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LA RISCOPERTA DELLA MENTE

 

Recensioni bibliografiche 2005

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 Recensione di Diego Marconi sul libro di Tyler Burge <<Linguaggio e mente>>, apparsa su "Il Domenicale" de "Il Sole 24 ore" del 22.01.2006. 

Novità - News

 

 

 

 

 

Tyler Burge, <<Linguaggio e mente>>, a cura di Alfredo Paternoster, De Ferrari Editore, Genova, 2005, pagg. 144, euro 12,00.

 

 

 

    

Recensioni dalla stampa 2003

 

    Foto: Ludwig Wittgenstein

 

 

 

                                                           
                 Rivista Frenis Zero C'era una volta la filosofia del linguaggio classica, quella di Frege, di Russell e del Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein. Era un'impresa di demolizioni e pulizie intellettuali: si trattava di comprendere il funzionamento del linguaggio per smontarne le trappole e smascherarne gli inganni; si trattava di cogliere l'espressione dei pensieri "guardando attraverso" la superficie fuorviante della forma grammaticale. A questo modo si sarebbero dissipate le confusioni di cui la filosofia si era sempre alimentata, e i "presunti" problemi filosofici sarebbero svaniti.

Wittgenstein pensava che si sarebbe allora visto quanto poco importava che quei problemi non ci fossero più; Frege e Russell, invece, pensavano che ne avrebbe tratto vantaggio la scienza, e quindi l'umanità. I neopositivisti - i filosofi del Circolo di Vienna - erano d'accordo con Frege e Russell, e avrebbero integrato le loro analisi in un grandioso progetto di riedificazione del sapere. Tutte le cose che si dicono, tutte le proposizioni, andavano divise in due categorie: quelle insensate e quelle sensate. Le prime - tra cui in primo luogo le proposizioni della metafisica - andavano eliminate. Tra le seconde, bisognava distinguere quelle che avevano un qualche contenuto empirico, ed erano quindi verificabili nell'esperienza, e quelle che non facevano altro che esprimere certe proprietà del linguaggio, e perciò erano vere a priori (o, come anche si diceva, erano verità analitiche). Le proposizioni dotate di un contenuto empirico costituivano le scienze naturali: si sarebbe dovuto far vedere che, in ultima analisi, erano complicate combinazioni di proposizioni molto semplici che esprimevano i dati elementari dell'esperienza. Le altre erano le proposizioni della logica e della matematica (veramente Wittgenstein aveva detto che le "proposizioni" della logica e della matematica erano prive di senso, ma lì, secondo i neopositivisti, aveva esagerato). Non era chiarissimo, in questo grande disegno, quale fosse lo stato dei discorsi attraverso cui si operava questa riorganizzazione e dei principi da cui doveva essere guidata, come il celebre principio di verificazione; ma molti pensavano che anche quelle fossero verità analitiche, che non facevano altro che esprimere i significati delle parole da cui erano costituite.

Parte più o meno da questo punto l'interessante ricostruzione del dibattito filosofico dal 1950 al 1990 nelle aree della filosofia del linguaggio e della mente proposta qualche anno fa dal filosofo americano Tyler Burge, ora tradotta in italiano e accompagnata da una non meno meritoria appendice di Alfredo Paternoster sugli ultimi quindici anni di discussioni. I filosofi analitici hanno fama di dire sempre le stesse tre o quattro cose sugli stessi tre o quattro argomenti: ma, in realtà, uno che si fosse addormentato intorno al 1950 e si svegliasse oggi stenterebbe a credere che filosofi come Jerry Fodor, o David Lewis, o lo stesso Burge siano in qualche modo gli eredi di Frege e del Tractatus.

                  Maitres à dispenser                                                  
 

 

 

 

 

Aveva lasciato un mondo in cui la metafisica era tabù, e la ritrova lussureggiante come neanche ai tempi di Duns Scoto. Gli enti mentali, e tutto ciò che sapeva di psicologia, erano stati banditi per sempre dal dominio della filosofia, e ora si parla a ogni pie' sospinto di pensieri, concetti e stati mentali. Era sembrato che fare filosofia quasi coincidesse con la costruzione di sistemi formali, e ora di forme logiche si parla quasi solo nei dipartimenti di Linguistica. Soprattutto, la filosofia del linguaggio era al centro, o alla base, della filosofia, e ora si ritrova ridotta a disciplina <<di nicchia>> (come dice Paternoster), mentre la filosofia della mente, che all'inizio degli anni Cinquanta era poca cosa, occupa una posizione di primo piano (anche se, come giustamente osserva Burge, niente ha sostituito la filosofia del linguaggio nel suo ruolo di disciplina filosofica fondamentale).

Da che cosa è stato determinato questo tsunami intellettuale?Secondo Burge, un ruolo importante spetta al pensiero del filosofo americano Willard V.O. Quine: mettendo in discussione la distinzione tra verità "logiche" (derivanti dal solo significato delle parole) e verità fattuali, Quine riabilitò la discussione sui principi, che non dovevano più essere considerati mere tautologie ma potevano essere visti come asserzioni sostanziali sul mondo; e quindi riabilitò la metafisica, che si occupa di accertare quei fatti necessari che trovano espressione nei principi. Quine stesso non era entusiasta di questa conseguenza della sua opera di demolizione delle tesi centrali del neopositivismo; ma altri filosofi molto influenti, come Saul Kripke, avrebbero reso intuitivamente plausibili questo e altri concetti metafisici.

Quanto al nuovo primato della filosofia della mente e al parallelo regresso della filosofia del linguaggio, Burge ne individua varie cause. Alcune sono dipese da sviluppi interni allo studio del linguaggio: è sembrato a un certo punto ad alcuni che si potesse comprendere come funziona il linguaggio solo interrogandosi sui pensieri che il linguaggio esprime; e questo ha aperto la porta a una teorizzazione filosofica sui pensieri (e sui concetti, che ne sono i costituenti) che, a mio parere, ha assunto spesso i dubbi tratti di una psicologia speculativa. Molto importante è stato anche il successo (dalla metà degli anni Settanta) del cosiddetto paradigma computazionale, cioé del punto di vista che assimila i processi cognitivi a elaborazioni di un computer. Grazie all'opera di Chomsky, il paradigma computazionale si sarebbe affermato in primo luogo nello studio del linguaggio, spodestando come psicologicamente irrealistici ed esplicativamente vuoti i modelli logico-matematici cari ai filosofi del linguaggio della generazione precedente. Il paradigma computazionale avrebbe restituito rispettabilità alle nozioni di stato mentale e processo mentale e all'idea stessa di mente: tutte cose che filosofi come Wittgenstein e Gilbert Ryle avevano relegato in una soffitta dominata dal busto di Cartesio.

Al di là di questo, non si deve dimenticare - e Burge ha ragione a sottolinearlo - che la filosofia del linguaggio dell'era classica si era impegnata a risolvere, o dissolvere, i problemi filosofici tradizionali; a un certo punto questa cambiale è stata portata all'incasso, ed è sembrato ( a torto o ragione) che il debitore fosse insolvente. Forse lo era davvero; o forse i filosofi sono talmente affezionati ai loro problemi che tendono a non dar retta a chi minaccia di sottrarglieli, si chiami pure Wittgenstein o Carnap.

Sottolineando quello che mi è parso il tema storiografico centrale di questo saggio, non vorrei aver dato l'impressione che esso sia tutto concentrato sulla transizione dall'epoca del neopositivismo all'attuale coacervo di ricerche che vanno sotto il nome, epistemologicamente poco impegnativo, di <<mente e linguaggio>>. In realtà il libro di Burge-Paternoster è una preziosa rassegna di problemi, ricerche e risultati anche recentissimi, dalla discussione su naturalismo e normatività alla riflessione sulla percezione, dal deflazionismo al contestualismo, dalla causalità mentale alla coscienza. E' quindi molto utile a chi sia interessato a capire come ha preso forma l'attuale, piuttosto disordinato panorama della filosofia analitica ( o del suo filone principale): dunque agli studenti di filosofia, ma sicuramente non solo a loro, se è vero, come dice Burge a pagina 1, che <<nella filosofia del linguaggio e della mente degli ultimi quarant'anni abbiamo assistito ad alcune delle discussioni più intense e intellettualmente feconde di qualsiasi dominio accademico dello stesso periodo>>.