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Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

Edizioni Frenis Zero

 

 

  "SPAZI ANALITICI". Installazioni di Péter Forgács

 

di László F. Földényi

 

  

 

 E' in corso presso il Padiglione Ungherese (Giardini) della 53.a Biennale d'Arte di Venezia l'esposizione "Col Tempo" di Péter Forgacs.   Riportiamo in versione italiana un brano del saggio di László F. Földényi  tratto dal catalogo della mostra.  


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IL CATALOGO

 

                    

 

 

 


 

SPAZI ANALITICI

 

 

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E' possibile tagliare una fetta di spazio?

Sě, e poi ancora no.

Puň la vita essere tagliata a pezzetti?

No. Ma poi ancora, ciň che la rende un qualcosa di intero č il fatto che č fatta di "pezzi"; parti che non si possono mai adattare tra di loro senza cuciture. La vita č piena di tagli, anche se dedichiamo una gran parte delle nostre energie nel rendere i tagli impercettibili. Vorremmo credere che la nostra vita č coerente, senza cuciture, con delle cuciture che non si fanno vedere ed in cui tutto appare rifinito e costruito logicamente. Le cuciture, comunque, sono persino piů evidenti dei tagli. Ancor peggio, esse continuano a disfarsi, sempre di piů. Esse sono ciň che si chiama i momenti pesanti della vita; esse sono le situazioni in cui si vede di sfuggita la struttura davvero divergente della vita dietro le cuciture e i tagli, quando, invece di ciň a cui siamo abituati, vediamo qualcosa che non č elaborabile, su cui nulla di durevole si puň costruire.

Nelle installazioni di Péter Forgács č la sottostante struttura della vita ad essere evidente. Egli mostra la politica che getta la sua ombra su tutto ciň che si trova negli strati della vita privata, mentre in politica egli dirige l'attenzione sugli orizzonti esistenziali, si concentra sul processo di socializzazione che č a portata di mano ovunque nel mondo degli istinti, mentre egli scava attraverso la cultura fino agli strati piů bassi degli istinti. Nell'avvicinarsi a questi strati piů profondi, tuttavia, egli sempre tira fuori una questione che si trova al centro di molte installazioni: cos'č la personalitŕ? Quali sono i criteri per definire l'identitŕ, e dove stabilirne i confini? Eppure, questo circoscrivere dei confini č qualcosa che attiene al grande enigma che č ciň in cui la personalitŕ ha le sue radici e che ha poco in comune con la persona, e cioč l'individuo. Nelle installazioni di Forgács si dispiega qualcosa che č indescrivibile in linea di principio. Ciň che puň essere intravisto č qualcosa che solitamente consideriamo essere invisibile.  Il non organizzabile (il caos) si mostra attraverso l'organizzato (il cosmos), ma non in modo tale da distruggere l'ordine. Le installazioni di Péter Forgács sono disturbanti; alcune sono sconvolgenti. Esse presentano una grande sfida tanto emozionale quanto intellettuale. Si avverte qualcosa di perturbante persino quando si vedono di sfuggita tracce di ironia o di umorismo, ma ciň che č piů sconvolgente č lo sguardo acuto che si fissa su di noi, gli spettatori, per tutto il tempo in cui sostiamo nei suoi spazi e passiamo il tempo nelle sue installazioni, ma che non č mai colto mentre ci fissa: qualcuno ci sta guardando ma nessuno puň dire chi o da dove lo fa.

 

 

 

Lo sguardo ci invoca, persino ci sfida. Forgács si aspetta che i suoi spettatori cooperino attivamente disponendosi nello spazio; le sue installazioni sollecitano un'attenzione dettagliata e a 360 gradi. Bisogna entrare nel  loro spazio, come uno spazio spirituale,  passo dopo passo. Esse sono proposte in modo meticoloso; gli oggetti non creano una rete emozionale bensě logica. Gli spettatori devono afferrare un sistema, ricostruire la volontŕ che porta lo spazio ad essere. Essi devono ricostruire il gruppo degli oggetti; quindi essi li fisseranno con lo stesso sguardo con cui egli li aveva in precedenza fissati. Essi conservano la traccia del percorso dei tagli di Forgács e allo stesso tempo riferiscono a se stessi il curioso fluire e rifluire di ordine e caos.

 

 

                                                                                             

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Le installazioni di Péter Forgács sono emozionalmente analitiche. Esse sviscerano la vita al fine di riassemblarla in una nuova vita "sottostante". In "Hungarian Video Art of Cooking" (1992), ad esempio, nel processo del tagliare si origina uno spazio che nella sua rotta rotatoria attraverso ciň che non č naturale diviene naturale. Questo percorso rotatorio ricorda una spirale infinita. Il pavimento č coperto d'erba naturale, sebbene  sia tutt'altro che naturale quando č all'interno dell'installazione posta in un museo. Essa, comunque, apparirŕ naturale sullo schermo del monitor che si trova in un angolo, su cui essa non č piantata come elemento in un'installazione, ma come "erba". L'immagine sul monitor, comunque, perde la sua naturalezza proprio perché viene trasmessa, come qualcosa che appare sullo schermo televisivo. Ugualmente, il monitor, essendo un aspetto del consumismo quotidiano, č una parte naturale dell'ambiente quotidiano. L'installazione tuttavia, come una fetta di vita, situa quella naturalezza in un nuovo insieme di segni e di citazioni. E cosě all'infinito - un infinito che appare anche nella continua alternanza di esercizi yoga che continuamente interrompono la trasmissione dell'erba "trasmessa".

Il "naturale" viene messo in riferimenti a citazioni attraverso il suo essere trasmesso, ma un simile destino attende lo stato dell'essere trasmesso: anch'esso viene messo in riferimenti a citazioni e diviene naturale contraddicendo se stesso. Nelle installazioni di Péter Forgács viene a esistere una singolare simbiosi della cosiddetta "realtŕ" con il "simulacro", ed egli sacrifica nessuno dei due a favore dell'altro. Egli non insiste nel mantenere un'illusione della cosiddetta "realtŕ" - una realtŕ che, come č divenuto un luogo comune sin dai primi tempi della psicoanalisi o in Wittgenstein, non č mai neutra bensě č caricata di mediazioni dall'inizio; anzi, essa diviene  naturale attraverso la sua mediazione. Allo stesso modo, le installazioni non confermano la piů recente idea, di cui Baudrillard č uno dei piů preminenti rappresentanti, per cui la realtŕ č stata a lungo una completa illusione, e il processo della mappatura č, di conseguenza, piů reale di ciň che č mappato. Nelle installazioni di Péter Forgács la "realtŕ" ed il "simulacro" si incrociano allo stesso tempo, in modo simultaneo; nessuno dei due cerca (con l'aiuto dell'ironia) di tirare il terreno da sotto i piedi dell'altro, ma entrambi insieme formano un'unitŕ che in principio č inimmaginabile. Egli innalza la "realtŕ" ed il "simulacro" ad un livello di potenza piů alto e porta all'esistenza un "terzo" che č virtualmente impossibile da categorizzare. Questo č ciň che rende arte il lavoro di Forgács. Nell'arte tutto va. O per essere piů precisi: tutto puň aiutare a stimolare un'esperienza che spoglia il mondo della sua naturalezza in modo tale da far balenare allo spettatore un orizzonte prima insospettato della propria esistenza.

 

 

 

  

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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