Presentation   News Events   Archives    Links   Sections Submit a     paper Mail

FRENIS  zero 

 Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte  

  Home Frenis Zero

        

 

 

 

  "GLASTRESS". Mostra all'Istituto Veneto a Venezia

 

 

 

  

 

 E' in corso presso l'Istituto Veneto la mostra "GLASTRESS" che costituisce uno degli eventi collaterali della 53.a Mostra Biennale d'Arte di Venezia. Il bel catalogo edito da Charta raccoglie una serie di saggi tra cui quello di Fausto Petrella dal titolo "IL VETRO E LA PSICHE". Dato che il catalogo è solo in inglese, abbiamo pensato, con il consenso dello psicoanalista pavese, di fornire in questa pagina un resoconto del suo scritto. L'autore è Giuseppe Leo che ha visitato la mostra il 2 ottobre 2009.


 

LA MOSTRA

 

L'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti ospita dal 6 giugno al 22 novembre 2009 un evento collaterale della 53.a Mostra Biennale d'Arte di Venezia, l'esposizione "Glasstress". Dato che "costruzione di nuovi mondi" costituisce lo slogan di questa edizione della Biennale, questa mostra costituisce un contesto in cui il vetro, così intimamente legato alla storia di Venezia, si può legare alla creatività di tanti artisti contemporanei e mostrare tutte le sue potenzialità.

Gli artisti: Josef Albers, -- Arman, Jean Arp, Barbara Bloom, Louise Bourgeois, Sergio Bovenga, Daniel Buren, Lawrence Carroll, -- César, Soyeon Cho, Tony Cragg, Marie Louise Ekman, Jan Fabre, Lucio Fontana, Francesco Gennari, Dan Graham, Richard Hamilton, Mona Hatoum, Hye Rim Lee, Charlotte Hodes, Mimmo Jodice, Marya Kazoun, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Raimund Kummer, Federica Marangoni, ORLAN, , Jean Michel Othoniel, Luca Pancrazzi, Anne Peabody, Giuseppe Penone, Anton Pevsner, Bettina Pousttchi, Robert Rauschenberg, Man Ray, Rene Rietmeyer, Silvano Rubino, Sandro Sergi, Kiki Smith, Jana Starbak, Lino Tagliapietra, Koen Vanmechelen, Fred Wilson, Kimiko Yoshida, Chen Zhen

         

IL CATALOGO

 

                    

 

Autori: Adriano Berengo, Laura Mattioli Rossi, Rosa Barovier Mentasti, Francesca Giubilei, Giacinto Di Pietrantonio, Tina Oldknow, Fausto Petrella, Luca Beatrice

Formato: 21 x 30 cm

Pagine: 176

Legatura: cartonato

Illustrazioni: 149 a colori

Anno: 2009

Edizione: inglese

ISBN 978-88-8158-743-8


 

 

Prezzo di copertina: €42.00
 

"IL VETRO E LA PSICHE"

 

di Fausto petrella

 

 

 Fausto Petrella, nella premessa al suo saggio, menziona le singolari qualità e caratteristiche di questo materiale che possono configurare differenti tipologie del vetro,  dipendenti dalle sue qualità eterogenee ma anche dalle metodiche di lavorazione, sulla base di: grado di trasparenza, grado di purezza, di fragilità, conduzione elettrica, colore, resistenza alle variazioni termiche, indice di rifrazione. Il vetro è amorfo e questa sua proprietà è alla base della sua trasparenza. Il rapporto del vetro con l'arte, però, può essere rintracciato in ulteriori sue caratteristiche che Petrella, da studioso  delle valenze simboliche delle relazioni con gli oggetti, così delinea: il rapporto di questo materiale con il fuoco e con il freddo si coniuga con il legame con il pneuma dell'artigiano che lo soffia, plasmandone <<la combinatoria timbrica e tonale delle colorazioni, delle trasparenza e delle forme>>. Se il corpo dell'artigiano trova nel materiale vitreo quella eterogeneità e quella flessibilità che consente di plasmarlo, non sorprende quanto questo materiale sia presente nelle creazioni di innumerevoli artisti contemporanei.

Se poi ci spostiamo su un piano ancora più metaforico, come ci invita a fare Petrella, scopriamo il ricco repertorio di attributi che il vetro condivide con la psiche. Sin da tempi remotissimi il linguaggio ha "riflettuto" - anche questo verbo intriso di metafore vitree - sulle proprie origini metaforiche, sui propri giochi linguistici, sul proprio uso corrente o, invece, scientifico. Anche il linguaggio sembra condividere con la materia vitrea quella eterogeneità che lo rendono malleabile nel cogliere persino le insondabili profondità psichiche che sfuggono alla pensabilità ed alla logica.

Una prima associazione che Petrella propone è quella che riguarda la coscienza per cui alcune qualità elementari del vetro sembrano definire certi aspetti strutturali della coscienza: la sua trasparenza, ad es., che fa sì che la coscienza sia una funzione di cui non ci accorgiamo (allo stesso modo <<della vetrata invisibile che separa la stanza dove soggiorniamo dall'esterno>>). In psicopatologia, poi, parliamo di obnubilamento o di opacamento della coscienza. La tradizione filosofica a partire da Cartesio ha attribuito al pensiero la capacità di formulare idee <<chiare e distinte>>, riflettendo in modo più o meno realistico la struttura della realtà esterna. Il pensiero come riflesso del mondo costituisce lo spartiacque tra approcci realistici ed altri non realistici in ontologia.

Ma un'altra caratteristica della coscienza si trova associata ad un'altra proprietà del vetro: il suo fluire. Scrive suggestivamente Petrella:<<Il flusso vitreo delle acque chiare e il fluire del pensiero mettono in movimento quella limpidezza e trasparenza variabile che il vetro ha fissato nella sua solidità>>. Questo bell'accostamento ci consente di cogliere, su un piano squisitamente metapsicologico, quanto la limpidezza della coscienza faccia da pendant alle 'impurità' dell'inconscio anch'esso 'fluente' ed 'impermanente'. All'impurità fa riferimento anche la condizione psicologica della confusione mentale, la quale si realizza, come scrive testualmente l'autore, <<quando trasparenza, chiarezza e lucidità del campo esperenziale vengono meno ...>>. Nella psicosi, poi, sembra frapporsi come uno schermo opaco tra l'individuo ed il mondo, per cui questo appare come "sotto vetro", risultando gli oggetti <<visibili ma non accessibili e non toccabili o appropriabili>>. Vetro come simbolo della freddezza e dell'inaccessibilità delle cose. Con un esempio che l'autore significativamente trae dalla propria storia di psichiatra responsabile di un Centro di Salute Mentale, l'esigenza del mettere 'sotto vetro' appartiene, spesso ma non sempre inconsciamente, anche ai curanti che in un diaframma vitreo che li separi dal paziente alienato possono trovare l'illusoria sicurezza di uno schermo alle altrui (e alle proprie) proiezioni alienanti. E' peraltro difficile stabilire quanto le proprietà contenitive, protettive e riparative del vetro possano risultare, caso per caso, terapeutiche o anti-terapeutiche.

Ma nel linguaggio comune (non psicopatologico né psicoanalitico) il termine 'coscienza' non è solo associabile alle funzioni cognitive, bensì anche alla dimensione morale e quindi sociale dell'individuo. "Avere la coscienza sporca", "avere la coscienza limpida", "avere una cattiva coscienza": sono tutte espressioni che si riferiscono alla coscienza etica che <<è anche la matrice del rimprovero e del sentimento di colpa>>, scrive Petrella, e aggiungerei della vergogna, questa emozione sociale così pregnante nelle dimensioni psicopatologiche più gravi. La vergogna, a differenza della colpa che si riferisce ad una singola azione e che quindi è riparabile, pervade al contrario l'intera individualità psichica e non è riparabile. Da qui la potenzialità positiva della vergogna come "emozione del limite" (segnalatrice di un senso di inadeguatezza rispetto alle pressioni sociali o di intangibilità dei confini del Sé) come anche quella negativa che vediamo all'opera in molti suicidi, più o meno sorretti da strutturazioni narcisistiche o borderline di personalità. La colpa e la vergogna quindi rimandano a due emozioni sociali che occupano l'interfaccia del Sé con il mondo sociale e con le sue vicissitudini politiche, spesso traumatiche (si pensi alla violenza collettiva o a quella di Stato esercitata dalle dittature). In tal senso appare suggestivo il richiamo di Petrella ad una serie di accezioni storico-politiche del termine 'trasparenza' come ad es., la 'glasnost' di gorbacioviana memoria, <<come una necessità della regolazione del rapporto tra lo Stato e i cittadini, contro la censura e le manovre occulte e segrete del potere politico o di singoli individui, quando vogliono sottrarsi allo sguardo della legge>> (Petrella 1993).

Ma l'altra caratteristica strutturale del vetro, la sua fragilità, ci rimanda ad un'altra serie di associazioni. Quelle con le varie forme di fragilità psichica. <<La fragilità del vetro dipende dal suo essere un materiale poco elastico alla temperatura ordinaria e di avere “la caratteristica di rompersi bruscamente senza presentare segni di snervamento prima di raggiungere il punto di rottura” (De Mauro, 2000). Anche la definizione sintetica del vocabolario mostra la duplicità psico-scientifica dei termini impiegati. La fragilità del vetro si è trasferita figurativamente a designare la debolezza di costituzione, l’instabilità psichica, la mancanza di fermezza dell’anima, l’inconsistenza personale. E’ il contrario della durezza, della forza, della coesione, della solidità e della resilienza>>. Il celebre richiamo letterario alla novella di Cervantes il "Licenciado Vidriera" è qui particolarmente opportuno. Con la psicopatologia del XX secolo possiamo dire, con Petrella, che <<l’assimilazione della psiche al vetro si trasforma, da vissuto delirante di fragilità, in una concezione psicopatologica, che definisce tipicamente l’esperienza schizofrenica>>. Si pensi all'introduzione da parte di Bleuler del concetto di Spaltung così centrale nella stessa definizione ed etimologia della parola "schizofrenia". La fragilità diventa sinonimo di "irrimediabilità" della frattura psicotica. Ma questa accezione in negativo della vulnerabilità, verdetto prognostico di inguaribilità che la psicopatologia del XX secolo ha emesso nei confronti degli psicotici, <<ha fatto molto discutere sulla sua natura e certamente rinvia anche a differenze costitutive nella tipologia dei vari “vetri psichici”, più o meno frangibili, più o meno resistenti a seconda della loro composizione-costituzione>>. E bene fa Petrella, a tal riguardo,  ad affermare che la nascita della psicoanalisi, a partire dal suo fondatore Sigmund Freud, ha rappresentato una cesura rispetto agli psicopatologi a lui coevi. Egli scrive nel 1932 in "La scomposizione della personalità psichica" (in "Introduzione alla psicoanalisi - Nuova serie di lezioni", OSF, vol.11) che l'Io in generale, l'Io di tutti è di per se stesso un cristallo fragile, solo in apparenza saldo e compatto. La sua rottura non è mai casuale, ma rivela, attraverso le sue linee di frattura, la propria intima struttura.

Ma ancora un'altra caratteristica del vetro è riassunta da Petrella con questa formula: "Ambiguità del vetro: tra diottrica e catottrica". Si tratta della capacità "riflessiva" di questo materiale che fa da supporto ad una serie di analogie con concetti impiegati nel linguaggio ordinario, in psicologia, in psicoanalisi e nelle neuroscienze. Lo specchio, che è una "trasformazione del vetro" al quale si fa assumere un'univoca funzione riflessiva grazie all'argentatura di una sua superficie, fa perdere al vetro la sua trasparenza ma ne rinforza le capacità riflettenti. La varietà degli specchi (piani, sferici, speciali) sembra così corrispondere alla complessità delle funzioni riflessive della mente umana. In filosofia la riflessione (da "re-flectere", ripiegare indietro) e la speculazione sono strumenti conoscitivi della mente umana. In psicoanalisi basti menzionare la "fase dello specchio" di Lacan (1949) ed il "mirroring" di Kohut (1977) per considerare quanti e quali siano gli scritti e gli orientamenti psicoanalitici che hanno assunto letteralmente lo specchio al centro delle loro investigazioni. Nelle neuroscienze la recente scoperta dei "neuroni specchio" sta cercando di far luce sugli intimi meccanismi onto- e filo-genetici dell'empatia. In psicopatologia, poi, sono noti da tempo le fobie per gli specchi e il "fenomeno dello specchio" (corrispondente alla perdita della visione mentale di sé) a rammentarci la fondamentale "ambiguità" di questo oggetto su cui il paziente può proiettare tutta la 'liquidità' (come lo specchio d'acqua di Narciso) della propria rappresentazione di sé.

 

  (foto: F. Alman e S. Reiff, "Identimix", 1994)

 

<<Il fenomeno per cui il vetro può manifestare ora capacità catottriche ora diottriche, si presta egregiamente a configurare l’instabilità delle funzioni auto- ed etero- rappresentative>> scrive Petrella.  A tal proposito, l'opera di Flavia Alman e Sabine Reiff "Identimix" del 1994 consente, secondo Petrella, di <<forzare una ricombinazione dinamica e sperimentabile dei tratti del mio volto con quelli di un'altra persona, ottenendo una sorta di espianto, trapianto, e ricombinazione incruenta dei tratti del proprio volto con quelli di un’altro>>. Quella che la psicopatologia definisce come depersonalizzazione sembra associarsi a una tale <<destabilizzazione dell’immagine della propria faccia che così si induce, rende sensibili, visibili e riproducibili per tutti>>.

In conclusione, Fausto Petrella in questo suo scritto in inglese che arricchisce il catalogo della mostra veneziana ci fornisce, attraverso le innumerevoli metafore che prendono spunto dalle proprietà del vetro, una serie di "riflessioni" in cui noi psicoterapeuti, psichiatri e psicoanalisti possiamo "rispecchiarci" nei nostri tentativi di essere degli 'specchi' terapeutici e non deformanti nei  confronti dei nostri pazienti, anche grazie alla nostra consapevolezza del gioco di transfert e controtransfert con loro, fenomeno la cui 'specularità' continua ad affascinarci con tutta la varietà di colori, di 'diottrie' e di 'focali' che l'approccio psicoanalitico alla mente umana ci consente.

 

 

  

                                                                                              Giuseppe Leo

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

Copyright - Ce.Psi.Di. - Rivista "FRENIS ZERO" All rights reserved 2004-2005-2006-2007-2008-2009