CAPITOLO SECONDO

CRISTO UNICA VIA DELLA SALVEZZA

 

 

PERCHÉ UN’UNICA VIA

 

 

Che la salvezza degli uomini è opera di Gesù Cristo e avviene per mezzo di lui è attestato da numerosi passi del Nuovo Testamento. Vi sono innanzitutto tutti quei luoghi in cui si afferma che Cristo è "salvatore": Gv 4, 42; At 5, 31; Fil 3, 20; 1 Tm 4, 10; 2 Tm 1, 10; Tt 1, 4; 2, 13; 3, 6; 1 Gv 4, 14; 2 Pt 2, 20; 3, 2.18. La seconda Lettera a Timoteo afferma che "la salvezza è in Cristo Gesù" (2 Tm 2, 10); la Lettera agli Ebrei che Cristo "guida alla salvezza" (Eb 2, 10); gli Atti degli Apostoli che "per la grazia del Signore Gesù siamo salvati" (At 15, 11). Alcuni passi dicono poi esplicitamente che noi siamo salvati "per mezzo di Cristo" (1 Ts 5, 9; Gd 25; 1 Gv 4, 9) e che il mondo si salva "per mezzo di lui" (Gv 3, 17). Nel quarto Vangelo viene usata anche la metafora della porta: Cristo è la porta per le pecore: chi entra attraverso di lui sarà salvo (Gv 10, 7.9). Nella seconda Lettera a Timoteo si afferma che la grazia di Dio "ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità" (2 Tm 1, 9).

Vi sono poi i passi biblici attestanti che la nostra risurrezione sarà opera di Cristo "nell’ultimo giorno" (Gv 6, 44.54) e avviene "in Gesù" (At 4, 2). Egli stesso afferma di essere "la risurrezione e la vita" (Gv 11, 25).

Il legame profondo di Cristo con la vita è attestato anche in altri passi del Vangelo di Giovanni (Gv 10, 10; 14, 6) e nella prima Lettera ai Corinzi, secondo cui "tutti riceveranno la vita in Cristo" (1 Cor 15, 22). In altri luoghi si parla di vita eterna: Cristo darà "la vita eterna a tutti coloro che [Dio gli ha] dato" (Gv 17, 2); Dio dona la vita eterna "in Cristo Gesù" (Rm 6, 23); in Cristo è la vita eterna (1 Gv 5, 11); Cristo è la vita eterna (1 Gv 5, 20); vi è una "giustificazione per la vita eterna in forza di Cristo Gesù" (Rm 5, 17).

Non può dunque esservi alcun dubbio, rileggendo tutti questi passi, che la salvezza sia opera di Gesù Cristo; tanto che la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II Lumen Gentium (1964) definisce Cristo "autore della salvezza" (LG n. 9).

Vi sono poi altri luoghi del Nuovo Testamento che specificano chiaramente che la salvezza operata da Cristo è per tutti, è universale. Mi riferisco ai passi della Lettera ai Romani in cui si afferma che per l’opera di Cristo "si riversa su tutti gli uomini la giustificazione" (Rm 5, 18) e "tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5, 19). E ancora a quei passi attestanti che Cristo ha dato se stesso "in riscatto per tutti" (1 Tm 2, 6), che il suo sangue ha riscattato per Dio "uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione" (Ap 5, 9). E infine alle attestazioni che Cristo è morto e ha dato se stesso "per tutti" (Rm 8, 32; 2 Cor 5, 15; Eb 2, 9) e "tutti riceveranno la vita in Cristo" (1 Cor 15, 22). Alle quali si può aggiungere il passo della Lettera agli Efesini, secondo cui per mezzo di Cristo i pagani e i giudei hanno "libero accesso al Padre in un solo Spirito" (Ef 2, 18).

Queste numerose affermazioni bibliche sull’universalità della salvezza operata da Cristo trovano diversi riscontri nel Magistero cattolico a partire dal Concilio Vaticano II. Nella Lumen Gentium leggiamo che Dio "ha costituito Cristo principio della salvezza per il mondo intero" (n. 17). L’enciclica Redemptor Hominis (1979) di Giovanni Paolo II afferma che "ogni uomo senza eccezione alcuna è stato redento da Cristo" (RH n. 14). Lo stesso Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Missio (1990) ribadisce che "per tutti – giudei e gentili – la salvezza non può venire che da Gesù Cristo" (RM n. 5) e che la salvezza per tutti è la salvezza di Cristo, "in virtù di una grazia che […] proviene da Cristo" (n. 10). Nel documento del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli Dialogo e Annuncio: riflessioni e orientamenti sul dialogo interreligioso e l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo (1991) si legge che "tutti gli uomini e tutte le donne che sono salvati partecipano, anche se in modo differente, allo stesso mistero di salvezza in Gesù Cristo per mezzo del suo Spirito. I cristiani ne sono consapevoli, grazie alla loro fede, mentre gli altri sono ignari che Gesù Cristo è la fonte della loro salvezza. Il mistero di salvezza li raggiunge, per vie conosciute da Dio, grazie all’azione invisibile dello Spirito di Cristo" (DA n. 29). Nell’esortazione apostolica postsinodale di Giovanni Paolo II Ecclesia in Asia (1999) leggiamo: "Dal primo istante del tempo sino all’ultimo, Gesù è il solo mediatore universale. Anche per quanti non professano esplicitamente la fede in lui quale Salvatore, la salvezza giunge da lui come grazia, mediante la comunicazione dello Spirito Santo" (n. 14).

Questi dati biblici e queste attestazioni magisteriali portano dunque ad affermare che tutti gli uomini, di ogni tempo e luogo, sono salvati da Cristo. Ma vi sono altri dati e altre attestazioni che affermano, ancora più esplicitamente e chiaramente, che Cristo è l’unica via della salvezza per tutti, cioè che non ci sono altre vie di salvezza e altri salvatori. Il Vangelo di Giovanni ci dice che "nessuno va al Padre se non per mezzo di Cristo" (Gv 14, 6). Gli Atti degli Apostoli attestano che "non c’è altro nome dato agli uomini […] nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4, 12). La Lettera ai Romani afferma che quelli che saranno salvati "regneranno nella vita a causa del solo Gesù Cristo" (Rm 5, 17) e tutti saranno giustificati "per l’opera di giustizia di uno solo" (Rm 5, 18), "per l’obbedienza di uno solo" (Rm 5, 19).

Vi sono poi i luoghi biblici in cui Cristo è definito chiaramente come il solo mediatore tra Dio e gli uomini (1 Tm 2, 5; Eb 8, 6; 9, 15; 12, 24). E a conferma di ciò si attesta in altri passi che Cristo è apparso "una volta sola" (Eb 9, 26), è morto "una volta per sempre" (Eb 10, 10; 1 Pt 3, 18), è morto "una volta per tutte" (Eb 7, 27; 9, 28), che c’è stata "un’unica oblazione" in Cristo (Eb 10, 14) e che "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (Eb 13, 8).

L’unicità di Gesù Cristo come via e causa della salvezza per tutti gli uomini è ribadita dal Magistero cattolico. La Lumen Gentium afferma che Cristo è l’unico mediatore (n. 14 e n. 60) e l’unica via della salvezza (n. 14). La Redemptor Hominis sostiene che "solo in Lui, Figlio di Dio, c’è salvezza" (n. 7).

Ritengo che a questo punto si debba andare più a fondo, per cercare di capire perché il Cristo è l’unica via della salvezza per tutti gli uomini, di ogni luogo, tempo, cultura e religione. La risposta a questa domanda è, infatti, possibile e si può articolare su tre livelli, relativi al rapporto tra Cristo e il Verbo, tra Cristo e lo Spirito Santo, tra Cristo e Dio.

Il Verbo era fin dal principio (Gv 1, 1). Egli è la luce "che illumina ogni uomo" (Gv 1, 9). Questa luce è donata dunque a tutti, in ogni luogo e tempo. E la luce del Verbo non incarnato (Gv 1, 4) è la stessa luce del Verbo che si è fatto carne (Gv 1, 14). Non si possono separare il Verbo e Gesù Cristo. Ciò è affermato con forza da Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio: "È contrario alla fede cristiana introdurre una qualsiasi separazione tra il Verbo e Gesù Cristo" (n. 6). Secondo alcuni teologi, invece, il Verbo si è incarnato non solo in Gesù, ma in diversi altri. È questa la proposta avanzata da R. Panikkar.1 Proposta seguita da alcuni teologi nordamericani, come W. C. Smith, D. Cupitt, J. Macquarrie, T. Hall. Per quanto appena detto, la ritengo una posizione inaccettabile. Ammettere una pluralità di incarnazioni significherebbe, tra l’altro, svuotare la funzione stessa del Cristo come principio teandrico, di unione tra Dio e l’uomo.

Non v’è dubbio che prima dell’incarnazione agiva il Verbo, luce per tutti gli uomini; né che tutte le religioni contengono elementi "di verità e di grazia" (Ad Gentes n. 9) seminati in esse dal Verbo; né che tuttora il Verbo continua a operare nelle religioni e nelle culture. Ma tutto ciò non autorizza a pensare che ci sono vie di salvezza diverse da Cristo, per il semplice motivo che questo Verbo, che ha operato e tuttora opera ovunque, è Cristo stesso. Come sintetizza De Rosa, se il Verbo è Cristo e lo Spirito è di Cristo, "non si può dunque affermare che il Verbo e lo Spirito agiscono distintamente da Gesù, il Verbo incarnato, sia prima che dopo l’incarnazione".2

Quest’ultima citazione ci introduce al motivo di fondo che dà ragione del perché Cristo è l’unica via della salvezza per tutti gli uomini: lo è perché lo Spirito Santo è lo Spirito di Cristo. La lettura comparata di alcuni passi biblici ci mostra che lo Spirito Santo, che è negli uomini (Gv 14, 17; Rm 5, 5; 8, 9.11; 14, 15.23.26; 15, 16; 1 Cor 2, 12; 3, 16; 6, 19; 2 Cor 1, 22; 5, 5; Gal 3, 2; 6, 1; Ef 1, 13; 2, 22; 1 Ts 4, 8; 2 Tm 1, 14; Gc 4, 5; 1 Gv 2, 20.27; 3, 24; 4, 13), che è dato a tutti gli uomini (At 2, 17; 10, 44-45; 2 Cor 13, 13) e che "darà la vita" ai nostri corpi mortali (Rm 8, 10-11), è lo Spirito di Cristo (Gv 3, 34; Rm 8, 9; 2 Cor 13, 5; Gal 4, 6; Ef 3, 17; Fil 1, 19; 1 Pt 1, 10-11). Leggiamo anche nella Redemptoris Missio che "quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e nelle religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica e non può non avere riferimento a Cristo, Verbo fatto carne per l’azione dello Spirito" (n. 29). Nella stessa enciclica Giovanni Paolo II afferma che "gli uomini non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l’azione dello Spirito" (n. 5).

Sul versante teologico, oltre al già citato passo di G. De Rosa, si possono citare due passi di J. Dupuis: "lo Spirito può giustamente essere chiamato, nel corso di tutta la storia della salvezza, lo "Spirito di Cristo""; 3 "è nell’opera dello Spirito che l’evento puntuale di Gesù Cristo è attivato e diviene operante nel tempo e nello spazio".4

Abbiamo fin qui visto che Cristo è l’unica via della salvezza per tutti, di ogni tempo e luogo, perché il Verbo non incarnato è lo stesso Verbo incarnato e perché lo Spirito Santo è lo stesso Spirito di Cristo. Il terzo motivo (ma non meno importante) è che Cristo è Dio. Lo hanno affermato solennemente i Concilii di Nicea (325), di Calcedonia (451) e di Costantinopoli II (553). E vi sono diversi luoghi biblici a sostegno di questa attestazione: la risposta di Gesù ai giudei: "prima che Abramo fosse, io sono" (Gv 8, 58); la gloria di Gesù presso il Padre "prima che il mondo fosse" (Gv 17, 5); l’attestazione ripetuta di Cristo di essere "una cosa sola" con il Padre (Gv 10, 30; 17, 22), di essere nel Padre e il Padre in lui (Gv 14, 10.20; 17, 21); le affermazioni che Cristo "era fin da principio" (1 Gv 1, 1), è "immagine di Dio" (2 Cor 4, 4; cfr. Col 1, 15) e "in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" (Col 2, 9). Se cristo è Dio e se Dio "è il salvatore di tutti gli uomini" (1 Tm 4, 10) e la grazia di Dio è "apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2, 11), ecco il terzo motivo per cui Cristo è l’unico e il solo salvatore di tutti.

Secondo Dupuis, "continua a esservi un’azione distinta del Lógos ásarkos" 5 e inoltre "esiste pure l’azione salvifica di Dio mediante la presenza universale dello Spirito, sia prima che dopo l’evento storico di Gesù Cristo".6 E pertanto, "anche altre "figure salvifiche" […] possono essere "illuminate" dal Verbo o "ispirate" dallo Spirito a divenire indicatori di salvezza per i loro seguaci, conformemente al disegno complessivo di Dio per l’umanità".7 È da precisare che, secondo lo stesso Dupuis, Cristo è "causa" di salvezza "per l’intera umanità" 8 e "l’evento della morte-risurrezione [di Cristo] dà accesso a Dio a tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro situazione storica".9 Credo sia chiaro che, se l’unica via della salvezza è Cristo, si può parlare di altre "figure salvifiche" solo in quanto "indicatori di salvezza"; e si può parlare di "indicatori" solo in quanto indicano che gli uomini possono essere salvati, ma non in quanto rivelano che la salvezza degli uomini è opera loro o avviene per mezzo di loro. Tuttavia, le religioni, oltre a indicare che vi è una salvezza, aiutano, con i loro precetti e i loro culti, a percorrerne la via. Questa via è la via di Cristo, e rimane tale anche se le religioni non cristiane lo ignorano o lo negano. Ritengo sia questo il senso profondo della celebre frase di san Paolo agli ateniesi: "Passando e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Ebbene, colui che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio" (At 17, 23).

 

 

NOTE

  1. Panikkar R., The Unknown Christ of Induism, Orbis Book, Maryknoll / New York, 1964; trad. it., Il Cristo sconosciuto dell’Induismo, Vita e Pensiero, Milano, 1970.

  2. De Rosa G., Una teologia problematica del pluralismo religioso, in Civiltà Cattolica, III, 1998, pag. 142.

  3. Dupuis J., Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia, 1997, pag. 406.

  4. Ibidem, pag. 281.

  5. Ibidem, pag. 404.

  6. Ibidem, pag. 403.

  7. Ibidem, pag. 403.

  8. Ibidem, pag. 382.

  9. Ibidem, pag. 520.