CAPITOLO SESTO

LA CHIESA

DEI "NON CRISTIANI"

 

 

LA CHIESA INVISIBILE

 

 

L’attestazione della grazia "non ecclesiale" potrebbe portare, come porta i teologi del pluralismo teocentrico o regnocentrismo, all’affermazione che vi sono diverse figure salvifiche, tra le quali vi è Cristo. Per quanto detto in precedenza, ritengo tale posizione non accettabile, in quanto Gesù Cristo, il Verbo incarnato, è l’unica via della salvezza, l’unico mediatore tra Dio e gli uomini.

Conciliare la grazia "non ecclesiale" con l’unicità salvifica di Cristo è possibile, come si è visto, essenzialmente perché Dio dona a tutti gli uomini il Verbo e lo Spirito; e il Verbo da incarnarsi (Gv 1, 1.9) è lo stesso Verbo incarnato (Gv 1, 14), così come lo Spirito Santo è lo Spirito di Cristo (Gv 3, 34; Rm 8, 9; 2 Cor 13, 5; Gal 4, 6; Ef 3, 17; Fil 1, 19; 1 Pt 1, 10-11).

Se la grazia salvifica viene da Cristo e la Chiesa è stata fondata da Cristo ed è la Chiesa di Cristo, è necessario ammettere che vi sia una Chiesa invisibile. Tale Chiesa invisibile comprende e abbraccia quelli che sono stati salvati da Cristo ma non sono cristiani e appartengono storicamente a religioni non cristiane. Inoltre, se la Chiesa è il popolo di Dio (Tt 2, 14; Eb 4, 9; 10, 30; 1 Pt 2, 9-10; Ap 18, 4) e il popolo dei salvati da Dio non si identifica con gli appartenenti alla Chiesa oggi visibile, vi è una Chiesa invisibile. Altrimenti si dovrebbe ammettere, e sarebbe assurdo, che alcuni sono salvati da Dio senza appartenere al popolo di Dio.

Questa Chiesa invisibile non è ovviamente quella teorizzata dai protestanti, che nascerebbe dal legame interiore non visibile tra i credenti in Cristo e tra i credenti e Cristo, e dall'accoglienza della sua parola ("creatura Verbi"). Nè l'esistenza di una Chiesa invisibile significa che ci siano due Chiese, una visibile e una invisibile. La Chiesa di Cristo è una. La Chiesa invisibile fa parte di essa. E ciò è in accordo con la Lumen Gentium (n. 8), secondo cui la Chiesa di Cristo non si identifica con la Chiesa cattolica visibile, non "è" la Chiesa cattolica visibile, ma "sussiste in" essa, è presente in essa. L'"est" dello schema primitivo della Lumen Gentium è stato sostituito dal "subsistit in" nella redazione finale. Se la Chiesa di Cristo non è la Chiesa cattolica visibile, ma è presente in essa, la Chiesa di Cristo, poiché è una, è presente anche fuori di essa; cioè, comprende anche la Chiesa invisibile.

L’appartenenza dei non cristiani salvati da Cristo alla Chiesa invisibile di Cristo si fonda su tre pilastri aventi base biblica e tradizione magisteriale: la relazione tra Chiesa e Regno di Dio, la Chiesa come popolo di Dio, la Chiesa come corpo di Cristo.

Della Chiesa come popolo di Dio e corpo di Cristo parleremo in un prossimo paragrafo. In questo è invece opportuno affrontare la controversa questione del rapporto tra la Chiesa e il Regno di Dio.

Occorre preliminarmente distinguere tra la realtà storica del Regno e la sua pienezza metastorica ed escatologica. Del Regno già presente in mezzo a noi si è già parlato. Ciò che qui interessa è il problema del rapporto tra la Chiesa fondata da Cristo e il Regno escatologico di Dio. Vi sono essenzialmente tre posizioni dei teologi al riguardo.

Secondo alcuni, la Chiesa si compirà nel Regno (C. Journet, L. Cerfaux, Y. De Montcheuil, A. Dulles, H. A. Snyder). 1 Secondo altri, la Chiesa farà parte del Regno escatologico, che si estenderà al di là di essa (B. Mondin, U. Casale). 2 Secondo una terza posizione, la Chiesa scomparirà col Regno, si risolverà o si trasfonderà nel Regno (K. Rahner, R. Schnackenburg, W. Pannenberg, P. Mc Brien, J. Dupuis). 3

Dopo aver a lungo riflettuto su questo problema, sono giunto a questa conclusione: la prima soluzione è da preferire, in quanto ha dei chiari e precisi riferimenti sia biblici sia magisteriali, che le altre due non hanno.

La frase rivolta da Cristo a Pietro: "A te darò le chiavi del regno dei cieli" (Mt 16, 19), che tante discussioni ha suscitato, non può che avere una valenza ecclesiologica: Cristo aprirà il suo Regno perché vi entri la Chiesa, di cui Pietro è il primo; egli farà entrare la Chiesa nel Regno.

Lo stesso senso sembra avere la frase rivolta da Cristo ai discepoli (è da sottolineare che stiamo parlando anche qui di parole dette direttamente da Gesù): "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno" (Lc 12, 32). É difficile negare che qui Cristo voglia dire che alla Chiesa sarà dato il Regno di Dio.

Anche la parabola dei vignaioli omicidi (Mt 21, 33-44; Mc 12, 1-12; Lc 20, 9-19) stabilisce una relazione tra la Chiesa e il Regno. Questa parabola costituisce una vera e propria allegoria della storia della salvezza. Il popolo di Dio è designato come "vigna del Signore" già nell’Antico Testamento (Sal 80, 9-12; Is 5, 1-7; Ger 2, 21; 5, 10; 6, 9; 12, 10; Ez 15, 1-8; 17, 5-10; 19, 10-14; Os 10, 1). I servi mandati dal padrone a "ritirare il raccolto" sono i profeti, che sono stati bastonati (Geremia), uccisi (Isaia), lapidati (Zaccaria). Il Figlio mandato per ultimo e ucciso è Gesù stesso. La frase posta a conclusione della parabola: "Vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato ad un popolo che lo farà fruttificare" (Mt 21, 43), non potendo significare, per i motivi già visti in precedenza, che il popolo dell’alleanza, Israele, sarà dannato e non entrerà nel Regno, significa invece che il Regno di Dio sulla terra sarà tolto a Israele e sarà dato alla Chiesa, a quel popolo che non si chiuderà in se stesso, ma porterà frutti, popolo fondato su colui che è stato "scartato" e ucciso. Ora, se è dato alla Chiesa il Regno iniziato sulla terra, come è pensabile che non sia dato alla Chiesa anche il Regno celeste? Come è possibile che questo Regno sia totalmente, o anche parzialmente, "altro" dalla Chiesa?

Un altro passo relativo al rapporto tra Chiesa e Regno escatologico lo troviamo nella Lettera agli Efesini: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua unito alla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunchè di simile, ma santa e immacolata" (Ef 5, 25-27). Se il fine di Cristo è di "farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa", è la Chiesa che comparirà davanti a Cristo nel Regno di Dio. Ciò contraddice la posizione di quanti pensano a una "scomparsa" della Chiesa con la comparsa del Regno (in particolare Schnackenburg e Rahner).

Si potrebbe pensare allora alla seconda delle posizioni in questione (Mondin e Casale), secondo cui davanti a Cristo non comparirà solo la Chiesa, ma anche le altre religioni. Tuttavia, nel passo paolino citato è affermato che Cristo "ha dato se stesso" per la Chiesa. E inoltre, leggiamo nella Lettera agli Ebrei che la Gerusalemme celeste, la città di Dio piena di angeli, è una "ekklesia" (Eb 12, 22-23). Si potrebbe dunque intendere che gli appartenenti alle altre religioni, per i quali egli è pure morto, quando compariranno davanti a lui, faranno parte della Chiesa.

Vi è un ultimo gruppo di luoghi biblici che suffragano la concezione che la Chiesa si compirà nel Regno escatologico, quelli in cui essa è presentata come la sposa di Cristo (Mt 9, 14-15; Mc 2, 18-20; Lc 5, 33-35; Gv 3, 26-30; 1 Cor 6, 15-17; 2 Cor 11, 2; Ap 19, 6-9; 21, 2.9-14).

Il riferimento di tutti questi passi è alla Chiesa come sposa di Cristo, in quanto in essi si parla dei "discepoli [di Cristo]" (Mt 9, 14; Mc 2, 18; Lc 5, 33), dei battezzati (Gv 3, 26), della "Chiesa di Dio che è a Corinto" (1 Cor 6, 15-17; 2 Cor 11, 2; cfr. 1 Cor 1, 2 e 2 Cor 1, 1), dei "santi" (Ap 6, 8), dei "dodici apostoli dell’Agnello" (Ap 21, 14).

Se la Chiesa è la sposa di Cristo, se le nozze tra Cristo e la Chiesa avverranno dopo la parusia e se Cristo salverà anche i non cristiani, questi ultimi faranno parte della Chiesa escatologica nella metastoria, e perciò fanno parte della Chiesa invisibile nella storia.

Se non fosse così, si dovrebbe ammettere che Cristo sarà sposo anche delle altre religioni, cioè sarà sposo più volte e con più spose, il che non sembra ammissibile: Cristo è sposo una volta e per sempre, è l’"unico sposo" (2 Cor 11, 2) dell’unica Chiesa che "si è acquistata col il suo sangue" (At 20, 28), dell’unica "città santa" (Ap 21, 2.10) che scende dal cielo, dell’unica "dimora di Dio con gli uomini" (Ap 21, 3).

Nella lettera apostolica Mulieris Dignitatem (15-8-88) Giovanni Paolo II, riferendosi al grande mistero di santità di Maria come sposa che risponde con l’amore all’amore dello sposo, afferma che "la dimensione mariana della Chiesa precede la sua dimensione petrina" (MD n. 27). E il Catechismo della Chiesa cattolica (1992) sostiene al n. 775 che "Maria precede tutti noi "sulla via verso la santità" che è il mistero della Chiesa come "la Sposa senza macchia né ruga" (Ef 5, 27)".

Questo compimento della Chiesa nel Regno escatologico è stato più volte affermato dal Magistero cattolico. La Lumen Gentium asserisce che la Chiesa "ha per fine il Regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio, e che dev’essere ulteriormente dilatato, finchè alla fine dei secoli sia da Lui portato a compimento" (LG n. 9). La "dilatazione" del regno sembra essere identificata con quella della Chiesa. La stessa costituzione dogmatica conciliare afferma che "la Chiesa […] non avrà il suo compimento se non nella gloria del Cielo" (LG n. 48). E poi: "Tutti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in Lui" (LG n. 49). E ancora: "Quando Cristo apparirà […] allora tutta la Chiesa dei Santi con somma felicità di amore adorerà Dio" (LG n. 51).

Nel documento della Commissione teologica internazionale intitolato "Temi scelti d’ecclesiologia in occasione del XX anniversario della chiusura del Concilio Vati- cano II", pubblicato nel 1985, leggiamo: "Non vi può essere differenza, rispetto alla realtà futura alla fine dei tempi, tra la Chiesa compiuta (consumata) e il Regno compiuto (consummatum)" (pag. 553); "Nella crescita della Chiesa il Concilio scorge la crescita del Regno" (pag. 555); "Essere membri del Regno comporta un’appartenenza - almeno implicita - alla Chiesa" (pag. 555).

Anche nel Catechismo della Chiesa cattolica vi sono alcuni passi che sottolineano la relazione Chiesa – Regno escatologico: "É nella Chiesa che Cristo compie e rivela il suo proprio Mistero come il fine del disegno di Dio: "ricapitolare in Cristo tutte le cose" (Ef 1, 10)" (n. 772); nella Chiesa "già esiste e si compirà alla fine dei tempi "il Regno dei Cieli", "il Regno di Dio"" (n. 865).

E ancora nell’enciclica Redemptoris Missio (1990) si afferma che il Regno di Dio "non può essere disgiunto né da Cristo né dalla Chiesa" (n. 18), che vi è uno "speciale legame della Chiesa col Regno di Dio e di Cristo" (n. 18) e che il Regno è "presente nella Chiesa e proteso alla sua pienezza escatologica" (n. 20).

É chiaro che nel tempo presente e nella storia la Chiesa visibile non si identifica col Regno. Di esso la Chiesa "costituisce in terra il germe e l’inizio" (LG n. 5); "è germe, segno e strumento" (RM n. 18). E "la realtà incipiente del Regno può trovarsi anche al di là dei confini della Chiesa nell’umanità intera" (RM n. 20; cfr. DA n. 35).

Vi è dunque un rapporto di unità/differenza tra Chiesa e Regno, che mette la Chiesa peregrinante al servizio del Regno e fonda la sua invocazione: "Venga il tuo Regno" (Mt 6, 9; Lc 11, 2).

Mi sembra, in conclusione, sufficientemente chiaro che si possa e debba sostenere che il Regno escatologico sarà il compimento della Chiesa e pertanto i non cristiani, che faranno parte della Chiesa escatologica, nella storia fanno parte della Chiesa invisibile.

Del resto, dire che appartengono alla Chiesa solo quelli che sono stati battezzati significa definire un'identità che nasce dall'appartenenza a un gruppo che ha un certo credo e un certo pensiero teologico. Ma l'identità dei cristiani non deriva primariamente dal pensare (in un certo modo) Dio, ma dall'essere con Dio, guidati dallo Spirito di Dio. All'inizio del Vangelo di Matteo Gesù è chiamato "Dio con noi" (Mt 1, 23). Alla fine dello stesso Vangelo Gesù risorto ci dice: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). E aveva detto prima: "Non chiunque mi dice: Signore! Signore! entrerà nel Regno dei cieli" (Mt 7, 21). Essere cristiani non significa primariamente accogliere una teologia, o una cristologia, o un'ecclesiologia, ma accogliere lo Spirito Santo, che è lo Spirito di Cristo; non significa cambiare la propria concezione su Dio o sull'aldilà, ma cambiare la propria vita. L'identità cristiana si raggiunge, secondo Gv 3, 3-8, attraverso una rinascita dall'alto, da Dio, mediante lo Spirito; e quindi non attraverso un'origine e un'appartenenza umana, etnica, culturale, religiosa, ma attraverso una trasformazione di questa origine e di questa appartenenza. Questo è il cuore del messaggio evangelico. Poiché questo essere con Dio e rinascere dall'alto non è esclusivo dei cristiani, ma è di tutti gli uomini che hanno accolto lo Spirito, tutti questi fanno parte del popolo di Dio e del corpo di Cristo. E se la Chiesa cattolica, come si vedrà più avanti, si autocomprende come popolo di Dio e corpo di Cristo, non può non comprenderli. Escludere i "non cristiani" dalla Chiesa di Cristo alla quale diciamo di appartenere significherebbe accettare che siamo cristiani perché siamo stati battezzati, e non perché siamo con Dio e siamo rinati dallo Spirito.

Occorre, inoltre, riflettere sul fatto che non è per mezzo del battesimo visibile che apparteniamo al popolo dei salvati. Il passo della Scrittura che sembra affermare il contrario si trova in Mc 16, 16: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo". Ma secondo il Catechismo della Chiesa cattolica, il collegamento tra fede, battesimo e salvezza posto in questo passo significa che in esso si parla della salvezza di quelli che "hanno avuto la possibilità di chiedere questo sacramento" (CCC n. 1257). Il battesimo, cioè, è necessario per i credenti in Cristo. E lo stesso documento subito dopo afferma che Dio "non è legato ai suoi sacramenti" (CCC n. 1257). Ciò è in linea con quanto attestato dal Concilio Vaticano II, secondo cui "dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale" (Gaudium et Spes n. 22).

Leggiamo nella Lettera ai Colossesi che siamo stati "sepolti con lui nel battesimo" (Col 2, 12); e leggiamo nella Lettera ai Romani che siamo stati "sepolti con lui attraverso il battesimo nella morte, affinchè, come Cristo è risorto dai morti tramite la gloria del Padre, anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6, 4). Poiché i sacramenti sono segni (CCC n. 1131), il battesimo è segno che la nostra vita si è immersa (baptizein = immergere) in una realtà nuova, quella della morte e risurrezione, la realtà del corpo di Cristo, nella quale siamo resi conformi a lui: "Siamo stati battezzati tutti in un solo Spirito per formare un solo corpo" (1 Cor 12, 13). Se il battesimo avviene nello Spirito Santo (Mt 3, 11; Mc 1, 8; Lc 3, 16; Gv 1, 33; At 1, 5; 2, 38; 11, 16; Tt 3, 5) e se Cristo si è unito ad ogni uomo (Gaudium et Spes n. 22; Redemptor Hominis n. 13) e opera anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa (Redemptoris Missio n. 18), tale immersione avviene in realtà invisibilmente per tutti gli uomini. Il sacramento cristiano del battesimo costituisce il segno di una realtà universale. E dunque, non si può circoscrivere a quanti hanno ricevuto visibilmente il battesimo un'appartenenza che in realtà riguarda e coinvolge tutti.

In Mc 3, 34 Cristo afferma che sua madre e i suoi fratelli sono quelli seduti intorno a lui, e cioè "una gran folla" (Mc 3, 32). Essere cristiani significa dunque trovare nuovi fratelli, sorelle e madri. E trovarli ovviamente al di fuori della propria famiglia, quindi anche della propria nazione e della propria religione. Ed essere Chiesa significa appartenere a una famiglia che è il mondo, e costruire una realtà che abbraccia tutti; che va oltre i rapporti di sangue, di gruppo e di idee, oltre le appartenenze storiche, etniche, sociali, culturali e religiose.

 

 

NOTE

  1. Journet C., L’Église du Verbe incarné. Essai de theologie spéculative, 3 voll., 1941-69; trad. it., Per una teologia ecclesiale della storia della salvezza, Napoli, 1972; Cerfaux L., La theologie de l’Église suivant saint Paul, 1942; trad. it., La teologia della Chiesa secondo san Paolo, Roma, 1968; De Montcheuil Y., Aspect de l’Église, Cerf, Paris, 1949, pagg. 29-30; Dulles A., Models of the Church, Doubleday, New York, 1987, pagg. 103-122; Snyder H. A., Models of the Kingdom, Abingdon Press, Nashville, 1991.

  2. Mondin B., La Chiesa primizia del Regno, edizioni Dehoniane, Bologna, 1986, pag. 395; Casale U., Il mistero della Chiesa. Saggio di ecclesiologia, Elle Di Ci, Leumann (TO), 1998, pag. 367.

  3. Schnackenburg R., Signoria e regno di Dio: uno studio di teologia biblica, Il Mulino, Bologna, 1971, pag. 305 (originale tedesco, 1959); Rahner K., Chiesa e parusia di Cristo, in Nuovi Saggi, vol. I, ed. Paoline, Roma, 1968, pagg. 484-85 (originale tedesco in Schriften zur Theologie, 16 voll., Benziger Verlag, Einsiedeln, 1961-1984); Pannenberg W., La teologia e il Regno di Dio, Herder – Morcelliana, Roma – Brescia, 1971, pagg. 78-79 (originale inglese, 1969); Mc Brien P., Do We Need the Church?, Harper and Row, New York, 1969, pag. 98; Dupuis J., Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia, 1997, pag. 479.