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RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 

 

Recensioni bibliografiche 2003  

 

Recensione di Alessandro Pagnini tratta da  "Il Sole 24 ore" di domenica 13 marzo 2005 sul libro di Alasdair Mac Intyre "The unconscious. A Conceptual Analysis", Routledge, Londra, 2004. 
  Recensioni bibliografiche 2004 

   

Recensioni dalla stampa 2003
                 Rivista Frenis Zero Freud, un grande aristotelico

 

La psicoanalisi, una spiegazione teleologica della natura e dell'agire umano
                  Maitres à dispenser Esiste un "Freud analitico", come è stato di recente definito (The Analytic Freud, a cura di M.P. Levine, Routledge, 2000), meno eroe, e senz'altro meno profeta di quello che siamo abituati a trattare nella nostra tradizione "continentale"; un pensatore inter pares, potremmo dire, alcune delle cui ipotesi (più che la sua disciplina in blocco)meritano attenzione e confronto. E non si tratta qui delle frequenti critiche epistemologiche alla scientificità (o pseudoscientificità) delle teorie freudiane, che pure hanno occupato una lunga stagione di cimenti anglofoni sulla psicoanalisi; bensì, come scriveva Levine in quel libro, di <<una discussione positiva e sostanziale di alcune intuizioni psicoanalitiche in relazione a una vasta gamma di temi filosofici contemporanei>>: di filosofia della mente e dell'azione, di filosofia del linguaggio, di etica e di filosofia del diritto.

I due lavori che più hanno dato l'impronta a quello che da allora sarà un crescente interesse filosofico per la psicoanalisi nel mondo anglosassone sono il Freud di Richard Wollheim (1971; tradotto in italiano da Rizzoli nel 1977) e, prim'ancora, The Unconscious. A Conceptual Analysis di Alasdair Mac Intyre, pubblicato per la prima volta nel '58 e riproposto ora dall'autore in una versione rivista e accompagnata da un'ampia prefazione.

Sull'impronta di Wollheim, è cresciuto un filone che ha ritenuto di ricostruire la psicoanalisi come una sorta di estensione della psicologia del senso comune e come lo strumento che il senso comune ha elaborato per dare una spiegazione dell'esperienza dell'irrazionalità; a seguito delle indicazioni di mac Intyre, e di altri "neowittgensteiniani" che alla fine degli anni Cinquanta si occuparono di teorie freudiane, si è invece manifestata una tendenza a considerare la rilevanza di Freud per la filosofia morale e per la filosofia pratica.

MacIntyre è noto al pubblico filosofico per la sua originale difesa di una posizione neoaristotelica in etica (...). Di Freud, continua ad interessargli la problematizzazione del rapporto tra desiderio e conoscenza, già centrale in Platone e Agostino, e che MacIntyre rilegge dopo Kant, in chiave di autonomia e autodeterminazione. Quelli che affronta la psicoanalisi sono, per Mac Intyre, problemi di autoconoscenza o, per meglio dire, di difetto di autoconoscenza. E sono anche problemi che riguardano la natura del desiderio, e infine la relazione del desiderio e dell'autoconoscenza con le nostre azioni. Problemi che Platone e Agostino ben conoscevano, e che per MacIntyre possono benissimo essere inquadrati in una versione aristotelica della crescita dell'individuo in quanto agente razionale e della realizzazione da parte dell'uomo di una vita <<teleologicamente strutturata>>.

Freud, da parte sua, ha molte cose consonanti da dire, al punto che MacIntyre ritiene la psicoanalisi, nei suoi aspetti essenziali, teoria "aristotelica". Intanto, sembra sostenere che certi sintomi e certi comportamenti nevrotici (come manifestazioni ossessive o fobiche) sono espressioni di uno scopo; sono azioni intese a servire uno scopo che, a sua volta, è inseparabile dall'esistenza di un desiderio inconscio (per esempio, una paura inconscia); poi, soprattutto attraverso lo schema indicato dalla sua teoria metapsicologica strutturale, ci dice come l'Ego diventa autonomo, e certo non nel senso kantiano (giacché un freudiano coerente considererebbe l'imperativo categorico come una istanza superegoica, e quindi "eteronomo" il rapporto del soggetto kantiano con esso), bensì proprio nel senso in cui Aristotele intendeva l'acquisizione dell'essere morale, che riesce a conciliare le esigenze che la sua crescita comporta in quanto appartenente a una specie particolare e le finalità che si pone in quanto individuo che ha scelto liberamente i beni da perseguire in un contesto di norme e di obblighi sociali.

Ovviamente la psicoanalisi  non può servire a individuare il bene e la razionalità dell'agire, ma solo a rimuovere le frustrazioni, le distorsioni e gli ostacoli che incontriamo sulla strada del bene. E soprattutto deve aiutare una persona libera a ristabilire un rapporto equilibrato con il proprio vissuto, a poter decidere quali influenze del proprio passato devono determinare il presente. Gli esseri umani scoprono di non essere liberi, di non essere autodeterminati, nella misura in cui si scoprono agenti razionali difettosi. Diventare autodeterminati come agenti razionali, per MacIntyre, non significa essere liberi da ogni determinazione causale, bensì essere determinati da ragioni che sono sempre aperte a rivalutazione alla luce di evidenze e considerazioni rilevanti. La psicoanalisi, seppur non in modo esclusivo, diventa strumento per quell'autoconoscenza richiesta da una piena razionalità pratica.

Il libro, da una parte, va letto riportandolo a una precisa temperie di discussione filosofica (l'anno prima , nel '57, era uscito il piccolo capolavoro della Anscombe Intention, e anche Ryle e Iris Murdoch influivano su certi temi di riflessione); poi, nelle aggiunte di oggi, va letto come coronamento di un percorso in cui l'aristotelismo di MacIntyre non ha mai disdegnato di confrontarsi con l'attualità, anche della scienza (recentemente MacIntyre ha mostrato un interesse, in chiave neotomista, per l'etologia cognitiva e per la psicologia dello sviluppo di Winnicott, in Animali razionali dipendenti, Vita & Pensiero, Milano, 2001). Nella interessante prefazione di questa edizione, l'autore solleva motivate critiche a Lacan e al suo dichiarato antiaristotelismo, e fa interessanti considerazioni sull'oggetto del desiderio, tra realtà e fantasma, critiche verso il nihilismo di Lacan come anche verso alcune interpretazioni di Jonathan Lear (altro filosofo che ama accostare Aristotele e Freud) e verso la sua interpretazione dell'eudaimonia aristotelica in chiave di interpretazione fantasmatica. Da questi e da altri spunti del libro, gli asfittici dibattiti filosofici nostrani su Freud potrebbero trarre sicuro giovamento.

 

 

 

 

 

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