LA SOFFERENZA DEL PURGATORIO E DEL PARADISO

 

 

La concezione del Purgatorio e del Paradiso come processo di comunione cristica si presenta in pieno accordo, a mio avviso, con la dottrina cattolica tradizionale, che ha sempre sostenuto che nel Purgatorio non può non esserci una qualche sofferenza, anche se essa è profondamente unita alla gioia data dalla consapevolezza di appartenere già alla sfera della gloria di Dio, di essere già salvati.

Poiché nel tempo intermedio (fino alla parusia) la comunione cristica, che raggiungerà la sua pienezza nella Gerusalemme celeste, è ancora protesa verso l’universalità e la cosmicità, la sofferenza degli uomini nel Paradiso nasce propriamente dalla consapevolezza di una tensione verso una universalità e una cosmicità di comunione cristica non ancora realizzata pienamente.

Nel Purgatorio, a ciò si aggiunge la consapevolezza acuta che per questo scopo agognato occorre consumare l’egoismo, annullare il proprio orgoglio, sacrificarsi in Cristo, non desiderare più, ma semplicemente e solamente amare.

Se la sofferenza del Purgatorio consiste in questo, vi sono due conseguenze da sottolineare. In primo luogo, tale concezione eviterebbe, o meglio renderebbe superate, e quindi, a mio avviso, da abbandonare, tutte le interminabili discussioni tra cattolici, protestanti e ortodossi sul concetto di "pena" da espiare nel Purgatorio, con i cattolici che hanno accentuato l’idea di una forma di castigo dato da Dio, gli ortodossi che hanno parlato della necessità di un recupero della bellezza creaturale, i protestanti che non vedono come si possa purificare chi è già stato purificato dai meriti di Cristo. Se la sofferenza nasce dal processo di comunione cristica che tende alla pienezza, c’è un castigo di Dio (posizione cattolica), ma che è primariamente all’umanità e non al singolo; c’è un recupero della bellezza creaturale (posizione ortodossa), ma che sta nella totalità della creazione; c’è una purificazione operata solo da Cristo (posizione protestante), ma che è tale proprio perché si realizza nella comunione cristica, che non è un "modo" o "luogo" attraverso cui l’uomo si salva (la salvezza è solo da Dio), ma è un processo in cui è entrato nella storia, e continua ad essere nella metastoria, l’uomo già salvato.

Abbiamo già visto che non costituisce problema il fatto che anche in Paradiso vi sia sofferenza, essendo il Paradiso interno al processo di comunione cristica. Lo stesso Cristo, infatti, non sarà nella pienezza della gioia fino a quando la comunione cristica non sarà piena e perfetta. E se soffre Cristo, a maggior ragione soffrono i santi, perché sono con lui e in lui. Occorre allora evidenziare che questa concezione della sofferenza nel Purgatorio e nel Paradiso ha un’importante conseguenza: non è ammissibile che la sofferenza di uno cessi e quella di un altro continui, perché, se qualcuno soffre, la comunione cristica non è piena, e quindi nessun altro ha potuto cessare di soffrire. Ciò dà ragione del dato rivelato che la parusia, la pienezza della comunione cristica, avverrà per tutti nello stesso momento. Cristo non verrà per alcuni prima e per altri dopo, ma per tutti "nell’ultimo giorno" (Gv 6, 39-40.44.54; 12, 48), nel "giorno del Signore" (1 Cor 1, 8; 5, 5; 2 Cor 1, 4; 1 Ts 5, 2.24; 2 Ts 2, 2), nel "giorno di Cristo" (Fil 1, 10; 2, 26). "In quel giorno – dice Gesù – voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi" (Gv 14, 20). Si rivelerà cioè pienamente il Cristo Amore, il Cristo cosmico, il Cristo principio di comunione.

Solo dopo la seconda venuta di Cristo, del resto, solo nella Gerusalemme celeste, come ci è rivelato nell’Apocalisse, Dio "asciugherà ogni lacrima" (Ap 21, 4).

Vi è infine da rilevare che il fatto che la salvezza comporti anche una sofferenza personale prima della parusia consente di superare l’obiezione protestante secondo cui passare dall’eschaton agli eschata, cioè cercare di precisare, come fanno i cattolici, i contenuti della salvezza e del futuro ultraterreno, significa abbandonare la "theologia crucis" per una trionfalistica "theologia gloriae". In questo libro non solo non è abbandonata la teologia della croce, ma anzi è mostrato come ognuno debba "prendere la sua croce" non solo durante la vita, ma anche in un certo senso dopo la morte.

Vi sono altre due attestazioni della fede cattolica collegate con la dottrina del Purgatorio che sono al centro di controversie con le altre confessioni cristiane, anche per qualche abuso o eccesso che si è storicamente verificato. Mi riferisco ai suffragi per i defunti (e le correlate indulgenze) e al cosiddetto "admirabile commercium". Secondo la Sacra Tradizione cattolica, i suffragi (preghiere, celebrazioni eucaristiche, offerte, sacrifici, opere di carità) aiutano i defunti in purificazione. Per converso, vi è un "admirabile commercium" che fa sì che sia possibile che i defunti del Purgatorio intercedano per i vivi. Tali credenze sono proprie solo della fede cattolica, all’interno della quale sono anche oggetto di controversie, e sono fortemente contestate dai protestanti. Non posso non rilevare che la concezione del Purgatorio e del Paradiso qui esposta non solo è in linea pienamente con la dottrina cattolica, ma può dare anche una giustificazione della posizione cattolica. Infatti, poiché la comunione cristica è un processo che va verso l’universalità e la cosmicità e abbraccia sia i vivi che i morti, quando i vivi compiono azioni che accrescono tale comunione (suffragi) anche i morti ne traggono beneficio ed è alleviata la loro sofferenza. E viceversa, quando lo fanno i morti, si accresce anche la comunione cristica dei vivi e quindi aumenta la loro vicinanza a Cristo, con tutto ciò che può conseguirne (anche un "miracolo"). È chiaro che, sulla base di quanto detto, il suffragio non va a beneficio di un singolo, ma di tutti quelli che sono in Purgatorio e in Paradiso, cioè di tutti i morti salvati da Dio. Ecco perché la Chiesa cattolica non celebra mai eucaristie per i singoli, ma in ogni celebrazione eucaristica intercede per tutti i defunti.

Tutto quanto sopra, peraltro, rientra nella spiegazione tradizionale cattolica del suffragio come un attingere al "tesoro dei meriti" della Chiesa e della comunione dei santi come fondamento dell’efficacia dei suffragi e dell’"adimrabile commercium". Ed è anche assai vicino a quanto sostenuto dal Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium, dove si afferma che "la Chiesa dei viatori riconoscendo benissimo questa comunione di tutto il corpo mistico di Gesù Cristo, fino dai primi tempi della religione cristiana, coltivò con grande pietà la memoria dei defunti" (n. 50).

Pensare al Purgatorio e al Paradiso come alle due fasi del processo di comunione cristica ultraterrena, che cresce fino alla pienezza e perfezione, appare dunque in linea non solo con i dati biblici, ma anche con alcune attestazioni della Sacra Tradizione e del Magistero.