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RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 

 

Recensioni bibliografiche 2003  

 

Recensione di Michele Di Francesco tratta da  "Il Sole 24 ore" di domenica 6 marzo 2005 sul libro di Mauro Mancia "Sentire la parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert" (Bollati Boringhieri, Torino, 2004). 
  Recensioni bibliografiche 2004 

   

Recensioni dalla stampa 2003
                 Rivista Frenis Zero L'inconscio delle neuroscienze.

 

                  Maitres à dispenser Da sempre, la psicoanalisi si propone come uno strumento potente  d'interpretazione della natura e del funzionamento della mente. E lo fa individuando in una serie di processi inconsci le cause delle nostre azioni, normali o patologiche che siano. Essa mira a descrivere il mondo invisibile in cui pensieri, emozioni e sentimenti interagiscono e costituiscono la nostra soggettività. Ma ci riesce davvero? Mantiene fino in fondo le sue promesse esplicative? E, soprattutto, come si confronta oggi il sapere psicoanalitico con lo sviluppo straordinario delle neuroscienze, le cui ambizioni esplicative appaiono in chiara alternativa rispetto a quelle psicoanalitiche? Per dirla in termini più crudi: come può la psicoanalisi sopravvivere alle neuroscienze? A questa domanda sono possibili almeno tre risposte:

1. non potrà sopravvivere;

2. lo farà ignorando tali sviluppi;

3. lo farà grazie alla sua capacità di creare dei ponti che connettano le originarie nozioni freudiane con i concetti e le scoperte delle neuroscienze.

 

In questa terza linea di pensiero si colloca l'interessante volume di Mauro Mancia (psicoanalista e neurofisiologo egli stesso) Sentire le parole, che pone al centro della propria riflessione il rapporto tra inconscio e memoria, sottolineando la necessità di integrare la teoria freudiana alla luce delle più recenti ricerche neuroscientifiche circa la natura (molteplice) dei meccanismi del ricordo. Che di tali meccanismi ne esistano molti, con differenti localizzazioni e ruoli funzionali, è del resto un'acquisizione ben nota delle neuroscienze cognitive: memoria episodica, semantica, autobiografica, procedurale, affettiva (ma anche motoria, sensoriale, cognitiva), sono solo alcune delle nozioni introdotte nell'ambito di una ricerca che è giunta a indagare le basi neurochimiche e genetiche dei processi sinaptici della fissazione del ricordo.

Mancia sottolinea soprattutto la necessità di tener conto di due tipi di memoria: un primo tipo dichiarativo o esplicito e un secondo non dichiarativo o procedurale o implicito. La prima può essere evocata coscientemente e verbalizzata, la seconda riguarda esperienze non coscienti né verbalizzabili. Ma se esistono due tipi di memoria, allora esistono due tipi di inconscio con cui la psicoanalisi deve confrontarsi: un <<inconscio rimosso>>, analizzato da Freud e "aggredibile" dai suoi modelli esplicativi, e un <<inconscio non rimosso>>, ignorato dal padre della psicoanalisi, ma essenziale per la comprensione della personalità del soggetto. Esso sarebbe relativo alle primissime esperienze infantili e costituito da <<un insieme di processi traumatici ... non rimossi ma depositati nella memoria implicita>>, un insieme di rappresentazioni preverbali e presimboliche che non raggiungono la coscienza ma operano nell'adulto e si manifestano nel transfert e nel sogno.

Rispetto ad altri, pur interessanti, tentativi di confronto tra psicoanalisi e neuroscienze, quello proposto da Mancia appare meno sbilanciato in senso riduzionistico. Non si tratta di calare i concetti freudiani nel lessico cerebrale; né di attribuire a Freud doti profetiche (del resto poco rilevanti, dato che fare scienza non è tirare a indovinare). Al contrario quella che viene sviluppata (secondo linee che lo spazio ci impone di lasciare alla curiosità del lettore) è una riforma della disciplina che deve mutare anche aspetti radicali per accogliere al suo interno le acquisizioni della neuroscienza. Se poi questo incontro sarà sufficiente a garantire la sopravvivenza della psicoanalisi solo il tempo lo dirà. Ma certo la strada indicata appare non solo promettente, ma in larga misura obbligata, dato che ignorare la sfida della scienza della mente non sembra un'opzione valida per nessun esploratore contemporaneo dell'animo umano.

 

 

 

 

 

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