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RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 

 

Recensioni bibliografiche 2003  

 

Recensioni tratte da  "Il Sole 24 ore" di domenica 6 febbraio 2005 su Bioetica e Biopolitica. 
  Recensioni bibliografiche 2004 

   

Recensioni dalla stampa 2003 - Articolo di Evandro Agazzi su 'cattolici e referendum' e sui rapporti tra etica e diritto relativamente ai contenuti della legge 40. 

(dal Domenicale de "Il sole 24 ore" del 6 febbraio 2005)

Sul sito www.chiesa.espressonline.it/dettaglio.jsp?id=22149 è disponibile il "Documento dei cattolici del sì", un documento di grande saggezza e moderazione, ma assai deciso nell'affermare, in contrasto con le indicazioni della Cei, la volontà di recarsi alle urne e votare sì. (...) Il domenicale del Sole-24 Ore, nel corso degli anni, anche in vista di interventi legislativi più volte annunciati e che tardavano a venire, ha cercato di suscitare per tempo un dibattito sui principi e i valori della bioetica. In tema di fecondazione assistita il 1° marzo del 1998 ha pubblicato un manifesto stilato da Cinzia Caporale, Armando Massarenti, Angelo M. Petroni e Stefano Rodotà (...). Era il seguito di un ampio dibattito iniziato nel 1996 con la pubblicazione del <<Manifesto di bioetica laica>> nel quale si enunciavano i principi laici sui quali, secondo gli estensori, il mondo cattolico avrebbe potuto convergere. Il filosofo cattolico Evandro Agazzi scrisse anche una anticipazione dei contenuti del documento del Comitato nazionale per la bioetica sullo <<Statuto ontologico dell'embrione>> (1996), dai toni assai più ponderati e aperti rispetto a quelli poi adottati dal Cnb (per l'intero dibattito: http://xoomer.virgilio.it/flamusa/manifest.htm ). 

 

-Recensione di Maurizio Ferraris del libro di Roberto Esposito, "Bios. Biopolitica e filosofia". 

Roberto Esposito, <<Bios. Biopolitica e filosofia>>, Einaudi, Torino, 2004, pagg. 216, euro 18.50. 

"Hitler e il paradigma immunitario". Gli orrori nazisti nel libro di Roberto Esposito.

(dalla recensione di Maurizio Ferraris)

<<(...)  Come si arriva a questi estremi? Roberto Esposito, con una documentata e appassionata ricostruzione storico-teorica, ci mette sulla pista giusta, con un lavoro che non ha equivalenti nel panorama filosofico contemporaneo, nemmeno in Foucault, che pure ne costituisce il presupposto. Dietro al nazismo non ci sono i cattivi maestri dell'irrazionalismo tedesco, come diceva Lukacs, la strada che dal tardo Schelling porta a Nietzsche e ad Heidegger. Ci sono medici e biologi, studiosi della degenerazione e probi terapeuti (notoriamente le prime serie misure contro il fumo furono prese nella Germania di Hitler, mentre in America si fumava che era un piacere), e non solo tedeschi, ovviamente. Darwiniani inglesi, positivisti francesi, sembrano tutti concentrati, dalla seconda metà dell'ottocento in avanti, nello sviluppare quello che Esposito formalizza in modo persuasivo e originale come un paradigma immunitario: bisogna difendere la società dai parassiti così come si deve difendere l'organismo dai virus, e prevenire le infezioni con quelli che tanto esattamente si chiamano "antibiotici". Dunque, la storia non finisce lì, nel maggio del '45, proprio perchè non era incominciata, poniamo, nel '33. E qui, a mio parere, si aprono tanti spunti di riflessione, sul passato e sul presente, e magari anche sul futuro della politica. Tra i moltissimi suscitati da un libro così denso vorrei ricordarne almeno uno. 

E' una domanda che tante volte mi è venuta in mente leggendo Foucault, e che mi permetto ora di rivolgere a Esposito. Le indagini genealogiche sono per la loro stessa natura spregiudicate (ed Esposito è stato anche studioso di Machiavelli), ci insegnano a non chiudere gli occhi di fronte a delle evidenze imbarazzanti, come per esempio il paradigma Sangue-e-Terra che sta alla base non solo del nazismo, ma anche di regimi più miti e a noi prossimi (quando il medico di Berlusconi lo definisce "tecnicamente immortale", a che gioco sta giocando? E che c'entra con la politica? O meglio, che c'entra, che c'entra con una politica "giusta"?). Bisogna saperlo e bisogna tenerne conto, ci ricorda Esposito. Ma bisogna anche, io credo, giudicare, e riconoscere che l'appello al bios in politica è magari una naturale tendenza umana, come la metafisica secondo Kant, ma costituisce comunque qualcosa che è meglio tenere a freno, per l'appunto con gli utili (non dico "sani", per non ricadere nella biocrazia) strumenti della democrazia, del formalismo, dei diritti. Tipicamente, la spregiudicatezza di Foucault, un certo suo compiacimento, non fu mai innocente, se lo portò ad essere gollista nel Sessantotto e sostenitore degli Ayatollah nel Settantasette. Ora, se assumiamo - come a volte sembra fare Esposito - che davvero l'epoca dei diritti e della forma è definitivamente tramontata di fronte alla vita, allora c'è poco da ridere, e alla domanda <<che fare?>> si sostituisce l'asserzione perentoria e rassegnata:<<Che ci possiamo fare? E' la vita>>. 

                 Rivista Frenis Zero
                  Maitres à dispenser - Recensione di Sebastiano Maffettone del libro di Michel Foucault, <<Naissance de la Biopolitique>>. 

Michel Foucault, <<Naissance de la Biopolitique>> (Cours au College de France 1978-1979), Gallimard, Paris, 2004, pagg. 356, euro 25,00. 

"Hayek e Becker visti da Foucault".

(dalla recensione di Sebastiano Maffettone)

<<(...) Il tema di fondo del corso sulla biopolitica rimane, in realtà, quello tradizionale per Foucault del rapporto tra governo degli uomini e sovranità politica. E il metodo resta quello squisitamente foucaultiano di partire dalle pratiche concrete per poi passare gli universali <<alla griglia di queste pratiche>>. Ma metodo e oggetto fondamentale incontrano la biopolitica su un terreno che stupisce il lettore fin dall'inizio del libro, quello dell'economia politica. La biopolitica per Foucault altro non è in queste pagine che il pensiero dell'economia politica che si fa stato. E il liberalismo è il figlio di questo matrimonio audace. La storia critica dell'economia politica nell'età liberale viene a lungo e talvolta minuziosamente ripercorsa nelle pagine del corso 1978-79 sul fronte tedesco e quello americano, considerando la Francia come un Paese debitore di queste due culture economiche e politiche.

L'elemento che accomuna i vari neoliberalismi è costituito da una costante "fobia di stato". Anche se la scuola di Friburgo in Germania, da Eucken a Hayek, presenta il liberalismo come una sfida a Beveridge e alla dottrina keynesiana l'esercizio del sospetto è ampiamente motivato dal fatto del Nazismo. L'equazione di sfondo è <<il piano Beveridge è l'anticamera  del piano Goering>>. Negli Stati Uniti, ovviamente, questo retroterra manca, anche se è presente l'anti-keynesianesimo maturato nel tempo del New Deal.  Il cuore del neoliberalismo americano, da Simon a Becker nell'ambito della scuola di Chicago, è costituito dalla teoria del capitale umano. Quest'ultima viene originalmente interpretata da Foucault come una rilettura dell'economia classica che enfatizza il fattore produttivo "lavoro", in maniera sostanzialmente alternativa a Marx. Centrale in questa ricostruzione appare il ruolo di Hayek, l'economista a cavallo tra la "scuola tedesca" e la "scuola americana". problematica risulta infine la fondazione dello stato dell'orizzonte neoliberale così tratteggiato>>.

 

 

 

 

 

 

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