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USA: NEL MIRINO LA SIRIA?  -  USA dopo l'Iraq a chi tocca?

USA dopo l'Iraq a chi tocca?

BUSH AVVERTE LA SIRIA: COOPERA O TOCCA A TE

Washington 14 aprile 2003 - Il presidente americano ha rivolto un nuovo avvertimento a Damasco, dopo quelli degli ultimi giorni rivolti dal segretario di stato Powell e dal segretario alla difesa Donald Rumsfeld. ''L'ho gia' detto e lo ripeto - ha detto Bush - La Siria non deve offrire protezione ad elementi del regime di Saddam Hussein''. Gli Stati Uniti, ha aggiunto il presidente, hanno motivo di ritenere che vi siano in Siria armi chimiche e che si aspettano cooperazione anche su questo.

(Aggiornato il 14 Aprile 2003 ore 01:30)

 

De Villepin: basta guerra di parole tra Usa e Siria. Observer rivela: prossimo obiettivo Damasco

Washington 13 aprile 2003 - Dopo l'Iraq, toccherà alla Siria. Un ritornello ripetuto da giorni e contro il quale c'è oggi una decisa presa di posizione della Francia. In una visita-lampo a Damasco, il ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin ha chiesto che abbia fine quella che ha definito la 'guerra di parole' ingaggiata da Usa e Siria a proposito della guerra sul campo in Iraq, alla quale le autorità siriane si sono sempre opposte strenuamente.

Cautela diplomatica - Mentre però il pari grado Farouq al-Shara ribatteva colpo su colpo alle accuse di connivenza con il vecchio regime di Saddam Hussein pronunciate dagli Stati Uniti, de Villepin ha evitato di entrare nel merito e di esprimere un qualunque appoggio esplicito ai suoi ospiti, onde evitare che si inasprisca ulteriormente l'acceso confronto con Washington, apertosi alla vigilia del conflitto. "Questo è il momento di dare mostra di responsabilità, non di polemizzare", ha tagliato corto il capo della diplomazia francese. Senza grandi risultati, poiché al-Shara ha insistito nel replicare agli americani.

Observer: prossima tappa Damasco - La prossima fase della "guerra al terrore" statunitense potrebbe riguardare le milizie sciite filosiriane di Hezbollah, il che potrebbe implicare un intervento militare contro il regime di Damasco, guidato da Bashir Assad. Come spiega il quotidiano britannico The Observer, l'iniziativa farebbe parte del pacchetto di misure adottate dagli Stati Uniti per persuadere Israele ad appoggiare la nuova "tabella di marcia" per la pace.

Obiettivo: indebolire Hezbollah - La tattica americana di indebolire Hezbollah, considerate un gruppo terroristico dal Dipartimento di Stato, colpendo la Siria è emersa nel corso di alcuni recenti colloqui fra esponenti dell'Amministrazione Bush e diplomatici israeliani, tenuti a Washington. Damasco, insieme all'Iran, finanzia ed arma le milizie, di stanza nel Libano meridionale. Inoltre, secondo fonti dei servizi segreti statunitensi Damasco avrebbe non  solo dato rifugio ad alti dirigenti del regime iracheno, ma custodirebbe anche delle armi di distruzione di massa spostate da Baghdad all'inizio delle ispezioni delle Nazioni Unite.

(Aggiornato il 13 Aprile 2003 ore 07:30)

 

Usa, ecco chi guida il 'Bush pensiero'

Washington 4 aprile 2003 - L'ala dura del Pentagono ha disegnato la strategia 'Homeland defense'. La seconda fase della guerra in Iraq, quella che ha cambiato il volto del conflitto, guidata dai vertici militari che fanno capo ai falchi Wolfowitz e Perle i 're' dell'"Armageddon Network", il volto duro della Casa Bianca.

William Galston, docente all’Università del Maryland, strettissimo collaboratore del presidente Clinton dal 1993 al 1995,strenuo sostenitore della guerra del Golfo, ha sempre visto, per sua esplicita ammissione, nella proiezione mondiale del potere americano una “forza benefica”, scrisse un preoccupato commento sul "Washington Post" ancor prima che la nuova strategia di sicurezza venisse resa pubblica, in occasione di un discorso di Bush che già enunciava il concetto di “guerra preventiva”.

Egli sosteneva che “la nuova dottrina Bush significa la fine del sistema di istituzioni, leggi e norme internazionali che gli Stati Uniti si sono impegnati a costruire per più di mezzo secolo.

Ciò che è in gioco è nulla di meno che un fondamentale mutamento della collocazione dell’America nel mondo”. Gli Stati Uniti, rilevava Galston, vogliono divenire essi stessi fonte di diritto e creare nuove regole internazionali, prescindendo da ogni accordo con altre nazioni.

Il concetto di “guerra preventiva” e la progettata invasione dell’Iraq, affermava ancora, non rientrano sicuramente nel diritto di autodifesa (e violano quindi la Carta dell’Onu), né nell’autodifesa “anticipatrice” di una minaccia chiara e imminente – prevista dal diritto internazionale – né infine nella categoria – per quanto discutibile - della “guerra giusta”.

Cosa è cambiato nello spirito americano? L'elemento più evidente, quello che appare agli occhi dell'opinione pubblica, è la massiccia e invadente presenza del pensiero bellico-militare nella politica del congresso statunitense.

Uno spirito che impregna tutti gli atti politici, una fuga in avanti, anzi un'improvvisa accelerazione verso un assetto mondiale che poggerà su nuove prassi e norme.

Fred Iklè esperto militare dell'autorevolissimo Csis (Center for Strategic and International Studies)parlò di "una Pearl Harbor terroristica" per convincere gli americani ad accettare la "Homeland Defense".

Gli esponenti della destra ultraconservatrice, i cosiddetti "falchi", temevano di perdere influenza e potere sulla presidenza Bush. La tragedia che ha investito l'America invece potrebbe rimettere in gioco la strategia di questo gruppo di pressione, relativamente piccolo numericamente, ma assai quotato a Washington.

Secondo Maxim Ghilan, noto giornalista israeliano pacifista, la nuova guerra al terrorismo potrebbe assicurare a questi ambienti un ampio potere decisionale. Capofila di questi "strateghi politici", che contrastano duramente gli sforzi diplomatici del segretario di Stato Colin Powell è Paul Wolfowitz, viceministro della Difesa, trent'anni di esperienza fra il Pentagono e vari centri-studi neoconservatori.

L'ideologo invece è Richard Perle: assistente alla Difesa nel governo Reagan, oggi all'American Enterprise Institute (un centro-studi ultraconservatore), vicino alle posizioni più estreme della destra israeliana, Perle presiede il Defense Policy Board: un organo semi-privato le cui "consulenze" sono però richieste dal ministro della Difesa Donald Rumsfeld, e in cui siedono Kissinger, l'ex capo della Cia Woolsey, l'ex speaker della Camera, l'ultraconservatore, Newt Gingrich e il già citato Fred Ikle.

Il primo "consiglio" di Perle dopo l'attacco terroristico a New York è stato: bombardare l'Iraq. Il 20 settembre Perle ha insistito con una lettera "a titolo privato" al presidente Bush (la sua firma seguiva quella di altre 40 personalità) in cui consigliava: rappresaglie contro Iraq e Hezbollah, misure contro Siria e Iran, sostegno incondizionato a Israele, un sostanziale aumento delle spese militari americane.

A chiederlo è anche Dov Zakheim, "controller" del Pentagono, che paragona la guerra al terrorismo all'invasione comunista della Corea del 1950, quando si produsse il più grande aumento della spesa militare americana.

Sulla stessa linea è Dough Feith, una carriera al Pentagono all'ombra di Richard Perle, oggi sottosegretario alle questioni politiche della Difesa, incarico che negli anni '90 fu coperto da Paul Wolfowitz.

Nel '96 Perle e Feith stilarono un documento per Benjamin Netanyahu, appena eletto premier in Israele, consigliandogli "una netta rottura del processo di pace". Questo gruppo compose l'anno scorso una Commissione Nazionale contro il Terrorismo, che stilò un rapporto allarmistico molto criticato. "L'ennesimo prodotto della lobby israeliana a Washington", lo giudicò Vanessa Hughessen, una politologa del Mit (Massachusetts Institute of Technology).

Vincent Cannistraro, vicedirettore dell'antiterrorismo alla Cia, ne criticò la proposta di usare, contro il terrorismo, "le pratiche spacca-ossa e concentrazionarie adottate dal Mossad": allusione ai legami con gli oltranzisti in Israele, fautori di una guerra totale anti-islamica.

Ora questo gruppo, noto anche come "Armageddon Network", cerca di aumentare la sua influenza sulla Casa Bianca.

(Aggiornato il 04 Aprile 2003 ore 13:30)

 

Nel mirino Iran Siria e Corea del Nord

Washington 4 aprile 2003 - Gli scenari possibili del dopo Iraq sarebbero Iran, Siria, Corea del Nord. L'amministrazione Bush si sbilancia. L'amministrazione Bush è pronta a non fermare la sua caccia al terrorismo internazionale. Dopo Saddam le insidie non sono finite.

Chi sarà il prossimo? Si inseguono in queste ore numerose ipotesi di chi pensa che la campagna araba di Bush sia solo all'inzio.

Liquidata la pratica irachena gli Usa sarebbero propensi a non interrompere il loro programma di lotta al terrorismo.

Questa campagna mondiale si sostanzia, come visto, in una affannosa ricerca di armi proibite su tutto il pianeta.

Ci potrebbero essere tre candidati 'papabili' per la prossima avventura militare a stelle e strisce: la Siria, l'Iran e la Corea del Nord.

Tutti e tre, secondo il servizio di intelligence della Cia, nasconderebbero in modo più o meno celato, depositi di armamenti ad avanzata tecnologia.

L'Iran e la Corea del Nord sono da tempo sotto il mirino degli esperti americani perchè hanno intere linee di produzione del nucleare in piena attività.

L'assistente del segretario di stato, John Bolton nel corso di una riunione della commissione di affari pubblici israelo-americana ha affermato che Teheran rappresenta "una priorità assoluta".

Un'ispezione dell'Iaea (International Atomic Energy Angency)fatta nel febbraio scorso in Iran avrebbe confermato i timori della Casa Bianca fino a spingere lo stesso presidente Bush a seguire di persona gli aggiornamenti degli ispettori che si "sono detti stupiti circa la sofisticata tecnologia acquisita dagli iraniani.

La crociata passa poi dalla Corea del Nord. In questo caso la sfida al regime americano è stata lanciata. Nel mese di gennaio Pyongyang ha espulso gli ispettori della Iaea e ha ripreso gli esperimenti nucleari. Di tanto in tanto sul mare del Giappone transitano missili per test di varia natura.

Il 'male'pare non camminare su un asse quanto su una linea poligonale i cui vertici sono le capitali degli stati a rischio.

Damasco si prepara in vista di un eventuale allargamento del conflitto. Alcuni strateghi pensano che le armi che Blix non ha trovato sul suolo iracheno potrebbero essere state nascoste in Siria con l'avallo del governo.

Giorno dopo giorno tra la paura del terrorismo, il pericolo di 'colpi di testa' da parte dei numerosi dittatori e generali al comando di interi paesi, l'inarrestabile ascesa dell'influenza militare sulla politica estera americana, il piano di Bush assomiglia sempre di più a una sottile sfida a 'risiko' dove l'Onu non può o non vuole entrare.

(Aggiornato il 04 Aprile 2003 ore 11:00)

 

Woolsey (Cia): siamo nella quarta guerra mondiale, nemici sono Iraq, Iran, Siria e terroristi

Los Angeles 3 aprile 2003 - Gli Stati Uniti sono ormai impegnati nella quarta guerra mondiale, un conflitto che potrà durare per anni. Lo ha dichiarato l'ex capo della Cia James Woolsey, citato sul sito della Cnn. Woolsey è oggi indicato dai media come un possibile candidato per una posizione chiave nella ricostruzione dell'Iraq.
I target Iraq, Iran, Siria e al Qaeda - In un discorso davanti a 300 studenti della University of California a Los Angeles, Woolsey ha affermato che la terza guerra mondiale è stata la guerra fredda. La quarta è diretta contro tre nemici: "i governanti religiosi dell'Iran, i 'fascisti' in Iraq e Siria e gli estremisti islamici come al Qaeda'.

La guerra infinita -  "Questa quarta guerra mondiale, penso, durerà considerevolmente di più di quanto durarono per noi la prima e la seconda guerra mondiale. Speriamo non quanto i quattro decenni della guerra fredda"- ha dichiarato.

Gli Usa nel nuovo Medio Oriente - Woolsey ha poi parlato di un futuro nuovo Medio Oriente nel quale gli Stati Uniti saranno a fianco dei movimenti democratici. "Mentre ci muoviamo verso un nuovo Medio Oriente... lungo gli anni e i decenni che verranno... renderemo molta gente nervosa", ha affermato l'ex capo della Cia.

Gli alleati "nervosi" - E fra questa gente resa nervosa ha posto alleati degli Stati Uniti come il presidente egiziano Hosni Mubarak e il governo saudita. "Vi vogliamo nervosi. Vogliamo che realizziate adesso, che per la quarta volta in cento anni, questo paese e i suoi alleati sono in marcia e che siamo dalla parte di quelli che voi -i Mubarak, la famiglia reale saudita- più temete: siamo dalla parte del vostro popolo", ha affermato Woolsey.

(Aggiornato il 03 Aprile 2003 ore 10:00)

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