e, poco dopo, di Napoleone III;
la caduta del Secondo Impero nella disastrosa guerra del 70, con la
sconfitta di Sedan, la breve utopica avventura della “Comune”
parigina, la vittoria della Terza Repubblica. Due esempi basteranno per
evidenziare non solo i temi affrontati, ma anche la coerenza e la forza
con cui essi sono trattati: A Napoli e Scompartimento di terza
classe. La prima è una litografia che reca impresso in primo piano,
affacciato al balcone del suo palazzo, il re Ferdinando II, enormemente
grasso al punto che la pancia trasborda dal parapetto, ossia pasciuto a
spese del popolo, il quale osserva soddisfatto un soldato che prende a
baionettate una donna in una strada napoletana (il Vesuvio fumante sullo
sfondo ci rende certi del luogo), mentre dalle forche pendono due
impiccati e altri morti giacciono abbandonati. E’ l’ordine pubblico
imposto dai governi europei di destra (l’allusione a Napoleone III è
palese), è l’ordine sociale, tanto invocato dalla borghesia,
l’ordine ottenuto attraverso le stragi, la pace che regna dopo la
morte. La seconda opera è un olio che raffigura lo scompartimento di
terza classe, la classe dei poveri, affollati promiscuamente nello
spazio buio e ristretto, come bestie, simboleggiati dalla contadina in
primo piano, invecchiata anzitempo per la durezza del lavoro dei campi e
dalla ragazza che reca tra le braccia il figlio in fasce, destinata alla
stessa fine dell’anziana donna.
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