L'Entanglement quantistico, uno dei grandi misteri della fisica !

Ecco un buon libro (del 2004):
Titolo:  Entanglement. Il più grande mistero della fisica.
Autore: Aczel Amir D. - Editore: Raffaello Cortina - 2004 - Traduttore: M. Pagani
Pagine:  XIX-260  -  Prezzo: € 21,00

Un saggio del matematico Aczel potrebbe svelarci un enigma della fisica: l’« Entanglement ». di Claudio Bartocci  - By: www.lastampa.it - 9-7-2004

Sembra incredibile che una minima azione su una particella abbia immediatamente effetto sulla particella gemella anche se questa è stata spedita a miliardi di anni luce.

Eppure, questa straordinaria proprietà sembrerebbe una caratteristica ineliminabile della teoria della fisica più accreditata e potente di cui oggi disponiamo: la meccanica quantistica. Nota con il termine tecnico di "entanglement quantistico", un intreccio tra particelle, costituisce la sfida maggiore per fisici e filosofi da quando Werner Heisenberg cominciò a scandagliare i misteri dell'infinitamente piccolo.

Fra tutte le teorie scientifiche, grandi o piccole, nate nel secolo scorso, nessuna ha contribuito, crediamo, a modificare tanto radicalmente la nostra vita quotidiana quanto la meccanica quantistica. Quando ascoltiamo la radio, guardiamo la televisione, usiamo il computer, il cellulare o qualsiasi elettrodomestico con componenti elettroniche, sfruttiamo fenomeni fisici - quelli che regolano il funzionamento di transistor, fasci di elettroni, microchip - che non appartengono al dominio della meccanica o dell'elettromagnetismo classici. Ma l'importanza e l'onnipresenza delle sue applicazioni non deve far dimenticare che la fisica quantistica (la cui nascita si fa tradizionalmente risalire a un articolo del grande fisico Max Planck datato 1900) è stata anche la maggiore rivoluzione intellettuale degli ultimi cento anni, che ha definitivamente fatto a pezzi un'idea radicata fin dai tempi di Aristotele: la fiducia nel senso comune, se necessario adeguatamente affinato e scaltrito, come fondamento inconcusso dell'indagine scientifica.

Facciamo un piccolo esempio: una pallina da tennis lanciata contro una parete con due finestre può uscire passando attraverso l'una o l'altra finestra, ma non attraverso le due finestre contemporaneamente - nessuno sano di mente metterebbe in dubbio una verità così lapalissiana, almeno all'apparenza. Tuttavia, un elettrone che incontri una barriera con due fenditure, passa attraverso entrambe contemporaneamente. E non solo. Nella fisica di Newton e di Maxwell un'onda e una particella sono due oggetti con proprietà differenti; nella meccanica quantistica un elettrone può rimbalzare come una particella e interferire con se stesso come un'onda. Il principio del terzo escluso va dunque a carte quarantotto nella teoria dei quanti, e insieme alla logica classica si devono rivedere profondamente anche altre strutture concettuali (in primo luogo quella di causalità) che contribuiscono a forgiare la nostra visione del mondo.

Malgrado la sua importanza nella storia delle idee del Novecento, la fisica quantistica rimane in larga misura ignorata nei programmi scolastici e continua a essere percepita dai più come un qualcosa di esoterico, che nulla avrebbe a che spartire con la cultura con la C maiuscola. Si deve dunque accogliere con favore la pubblicazione per i tipi di Cortina dell'ultima fatica di Amir Aczel (matematico ed esperto divulgatore), un volume dal titolo alquanto criptico, Entanglement (trad. it. Massimiliano Pagani, pp. XIX+260, € 21,00, nel 2004), che costituisce un'ottima introduzione ad uno dei concetti più elusivi e sorprendenti dell'universo quantistico.

Albert Einstein, universalmente noto per la formulazione della teoria della relatività, diede anche un importante contributo alla nascente fisica dei quanti. In un articolo del 1905 (indubbiamente il suo annus mirabilis) fornì una brillante spiegazione dell'effetto fotoelettrico basata sull'ipotesi che la luce fosse composta da particelle discrete (successivamente dette fotoni). Negli anni a seguire, tuttavia, Einstein assunse il ruolo di osservatore critico degli sviluppi della meccanica quantistica e avversò con decisione quella formulazione in chiave probabilistica della teoria, dovuta principalmente a Niels Bohr, nota sotto il nome di « interpretazione di Copenaghen ». Il duello fra Einstein e Bohr, che si protrasse per circa trenta anni, conobbe i suoi momenti di più intensa teatralità durante le Conferenze Solvay del 1927, 1930 e 1933: il primo inventava esperimenti mentali diabolicamente ingegnosi volti a mettere in scacco l'interpretazione di Copenaghen, il secondo parava i colpi cercando di individuare la falla nel ragionamento dell'avversario. Mentre nel 1927 e nel 1930 Bohr riuscì a neutralizzare efficacemente gli attacchi di Einstein, diverso fu il caso per l'argomentazione escogitata da quest'ultimo nel corso della Conferenza Solvay del 1933 ed espressa con maggior precisione in un articolo scritto in collaborazione con i fisici Nathan Rosen e Boris Podolsky pubblicato nel 1935.


In meccanica quantistica, secondo il famoso principio di indeterminazione di Heisenberg, è impossibile misurare con arbitraria precisione, a un dato istante, sia la posizione sia la velocità di una particella. Ma immaginiamo una particella che si disintegri in due particelle, che schizzino via in direzioni opposte a uguale velocità: se misuriamo la posizione di una delle due particelle e la velocità dell'altra, riusciremo, unendo le informazioni raccolte, a conoscere sia la velocità sia la posizione di ogni singola particella (abbiamo semplificato, ma l'idea è più o meno questa). Insomma, due particelle opportunamente predisposte - particelle entangled, come si dice - rimarrebbero soggette a una «correlazione» a distanza che agirebbe in maniera istantanea: più che un fenomeno fisico sembrerebbe quasi una "magia". L'esperimento mentale di Einstein-Podolsky-Rosen lasciava aperte solo due possibilità: o esistono proprietà fisiche nascoste che eludono la descrizione della realtà fornita dalla meccanica quantistica (e allora questa teoria è incompleta) o si verificano effetti non locali che ci obbligano a rivedere radicalmente la nostra concezione dello spazio e del tempo.

Dovevano passare trenta anni perché le intuizioni puramente speculative di Einstein-Podolsky-Rosen fossero espresse in una forma suscettibile di verifica sperimentale. Il fisico irlandese John S. Bell (1928-1990) in un articolo magistrale del 1964 dimostrò in maniera matematicamente rigorosa, sulla base di certe disuguaglianze, che la meccanica quantistica è incompatibile con l'ipotesi dell'esistenza di «variabili nascoste». Nel 1972 John F. Clauser e Stuart Freedman dell'Università della California a Berkeley, effettuarono un primo esperimento ispirato alle idee innovatrici di Bell, seguiti l'anno successivo da Ed S. Frey e Randal C. Thomson della Texas A&M University. Ma fu nei primi anni '80 che il fisico francese Alain Aspect realizzò una serie di esperimenti decisivi nel suo laboratorio dell'Università di Orsay, a Parigi: utilizzando atomi di calcio eccitati come sorgente di fotoni entangled, Aspect mostrò che la disuguaglianza di Bell viene violata, fornendo così una inconfutabile prova sperimentale a sostegno del carattere non locale della meccanica quantistica. Nel 1997 Nicolas Gisin e la sua équipe dell'Università di Ginevra eseguirono con un successo una versione dell'esperimento di Aspect in cui i rivelatori si trovavano a un distanza di 11 chilometri l'uno dall'altro.

La più spettacolare applicazione del fenomeno dell'entanglement è il teletrasporto quantistico, una procedura che permette di trasferire lo stato fisico di una particella a un'altra particella, anche molto lontana dalla prima. Sembra un'idea davvero strampalata, concepibile solo in un film di fantascienza (chi non ricorda il transporter che, nella serie Star Trek, immediatamente materializza il capitano Kirk a bordo della nave spaziale Enterprise?). Eppure, nel 1997 due gruppi di ricerca - uno diretto da Anton Zeilinger a Vienna, l'altro da Francesco De Martini a Roma - riuscirono a teletrasportare un singolo fotone. Nessuno sa con certezza se il teletrasporto si potrà realizzare anche per atomi e molecole, o addirittura per oggetti macroscopici, esseri umani inclusi. Ma questo primo passo già compiuto dischiude orizzonti inimmaginabili fino a pochi decenni or sono. La fisica quantistica rivelerebbe quindi una realtà molto diversa da quella che ci suggerisce la nostra esperienza sensoriale, e molto più ricca di mistero.

 

La freccia del tempo, il c.d. “Tempo immaginario” e l’ Entropia                  

(Abstract tratto dal famoso libro di Steven Hawking, A Brief History of Time (Dal Big Bang ai buchi neri), 1988.

Ci sarebbero almeno tre diverse frecce del tempo:

1- La freccia del tempo termodinamica: la direzione del tempo con l’aumento del disordine o entropia; l'aumento del disordine col tempo è forse l’esempio più convincente della c.d. freccia del tempo, un qualcosa che distingue il passato dal futuro dando al tempo una direzione ben precisa.

2- La freccia del tempo psicologica: la direzione nella quale “percepiamo/sentiamo” che passa il tempo e ricordiamo il passato e chiaramente non il futuro.

3- La freccia del tempo cosmologica: la direzione del tempo che è data dall’espansione dell'Universo.

 

Il cosiddetto "tempo immaginario"
Collegando la gravità alla meccanica quantistica si introduce l'idea del tempo c.d. "immaginario", che è indistinguibile dalle direzioni nello spazio, a differenza del tempo "reale" non può esserci alcuna differenza fra le direzioni in avanti e all'indietro del tempo immaginario.
Il concetto di “tempo immaginario, è stata elaborato da Stephen Hawking e da James Hartle.
Da dove è originata tale differenza fra il passato e il futuro?
Le leggi della fisica non distinguono fra passato e futuro, più precisamente sono invarianti sotto la combinazione di operazioni (o simmetrie) note come C, P e T.
C:
scambio fra particelle e antiparticelle;
P: assunzione dell'immagine speculare, con inversione di destra e sinistra;
T: inversione del moto di tutte le particelle, ossia l'esecuzione del moto all'indietro).
Le leggi della fisica che guidano il comportamento della materia in tutte le situazioni normali restano immutate sotto la combinazione delle due operazioni C e P prese a sé, ossia la vita sarebbe assolutamente identica alla nostra per gli abitanti di un altro pianeta che fossero una nostra immagine speculare e che fossero composti di antimateria anziché di materia.
Per l’operazione T, invece, nel tempo reale della vita comune, c'è una notevole differenza fra le operazioni in avanti e all'indietro. Tanto per fare un semplice esempio, se filmiamo la scena di una tazza di caffè che cade da un tavolo e si rompe sul pavimento, potremo poi dire se essa è riprodotta avanti o all'indietro, ma la spiegazione sul perché non vediamo mai i cocci riunirsi insieme deriva dal fatto che ciò è proibito dalla seconda legge della termodinamica, cioè che l'entropia o il disordine aumenta sempre col tempo.

 

Il tempo rallenta in un campo gravitazionale !
Un eventuale osservatore esterno potrebbe vedere le lancette dell'orologio di colui che cade in un buco nero rallentare sempre di più, sino addirittura fermarsi quando lo sfortunato viaggiatore superasse il c.d. orizzonte degli eventi; o, più correttamente, potrebbe vedere quest'ultimo raggiungere tale "orizzonte" solo attendendo un tempo infinito.
Anche la luce dell'eventuale viaggiatore apparirà ad un osservatore esterno di frequenza sempre minore, sempre più debole a causa del restringimento del cono del buco nero e sempre più rossa per la dilatazione temporale.

 

Immanuel  Kant  (1724-1804)  -  ( Kant parla della singolarità ? )

"Se l'attrazione agisce sola, tutte le parti della materia dovrebbero avvicinarsi sempre più, e diminuirebbe lo spazio che occupano le parti unite, di modo che si riunirebbero finalmente in un solo punto matematico."

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Dal libro: 
"Geografia fisica di Emanuele Kant" - (tradotta dal tedesco), Tipografia di Giovanni Silvestri, Milano, 1811, volume sesto, pag.338.

I. Kant, "Metaphysiche anfangsgründe der naturwissenschaft", ediz. II pag.33.

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Il grande filosofo ha, tra l'altro, anche ha proposto la teoria del collasso di una nebulosa per spiegare la formazione del sistema solare, teoria poi rielaborata da Pierre Simon de Laplace.
Inoltre egli pensava, correttamente, e della stessa idea erano anche T.Wright e J.H. Lambert, alle galassie quali "Universi-Isola".

 

 

Che cos'è il tempo?   (I. Kant - “Critica della ragion pura” - 1781)

Il tempo è la forma del senso interno, cioè della nostra intuizione.

Il tempo non è una determinazione di fenomeni esterni, non appartiene né alla figura, né al luogo, ecc.;  determina, al contrario, il rapporto delle rappresentazioni nel nostro stato interno.

Appunto perché questa intuizione interna non ha nessuna figura, noi cerchiamo di supplire a questo difetto con analogie e rappresentiamo la serie temporale con una linea che si prolunghi all’infinito, nella quale il molteplice forma una serie avente una sola dimensione; e dalle proprietà di questa linea argomentiamo tutte quelle del tempo, fuorché questa sola; che le parti della linea sono simultanee, laddove le parti del tempo sempre successive. Da ciò risulta che la rappresentazione del tempo stesso è una intuizione, poiché tutti i suoi rapporti possono essere espressi per mezzo di una intuizione esterna.

(Occorre però aggiungere che in quell’epoca si pensava ancora allo spazio e tempo “assoluti” newtoniani e alla immutabilità dell’Universo)

 

Il tempo imprigionato  (da una fiaba giapponese di 1500 anni fa)

Il pescatore Urashima ritorna al suo villaggio dopo esser vissuto per tre anni in un misterioso regno sottomarino con una principessa. Egli porta con sé uno scrigno regalatogli dalla principessa, la quale gli aveva detto di non aprirlo mai. Urashima tornato al suo paese non ritrova più né parenti, né amici e, contrariamente alla promessa fatta, apre lo scrigno e si ritrova più vecchio di 300 anni; erano gli anni trascorsi sulla Terra, mentre nel regno sottomarino ne erano passati soltanto tre. La principessa aveva intrappolato il tempo nello scrigno e lo aveva offerto in dono ad Urashima.

La scienza e i suoi limiti !

Se rappresentassimo la scienza come una sorta di circonferenza, potremmo talvolta osservare che più il sapere avanza facendo crescere tale circonferenza, più si allargano i confini e gli orizzonti dell'ignoto.

(Pietro Musilli -  1-1-2002)

 

 

 

 

 

 

Sottofondo musicale:  Pink Floyd - "Time(parziale)

 

 

 


Roma 30-7-2004, Pietro Musilli
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