CAPITOLO TERZO

LA SALVEZZA

COME COMUNIONE CRISTICA

 

 

CRISTO PRINCIPIO DI COMUNIONE

 

 

La Sacra Scrittura attesta chiaramente che il Padre è in Cristo (Gv 14, 10-11; 17, 21.23; Col 2, 9), che Cristo è nel Padre (Gv 14, 10-11.20; 17, 21) e che Cristo e il Padre sono "una cosa sola" (Gv 10, 30; 17, 21-22). Ma viene anche attestato che gli uomini sono di Cristo (Rm 14, 8) e che Cristo è negli uomini (Gv 1, 4.9; Col 3, 11; Eb 3, 6). Quest’ultimo punto trova anche conferma nelle affermazioni che ciò che è fatto o non fatto agli altri è fatto o non fatto a Cristo (Mt 18, 5; 25, 40.45; Mc 9, 37). Altri passi attestano che anche le cose sono in Cristo, e Cristo è nelle cose, dato che "tutte le cose trovano coesione in lui" (Col 1, 17) e Cristo "riempie tutte le cose" (Ef 1, 23; cfr. 4, 10).

Se il Padre, gli uomini e le cose sono in Cristo e Cristo è nel Padre, negli uomini e nelle cose, Cristo è il principio che lega tutto, il principio di unità del tutto. Tutto è legato e unito in Cristo e da Cristo. In questo consiste il principio di comunione cristica. Poiché "Dio è Spirito" (Gv 4, 24), le cose sono di materia e gli uomini unità di anima spirituale e corpo materiale (cfr. Gaudium et Spes n. 14 e Catechismo della Chiesa cattolica n. 365), Cristo è il principio, la forza che lega lo Spirito alla materia. L’uomo è il risultato di questo legame. Cristo è vero Dio e vero uomo perché è insieme Colui che unisce Spirito e materia (Dio) e Colui che è unità di Spirito e materia (uomo). Ecco perché Cristo "era nel mondo" (Gv 1, 10); perché siamo stati creati per mezzo di Cristo (Gv 1, 3.11; 1 Cor 8, 6; Eb 1, 2); perché Cristo ha la vita in se stesso (Gv 5, 26); perché in Cristo è la vita (Gv 1, 4); perché tutti ricevono la vita in Cristo (1 Cor 15, 22); perché Cristo dà la vita al mondo (Gv 6, 33-35); e perché "è lo Spirito che dà la vita" (Gv 6, 63). Ed ecco perché tutte le cose sono state create per mezzo di Cristo (Gv 1, 3.11; Col 1, 16; Eb 1, 2; 2, 10) e in Cristo (Col 1, 16); perché Cristo unisce il cielo e la terra (Gv 1, 51) e perché tutto è stato assoggettato a Cristo (Mt 11, 27; 28, 18; Lc 10, 22; Gv 3, 35; 1 Cor 15, 27; Ef 1, 22; Fil 3, 21).

La creazione avviene per mezzo di Cristo perché è Cristo che unisce gli elementi del creato. Cristo è "il Principio della creazione di Dio" (Ap 3, 14). Se non ci fosse Cristo, ci sarebbe il caos, cioè non ci sarebbe il creato che noi sperimentiamo e di cui siamo parte. Cristo, come scrive Porro, "ha svolto una funzione decisiva nell'atto creativo"; 1 egli è la causa di tutta la realtà ed è "colui che le dà la forza di sussistere". 2

Il culmine del creato è l’uomo, perché nella sua coscienza personale si ha il massimo distacco, la massima distanza dal caos e dall’indistinto.

Nessun elemento del creato esiste di per sé; ogni elemento esiste in quanto unito al tutto. Tutto è legato al tutto. Non può che essere così, se la Scrittura ci dice che Cristo "riempie tutte le cose" (Ef 1, 23; cfr. 4, 10), che "tutte le cose trovano coesione [in Cristo]" (Col 1, 17), che "Cristo è tutto in tutti" (Col 3, 11) e che gli uomini "siamo membra gli uni degli altri" (Rm 12, 5; Ef 4, 25).

Quanto fin qui detto mi sembra essere confermato in un passo dell'enciclica Mystici Corporis di Pio XII (1943), in cui si afferma che nel corpo mistico di Cristo vi è un principio di unità interno, che "agisce vigorosamente e nell'intera compagine e nelle singole sue parti, ed è di tale eccellenza da superare per se stesso immensamente tutti i vincoli di unità che compaginano sia un corpo fisico sia un corpo morale. Ciò […] non è qualcosa di ordine naturale, ma soprannaturale, anzi in se stesso infinito e increato" (n. 60).

La concezione di Cristo come principio di comunione trova dunque sostegno sia nella Scrittura che nel Magistero cattolico.

A questo punto, è necessario affermare due cose. La prima è che il principio di comunione cristica sembra implicitamente affermato anche dalle religioni orientali. Induismo e buddismo insistono sul divino che è in noi e nelle cose, anche se non lo riferiscono a Cristo. La seconda è che comunione cristica non significa panteismo, perché il principio che lega tutto è una Persona, Cristo, e non si tratta di un divino impersonale.

Se il progetto di Dio per gli uomini, "che Egli ha attuato in Cristo Gesù" (Ef 3, 11), è quello di renderli "conformi all’immagine del Figlio suo" (Rm 8, 29), questo "disegno eterno" (Ef 3, 11) non può non condurli alla fine ad essere, come Cristo, nel Padre, negli altri uomini e nelle cose. Non può non farli giungere, cioè, alla pienezza e perfezione della comunione con Dio, con gli altri uomini e col cosmo: la comunione cristica.

Questo progetto divino non potrebbe essere imposto ai singoli uomini, non potrebbe essere già predeterminato per ogni uomo. Se fosse così, gli uomini sarebbero automi, soggetti allo stesso determinismo cui è soggetta la materia. Vi sarebbe solo il rapporto Creatore-creatura e non anche il rapporto Padre-figlio, come è per Cristo, rapporto che nasce dall’amore reciproco. Invece, Cristo ci rende figli di Dio, come lui, ed eredi (Rm 8, 16-17; Ef 1, 5.11). Solo se il figlio ama, in lui è il Padre, che è amore (1 Gv 4, 8): "Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1 Gv 4, 16). Non c’è comunione cristica se Dio non è nell’uomo, come è in Cristo, e l’uomo non è in Dio. E l’uomo è in Dio quando ama. Ma l’amore non può essere forzato o obbligato. Per il semplice motivo che la costrizione è l’antitesi dell’amore. Se uno è costretto ad amare, in realtà non ama. La comunione cristica non può essere imposta. Può essere solo donata e accolta. Ecco perché Dio ha creato gli uomini liberi e li ha dotati di coscienza e volontà libera. Ed ecco perché ci ha dato i due sommi comandamenti (amore di Dio e amore del prossimo). E perché dona agli uomini il suo amore attraverso lo Spirito Santo (Rm 5, 5). Se il Padre non è negli uomini, gli uomini non possono essere nel Padre. L’iniziativa è di Dio. Nel momento in cui accolgono Dio che si dona loro, gli uomini entrano nel processo di comunione cristica.

Occorre dunque distinguere tra il principio di comunione cristica, che è Cristo, il quale crea eliminando il caos e legando lo Spirito alla materia, e il processo di comunione cristica, che coinvolge l’uomo, e del quale parleremo nei prossimi paragrafi.

Vi è una serie di luoghi biblici collegati fra loro, il cui esame attento fornisce, a mio avviso, un ulteriore motivo per considerare Cristo come principio della creazione, dell’unione Spirito-materia e della comunione cosmica. Nel corpus paolino vi sono ripetute affermazioni che gli uomini sono membra del corpo di Cristo (1 Cor 6, 15; 12, 27; Ef 5, 30). È detto, inoltre, che Cristo è "un solo corpo" che ha molte membra (1 Cor 10, 17; 12, 12), che c’è "un solo pane" del quale tutti partecipiamo (1 Cor 10, 17), che siamo "un solo corpo in Cristo" (Rm 12, 5; cfr. Ef 3, 6). E infine che la Chiesa è il corpo di Cristo (Ef 1, 22-23; Col 1, 18.24).

Essere membra del corpo di Cristo non può significare essere una parte di un tutto che è Cristo. Per due motivi. Primo, ogni atto degli uomini, buono o cattivo, sarebbe un atto di Cristo. Secondo, Cristo non sarebbe più una Persona individuale, un essere singolare; mentre invece la Bibbia ci dice che la risurrezione non ha dissolto l’individualità e la singolarità di Cristo.

Essere membra del corpo di Cristo non può significare neanche essere una parte di un tutto che è l’insieme dei credenti in Cristo. Anche qui per due motivi. Questo insieme è storicamente variabile. E dunque, nel momento a ci sarebbe il corpo di Cristo "a", nel momento b il corpo di Cristo "b", e così via. Ma ciò è in contrasto con i passi biblici attestanti che c’è "un solo corpo" (Rm 12, 5; 1 Cor 10, 17; 12, 13; Ef 4, 4; Col 3, 15). Il corpo di Cristo è uno solo, non sono tanti. Il secondo motivo si fonda anch’esso sulle attestazioni bibliche. Se gli uomini sono di Cristo (Rm 14, 8) e se Cristo è negli uomini ( Mt 18, 5; 25, 40.45; Mc 9, 37; Gv 1, 4.9; Col 3, 11; Eb 3, 6) e Dio "è presente in tutti" (Ef 4, 6), ci sarebbero uomini che, non essendo credenti in Cristo, sarebbero di Cristo senza essere nel corpo di Cristo; oppure, Cristo sarebbe in persone che però non sarebbero nel corpo di Cristo; il che sembra insostenibile.

Allora, si deve ritenere che siamo membra del corpo di Cristo per un altro motivo. E cioè perché Cristo è Colui che unisce Spirito e materia e noi siamo unione di Spirito e materia. Siamo quell’unità che Cristo crea e fonda. E il corpo di Cristo è tutto quello che è fondato su questa forza unificante. E per questo è uno solo. In tal senso la Scrittura dice che siamo edificati su Cristo (Col 2, 7). E in tal senso apparteniamo al corpo di Cristo, ne siamo "membra". Solo così si può comprendere l’attestazione biblica che Cristo è un solo corpo che ha molte membra. E diventa anche chiaro perché Cristo è un solo pane del quale tutti partecipiamo.

Appare evidente il collegamento di questo discorso con quanto verrà esposto nei capitoli successivi, cioè col discorso che verrà sviluppato sulla presenza di Cristo nelle culture e nelle religioni non cristiane e sulla necessità di una Chiesa degli uomini e con le religioni. Non solo, ma è proprio questo collegamento che consente, a mio avviso, di mantenere, anzi di non invalidare, la concezione cattolica della Chiesa come corpo di Cristo, concezione fondata sui testi paolini e che ha una lunga tradizione (Clemente Romano, Tertulliano, Origene, san Basilio, san Gregorio di Nissa, san Giovanni Crisostomo, sant’Agostino, san Bernardo di Chiaravalle, san Tommaso d’Aquino, Pio XII, Concilio Vaticano II). Se del corpo di Cristo facciamo parte in quanto uomini, se dunque il corpo di Cristo comprende l’umanità, come potrebbe la Chiesa essere il corpo di Cristo, se non comprendendo e abbracciando l’umanità?

 

 

NOTE

1. Porro C., Chiesa, mondo e religioni, Elle Di Ci, Leumann (TO), 1995, pag. 150.

2. Ibidem, pag. 150.