IL PROBLEMA PNEUMATOLOGICO DEL PROTESTANTESIMO

 

 

Affermando la distinzione tra Chiesa visibile e Chiesa invisibile, ma negando l’esistenza di un nesso tra le due, sulla base dell’opposizione tra natura e grazia, tra esteriore e interiore, il protestantesimo va incontro a un problema di fondo, che cercherò di evidenziare.

L’esigenza profonda del protestantesimo può essere a ragione posta nella necessità di distinguere la natura umana dalla grazia divina. Il cammino attraverso cui Lutero giunge alla concezione della giustificazione "sola gratia" e "sola fides" corrobora questa interpretazione. Ma è anche vero che Lutero era un monaco agostiniano che insegnava teologia, viveva nella Chiesa e non dubitava della sua necessità, anche quando giunse alla convinzione che occorreva rinnovarla e combatterne gli eccessi e gli abusi. Si può dunque pensare alla sua istanza iniziale anche come a un contributo alla "ecclesia semper reformanda". E dunque l’esigenza profonda del protestantesimo può anche essere posta nella necessità del rinnovamento dell’unica Chiesa.

In ogni caso, l’esigenza iniziale teologica (distinzione natura/grazia), nella quale rientra quel "principio protestante" di cui parla P. Tillich, ha prodotto un’esigenza ecclesiale (rinnovamento dell’unica Chiesa), che solo dopo le resistenze e le non risposte della Chiesa cattolica, ha avuto come sbocco la nascita delle nuove "confessioni". E anche se si volesse affermare che l’esigenza iniziale è stata quella ecclesiale, questa si è subito legata e saldata con l’esigenza teologica quale sua motivazione.

Ora, il problema di fondo del protestantesimo, messo in luce in particolare da Y. Congar e M. Lenhard, nasce proprio da questo in intreccio tra esigenza teologica e cristologica ed esigenza ecclesiale.

Il problema nasce dall’identificazione della distinzione natura/grazia con la distinzione sensibile/spirituale, che porta alla conclusione che, dato che la natura è separata dalla grazia, lo è pure la Chiesa.

Dopo aver ammesso che sia la natura sia la Chiesa rientrano nell’ambito del sensibile e aver affermato che la grazia non vi rientra, perché è nell’ambito spirituale, si conclude che la Chiesa non rientra nell’ambito della grazia. Ora, se la Chiesa è fatta da uomini e tutti o alcuni di loro saranno salvati da Dio, la Scrittura attesta inequivocabilmente che in questa salvezza interviene lo Spirito Santo che Dio dona. E altrettanto inequivocabilmente attesta che lo Spirito Santo è donato da Dio durante la vita, e non dopo la morte. In alcuni passi della Scrittura, poi, sembra evidente l’attestazione che lo Spirito donato agli uomini viventi è quello stesso Spirito che li salverà (Gv 6, 63; 14, 20; Rm 8, 4.10-11.13.16-17; 1 Gv 4, 13). Altri passi ancora attestano che lo Spirito è "caparra", cioè garanzia della promessa di salvezza di Dio (1 Cor 1, 22; 2 Cor 5, 5; Ef 1, 14).

E allora sembra difficile negare che la Chiesa sia costituita da uomini a cui Dio, in misura più o meno grande, ha donato lo Spirito Santo e la grazia, che quindi rientri sia nell’ambito del sensibile che nell’ambito dello spirituale, sia nell’ambito della natura che nell’ambito della grazia.

L’identificazione della distinzione natura/grazia con la distinzione sensibile/spirituale, cioè, non può portare all’affermazione che la Chiesa è separata dalla grazia.

Ritengo che un protestante al quale un cattolico presentasse le osservazioni fatte finora avrebbe tre possibilità: 1) negare che vi sia il problema pneumatologico posto; e così chiudere il discorso; 2) accettare che il problema esiste e nasce dall’identificazione dell’esigenza teologica, separazione natura/grazia, con la separazione sensibile/spirituale; ritenendo prioritaria e irrinunciabile l’esigenza teologica, concludere che da essa non consegue di per sé l’esigenza ecclesiale, cioè la separazione protestanti/cattolici; 3) accettare che il problema esiste, ma continuare a ritenere irrinunciabile l’esigenza ecclesiale, dovendo però così dare a tale esigenza una giustificazione istituzionale e non più teologica.

É chiaro che una scelta per la seconda possibilità spianerebbe la strada a un incontro profondo tra cattolici e protestanti, visto che i cattolici possono senz’altro far propria l’esigenza teologica, e anzi lo hanno già fatto.

Ma anche la terza possibilità può aprire una nuova via alla storia del cristianesimo, giacchè comporre divisioni che hanno caratteri contingenti e storici e motivazioni istituzionali non dovrebbe essere impossibile per uomini di buona volontà, quali noi cristiani crediamo di essere.

Mi preme notare ancora che il problema di cui abbiamo parlato nasce da una conclusione, non condivisibile per i cattolici, che viene legata a un'esigenza teologica condivisibile. E che tale problema non intacca il valore di altri aspetti delle posizioni evangeliche, per esempio la convinzione che l'istituzione ecclesiale non garantisce di per sé, quasi automaticamente, la testimonianza autentica al Vangelo di Cristo, e la sottolineatura dei problemi che porrebbe il voler definire a priori lo spazio legittimo delle esperienze cristiane, quasi che la libertà di Dio fosse delimitata da quella degli uomini.