L’UNITÁ "VISIBILE" DEL POPOLO DI DIO NELLA CHIESA

 

 

Il Vangelo di Giovanni attribuisce a Cristo lo scopo di "riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Gv 11, 52). Il Magistero cattolico attesta che Cristo è stato mandato dal Padre per "radunare insieme" (LG n. 13), per "radunare in unità" ((UR n. 2), per "riunire nell’unico corpo di Cristo" (AG n. 7), per "l’unità" (UUS n. 6) di tutti i figli di Dio, di tutto il genere umano.

Condurre ad unità tutto il popolo di Dio è scopo centrale della venuta di Cristo nella carne.

La Chiesa cattolica sente come proprio questo compito dell’unità del popolo di Dio. Leggiamo nella Ut Unum Sint che "Dio vuole la Chiesa perché Egli vuole l’unità" (UUS n. 9). E il Concilio Vaticano II aveva affermato nella Lumen Gentium che la Chiesa "lavora, affinchè l’intera massa degli uomini diventi Popolo di Dio, Corpo mistico di Cristo e Tempio dello Spirito Santo" (LG n. 17); e nella Gaudium et Spes che la Chiesa ha la missione "di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini, di qualunque nazione, razza e civiltà" (GS n. 92).

Ma quest’ultimo passo della Gaudium et Spes deve, a mio avviso, cominciare a far riflettere sul senso vero di tutte le attestazioni bibliche e magisteriali sull’unità.

Non c’è dubbio che intenzione centrale di Cristo sia l’unità di tutti i figli di Dio, di ogni tempo, luogo e cultura. Ma questa unità non può essere unità "visibile" nella storia. Una simile unità visibile di tutti gli uomini vissuti nello stesso tempo non c’era ai tempi di Gesù, non c’è oggi e non sappiamo se ci sarà mai. Gli uomini sono e sono sempre stati divisi tra loro, da diversità di comportamenti (si pensi alla prima diversità tra Abele e Caino), di riti, di culti, di dottrine, di credenze, di religioni, di culture; oltre poi alle diversità etniche, economiche, sociali, istituzionali.

L’unità visibile di tutti gli uomini che costituiscono il popolo di Dio non c’è e non è stata realizzata neanche nella Chiesa storica e visibile. E ciò per il semplice motivo (a parte le divisioni tra i cristiani stessi) che, se della Chiesa visibile fanno parte i cristiani, non vi fanno parte i non cristiani, che pertanto sono fuori da essa, separati, divisi.

Ma questi "non cristiani", come abbiamo visto, fanno parte del popolo di Dio. Non solo, ma il Magistero cattolico, come abbiamo visto, afferma che Cristo si è incarnato, è morto ed è risorto perché "tutto il genere umano costituisca un solo popolo di Dio" (AG n. 7) e afferma che compito della Chiesa di Cristo è di "radunare in un solo Spirito tutti gli uomini" (GS n. 92).

Tutto ciò pone evidentemente un problema. Come può la Chiesa riunire tutti gli uomini, se continua a riunire solo una parte degli uomini (e tra l’altro non la maggior parte)?

Credo che questo problema sia il problema centrale della Chiesa oggi e che non si possa continuare ad eluderlo. E credo che la soluzione a questo problema ci sia e sia solo una: poiché l’unità degli uomini non può oggi essere visibile nella storia e nel mondo, essa deve diventare visibile "nella" Chiesa. Ciò accadrà se la Chiesa, oggi "visibile" come Chiesa dei cristiani, diventa "visibile" come Chiesa dei cristiani e dei "non cristiani".

Se la Chiesa cattolica rimanesse sempre Chiesa solo dei cattolici, divisa dalle altre confessioni e dalle altre religioni, l’unità visibile nella storia non ci sarebbe mai. Se la Chiesa, invece, rendesse visibile l’unità degli uomini in se stessa, compirebbe il primo passo verso una possibile unità futura. Credo che tocchi proprio alla Chiesa cattolica compiere questo primo passo, perché gli altri non sembrano avere gli strumenti biblici, magisteriali e teologici per farlo. E perché, se non lo farà, rischierà di non poter mai realizzare quel compito che essa stessa si è affidato (cfr. LG n. 17; GS n. 92; UUS n. 9).

Riporterò alcuni passi magisteriali che si possono facilmente interpretare, credo, come un sostegno, anche indiretto, a questa proposta.

Leggiamo, intanto, nella Lumen Gentium che "tutti gli uomini sono chiamati a formare il Popolo di Dio" (LG n. 13). Nel popolo di Dio, che altrove è chiamato popolo della Nuova Alleanza ed è sempre identificato con la Chiesa (UR n. 2), dovrebbero cioè entrare "tutti" gli uomini. Anche se l’espressione "sono chiamati" si può collegare all’azione missionaria della Chiesa, tuttavia si deve osservare che questa azione non può cessare nel momento in cui quelli che sono chiamati non rispondono. Occorre che la Chiesa continui a chiamarli, non solo chiedendo l’adesione al Vangelo del Cristo che li salva, ma anche annunciando di essere la loro Chiesa malgrado il loro rifiuto a questa adesione. La chiamata della Chiesa, oggi, non può limitarsi a chiedere la conversione degli altri, ma deve anche mostrare la propria piena conversione al disegno salvifico universale di Dio. Scrive Canobbio che "se nel mondo non ci fosse la Chiesa [...], non si attuerebbe il piano di Dio, che consiste nel riunire tutti gli uomini "nell’unico popolo di Dio […], nell’unico corpo di Cristo"". 1

Occorre poi rilevare come l’espressione della Gaudium et Spes "radunare in un solo Spirito tutti gli uomini" (n. 92) lasci supporre che non si tratti di un raduno "fisico", bensì "spirituale"; cioè, che la missione della Chiesa non sia propriamente quella di un raduno di singole persone di diversa provenienza, ma quella di un raduno "di tutti gli uomini" in quanto hanno ricevuto "un solo Spirito", che è lo Spirito di Cristo. E dato che questo Spirito lo hanno ricevuto e lo ricevono anche i non cristiani, la missione della Chiesa non può ridursi al raduno dei cristiani e dei convertiti a Cristo.

Nel decreto conciliare Unitatis Redintegratio i padri conciliari affermano che "l’unità dell’unica Chiesa che Cristo fin dall’inizio donò alla sua Chiesa […] crediamo sussistere, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica" (UR n. 4). Si parla di un’unica Chiesa, si dice che in questa Chiesa vi è unità e si afferma che questa unità "sussiste nella" Chiesa cattolica. Anche questo passo può essere interpretato come attestante che l’unità del popolo di Dio non può che essere "nella" Chiesa cattolica.

Nel Catechismo della Chiesa cattolica si afferma che il popolo discendente da Abramo sarà "chiamato a preparare la ricomposizione, un giorno, nell’unità della Chiesa, di tutti i figli di Dio" (CCC n. 60). Si potrebbe intendere che la ricomposizione di cui si parla sia quella escatologica, e che dunque compito della Chiesa sia di prepararla. Come scrive Bruno Forte, nella Chiesa "si offre già l’inizio e la caparra del Corpo di Cristo escatologico". 2 Tuttavia, non si potrebbe evitare una domanda: come può la Chiesa preparare l’unità escatologica, come può essere caparra di tale unità che comprende tutti, se non diventa la Chiesa di tutti? Se la Chiesa – come scrive Umberto Casale – "è nel mondo come suo anticipato futuro di riconciliazione" 3, come può continuare a vivere un presente non riconciliato?

Sempre nel Catechismo della Chiesa cattolica leggiamo: "La convocazione della Chiesa è, per così dire, la reazione di Dio di fronte al caos provocato dal peccato. Questa riunificazione si realizza segretamente in seno a tutti i popoli" (CCC n. 761). Vi è dunque una riunificazione di tutti gli uomini che "si realizza segretamente"; non è, cioè, la riunificazione prodotta dall’attività missionaria della Chiesa. Ma allora, come può la Chiesa essere al servizio solo di quest’ultima? Se l’altra riunificazione è nel disegno di Dio, non porsi anche al servizio di essa significa non essere pienamente la Chiesa di Dio.

Vi è infine un passo del Magistero cattolico che sembra affermare chiaramente che l’unità di tutti gli uomini è "nella" Chiesa: "Il Padre ha voluto convocare l’intera umanità nella Chiesa del Figlio suo" (CCC n. 845). Se Dio ha convocato l’intera umanità nella Chiesa, la Chiesa deve convocare e deve abbracciare l’intera umanità, non solo una parte di essa, costituita dai convertiti al cristianesimo.

Né si può pensare che la Chiesa debba convocare ad uno ad uno tutti gli uomini; perché si sta parlando di una convocazione già avvenuta da parte di Dio: Dio "ha voluto convocare". Se Dio ha voluto convocare tutti gli uomini "nella Chiesa", è necessario che la Chiesa si percepisca e si autocomprenda come "Chiesa nella quale Dio ha convocato" tutti gli uomini, e non soltanto come "Chiesa la quale convoca" tutti gli uomini.

Il Concilio Vaticano II ha affermato che tutti i giusti della terra, anche quelli che ignorano Cristo e la sua Chiesa, contribuiscono a costruire il Regno di Dio. Ma allora, se la Chiesa cerca fino in fondo questo Regno, non può non trovarvi i giusti non cristiani, perchè non ci sono due o più Regni di Dio, dato che il popolo di Dio è uno e il corpo di Cristo è uno.

L’unità del popolo di Dio, in conclusione, non può essere oggi che nella Chiesa.

Non essendo questa unità "visibile" nella storia degli uomini, così piena di divisioni, e continuando tuttavia a restare compito irrinunciabile della Chiesa, essa deve diventare "visibile" nella Chiesa stessa.

Unità "visibile" nella Chiesa non significa appartenenza visibile di tutti alla Chiesa. Non è pensabile che possa avvenire questo; nè che i non cristiani si convincano che sono i "cristiani anonimi" di cui parla Rahner. Unità "visibile" nella Chiesa significa che la Chiesa stessa deve diventare "visibile" non più come Chiesa solo dei cristiani, ma come Chiesa popolo di Dio, come Chiesa di tutti gli uomini amati da Dio, come Chiesa dei cristiani e dei "non cristiani".

Una Chiesa veramente e pienamente cattolica non può continuare a rinunciare a questa visibilità, a questa grandezza che le è propria, a questa luce che può venire solo da Cristo, perché è lo stesso Cristo a dire: "Risplenda la vostra luce davanti agli uomini […], perché rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5, 16).

 

 

NOTE

  1. Canobbio G., Chiesa perché. Salvezza dell’umanità e mediazione ecclesiale, ediz. San Paolo, Cinisello Balsamo, 1994, pagg. 155-56.

  2. Forte B., La Chiesa della Trinità, ediz. San Paolo, Cinisello Balsamo, 1995, pag. 156.

  3. Casale U., Il Mistero della Chiesa, Elle Di Ci, Leumann (TO), 1998, pag. 347.