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Curatore: András
Rényi
Anno: 2009
Edizione:
inglese
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SPAZI ANALITICI
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E' possibile tagliare una fetta
di spazio?
Sě, e poi ancora no.
Puň la vita essere tagliata a
pezzetti?
No. Ma poi ancora, ciň che la
rende un qualcosa di intero č il fatto che č fatta di "pezzi";
parti che non si possono mai adattare tra di loro senza cuciture.
La vita č piena di tagli, anche se dedichiamo una gran parte delle
nostre energie nel rendere i tagli impercettibili. Vorremmo
credere che la nostra vita č coerente, senza cuciture, con delle
cuciture che non si fanno vedere ed in cui tutto appare rifinito e
costruito logicamente. Le cuciture, comunque, sono persino piů
evidenti dei tagli. Ancor peggio, esse continuano a disfarsi,
sempre di piů. Esse sono ciň che si chiama i momenti pesanti della
vita; esse sono le situazioni in cui si vede di sfuggita la
struttura davvero divergente della vita dietro le cuciture e i
tagli, quando, invece di ciň a cui siamo abituati, vediamo
qualcosa che non č elaborabile, su cui nulla di durevole si puň
costruire.
Nelle installazioni di
Péter Forgács č la sottostante struttura della vita
ad essere evidente. Egli mostra la politica che getta la sua ombra
su tutto ciň che si trova negli strati della vita privata, mentre
in politica egli dirige l'attenzione sugli orizzonti esistenziali,
si concentra sul processo di socializzazione che č a portata di
mano ovunque nel mondo degli istinti, mentre egli scava attraverso
la cultura fino agli strati piů bassi degli istinti.
Nell'avvicinarsi a questi strati piů profondi, tuttavia, egli
sempre tira fuori una questione che si trova al centro di molte
installazioni: cos'č la personalitŕ? Quali sono i criteri per
definire l'identitŕ, e dove stabilirne i confini? Eppure, questo
circoscrivere dei confini č qualcosa che attiene al grande enigma
che č ciň in cui la personalitŕ ha le sue radici e che ha poco in
comune con la persona, e cioč l'individuo. Nelle installazioni di
Forgács si dispiega qualcosa che č indescrivibile in linea di
principio. Ciň che puň essere intravisto č qualcosa che
solitamente consideriamo essere invisibile. Il non
organizzabile (il caos) si mostra attraverso l'organizzato (il
cosmos), ma non in modo tale da distruggere l'ordine. Le
installazioni di
Péter Forgács
sono disturbanti; alcune sono sconvolgenti. Esse presentano una
grande sfida tanto emozionale quanto intellettuale. Si avverte
qualcosa di perturbante persino quando si vedono di sfuggita
tracce di ironia o di umorismo, ma ciň che č piů sconvolgente č lo
sguardo acuto che si fissa su di noi, gli spettatori, per tutto il
tempo in cui sostiamo nei suoi spazi e passiamo il tempo nelle sue
installazioni, ma che non č mai colto mentre ci fissa: qualcuno ci
sta guardando ma nessuno puň dire chi o da dove lo fa.
Lo sguardo ci invoca, persino ci sfida.
Forgács si aspetta che i suoi spettatori cooperino
attivamente disponendosi nello spazio; le sue installazioni
sollecitano un'attenzione dettagliata e a 360 gradi. Bisogna
entrare nel loro spazio, come uno spazio spirituale,
passo dopo passo. Esse sono proposte in modo meticoloso; gli
oggetti non creano una rete emozionale bensě logica. Gli
spettatori devono afferrare un sistema, ricostruire la volontŕ che
porta lo spazio ad essere. Essi devono ricostruire il gruppo degli
oggetti; quindi essi li fisseranno con lo stesso sguardo con cui
egli li aveva in precedenza fissati. Essi conservano la traccia
del percorso dei tagli di Forgács e allo stesso tempo riferiscono
a se stessi il curioso fluire e rifluire di ordine e caos.
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Le
installazioni di
Péter Forgács sono emozionalmente analitiche. Esse
sviscerano la vita al fine di riassemblarla in una nuova vita
"sottostante". In "Hungarian Video Art of Cooking" (1992), ad
esempio, nel processo del tagliare si origina uno spazio che nella
sua rotta rotatoria attraverso ciň che non č naturale diviene
naturale. Questo percorso rotatorio ricorda una spirale infinita.
Il pavimento č coperto d'erba naturale, sebbene sia tutt'altro
che naturale quando č all'interno dell'installazione posta in un
museo. Essa, comunque, apparirŕ naturale sullo schermo del monitor
che si trova in un angolo, su cui essa non č piantata come
elemento in un'installazione, ma come "erba". L'immagine sul
monitor, comunque, perde la sua naturalezza proprio perché viene
trasmessa, come qualcosa che appare sullo schermo televisivo.
Ugualmente, il monitor, essendo un aspetto del consumismo
quotidiano, č una parte naturale dell'ambiente quotidiano.
L'installazione tuttavia, come una fetta di vita, situa quella
naturalezza in un nuovo insieme di segni e di citazioni. E cosě
all'infinito - un infinito che appare anche nella continua
alternanza di esercizi yoga che continuamente interrompono la
trasmissione dell'erba "trasmessa".
Il
"naturale" viene messo in riferimenti a citazioni attraverso il
suo essere trasmesso, ma un simile destino attende lo stato
dell'essere trasmesso: anch'esso viene messo in riferimenti a
citazioni e diviene naturale contraddicendo se stesso. Nelle
installazioni di
Péter Forgács viene a esistere una singolare
simbiosi della cosiddetta "realtŕ" con il "simulacro", ed egli
sacrifica nessuno dei due a favore dell'altro. Egli non insiste
nel mantenere un'illusione della cosiddetta "realtŕ" - una realtŕ
che, come č divenuto un luogo comune sin dai primi tempi della
psicoanalisi o in Wittgenstein, non č mai neutra bensě č caricata
di mediazioni dall'inizio; anzi, essa diviene naturale
attraverso la sua mediazione. Allo stesso modo, le installazioni
non confermano la piů recente idea, di cui Baudrillard č uno dei
piů preminenti rappresentanti, per cui la realtŕ č stata a lungo
una completa illusione, e il processo della mappatura č, di
conseguenza, piů reale di ciň che č mappato. Nelle installazioni
di Péter Forgács la "realtŕ" ed il "simulacro" si incrociano allo
stesso tempo, in modo simultaneo; nessuno dei due cerca (con
l'aiuto dell'ironia) di tirare il terreno da sotto i piedi
dell'altro, ma entrambi insieme formano un'unitŕ che in principio
č inimmaginabile. Egli innalza la "realtŕ" ed il "simulacro" ad un
livello di potenza piů alto e porta all'esistenza un "terzo" che č
virtualmente impossibile da categorizzare. Questo č ciň che rende
arte il lavoro di Forgács. Nell'arte tutto va. O per essere piů
precisi: tutto puň aiutare a stimolare un'esperienza che spoglia
il mondo della sua naturalezza in modo tale da far balenare allo
spettatore un orizzonte prima insospettato della propria
esistenza.
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