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Dalla Prefazione di Aldo Giorgio Gargani:
Ferite, cicatrici e memorie di Salomon Resnik è il
testo che più di ogni altro esemplifica e realizza performativamente
la nozione bioniana di dreamlike memory1 ,
ossia di una memoria come un campo di linee di forza
costituite da affetti, emozioni, sentimenti, riflessioni e memorie che
si distribuiscono - sul piano della simbolizzazione linguistica -
lungo percorsi alternativi o antitetici. Pensare oniricamente è
pensare il senso della possibilità, delle alternative e antitesi
appunto che come tali sono in grado di dissolvere le costruzioni
teoriche, sistematiche, dogmatiche, deliranti e paranoiche.
Costruzioni che non vengono dissolte mediante la confutazione,
l'inferenza logica, l'argomentazione cogente, ma esclusivamente
attraverso il confronto di esse (che vorrebbero esprimere il pensiero
unico) con la varietà delle modalità molteplici e delle dimensioni
multiple di simbolizzazione dischiuse dalla totalità del flusso
sconfinato del linguaggio. Abbiamo imparato dai filosofi dopo il
linguistic turn del Novecento che nel senso in cui
tradizionalmente i filosofi avevano concepito il linguaggio -
ossia come un calcolo, un algoritmo governato da regole ferree che si
prolungano come binari all'infinito - il linguaggio semplicemente non
esiste (Donald Davidson)2
. Come aveva osservato Wittgenstein, <<la regola non serve
proprio a nulla, è la cosa spiegata, non la cosa che spiega>>3 . A partire da un significato iniziale o primario, il
linguaggio si estende e si espande come una sconfinata totalità
fluttuante attraverso analogie, ricordi, confronti, attraverso la
modalità del vedere una cosa come un'altra in una catena
aperta, incessante e prolificante di sequenze simboliche.
Poiché il
linguaggio è una certezza vivente, un simbolismo che parla per se
stesso nella dinamica di una continua reinvenzione, emerge l'apertura
delle discipline scientifiche e delle forme della cultura umanistica
l'una verso l'altra dotto il nome di interdisciplinarismo. E'
questo il modello di pensiero e della metodologia psicoanalitica di
Resnik? No. L'interdisciplinarismo, infatti, ha assunto nel Novecento
la forma di un sapere che si avvale di strumenti che provengono da
ambiti disciplinari distinti. E' nata così la nozione di
thick description, di descrizione densa, in quanto non è che la
scienza si costruisca esclusivamente con la matematica e con
l'esperimento, la religione con il sentimento, l'arte con
l'immaginazione e così via di seguito. Ogni forma di sapere è un
complesso di pezzi staccati da varie discipline e combinati insieme.
L'idea di Resnik è profondamente diversa ed è infatti orientata verso
una forma di transdisciplinarismo. Non è ovviamente una
differenza nominalistica, perché essa caratterizza uno dei tratti più
originali, sorprendenti e affascinanti di questo libro. Il quale non
assume appunto la forma di sapere, che propone e avanza, come una
collezione di pezzi attinti alle varie scienze e morfologie della
cultura combinati insieme, bensì come la trasfigurazione di ogni
forma del sapere alla luce di un'altra. Ecco perché possiamo
all'inizio restare perplessi (soprattutto se siamo lettori un po'
distratti) sotto l'impressione che Resnik voglia darci un ennesimo
romanzo delle origini, confondendo mito e scienza, racconto accertato
e spiegazione mitologica, dove tutto assomiglia a tutto. Naturalmente
Resnik è lontanissimo da questo punto di vista: per lui non si tratta
di conciliare un romanzo o una spiegazione mitologica con qualche
pezzo di scienza fisico-matematico buono all'uso. Come egli scrive in
questo testo, <<La psicoanalisi è una scienza che ci ha dato
conoscenze e strumenti concettuali per poter viaggiare nelle galassia
inconsce della nostra psiche e del mondo vivente che ci circonda>>.
L'operazione innovativa che sostanzia il libro di Resnik esprime
invece la trasfigurazione di una forma di sapere in un'altra forma di
sapere, di un modello simbolico nei termini di un altro. In questo
senso, Resnik può confrontare il racconto delle origini del mondo dal
caos primordiale con la teoria del Big Bang e con l'emorragia psichica
alla quale è sottoposto il paziente psicotico nelle sue crisi di
delirio. Ancora: egli può confrontare nelle situazioni di transfert
<<il passato e il futuro, in quanto discendenza del presente, come
possibilità da sviluppare>>, scrive Resnik. Ma questa concezione del
passato e del futuro è affine alle nozioni del futuro, del presente e
del passato nella relatività generale di Einstein, che vedeva nel
passato non qualcosa di consumato e di estinto, nel presente qualcosa
di sfuggente e nel futuro qualcosa che deve aver luogo, bensì
relazioni di funzioni dinamiche regolate sul continuo spazio-temporale
quadrimensionale. Analogamente, Resnik può confrontare un campo
elettro-magnetico variabile nelle sue linee di forza con il campo dei
fattori psichici che interagiscono nella mente di una persona. E'
proprio dalle teorie dell'elettromagnetismo, di cui è padre il grande
James Clerk Maxwell, che abbiamo imparato che una qualsiasi cosa
esiste per un soggetto se egli può entrare in risonanza con
essa. La soluzione del problema del corpo nero compiuta da Max Planck
nacque dalla scoperta che ogni punto del forno nero risonava
soltanto con le onde della sua stessa lunghezza d'onda e non con
quelle differenti dei punti adiacenti del forno. E' da notare come
questo fenomeno suscitò il termine oscillatore e risonatore,
il primo (riprendendo il filo del discorso all'inizio) che si
riferisce al repertorio delle possibilità di simbolizzazione e il
secondo all'empatia comunicativa. Ora, dimmi, lettore, questo libro di
Resnik non è forse un libro sulla risonanza? Non è una lezione
continua che ci insegna come penetrare nella, risonando, e
aderire alla psiche del paziente?
Resnik non
tenta in questo suo libro di conciliare le scienze
fisico-matematiche con il racconto mitico delle origini dell'Universo
e così di seguito in tutte le altre situazioni e istanze della sua
opera. E' profondamente significativa di questa impostazione la
circostanza che Resnik non operi con spiegazioni causali, del tipo:
dal racconto mitico oppure dall'alchimia o dalla magia bianca è nata
la scienza moderna e simili. No, Resnik impiega modelli formali che
possono trapassare l'uno nell'altro senza una spiegazione causale. Il
suo testo è radicato risolutamente nel confronto di modelli e
paradigmi formali. Non diremo pertanto che dall'ellisse si è
storicamente generato il cerchio, bensì che un'evoluzione di paradigmi
formali e grammaticali ha generato una morfologia di forme simboliche.
I confronti che Resnik istituisce fra situazioni così differenti, come
il caos primordiale, il Big Bang, la relatività ristretta e la
relatività generale e i casi dei pazienti dei quali fornisce il
resoconto e il quadro clinico trapassano l'uno nell'altro per un
effetto transdisciplinare, strutturale connesso alle possibilità di
transizione fra i modelli formali, fra le grammatiche che vengono
messe all'opera al di fuori di inferenze logiche e di connessioni
causali. L'innovazione, la scoperta del nuovo si potrebbe dire allora
che consistono non nella rottura con la tradizione, con il passato,
bensì consistono in un nuovo modo di leggere il passato, la
tradizione. Nelle parole di Wittgenstein:
"Devi
dire qualcosa di nuovo, che però sia tutto vecchio.
Devi
comunque dire soltanto qualcosa di vecchio- che però sia nuovo4
!"
Nella
tradizione del messianismo ebraico confluiscono due motivazioni, due
direzioni spirituali, ossia una nuova visione del futuro che però al
tempo stesso non sarà altro che la restaurazione di uno stato ideale
del passato. Come scrive Gershom Scholem:
"Questo
ordine completamente nuovo contiene elementi che appartengono al
completamente vecchio, ma anche questo vecchio ordine non consiste nel
passato reale; è piuttosto un passato trasformato e trasfigurato in un
sogno illuminato dai raggi dell'utopia"5
La
redenzione nella sfera della cultura messianica ebraica - e noi
potremmo dire alternativamente: la salvezza o la guarigione
nella terapia psicoanalitica - non dipendono da una relazione causale
fra gli eventi della storia, non dipendono da uno sviluppo causale o
immanente6
alla dinamica storica, come invece avviene nel messianismo
secolarizzato dell'Illuminismo, ossia nella concezione e nella fede
della storia come progresso. Anziché assumere le esperienze psichiche
e i loro molteplici contesti interni e esterni in termini
cronologici e causali e dunque nei termini di un'ipotesi di
sviluppo, Resnik li interpreta nella trama della loro relazione
reciproca7
,
come confronti delle grammatiche che modellizzano eventi
cosmologici, fatti naturali, storie e vicissitudini di popoli e di
individui, flussi di emozioni e sentimenti, spazi e morfologie della
mente. La menzione biblica nel libro del Genesi (cap. 1, v.2) che "la
terra era senza forma e vuota; e le tenebre erano sulla superficie
dell'abisso", lo spezio primordiale del Caos di Esiodo, il campanile
di piazza S. Marco a Venezia inghiottito da una voragine come da un
buco nero nella testimonianza poetica di Alberto Savinio, dunque
l'esperienza della scissione fra mondo interno e mondo esterno, fra
sfera soggettiva e sfera oggettiva, la corrispondenza tra scissione e
la Spaltung (Melanie Klein) dell'io in posizione
schizo-paranoide, la natura originariamente schizoide del gruppo
terapeutico esprimono la varietà dei modelli simbolici nei quali viene
illustrata la precedenza che gli oggetti parziali hanno rispetto
agli oggetti interi. L'esilio, in questo senso, costituisce la
realtà primaria della vita e della storia ebraiche, ma nella
trasfigurazione del messianismo ebraico l'esilio è associato alla
speranza del passato, risulta connesso ad un passato ideale8.
Perciò, secondo Resnik, lo psicoanalista è <<un archeologo del
presente>> in quanto riscopre nell'attualità del transfert in corso
con il suo paziente una memoria antica, ancestrale della ferita
dell'universo e della ferita degli uomini che lo abitano. E sarà per
questo che pensare è ricordare, e sarà per questo che Bion diceva che
pensare è pensare il tempo. La scena primaria freudiana è la
ripetizione di tale ferita. Essa non si manifesta come un'opinione o
una credenza, allo stesso modo che non manifesta un'opinione o una
credenza il fatto che ci alziamo da una sedia. In altri termini, un
paziente non ci riferisce la sua scena primaria, ma agisce sotto
l'influsso e l'egida di essa; potremmo anche dire che egli ci racconta
la sua scena primaria mediante le azioni che compie, ossia ci espone
la sua scena primaria non con la grammatica delle cognizioni e delle
parole, ma con quella delle sue azioni che esibisce nel corso
dell'incontro con il terapeuta. L'origine mitica, la ferita
primordiale, l'immemoriale si attualizzano in un presente ricorsivo
sotto gli occhi di un analista che è divenuto un
analista-archeologo-del-presente.
"L'analista nulla ha vissuto e nulla ha rimosso di ciò che è oggetto
del nostro interesse; il suo compito non può essere quello di
ricordare alcunché. E allora qual è il suo compito? L'analista deve
scoprire, o per essere più esatti, costruire il materiale dimenticato
a partire dalle tracce che quest'ultimo ha lasciato dietro di sé"9
"L'analizzando - scrive Freud - non dice di ricordare di essere
stato caparbio e diffidente verso l'autorità dei genitori, ma si
comporta in questo stesso modo verso il medico. Non ricorda d'essere
rimasto privo di consigli e di aiuto nella sua esplorazione sessuale
infantile, ma porta un mucchio di sogni e di associazioni confuse, si
lagna che nulla gli riesce e dichiara che è un suo destino non portar
mai a termine ciò che intrprende. Non ricorda d'essersi profondamente
vergognato di determinate pratiche sessuali e di aver temuto che esse
venissero scoperte, ma mostra ora di vergognarsi del trattamento che
ha intrapreso e cerca di tenerlo celato a tutti, e così di seguito"10
.
"L'elemento essenziale è dato dal fatto che l'analizzando ripete
queste modalità di reazione anche nel corso del lavoro analitico,
mettendocele per così dire sotto gli occhi; anzi in definitiva noi
veniamo a conoscerle solo in questa maniera"11
.
In un
saggio Robert Musil rifiuta l'applicazione alla storia degli uomini di
nessi di implicazione logica, necessitante, come quando si dice "l'una
cosa implica necessariamente l'altra", che egli sostituisce con la
formula contingente ed elastica "dove l'una cosa dà l'altra".
"In due
parole - scrive Musil - ciò che chiamiamo necessità storica
non è, si sa, una necessità logica nella quale x implica y; ma è una
necessità analoga a quella delle cose quando si dice:"l'una cosa dà
l'altra" (wo eins das andere gibt)12.
Il testo di
Resnik mette da parte le nozioni filosofiche tradizionali di
condizione analitica, di implicazione necessitante tra i simboli in
termini di coerenza intrinseca, introducendo al loro posto un regime
di coesistenza, di appartenenza contingente, di stare
insieme che caratterizza le relazioni sussistenti fra i contenuti
emozionali e affettivi, fra i simboli del linguaggio degli uomini. Lo
stare insieme di Resnik con i suoi pazienti non è prearrangiato in un
simbolismo canonico e in una pratica discorsiva predeterminata. E' uno
stare insieme che ottiene i suoi esiti floridi attraverso la sintonia
comunicativa, la quale emerge unicamente dall'empatia, dalla
consonanza emozionale fondata sulla condivisione di una
simbolizzazione che risulta ogni volta imprevedibile, inaudita in
quanto ineludibilmente connessa all'atmosfera di stupore nel corso di
una svolta nella terapia psicoanalitica. Il tema del coesistere
insieme, dello stare insieme di elementi, contenuti in una relazione
contingente - anziché in un rapporto logico necessitante e cogente -
ha una profonda motivazione metodica in tutta l'opera di Resnik.
Infatti, la psicoanalisi per Resnik, prima ancora che una teoria, è
una disposizione mentale, è un allarme percettivo e come tale non è
riducibile ad un paradigma teorico rigido in quanto la psicoanalisi è
una pratica discorsiva diretta all'ascolto, all'attenzione di ciò che
è altro da noi, ossia a ciò che va al di là dei nostri limiti
prearrangiati e prestabiliti. Una pratica discorsiva dunque che si
declina nella temporalità e che ha la caratteristica distintiva e
peculiare di estendere il campo che indaga. Come già aveva
osservato Wilfred Bion, maestro di Resnik negli anni trascorsi alla
Tavistock Clinic di Londra, il sistema teorico deduttivo non
appena diviene uno strumento esplorativo applicato all'esperienza
clinica registra una perdita di coerenza interna in quanto richiede
nuovi adattamenti per adeguare l'esperienza che sta interpretando.
"Non
appena il sistema deduttivo dimostra il suo valore come strumento
esplorativo, la coerenza interna, che esso sembrava avere quando il
campo cui veniva applicato era limitato, viene messa in pericolo
perché si rendono necessari dei riadattamenti per far corrispondere il
teorema al senso più esteso [...] Il sistema quando è coerente con se
stesso è limitato; se non è limitato, allora non può essere
considerato come coerente con se stesso perché la sua coerenza è
contingente"13
.
Anche
l'opera di I. Matte Blanco fornisce un contributo rilevante a quello
che io chiamo il paradigma o il modello della coesistenza,
dello stare insieme che oltrepassa le definizioni e le
caratterizzazioni identitarie rigide attraverso (come rileva Resnik)
"un processo di condensazione". Questo regime di coesistenza fra
impulsi e disposizioni affettive che sembrerebbero incompatibili o che
verrebbero considerati incompatibili in base ad una logica astratta e
identitaria è la florida matrice del transfert psicoanalitico. Come
osserva Resnik, il transfert nella lingua tedesca viene reso con il
termine übertragung,
che significa traghetto, traghettare, ossia un passare continuo da
una riva all'altra, da uno scenario psichico ad un altro entro una
corrente di termini e condizioni eterogenei e differenziali, che
costituisce il flusso della libertà psicoanalitica. Stupore è la
condizione emotiva fondamentale nel corso della quale l'uomo,
spogliandosi delle sue identificazioni proiettive patologiche, compie
quell'operazione mentale e intellettuale fondamentale che consiste
nella sua remissione alle cose e per effetto della quale anche le cose
sono rimesse a se stesse in quella che è una sia pure parziale
ricostruzione della realtà. Attraverso lo stupore, e dunque
spogliandosi dei suoi schemi e delle sue modalità percettive
consuetudinarie, l'uomo potrà anche cogliere una dimensione immorale
delle cose per poi ritrovare al fondo di esse quella che è, in realtà,
una profonda commozione morale. Alla fine l'uomo percepirà quella
emozione profonda che è un'emozione schiettamente ontologica, che
qualcosa esiste, buono o cattivo che sia, anziché il nulla.
Il
movimento dello stupore è quello che fa parlare il paziente quando
egli riesce a liberarsi dal circolo e dai vincoli coattivi della sua
schizofrenia; quando, per dirla con le parole suggestive di Resnik, il
paziente cambia modello geometrico, passa dal circolo in cui era
rinchiuso con la sua patologia e si apre un percorso lungo una
spirale, passando da una geometria piatta, piana, bidimensionale ad
una geometria tridimensionale che esprime una crescita delle
dimensioni della sua psiche14
. Lo stupore è il motivo del discorso, nel senso estetico di
passaggio da una parola all'altra, da un significato ad un altro
significato, e nel senso etico in quanto motivo inteso come
motivazione. Resnik ci ha insegnato in "Spazio mentale" e in "Persona
e psicosi"15
che il soggetto catatonico non ha l'energia e il coraggio di parlare
perché non ha più la forza di elaborare il passaggio da una parola
all'altra. Per questo egli disperatamente ripete con monotonia
sempre la stessa parola, in cui è per così dire incistato. Le svolte
positive compiute dai pazienti, dei quali Resnik espone i casi
clinici, sono caratterizzate da un'evenienza che sopraggiunge tra
paziente e terapeuta e che induce in entrambi una sintonia
comunicativa per aprirsi verso la realtà e ascoltarla, a
raccontarla mentre la ascoltano - il discorso interiore finalmente
raggiunto - trovando nuove parole alle quali riconsegnarsi. E' allora
che il paziente e il terapeuta non sono l'uno nella testa dell'altro,
ma si incontrano nel tertium di un'emozione e di una percezione di
realtà, e la verità che essi riconoscono e condividono non è proprietà
di nessuno, è la verità sua propria, come un gesto, come una
fisionomia.
E'
fondamentale il tema (sopra indicato) sviluppato da Bion e da Resnik
concernente la progressiva restrizione della condizione analitica, nel
senso della necessità logica e inferenziale, la quale recede e
retrocede in quanto risulta inversamente proporzionale all'espansione
dei contenuti e delle dimensioni dell'esperienza psichica. Quanto è
più limitato un sistema o assetto o contest di pensieri e tanto più
esso è coerente, ma dal momento in cui tale sistema, assetto o
struttura accoglie in se nuovi contenuti, nuove dimensioni, nuovi
aspetti esso perde la coerenza logico-analitica a favore di un regime
di coesistenza contestuale contingente. Ma è nella percezione
emozionalmente vissuta della psiche come teatro di elementi e
contenuti che coesistono insieme e fanno una storia, una narrazione in
una modalità contingente, impervia ad ogni teorizzazione paranoica,
che il paziente incontra nuovamente la realtà. Bisognerà pur darsi
ragione della circostanza che Bion e Resnik inseguono la realtà dei
loro pazienti praticando la dreamlike memory! Resnik introduce
risolutamente in questo suo testo come già in "Persona e psicosi" la
relazione fra psicosi da un lato e metafisica e ontologia dall'altro16
. La mancanza di strumenti idonei a integrare e ad organizzare una
rappresentazione coerente del flusso dell'esperienza interiore ed
esteriore suscita <<un'angoscia ontologica>>17
. La paziente comincia col dire: <<Io non sono una persona... Non sono
come loro; non sono una persona, non sono niente, e mai potrò
diventare qualcosa>>18
.
Questa
metodologia è largamente responsabile della pratica terapeutica di
Salomon Resnik, essenzialmente centrata su quello che egli definisce,
quando parla della sua prassi di psicoanalista, <<un lavoro di
riunificazione>>. La procedura morfologica praticata da Resnik delinea
una sequenza aperta di forme in cui non vige più la concatenazione
necessitante e inesorabile fra due o più cose, fra due o più eventi,
ma in cui si sviluppa la loro coesistenza, la loro associazione, il
loro stare insieme e appartenere ad un medesimo orizzonte o contesto,
ad una comunità di esperienze vissute, dove una cosa non causa o non
implica necessariamente l'altra, ma dove l'una cosa dà l'altra.
Il modello morfologico genera una sequenza aperta e indefinita di
forme che si vengono connettendo per mezzo di legami intermedi, di
tipo analogico, non univoco e digitale. Resnik fornisce un'illuminante
testimonianza di metodo morfologico nella descrizione del caso clinico
del paziente di nome Charles in "Spazio mentale".
<<La prima
volta - scrive Resnik - Charles viene da solo. E' sempre silenzioso,
mutacico, ma di nuovo io vedo che il suo linguaggio è il suo guardare:
guarda tutto, ovunque, e ho l'impressione che utilizzi il suo sguardo
in un senso 'tattile'... E' il suo modo di tastare e di toccare i
libri, i quadri. Gli chiedo cosa cerca, se c'è qualcosa che gli
interessa, e mi risponde:"La storia". "Quale storia?", chiedo, e dopo
un po' risponde: "C'era in Spagna un Carlo I, poi un Carlo II, poi
Carlo III, poi un Carlo IV. Non andavano d'accordo tra loro". Ho
l'impressione che abbia come un arresto del tempo, che il tempo sia
spazializzato, e che egli esprima la sequenza storica dei Carli
successivi in un contesto di simultaneità. Gli segnalo che si erano
installati ognuno nel proprio reame e che era loro difficile parlarsi,
ed egli risponde:"Sì, se uno parla, c'è la guerra". Subito dopo
aggiunge:"E' stato necessario attendere Carlo V d'Austria, per
giungere a una riconciliazione e all'unificazione del reame". Charles
mi dava così tutti gli elementi per comprendere che in quel momento
c'era un aspetto integrativo in lui e che egli esprimeva il suo
desiderio. Ci sono quattro Carli al suo interno e ciascuno è
onnipotente e non c'è sempre accordo tra di loro. E' questa la
migliore descrizione della schizofrenia, definita, prima di Bleuler,
'follia discordante'. Io dico allora a Charles che ero preoccupato per
la concordanza e la possibilità di un dialogo fra questi diversi
aspetti di lui stesso, e che occorre qualcuno, un Carlo V (non gli ho
detto Salomon I), per unificare il suo reame, il suo Io. Aggiungo:<"Io
non sono Carlo V, ma può essere che a noi due sia possibile fare un
lavoro di riunificazione"19
.
Il lavoro
terapeutico dell'analista, in collaborazione sintonica con il
paziente, procede alla risonanza e alla concordanza o
consonanza, termini che assumiamo dalla teoria
dell'elettromagnetismo: che ricorre come modello fisico-matematico in
questa opera di Resnik. Ricordiamo: la risonanza costituisce la
condizione di percettibilità e informazione di un oggetto da parte di
un altro, quando si realizza la concordanza di fase, cioè quando le
onde di un campo elettromagnetico arrivano in fase, ossia il ventre di
un'onda coincide con il ventre di un'altra onda, la cresta dell'una
coincide con la cresta dell'altra. Così il paziente Samuel, di cui ci
parla Resnik, nei momenti in cui esce "dalla nuvola che si era
costruita come un piccolo Zeus", riesce a percepire e a sperimentare
il piacere "di scoprire le strade, gli alberi e le case, tutte le
scene e gli scenari della realtà quotidiana di un bel quartiere di
Parigi, S. German-des-Prés". L'esperienza rammemorante del gruppo
terapeutico può risultare (come nel caso del paziente Isaacs) una
versione di un rituale biblico nel corso del quale trovano
un'elaborazione, una negoziazione e una mediazione quelli che in
partenza erano i grandiosi monumenti ideali e deliranti dell'Io
narcisistico. Il Sukkoth, la festa dei Tabernacoli nel rituale
ebraico diviene nei termini dell'esperienza gruppale un contenitore
protettivo, un "tetto di paglia" (dalla sua origine letterale), una
legge del coro che è destinata a realizzare la rievocazione e la
ritualizzazione del cammino percorso per integrare un corpo gruppale
all'origine frammentato e disunito. Il gruppo così costruisce la
propria storia mentre la realizza rammentandola.
"Attraverso
i suoi membri e le sue membrane - scrive in questo libro Resnik - il
gruppo esprimeva drammaticamente il corpo gruppale, proprio come i
figli perseguitati di Israele cercano di reintegrare e dare vita al
corpo ebraico tramite la riconciliazione con un paesaggio geografico
specifico, un ambito per la loro vita e una collocazione per la storia
dei loro antenati".
La sintonia
comunicativa, attraverso la quale il paziente viene restituito ad una
coesione interna e ad un rapporto con la realtà, si realizza
costruttivamente attraverso un uso delle parole e dei simboli che
risulta imprevedibile, che viene elaborato volta per volta per aderire
al linguaggio del paziente e all'atmosfera della situazione
circostante. Riferendosi al suo maestro Pichon Rivière, Resnik ravvisa
nella spirale "un movimento costantemente progressivo sempre diverso
in momenti differenti". Nessun psicoanalista ha quanto Resnik
realizzato performativamente nella sua prassi terapeutica questo
approccio all'analisi dei pazienti. Ne è un esempio, fra i tanti,
l'episodio sopra menzionato del paziente Charles. Potremmo dire allora
che nelle mani di Resnik la psicoanalisi diviene una grande esperienza
di libertà, che sarà anche l'esperienza di libertà e di emancipazione
del paziente, giacché il terapeuta non può salvare il paziente se
anzitutto non salva se stesso.
Le
tessiture tra mitico e scientifico, fra origine arcaica e vita
presente, fra emozione e riflessione sono le figure della
trasfigurazione nella transizione da un modello simbolico, da un
paradigma grammaticale ad un altro. Non vi è un decorso temporale, non
v'è un'evoluzione, non v'è alcun tempo che scorre fra un modello o
paradigma e un altro; c'è invece un esercizio di confronti, analogie,
similitudini, di visioni che si generano l'una dall'altra. In questo
senso, come abbiamo visto, il caos primordiale è una figura che
trapassa, come precursore dello spazio e del tempo, nella scissione
psicotica. L'elaborazione della seduta psicoanalitica non può avere un
impatto totale con la situazione che affronta, nello stesso senso in
cui Freud asseriva in "Analisi terminabile e analisi interminabile"
che un'analisi non risolve tutti i possibili conflitti. Lo
psicoanalista - che è al tempo stesso un filosofo analitico, ossia un
filosofo del linguaggio - elabora e introduce oggetti di comparazione,
modelli di confronto che funzionano come strutture limitate e
circoscritte introdotte allo scopo di gettare luce sulla totalità
vaga, fluttuante e instabile dei flussi dell'esperienza psichica.
Analogamente Wittgenstein scriveva:
"Noi
illustriamo l'imperscrutabile totalità fluttuante (das unübersehbar
wogende Ganze) del nostro linguaggio contrapponendo e
giustapponendo ad essa strutture saldamente circoscritte che non
possiamo fare a meno di chiamare linguaggi"20 .
Questo gettar luce sul fondo
abissale della psiche, questo presentare al paziente
un'interpretazione della sua esperienza interiore non consistono in un
esercizio logico-analitico, in una sequenza di inferenze cogenti,
bensì nel mutamento del modo di guardare all'esperienza, in una nuova
modalità di visione, in qualcosa che io definirei una conversione
dello sguardo, nell'essere convertiti ad una nuova visione
della realtà.
Note
dell'Autore: (1) Cfr., W. Bion,
Cogitations, Karnac Books, London, 1992, p. 216; trad. it.
Cogitations. Pensieri, Armando, Roma, 1996, pp.218-19; cfr. su
questo punto L. Preta, Pensare immaginando, in L. Preta (a
cura di), Immagini e metafore della scienza, Laterza,
Roma-Bari 1992, p. XVII.
(2) D. Davidson, A Nice Derangement of
Epitaphs, in Ernest LePore (a cura di), Truth and
Interpretation. Perspectives on the Philosophy of D. Davidson,
Blackwell, Oxford 1986, p. 446; trad. it. in D. Davidson, I.
Hacking, M. Dummett, Linguaggio e Interpretazione, Edizioni
Unicopli, Milano, 1993, cfr. in questa edizione italiana la lucida
analisi condotta da Luigi Perissinotto, ivi, pp. 7-58.
(3) Wittgenstein, Zettel, Einaudi,
Torino 1986, 66 par. 302.
(4) Wittgenstein, Pensieri diversi,
Adelphi, Milano, 1980, p. 79.
(5) G. Scholem, L'idea messianica
nell'ebraismo, Adelphi, Milano, 2008, p. 16.
(6) Ivi, p. 21.
(7) Cfr. l'affinità di questo metodo con le
riflessioni antropologiche di Wittgenstein, in Note sul "Ramo
d'oro" di Frazer, Adelphi 1975, p. 28.
(8) Cfr. ivi, p. 15.
(9) Cfr. Freud, Analisi terminabile e
interminabile e Costruzioni nell'analisi, Boringhieri,
Torino 1977, cit., p. 73.
(10) Nuovi consigli sulla tecnica della
psicoanalisi, in Id., Opere, Boringhieri, Torino 1975,
vol. VII, pp. 355-56.
(11) Cfr. Freud, Analisi terminabile e
interminabile e Costruzioni nell'analisi, cit., p. 50.
(12) R. Musil, Das
hilflose Europa oder Reise vom Hundertsten ins Tausendste (1922),
in Id., Gesammelte Werke, Rowohlt, Hamburg 1978, vol.
VIII, pp. 1077-1078 e 1081; ed.it. R. Musil, L'Europa
abbandonata a se stessa ovvero Viaggio di palo in frasca, in
Id., Saggi e Lettere, Einaudi, Torino, 1995, vol.I, p. 64
(traduzione lievemente modificata).
(13) W. Bion, Attenzione e
Interpretazione, Armando, Roma, 1973, pp. 37-38.
(14) Questo tema
interessantissimo, connesso al rapporto tra modelli geometrici e
trattamento psicoterapeutico, è trattato nel presente volume di
Resnik così come viene largamente tematizzato da Resnik in "Spazio
mentale. Sette lezioni alla Sorbona", a cura di F. Nosé e di G.
Morandini, Boringhieri, Torino 1990.
(15) Cfr. S. Resnik,
Persona e psicosi, a cura di P. Bria, Prefazione di A. G.
Gargani, Einaudi, Torino 2001.
(16) <<Non è un caso se lo
psicotico ha una vocazione naturale per i problemi metafisici e
ontologici>>, Persona e psicosi, p. 21.
(17) Ivi, p. 16.
(18) Ivi, pp.27-28 e 57. Nel
presente libro Resnik scrive ancora che <<la psicoanalisi non è
una filosofia: ma pensare metafisicamente e metapsicologicamente
attraverso l'esperienza psicoanalitica è anche un'attività
psicologica>>.
(19) "Spazio Mentale", cit.,
pp.80 sg.
(20) "The Voices of
Wittgenstein. The Vienna Circle", a cura di G. Baker, Routledge,
London and New York 2003, p.66.
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