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  Un ricordo di Aldo Giorgio Gargani

 

 

 

  

Foto:Aldo Giorgio Gargani durante un suo intervento ad un seminario organizzato dal CISPP a Venezia

 

  Nel primissimo mattino del 18 giugno 2009 è venuto a mancare a Pisa Aldo Giorgio Gargani. Ci piace ricordare la figura di questo filosofo "logico esistenzialista", come lo ha definito Maurizio Ferraris nell'"obituary" pubblicato su "Il Sole 24 ore" del 21.06.2009, proponendo un brano della Prefazione da lui scritta per l'ultimo libro di Salomon Resnik "Ferite, cicatrici e memorie. I precursori dello spazio e del tempo" (Borla, 2009), a testimonianza di una familiarità davvero singolare tra la riflessione filosofica di Gargani e il pensiero psicoanalitico di Resnik. Come ha affermato lo stesso Resnik commemorando il 27.06.2009 la figura di Gargani, persino nelle prefazioni da lui scritte si evidenzia una tale originalità di vedute da arricchire considerevolmente il libro da prefare. Il titolo della prefazione di Gargani è "Il transdisciplinare di Resnik tra realtà e sogno".


Dalla Prefazione di Aldo Giorgio Gargani:

Ferite, cicatrici e memorie di Salomon Resnik è il testo che più di ogni altro esemplifica e realizza performativamente la nozione bioniana di dreamlike memory1 , ossia di una memoria come un campo di linee di forza costituite da affetti, emozioni, sentimenti, riflessioni e memorie che si distribuiscono - sul piano della simbolizzazione linguistica - lungo percorsi alternativi o antitetici. Pensare oniricamente è pensare il senso della possibilità, delle alternative e antitesi appunto che come tali sono in grado di dissolvere le costruzioni teoriche, sistematiche, dogmatiche, deliranti e paranoiche. Costruzioni che non vengono dissolte mediante la confutazione, l'inferenza logica, l'argomentazione cogente, ma esclusivamente attraverso il confronto di esse (che vorrebbero esprimere il pensiero unico) con la varietà delle modalità molteplici e delle dimensioni multiple di simbolizzazione dischiuse dalla totalità del flusso sconfinato del linguaggio. Abbiamo imparato dai filosofi dopo il linguistic turn del Novecento che nel senso in cui tradizionalmente i filosofi avevano concepito il linguaggio -  ossia come un calcolo, un algoritmo governato da regole ferree che si prolungano come binari all'infinito - il linguaggio semplicemente non esiste (Donald Davidson) . Come aveva osservato Wittgenstein, <<la regola non serve proprio a nulla, è la cosa spiegata, non la cosa che spiega>>3  . A partire da un significato iniziale o primario, il linguaggio si estende e si espande come una sconfinata totalità fluttuante attraverso analogie, ricordi, confronti, attraverso la modalità del vedere una cosa come un'altra in una catena aperta, incessante e prolificante di sequenze simboliche.

Poiché il linguaggio è una certezza vivente, un simbolismo che parla per se stesso nella dinamica di una continua reinvenzione, emerge l'apertura delle discipline scientifiche e delle forme della cultura umanistica l'una verso l'altra dotto il nome di interdisciplinarismo. E' questo il modello di pensiero e della metodologia psicoanalitica di Resnik? No. L'interdisciplinarismo, infatti, ha assunto nel Novecento la forma di un sapere che si avvale di strumenti che provengono da ambiti disciplinari distinti.  E' nata così la nozione di thick description, di descrizione densa, in quanto non è che la scienza si costruisca esclusivamente con la matematica e con l'esperimento, la religione con il sentimento, l'arte con l'immaginazione e così via di seguito. Ogni forma di sapere è un complesso di pezzi staccati da varie discipline e combinati insieme. L'idea di Resnik è profondamente diversa ed è infatti orientata verso una forma di transdisciplinarismo. Non è ovviamente una differenza nominalistica, perché essa caratterizza uno dei tratti più originali, sorprendenti e affascinanti di questo libro. Il quale non assume appunto la forma di sapere, che propone e avanza, come una collezione di pezzi attinti alle varie scienze e morfologie della cultura combinati insieme, bensì come la trasfigurazione di ogni forma del sapere alla luce di un'altra. Ecco perché possiamo all'inizio restare perplessi (soprattutto se siamo lettori un po' distratti) sotto l'impressione che Resnik voglia darci un ennesimo romanzo delle origini, confondendo mito e scienza, racconto accertato e spiegazione mitologica, dove tutto assomiglia a tutto. Naturalmente Resnik è lontanissimo da questo punto di vista: per lui non si tratta di conciliare un romanzo o una spiegazione mitologica con qualche pezzo di scienza fisico-matematico buono all'uso. Come egli scrive in questo testo, <<La psicoanalisi è una scienza che ci ha dato conoscenze e strumenti concettuali per poter viaggiare nelle galassia inconsce della nostra psiche e del mondo vivente che ci circonda>>. L'operazione innovativa che sostanzia il libro di Resnik esprime invece la trasfigurazione di una forma di sapere in un'altra forma di sapere, di un modello simbolico nei termini di un altro. In questo senso, Resnik può confrontare il racconto delle origini del mondo dal caos primordiale con la teoria del Big Bang e con l'emorragia psichica alla quale è sottoposto il paziente psicotico nelle sue crisi di delirio. Ancora: egli può confrontare nelle situazioni di transfert <<il passato e il futuro, in quanto discendenza del presente, come possibilità da sviluppare>>, scrive Resnik. Ma questa concezione del passato e del futuro è affine alle nozioni del futuro, del presente e del passato nella relatività generale di Einstein, che vedeva nel passato non qualcosa di consumato e di estinto, nel presente qualcosa di sfuggente e nel futuro qualcosa che deve aver luogo, bensì relazioni di funzioni dinamiche regolate sul continuo spazio-temporale quadrimensionale. Analogamente, Resnik può confrontare un campo elettro-magnetico variabile nelle sue linee di forza con il campo dei fattori psichici che interagiscono nella mente di una persona. E' proprio dalle teorie dell'elettromagnetismo, di cui è padre il grande James Clerk Maxwell, che abbiamo imparato che una qualsiasi cosa esiste per un soggetto se egli può entrare in risonanza con essa. La soluzione del problema del corpo nero compiuta da Max Planck nacque dalla scoperta che ogni punto del forno nero risonava soltanto con le onde della sua stessa lunghezza d'onda e non con quelle differenti dei punti adiacenti del forno. E' da notare come questo fenomeno suscitò il termine oscillatore e risonatore, il primo (riprendendo il filo del discorso all'inizio) che si riferisce al repertorio delle possibilità di simbolizzazione e il secondo all'empatia comunicativa. Ora, dimmi, lettore, questo libro di Resnik non è forse un libro sulla risonanza? Non è una lezione continua che ci insegna come penetrare nella, risonando, e aderire alla psiche del paziente?

Resnik non tenta in questo suo libro  di conciliare le scienze fisico-matematiche con il racconto mitico delle origini dell'Universo e così di seguito in tutte le altre situazioni e istanze della sua opera. E' profondamente significativa di questa impostazione la circostanza che Resnik non operi con spiegazioni causali, del tipo: dal racconto mitico oppure dall'alchimia o dalla magia bianca è nata la scienza moderna e simili. No, Resnik impiega modelli formali che possono trapassare l'uno nell'altro senza una spiegazione causale. Il suo testo è radicato risolutamente nel confronto di modelli e paradigmi formali. Non diremo pertanto che dall'ellisse si è storicamente generato il cerchio, bensì che un'evoluzione di paradigmi formali e grammaticali ha generato una morfologia di forme simboliche. I confronti che Resnik istituisce fra situazioni così differenti, come il caos primordiale, il Big Bang, la relatività ristretta e la relatività generale e i casi dei pazienti dei quali fornisce il resoconto e il quadro clinico trapassano l'uno nell'altro per un effetto transdisciplinare, strutturale connesso alle possibilità di transizione fra i modelli formali, fra le grammatiche che vengono messe all'opera al di fuori di inferenze logiche e di connessioni causali. L'innovazione, la scoperta del nuovo si potrebbe dire allora che consistono non nella rottura con la tradizione, con il passato, bensì consistono in un nuovo modo di leggere il passato, la tradizione. Nelle parole di Wittgenstein:

"Devi dire qualcosa di nuovo, che però sia tutto vecchio.

Devi comunque dire soltanto qualcosa di vecchio- che però sia nuovo4  !"

Nella tradizione del messianismo ebraico confluiscono due motivazioni, due direzioni spirituali, ossia una nuova visione del futuro che però al tempo stesso non sarà altro che la restaurazione di uno stato ideale del passato. Come scrive Gershom Scholem:

"Questo ordine completamente nuovo contiene elementi che appartengono al completamente vecchio, ma anche questo vecchio ordine non consiste nel passato reale; è piuttosto un passato trasformato e trasfigurato in un sogno illuminato dai raggi dell'utopia"5  

La redenzione nella sfera della cultura messianica ebraica - e noi potremmo dire alternativamente: la salvezza o la guarigione nella terapia psicoanalitica - non dipendono da una relazione causale fra gli eventi della storia, non dipendono da uno sviluppo causale o immanente6 alla dinamica storica, come invece avviene nel messianismo secolarizzato dell'Illuminismo, ossia nella concezione e nella fede della storia come progresso. Anziché assumere le esperienze psichiche e i loro molteplici contesti interni e esterni in termini cronologici e causali e dunque nei termini di un'ipotesi di sviluppo, Resnik li interpreta nella trama della loro relazione reciproca7  , come confronti delle grammatiche che modellizzano eventi cosmologici, fatti naturali, storie e vicissitudini di popoli e di individui, flussi di emozioni e sentimenti, spazi e morfologie della mente. La menzione biblica nel libro del Genesi (cap. 1, v.2) che "la terra era senza forma e vuota; e le tenebre erano sulla superficie dell'abisso", lo spezio primordiale del Caos di Esiodo, il campanile di piazza S. Marco a Venezia inghiottito da una voragine come da un buco nero nella testimonianza poetica di Alberto Savinio, dunque l'esperienza della scissione fra mondo interno e mondo esterno, fra sfera soggettiva e sfera oggettiva, la corrispondenza tra scissione e la Spaltung (Melanie Klein) dell'io in posizione schizo-paranoide, la natura originariamente schizoide del gruppo terapeutico esprimono la varietà dei modelli simbolici nei quali viene illustrata la precedenza che gli oggetti parziali hanno rispetto agli oggetti interi. L'esilio, in questo senso, costituisce la realtà primaria della vita e della storia ebraiche, ma nella trasfigurazione del messianismo ebraico l'esilio è associato alla speranza del passato, risulta connesso ad un passato ideale8. Perciò, secondo Resnik, lo psicoanalista è <<un archeologo del presente>> in quanto riscopre nell'attualità del transfert in corso con il suo paziente una memoria antica, ancestrale della ferita dell'universo e della ferita degli uomini che lo abitano. E sarà per questo che pensare è ricordare, e sarà per questo che Bion diceva che pensare è pensare il tempo. La scena primaria freudiana è la ripetizione di tale ferita. Essa non si manifesta come un'opinione o una credenza, allo stesso modo che non manifesta un'opinione o una credenza il fatto che ci alziamo da una sedia. In altri termini, un paziente non ci riferisce la sua scena primaria, ma agisce sotto l'influsso e l'egida di essa; potremmo anche dire che egli ci racconta la sua scena primaria mediante le azioni che compie, ossia ci espone la sua scena primaria non con la grammatica delle cognizioni e delle parole, ma con quella delle sue azioni che esibisce nel corso dell'incontro con il terapeuta. L'origine mitica, la ferita primordiale, l'immemoriale si attualizzano in un presente ricorsivo sotto gli occhi di un analista che è divenuto un analista-archeologo-del-presente.

"L'analista nulla ha vissuto e nulla ha rimosso di ciò che è oggetto del nostro interesse; il suo compito non può essere quello di ricordare alcunché. E allora qual è il suo compito? L'analista deve scoprire, o per essere più esatti, costruire il materiale dimenticato a partire dalle tracce che quest'ultimo ha lasciato dietro di sé"9    

"L'analizzando - scrive Freud - non dice di ricordare di essere stato caparbio e diffidente verso l'autorità dei genitori, ma si comporta in questo stesso modo verso il medico. Non ricorda d'essere  rimasto privo di consigli e di aiuto nella sua esplorazione sessuale infantile, ma porta un mucchio di sogni e di associazioni confuse, si lagna che nulla gli riesce e dichiara che è un suo destino non portar mai a termine ciò che intrprende. Non ricorda d'essersi profondamente vergognato di determinate pratiche sessuali e di aver temuto che esse venissero scoperte, ma mostra ora di vergognarsi del trattamento che ha intrapreso e cerca di tenerlo celato a tutti, e così di seguito"10     . 

"L'elemento essenziale è dato dal fatto che l'analizzando ripete queste modalità di reazione anche nel corso del lavoro analitico, mettendocele per così dire sotto gli occhi; anzi in definitiva noi veniamo a conoscerle solo in questa maniera"11 .

 

 In un saggio Robert Musil rifiuta l'applicazione alla storia degli uomini di nessi di implicazione logica, necessitante, come quando si dice "l'una cosa implica necessariamente l'altra", che egli sostituisce con la formula contingente ed elastica "dove l'una cosa dà l'altra".

"In due parole - scrive Musil - ciò che chiamiamo necessità storica non è, si sa, una necessità logica nella quale x implica y; ma è una necessità analoga a quella delle cose quando si dice:"l'una cosa dà l'altra" (wo eins das andere gibt)12

Il testo di Resnik mette da parte le nozioni filosofiche tradizionali di condizione analitica, di implicazione necessitante tra i simboli in termini di coerenza intrinseca, introducendo al loro posto un regime di coesistenza, di appartenenza contingente, di stare insieme che caratterizza le relazioni sussistenti fra i contenuti emozionali e affettivi, fra i simboli del linguaggio degli uomini. Lo stare insieme di Resnik con i suoi pazienti non è prearrangiato in un simbolismo canonico e in una pratica discorsiva predeterminata. E' uno stare insieme che ottiene i suoi esiti floridi attraverso la sintonia comunicativa, la quale emerge unicamente dall'empatia, dalla consonanza emozionale fondata sulla condivisione di una simbolizzazione che risulta ogni volta imprevedibile, inaudita in quanto ineludibilmente connessa all'atmosfera di stupore nel corso di una svolta nella terapia psicoanalitica. Il tema del coesistere insieme, dello stare insieme di elementi, contenuti in una relazione contingente - anziché in un rapporto logico necessitante e cogente - ha una profonda motivazione metodica in tutta l'opera di Resnik. Infatti, la psicoanalisi per Resnik, prima ancora che una teoria, è una disposizione mentale, è un allarme percettivo e come tale non è riducibile ad un paradigma teorico rigido in quanto la psicoanalisi è una pratica discorsiva diretta all'ascolto, all'attenzione di ciò che è altro da noi, ossia a ciò che va al di là dei nostri limiti prearrangiati e prestabiliti. Una pratica discorsiva dunque che si declina nella temporalità e che ha la caratteristica distintiva e peculiare di estendere il campo che indaga. Come già aveva osservato Wilfred Bion, maestro di Resnik negli anni trascorsi alla Tavistock Clinic di Londra, il sistema teorico deduttivo non appena diviene uno strumento esplorativo applicato all'esperienza clinica registra una perdita di coerenza interna in quanto richiede nuovi adattamenti per adeguare l'esperienza che sta interpretando.

"Non appena il sistema deduttivo dimostra il suo valore come strumento esplorativo, la coerenza interna, che esso sembrava avere quando il campo cui veniva applicato era limitato, viene messa in pericolo perché si rendono necessari dei riadattamenti per far corrispondere il teorema al senso più esteso [...] Il sistema quando è coerente con se stesso è limitato; se non è limitato, allora non può essere considerato come coerente con se stesso perché la sua coerenza è contingente"13  .

Anche l'opera di I. Matte Blanco fornisce un contributo rilevante a quello che io chiamo il paradigma o il modello della coesistenza, dello stare insieme che oltrepassa le definizioni e le caratterizzazioni identitarie rigide attraverso (come rileva Resnik) "un processo di condensazione". Questo regime di coesistenza fra impulsi e disposizioni affettive che sembrerebbero incompatibili o che verrebbero considerati incompatibili in base ad una logica astratta e identitaria è la florida matrice del transfert psicoanalitico. Come osserva Resnik, il transfert nella lingua tedesca viene reso con il termine übertragung, che significa traghetto, traghettare, ossia un passare continuo da una riva all'altra, da uno scenario psichico ad un altro entro una corrente di termini e condizioni eterogenei e differenziali, che costituisce il flusso della libertà psicoanalitica. Stupore è la condizione emotiva fondamentale nel corso della quale l'uomo, spogliandosi delle sue identificazioni proiettive patologiche, compie quell'operazione mentale e intellettuale fondamentale che consiste nella sua remissione alle cose e per effetto della quale anche le cose sono rimesse a se stesse in quella che è una sia pure parziale ricostruzione della realtà. Attraverso lo stupore, e dunque spogliandosi dei suoi schemi e delle sue modalità percettive consuetudinarie, l'uomo potrà anche cogliere una dimensione immorale delle cose per poi ritrovare al fondo di esse quella che è, in realtà, una profonda commozione morale. Alla fine l'uomo percepirà quella emozione profonda che è un'emozione schiettamente ontologica, che qualcosa esiste, buono o cattivo che sia, anziché il nulla.

Il movimento dello stupore è quello che fa parlare il paziente quando egli riesce a liberarsi dal circolo e dai vincoli coattivi della sua schizofrenia; quando, per dirla con le parole suggestive di Resnik, il paziente cambia modello geometrico, passa dal circolo in cui era rinchiuso con la sua patologia e si apre un percorso lungo una spirale, passando da una geometria piatta, piana, bidimensionale ad una geometria tridimensionale che esprime una crescita delle dimensioni della sua psiche14  . Lo stupore è il motivo del discorso, nel senso estetico di passaggio da una parola all'altra, da un significato ad un altro significato, e nel senso etico in quanto motivo inteso come motivazione. Resnik ci ha insegnato in "Spazio mentale" e in "Persona e psicosi"15 che il soggetto catatonico non ha l'energia e il coraggio di parlare perché non ha più la forza di elaborare il passaggio da una parola all'altra. Per questo egli disperatamente ripete con monotonia sempre la stessa parola, in cui è per così dire incistato. Le svolte positive compiute dai pazienti, dei quali Resnik espone i casi clinici, sono caratterizzate da un'evenienza che sopraggiunge tra paziente e terapeuta e che induce in entrambi una sintonia comunicativa per aprirsi verso la realtà e ascoltarla, a raccontarla mentre la ascoltano - il discorso interiore finalmente raggiunto - trovando nuove parole alle quali riconsegnarsi. E' allora che il paziente e il terapeuta non sono l'uno nella testa dell'altro, ma si incontrano nel tertium di un'emozione e di una percezione di realtà, e la verità che essi riconoscono e condividono non è proprietà di nessuno, è la verità sua propria, come un gesto, come una fisionomia.

E' fondamentale il tema (sopra indicato) sviluppato da Bion e da Resnik concernente la progressiva restrizione della condizione analitica, nel senso della necessità logica e inferenziale, la quale recede e retrocede in quanto risulta inversamente proporzionale all'espansione dei contenuti e delle dimensioni dell'esperienza psichica. Quanto è più limitato un sistema o assetto o contest di pensieri e tanto più esso è coerente, ma dal momento in cui tale sistema, assetto o struttura accoglie in se nuovi contenuti, nuove dimensioni, nuovi aspetti esso perde la coerenza logico-analitica a favore di un regime di coesistenza contestuale contingente. Ma è nella percezione emozionalmente vissuta della psiche  come teatro di elementi e contenuti che coesistono insieme e fanno una storia, una narrazione in una modalità contingente, impervia ad ogni teorizzazione paranoica, che il paziente incontra nuovamente la realtà. Bisognerà pur darsi ragione della circostanza che Bion e Resnik inseguono la realtà dei loro pazienti praticando la dreamlike memory! Resnik introduce risolutamente in questo suo testo come già in "Persona e psicosi" la relazione fra psicosi da un lato e metafisica e ontologia dall'altro16  . La mancanza di strumenti idonei a integrare e ad organizzare una rappresentazione coerente del flusso dell'esperienza interiore ed esteriore suscita <<un'angoscia ontologica>>17  . La paziente comincia col dire: <<Io non sono una persona... Non sono come loro; non sono una persona, non sono niente, e mai potrò diventare qualcosa>>18  .

Questa metodologia è largamente responsabile della pratica terapeutica di Salomon Resnik, essenzialmente centrata su quello che egli definisce, quando parla della sua prassi di psicoanalista, <<un lavoro di riunificazione>>. La procedura morfologica praticata da Resnik delinea una sequenza aperta di forme in cui non vige più la concatenazione necessitante e inesorabile fra due o più cose, fra due o più eventi, ma in cui si sviluppa la loro coesistenza, la loro associazione, il loro stare insieme e appartenere ad un medesimo orizzonte o contesto, ad una comunità di esperienze vissute, dove una cosa non causa o non implica necessariamente l'altra, ma dove l'una cosa dà l'altra. Il modello morfologico genera una sequenza aperta e indefinita di forme che si vengono connettendo per mezzo di legami intermedi, di tipo analogico, non univoco e digitale. Resnik fornisce un'illuminante testimonianza di metodo morfologico nella descrizione del caso clinico del paziente di nome Charles in "Spazio mentale".

<<La prima volta - scrive Resnik - Charles viene da solo. E' sempre silenzioso, mutacico, ma di nuovo io vedo che il suo linguaggio è il suo guardare: guarda tutto, ovunque, e ho l'impressione che utilizzi il suo sguardo in un senso 'tattile'... E' il suo modo di tastare e di toccare i libri, i quadri. Gli chiedo cosa cerca, se c'è qualcosa che gli interessa, e mi risponde:"La storia". "Quale storia?", chiedo, e dopo un po' risponde: "C'era in Spagna un Carlo I, poi un Carlo II, poi Carlo III, poi un Carlo IV. Non andavano d'accordo tra loro". Ho l'impressione che abbia come un arresto del tempo, che il tempo sia spazializzato, e che egli esprima la sequenza storica dei Carli successivi in un contesto di simultaneità. Gli segnalo che si erano installati ognuno nel proprio reame e che era loro difficile parlarsi, ed egli risponde:"Sì, se uno parla, c'è la guerra". Subito dopo aggiunge:"E' stato necessario attendere Carlo V d'Austria, per giungere a una riconciliazione e all'unificazione del reame". Charles mi dava così tutti gli elementi per comprendere che in quel momento c'era un aspetto integrativo in lui e che egli esprimeva il suo desiderio. Ci sono quattro Carli al suo interno e ciascuno è onnipotente e non c'è sempre accordo tra di loro. E' questa la migliore descrizione della schizofrenia, definita, prima di Bleuler, 'follia discordante'. Io dico allora a Charles che ero preoccupato per la concordanza e la possibilità di un dialogo fra questi diversi aspetti di lui stesso, e che occorre qualcuno, un Carlo V (non gli ho detto Salomon I), per unificare il suo reame, il suo Io. Aggiungo:<"Io non sono Carlo V, ma può essere che a noi due sia possibile fare un lavoro di riunificazione"19  .

Il lavoro terapeutico dell'analista, in collaborazione sintonica con il paziente, procede alla risonanza e alla concordanza o consonanza, termini che assumiamo dalla teoria dell'elettromagnetismo: che ricorre come modello fisico-matematico in questa opera di Resnik. Ricordiamo: la risonanza costituisce la condizione di percettibilità e informazione di un oggetto da parte di un altro, quando si realizza la concordanza di fase, cioè quando le onde di un campo elettromagnetico arrivano in fase, ossia il ventre di un'onda coincide con il ventre di un'altra onda, la cresta dell'una coincide con la cresta dell'altra. Così il paziente Samuel, di cui ci parla Resnik, nei momenti in cui esce "dalla nuvola che si era costruita come un piccolo Zeus", riesce a percepire e a sperimentare il piacere "di scoprire le strade, gli alberi e le case, tutte le scene e gli scenari della realtà quotidiana di un bel quartiere di Parigi, S. German-des-Prés". L'esperienza rammemorante del gruppo terapeutico può risultare (come nel caso del paziente Isaacs) una versione di un rituale biblico nel corso del quale trovano un'elaborazione, una negoziazione e una mediazione quelli che in partenza erano i grandiosi  monumenti ideali e deliranti dell'Io narcisistico. Il Sukkoth, la festa dei Tabernacoli nel rituale ebraico diviene nei termini dell'esperienza gruppale un contenitore protettivo, un "tetto di paglia" (dalla sua origine letterale), una legge del coro che è destinata a realizzare la rievocazione e la ritualizzazione del cammino percorso per integrare un corpo gruppale all'origine frammentato e disunito. Il gruppo così costruisce la propria storia mentre la realizza rammentandola.

"Attraverso i suoi membri e le sue membrane - scrive in questo libro Resnik - il gruppo esprimeva drammaticamente il corpo gruppale, proprio come i figli perseguitati di Israele cercano di reintegrare e dare vita al corpo ebraico tramite la riconciliazione con un paesaggio geografico specifico, un ambito per la loro vita e una collocazione per la storia dei loro antenati".

La sintonia comunicativa, attraverso la quale il paziente viene restituito ad una coesione interna e ad un rapporto con la realtà, si realizza costruttivamente attraverso un uso delle parole e dei simboli che risulta imprevedibile, che viene elaborato volta per volta per aderire al linguaggio del paziente e all'atmosfera della situazione circostante. Riferendosi al suo maestro Pichon Rivière, Resnik ravvisa nella spirale "un movimento costantemente progressivo sempre diverso in momenti differenti". Nessun psicoanalista ha quanto Resnik  realizzato performativamente nella sua prassi terapeutica questo approccio all'analisi dei pazienti. Ne è un esempio, fra i tanti, l'episodio sopra menzionato del paziente Charles. Potremmo dire allora che nelle mani di Resnik la psicoanalisi diviene una grande esperienza di libertà, che sarà anche l'esperienza di libertà e di emancipazione del paziente, giacché il terapeuta non può salvare il paziente se anzitutto non salva se stesso.

Le tessiture tra mitico e scientifico, fra origine arcaica e vita presente, fra emozione e riflessione sono le figure della trasfigurazione nella transizione da un modello simbolico, da un paradigma grammaticale ad un altro. Non vi è un decorso temporale, non v'è un'evoluzione, non v'è alcun tempo che scorre fra un modello o paradigma e un altro; c'è invece un esercizio di confronti, analogie, similitudini, di visioni che si generano l'una dall'altra. In questo senso, come abbiamo visto, il caos primordiale è una figura che trapassa, come precursore dello spazio e del tempo, nella scissione psicotica. L'elaborazione della seduta psicoanalitica non può avere un impatto totale con la situazione che affronta, nello stesso senso in cui Freud asseriva in "Analisi terminabile e analisi interminabile" che un'analisi non risolve tutti i possibili conflitti. Lo psicoanalista - che è al tempo stesso un filosofo analitico, ossia un filosofo del linguaggio - elabora e introduce oggetti di comparazione, modelli di confronto che funzionano come strutture limitate e circoscritte introdotte allo scopo di gettare luce sulla totalità vaga, fluttuante e instabile dei flussi dell'esperienza psichica. Analogamente Wittgenstein scriveva:

"Noi illustriamo l'imperscrutabile totalità fluttuante (das unübersehbar wogende Ganze) del nostro linguaggio contrapponendo e giustapponendo ad essa strutture saldamente circoscritte che non possiamo fare a meno di chiamare linguaggi"20  .

Questo gettar luce sul fondo abissale della psiche, questo presentare al paziente un'interpretazione della sua esperienza interiore non consistono in un esercizio logico-analitico, in una sequenza di inferenze cogenti, bensì nel mutamento del modo di guardare all'esperienza, in una nuova modalità di visione, in qualcosa che io definirei una conversione dello sguardo, nell'essere convertiti ad una nuova visione della realtà.

             

Note dell'Autore:

(1) Cfr., W. Bion, Cogitations, Karnac Books, London, 1992, p. 216; trad. it. Cogitations. Pensieri, Armando, Roma, 1996, pp.218-19; cfr. su questo punto L. Preta, Pensare immaginando, in L. Preta (a cura di), Immagini e metafore della scienza, Laterza, Roma-Bari 1992, p. XVII.

(2) D. Davidson, A Nice Derangement of Epitaphs, in Ernest LePore (a cura di), Truth and Interpretation. Perspectives on the Philosophy of D. Davidson, Blackwell, Oxford 1986, p. 446; trad. it. in D. Davidson, I. Hacking, M. Dummett, Linguaggio e Interpretazione, Edizioni Unicopli, Milano, 1993, cfr. in questa edizione italiana la lucida analisi condotta da Luigi Perissinotto, ivi, pp. 7-58.

(3) Wittgenstein, Zettel, Einaudi, Torino 1986, 66 par. 302.

(4) Wittgenstein, Pensieri diversi, Adelphi, Milano, 1980, p. 79.

(5) G. Scholem, L'idea messianica nell'ebraismo, Adelphi, Milano, 2008, p. 16.

(6) Ivi, p. 21.

(7) Cfr. l'affinità di questo metodo con le riflessioni antropologiche di Wittgenstein, in Note sul "Ramo d'oro" di Frazer, Adelphi 1975, p. 28.

(8) Cfr. ivi, p. 15.

(9) Cfr. Freud, Analisi terminabile e interminabile e Costruzioni nell'analisi, Boringhieri, Torino 1977, cit., p. 73.

(10) Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi, in Id., Opere, Boringhieri, Torino 1975, vol. VII, pp. 355-56.

(11) Cfr. Freud, Analisi terminabile e interminabile e Costruzioni nell'analisi, cit., p. 50.

(12) R. Musil, Das hilflose Europa oder Reise vom Hundertsten ins Tausendste (1922), in Id., Gesammelte Werke, Rowohlt, Hamburg 1978, vol. VIII, pp. 1077-1078 e 1081; ed.it. R. Musil, L'Europa abbandonata a se stessa ovvero Viaggio di palo in frasca, in Id., Saggi e Lettere, Einaudi, Torino, 1995, vol.I, p. 64 (traduzione lievemente modificata).

(13) W. Bion, Attenzione e Interpretazione, Armando, Roma, 1973, pp. 37-38.

(14) Questo tema interessantissimo, connesso al rapporto tra modelli geometrici e trattamento psicoterapeutico, è trattato nel presente volume di Resnik così come viene largamente tematizzato da Resnik in "Spazio mentale. Sette lezioni alla Sorbona", a cura di F. Nosé e di G. Morandini, Boringhieri, Torino 1990.

(15) Cfr. S. Resnik, Persona e psicosi, a cura di P. Bria, Prefazione di A. G. Gargani, Einaudi, Torino 2001.

(16) <<Non è un caso se lo psicotico ha una vocazione naturale per i problemi metafisici e ontologici>>, Persona e psicosi, p. 21.

(17) Ivi, p. 16.

(18) Ivi, pp.27-28 e 57. Nel presente libro Resnik scrive ancora che <<la psicoanalisi non è una filosofia: ma pensare metafisicamente e metapsicologicamente attraverso l'esperienza psicoanalitica è anche un'attività psicologica>>.

(19) "Spazio Mentale", cit., pp.80 sg.

(20) "The Voices of Wittgenstein. The Vienna Circle", a cura di G. Baker, Routledge, London and New York 2003, p.66.

 

                    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

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