ASL LE/2 Maglie - PRESIDIO OSPEDALIERO "F.FERRARI" - CASARANO (LE)

DIVISIONE DI CARDIOLOGIA UNITA' CORONARICA

Primario Dott. Giacinto PETTINATI

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INFARTO DEL MIOCARDIO

Fattori di rischio e limiti della prevenzione

Prevenire l'infarto non significa solo evitare di esporsi a fattori nocivi, proibendo fumo, pasti grassi ed eccessivo riposo in poltrona. Sempre più sta emergendo un approccio “positivo” alla prevenzione della malattia ischemica cardiovascolare, basato sull'introduzione di abitudini piacevoli e benefiche per la salute delle nostre arterie (2).  
Uso di cibi tipici del Mediterraneo, moderatamente innaffiati da buon vino rosso, consumati possibilmente a tavola, con un po' di tempo a disposizione e in un ambiente rilassante sono altrettanto utili alla prevenzione. Studi epidemiologici hanno recentemente messo in luce le qualità “anti-infarto” della dieta mediterranea. L'olio di oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi, determina riduzione del colesterolo e aumento delle HDL (3).  
Il pesce, soprattutto quello “azzurro”, con il suo elevato contenuto in acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, è in grado di inibire l'aggregazione delle piastrine con un meccanismo simile a quello dell'aspirina  ed inoltre riduce i livelli di trigliceridi e di fibrinogeno. Il vino rosso, se usato in dosi moderate e durante i pasti, riduce l'incidenza di infarto del miocardio (Fig. 1). Il cosiddetto “Paradosso francese” spiega come l'abitudine diffusa ad un moderato consumo di vino rosso abbia determinato in Francia una bassa incidenza di malattia ischemica cardiovascolare, nonostante l'elevato consumo di burro ed altri grassi animali (4).  
Anche il consumo di frutta e verdura aiuta a proteggerci da queste malattie.  

E' il colesterolo l'unico colpevole? 

Per molto tempo si è pensato che i livelli di colesterolo rappresentassero il marker più importante del rischio di ischemia cardiovascolare e di conseguenza sono stati condotti molti studi per valutare l'effetto della sua riduzione sul rischio. Ne è emerso che gli interventi ipocolesterolemizzanti riducono la mortalità cardiovascolare ma possono accompagnarsi, però, ad un aumento della mortalità per altre cause. 
Da una metanalisi di tutti questi studi, è emerso inoltre che principalmente l'intervento con una particolare famiglia di farmaci ipocolesterolemizzanti riesce a ridurre significativamente la mortalità per malattie ischemiche cardiovascolari, mentre gli interventi dietetici o con altre classi di farmaci non sono altrettanto efficaci (5, Tab. I).  
Potremmo chiederci, allora, se l'effetto osservato sia dovuto solo all'abbassamento dei livelli di colesterolo o ad un'azione diretta dei farmaci in questione. Le statine, infatti, possiedono anche effetti antiaterosclerotici diretti, attraverso l'inibizione della proliferazione delle cellule muscolari lisce, e sono in grado di ridurre i livelli dell'F VII della coagulazione, del fibrinogeno e dell'inibitore dell'attivatore del plasminogeno (PAI-1), tutti fattori che giocano un ruolo importante nel determinare il rischio cardiovascolare. 
Che il colesterolo di per sé non sia sufficiente a determinare il rischio ischemico è stato chiaramente messo in evidenza dallo studio ECAT, uno studio europeo sul valore predittivo di parametri lipidici ed emostatici sul rischio di sviluppare trombosi (6).  
Pazienti con colesterolemia elevata avevano un rischio elevato di sviluppare angina instabile solo se presentavano anche la fibrinogenemia elevata; al contrario, l'iperfibrinogenemia costituiva un fattore di rischio indipendentemente dalla colesterolemia. Ne consegue che ridurre i livelli di colesterolo  senza tener conto della fibrinogenemia potrebbe non essere efficace nel prevenire il rischio di trombosi. 

Gradiente Nord-Sud di mortalità per infarto del miocardio in Europa 

I fattori finora menzionati hanno lo stesso peso in tutte le parti d'Europa, o un approccio razionale alla prevenzione delle malattie ischemiche attraverso la modulazione delle variabili ambientali dovrebbe tener conto della cultura, delle abitudini e dell'assetto biologico di base delle diverse popolazioni europee? 
I dati dello studio MONICA ci informano che esiste un gradiente di mortalità per infarto del miocardio tra il Nord ed il Sud dell'Europa (7, Tab. II).  
In Scozia o in Finlandia si muore di infarto sei volte più che in Italia o in Spagna, con incidenze intermedie per il centro Europa. 
A questo gradiente di incidenza dell'infarto, corrisponde una diversa distribuzione geografica dei livelli di colesterolo nelle popolazioni europee. Ancora una volta le popolazioni dei paesi del Nord Europa, ad elevato rischio di infarto, presentano una colesterolemia più elevata di quelle delle regioni meridionali, a basso rischio. Allora basta per una buona prevenzione ridurre il colesterolo e, in ogni caso, ridurlo ad Edimburgo ha lo stesso significato che ridurlo a Napoli? 
Per molto tempo di è pensato di sì, ma la diversa distribuzione dei fattori di rischio/protezione attraverso l'Europa giustificherebbe, piuttosto, un diverso effetto della correzione delle abitudini alimentari (attraverso l'eliminazione/introduzione di alcuni cibi) nei diversi paesi d'Europa. Appare inoltre sempre più evidente che, nella patogenesi delle malattie ischemiche cardiovascolari, come in molte altre malattie multifattoriali, i fattori ambientali si inseriscono su un “background” genetico, che può di per sé differenziare le popolazioni europee. 
Interazione ambiente/genetica: le “Opere” o la “Grazia”? 

I livelli dei fattori finora citati possono essere determinati geneticamente. Una variazione polimorfica del gene che codifica per il fibrinogeno è responsabile di una larga parte della variabilità dei livelli ematici del fibrinogeno all'interno di una popolazione e del rischio di sviluppare ischemia vascolare (8, Fig. 2). Tale variazione genica potrebbe anche condizionare l'aumento della fibrinogenemia in risposta ad una serie di stimoli come fumo, dieta, infiammazione. 
Due polimorfismi del gene del FVII sono protettivi nei confronti del rischio di sviluppare infarto (9). Questi alleli protettivi, relativamente frequenti nella popolazione italiana (35.6% e 21.4%) sono associati ad un dimezzamento del rischio di infarto (Tab. III).  
Essi sono stati riscontrati con una minore frequenza nelle popolazioni nord-europee, rispetto a quella italiana; questa differenza potrebbe contribuire a spiegare il gradiente discendente di incidenza di infarto del miocardio dal Nord al Sud dell'Europa. 
Anche la colesterolemia dipende, per una certa parte, da un polimorfismo nel gene che codifica per l'apolipoproteina E (10).  
L'allele E4 è associato a livelli alti di colesterolo, mentre l'allele E3 con quelli bassi.  
Tutte queste varianti genetiche sono state anche associate al rischio di malattia e potrebbero spiegare, almeno in parte, il gradiente di mortalità per infarto del miocardio in Europa.  
I finlandesi, ad alto tasso di mortalità per infarto e con alti livelli di colesterolo, hanno anche la più elevata frequenza dell'allele E4 e la più bassa frequenza dell'allele E3. 
Anche l'effetto di interventi dietetici e/o farmacologici nel ridurre la colesterolemia può essere regolato da fattori genetici, come nel caso del probucolo, un farmaco ipolipemizzante o di una dieta a basso contenuto di acidi grassi saturi, che hanno un effetto più importante nell'abbassare il colesterolo nei soggetti portatori dell'allele E4 rispetto ai portatori dell'allele E3. 
Ma allora ci salviamo dall'infarto per vie delle “opere” o per l'effetto della “grazia”?  
Questo dilemma anima, alle soglie del 2000, la discussione sui fattori di rischio.  
Sono gli interventi sull'ambiente o è la predestinazione genetica a incidere sul rischio cardiovascolare? 
Sicuramente, una più appropriata prevenzione dovrà tener conto, in futuro, di come la genetica degli individui moduli l'effetto delle variabili ambientali. 
 

Bibliografia:

Licia Iacoviello,  
Maria Benedetta Donati 

Unità di Genetica dei Fattori di Rischio Vascolari. Laboratorio “A. Valenti” di Farmacologia della Trombosi. Dip. di Medicina e Farmacologia Vascolare. Consorzio Mario Negri Sud. Santa Maria Imbaro (Chieti, Italia) 
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