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 IN RICORDO DI ADRIANO MILANI COMPARETTI

 

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Novità - News

 

 

 

 

 

  Venerdì 21 e Sabato 22 aprile 2006 a Firenze si è tenuto un Convegno Internazionale dal titolo "La riabilitazione riabilitata", organizzato dall'U.O. di Medicina Neonatale e Pediatria Preventiva  dell'Azienda Ospedaliera-Universitaria "Meyer" e dal Centro Brazelton, con il patrocinio dell'ASL 10 di Firenze, della Società della Salute, dell'A.I.FI. ( Associazione Italiana  Fisioterapisti), della SIMFER, della SINPIA e del Comitato per lo Studio, Ricerca e Formazione in Neuroriabilitazione. I lavori veri e propri sono stati preceduti, Giovedì 20 aprile, da una sessione commemorativa in ricordo di Adriano Milani Comparetti, tenutasi nella prestigiosa cornice del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Anna Gidoni e Gianpaolo Donzelli hanno presentato la relazione "Dalla pediatria alle neuroscienze: Adriano Milani Comparetti: un innovatore scomodo", a seguire l'intervento di Valeria Milani Comparetti "La formazione civile e politica di Adriano Milani Comparetti", quello di Maria Luisa Fantini, Ester Benvenuti e Alessandra Giannoni dal titolo "Il Centro di Educazione Motoria Anna Torrigiani: storia di un'istituzione", poi quello di Lina Mannucci "La scuola dell'Istituto Anna Torrigiani", la relazione di Carlo Nesi "Milani e le famiglie: l'esperienza dell'AIAS", ed infine l'intervento di Massimo Papini che ha inaugurato il convegno. Un'altra sessione commemorativa su Milani Comparetti ha concluso il convegno nel pomeriggio di Sabato 22 aprile, con Antonio Condini e Roberto Leonetti come moderatori. Massimo Papini ha presentato la lettura magistrale dal titolo "Milani: educazione, medicina e attualità", in cui ha sottolineato la centralità del concetto di GRUPPO nel pensiero di Milani: in esso il coordinatore non è il "leader", ma è il <<guardiano della procedura>> che deve mantenere in primo piano il messaggio più utile, più corretto che esprima i bisogni autentici del bambino disabile. La dimensione etica del lavoro di Milani Comparetti è stata sintetizzata da Papini con la formula: <<noi medici siamo dei cittadini che curiamo altri cittadini>>. Quindi il <<rispetto preventivo>> deve improntare l'operato del medico. Adriano Milani Comparetti era un neuropsichiatra "scomodo" per quei tempi, e Papini ha ricordato l'ostracismo che egli dovette subire da parte di certe Società scientifiche. Due sono stati i punti chiave, le lezioni durature, del lavoro di Milani Comparetti su cui Massimo Papini ha voluto soffermarsi:da una parte, l'aver messo in risalto i danni della chirurgia ortopedica nella paralisi cerebrale infantile e, dall'altra, il suo ruolo di promotore dei Centri per i Metodi di Educazione Attiva, che erano animati da un atteggiamento che vedeva il bambino come 'protagonista' rispetto agli operatori. Un altro punto del pensiero di Milani Comparetti a cui ha fatto riferimento Massimo Papini è stato quello della <<riunione della riabilitazione sociale con la riabilitazione tecnica>>: ciò significa che la socializzazione del bambino disabile deve partire dalla mancanza di quelle fondamenta che sono rappresentate dalla relazione di attaccamento alla madre. Di seguito è stata presentata la relazione di Mario Landi, nerina Landi e Marco Armellini dal titolo"Processi di integrazione e percorsi di presa in carico: fattori di cura, fattori di rischio" che ha inteso considerare come alcuni temi di riflessione sul lavoro di equipe, introdotti da Adriano Milani Comparetti, abbiano trovato e trovino ancora una straordinaria utilità nell'organizzazione attuale dei servizi di neuropsichiatria infantile. Si è fatto riferimento, in particolare, ai concetti di 'individuo interindividuale', di necessità nel lavoro pluridisciplinare dello scambio di messaggi tra gli operatori anziché di deleghe, di "appuntamenti funzionali" che gli interventi devono rispettare per risultare efficaci, di <<lavoro di accompagnamento ad una genitorialità non solo ferita ma specificatamente traumatizzata>>, del ruolo del "novelty shock" nella strutturazione dell'identità genitoriale nel caso del bambino disabile. Uno dei rischi più importanti che Milani Comparetti individuava era quello di trasformare in terapia tutto quello che si fa intorno al bambino disabile (rischio di medicalizzare tutta la sua vita quotidiana). Infine, è stata richiamata la nozione di "alleanza perversa", che Comparetti aveva mutuato da Winnicott per indicare quelle pratiche che, non rispettando la globalità del bambino, agiscono solo sulla parte malata da emendare. Citando Milani Comparetti, <<ogni scotoma settoriale rompe il bambino reale in frammenti inconsistenti che non costituiscono la sua immagine a tutto tondo ...>>. A seguire Lina Mannucci ha presentato un video girato nel 1985 con un'intervista a Milani Comparetti, realizzato da Robert Albert. Di seguito Adriano Turi ha presentato la sua testimonianza ed il suo ricordo personale di Milani Comparetti, mentre il dottre Trentanove ha concluso il convegno presentando una relazione scritta insieme a Grazia Fresco Honneger dal titolo "Milani: una testimonianza educativa".

Adriano Ferrari, tra gli organizzatori dell'evento, insieme ai suoi collaboratori ha curato una pregevole iniziativa editoriale: la raccolta su un CD-ROM, che è stato distribuito gratuitamente durante il convegno, di scritti di Milani Comparetti fondamentali per la comprensione dello straordinario lascito scientifico del grande neuropsichiatra infantile fiorentino. Nel dettaglio, i testi sono stati suddivisi come segue: scritti su "Il feto ed il neonato" (raccolti e curati a cura di Gherardo Rapisardi), "La paralisi cerebrale infantile" ( a cura di Adriano Ferrari), "La fisioterapia" (a cura di Roberta Carmignani, Luisa Roberti e Paola Sabatini), "Milani e la sua scuola" ( a cura di Nerina Landi). Qui sotto, volendo contribuire a ricordare degnamente questo "Genio fiorentino" della neuropsichiatria, abbiamo voluto riportare il testo  di una relazione che Milani Comparetti tenne all'Incontro europeo su «Problemi psicologici del bambino malato e situazioni d’abuso» (tenutosi a Roma nei giorni 9-10 giugno 1985), intitolata "Dalla «perversa alleanza» alla strategia riparativa in riabilitazione".

 

    

Recensioni dalla stampa 2003

 

    

 

 

 

                                                           
                 Rivista Frenis Zero  

Dalla «perversa alleanza» alla strategia riparativa in riabilitazione.

 

di Adriano Milani Comparetti
                  Maitres à dispenser  
 
 
 

 

 

 

 

 

     

     

     

     

    Sommario:

    1. Premessa

    2. Il bambino organizzatore d’abuso

    3. Il vortice di perverse alleanze

    4. Un modello teorico alternativo: la stra­tegia riparativa

     

     

    1. Il rischio psico-patogeno dell'intervento riabilitativo per il bambino handicappato è ormai noto da tempo. Già nel 1964 M. Mannoni nel “Il bambino ritardato e la madre” lo aveva chiaramente indicato; la professoressa Giannini nel 1977 descrivendo un caso clamoroso metteva in guardia i riabilitatori; io stesso parlavo di riabilitazione e abuso al convegno di Grottaferrata del 1980.

    Un contributo fondamentale è stato però dato dalla professoressa Renata Gaddini quando al Convegno di Firenze del 1980 su «Aspetti psicologici della riabilitazione» definiva «perversa alleanza» il meccanismo, indicato da Winnicott, per cui i pediatri, che curano il corpo ignorando la mente, offrono agli istinti emergenti ed alle angosce di separazione del bambino un’occasione distruttiva. 

    Tanto più, segnalava la professoressa Gaddini, che i bambini handicappati nel processo di separazione dalla madre hanno una «infanzia prolungata» e vengano aggrediti in modo continuativo da interventi riabilitativi. Alla luce di queste consapevolezze, tutta la recente storia della riabilitazione sembra strutturarsi nella cultura del nostro tempo intorno a questo nucleo di perversa alleanza, in un vortice di cerchi sempre più pericolosi per il bambino e sempre più istituzionalizzato e prevaricatorio.

    Lo sviluppo rapido e diffuso di provvidenze riabilitative nel nostro paese, si può considerare iniziato esattamente 50 anni fa, quando la legge 218 dell'aprile 1954 attribuiva allo Stato l'onere della cura e assistenza ai “discinetici poveri recuperabili”. L'Associazione Italiana per l'Assistenza agli Spastici nata lo stesso anno aveva un ruolo di protagonista fra le associazioni di categoria come strumento di pressione culturale e politica e da allora scatenava lo sviluppo di una rete di servizi riabilitativi che è cresciuta, più che in ogni altro paese, ben oltre il segno del soddisfacimento di veri bisogni, tanto da configurare oggi una situazione di vero e proprio abuso istituzionale.

    Bisogna riconoscere che, in questi 30 anni, vi è stato un enorme progresso per il miglioramento dei servizi e delle competenze professionali, di cui è paradigma di merito il superamento pionieristico in Italia della fase istituzionale della riabilitazione (centri residenziali). L'attuale distribuzione territoriale (legge 833/78), almeno secondo il progetto, porta i servizi riabilitativi nel luogo di residenza degli handicappati in tutto il paese.

    Tuttavia, proprio per la perfezione di questo modello, una potente struttura sanitaria articolata e ubiquitaria moltiplica il rischio psico-patogeno al limite dell'abuso istituzionale.

    La stessa professoressa Gaddini citava la socratica conclusione di Winnicott: «la responsabilità della prevenzione della psicosi spetta ai pediatri: se soltanto lo sapessero». Ma se gli operatori sanitari si sono lasciati delegare un compito così perverso dobbiamo ritenere che vi siano adeguate ragioni.

     

     

    2. Dalla mia esperienza d’osservazione ecografica della motricità fetale ho acquisito una sicura consapevolezza dell'autonomia creativa del bambino rappresentata dalle sue stupefacenti competenze propositive anche in fasi precocissime dell'ontogenesi.

    Ho così proposto il modello del protagonismo del bambino non solo nella costruzione della propria identità ma anche nella strutturazione dei suoi rapporti col mondo fisico e umano.

    Tale creatività propositiva dell'individuo richiede come contropartita nel dialogo per produrre uno sviluppo, una creatività propositiva dell'ambiente (fig.1).

    Non occorre che l'ambiente sia ottimale per uno sviluppo ottimale ma la controproposta deve essere sufficientemente buona (good-enough) da permettere libertà creativa al bambino (fig. 2). Naturalmente anche il bambino deve possedere adeguate competenze propositive ossia deve essere good-enough per agganciare l’holding materna. I due partner devono portare ciascuno il proprio diverso contributo al dialogo per la “regolazione congiunta” della situazione creativa.

    Nella paralisi cerebrale connatale, per esempio, salvo rare eccezioni, la catena d’eventi parte sempre da una fetopatia cui segue prematuranza o immaturità poi sofferenza neonatale e conseguenti terapie intensive spesso invasive. In questi bambini il processo di strutturazione dell'individuo e del rapporto parte già in condizioni patologiche e patogene, cui si aggiunge la propositività negativa direttamente o indirettamente legata al difetto motorio.

    Così spesso comincia la distorsione delle esperienze primitive e degli affetti (basti pensare alla degenza in culla termostatica isolata, al gavage, all’incompetenza del Dialogo corporeo (cuddliness), ai disturbi del sonno, della consolabilità, della suzione, dell’ascolto e dello sguardo ecc. Cosi il bambino stesso può essere organizzatore di distorsioni relazionali e non permettere la liberazione delle valenze affettive dai fantasmi onnipotenti distruttivi dell'ambiente ivi compresa la provocazione della perversa alleanza col medico.

     

    3. A questo punto scattano poi i meccani­smi dì difesa che coinvolgono non solo i genitori ma poi anche in un vortice d’ulterio­ri perverse alleanze la comunità, la scuola, i politici ed in primo piano di nuovo gli operatori sanitari.

    Questo vortice di «perverse alleanze» innescato, ha   tutti   i   connotati della posizione schizo-paranoide e sembra sottendere tutta l'evoluzione del processo storico-culturale descritto che ha portato alta istituzionalizzazione dell'abuso terapeutico in riabilitazione.

    Il bambino diverso che ha innescato il processo può essere quindi considerato un organizzatore d’abuso.

    L'istituzione stessa poi provvede a mantenere l'abuso creando propri meccanismi omeostatici che finiscono per rappresentare un ulteriore livello di perverse alleanze. Basti citare la difesa sindacale di mastodontiche strutture di servizi ed il perverso incentivo delle rette della legge 118.

    Ne deriva che i servizi privati (ancora in maggioranza) prosperano a condizione di erogare più terapie in modo che è proprio la malefica separazione del male e del malato ad essere fatturabile!

     

    Tabella 1

    Tre diversi atteggiamenti degli adulti (genitori, insegnanti e sanitari) nei confronti del «male»

     

    Onnipotenza : modalità difensive

     

    Coscienza di realtà

    Atteggiamento di negazione

    Atteggiamento

    schizo-paranoide

    Atteggiamento depressivo riparatorio

     

    Negazione del male

    • Prima fase di shock
    • Rifiuto della realtà
    • Rifiuto della coscienza di diversità

    Aggressione del male

    • Senso di colpa
    • Angoscia fobica, interventi magici
    • Difesa ossessiva emendativa
    • Riabilitazione selvaggia
    • «Perversa alleanza»

     

    Aggressione del malato

    • Rifiuto del diverso
    • Razzismo, interventi aggressivi, emarginazione e istituzione totale

     

    Accettazione del male

    • Elaborazione interna del lutto
    • Accettazione di realtà non persecutoria della persona
    • Integrazione nel sistema relazionale
    • Responsabilizzazione riabilitativa (della famiglia e della comunità)
    • Integrazione nel sistema sociale: inserimento scolastico e lavorativo, abbattimento barriere

    Associazionismo maniacale

    Egalitarismo

    Olimpiadi degli handicappati

    Associazionismo rivendicativo

    Postulato d’indennizzo e attivismo assistenziale

    Associazionismo depressivo

    Responsabilizzazione politica e coinvolgimento sociale e culturale

     

     

    4. Quanto tutto questo rappresenti un abuso all'infanzia è ormai riconosciuto ed io stesso ho avuto modo di segnalarlo in precedenti convegni. Oggi vorrei invece spostare l'enfasi oltre la semplice denuncia  ad una prassi sempre più selvaggia dell'intervento riabilitativo e parlare d’alternative più rispettose e costruttive ormai disponibili ed emergenti fra gli specialisti neuropsichiatri infantili.

    Per gli operatori sanitari si tratta non solo di conoscere i rischi psico-patogeni degli interventi (come dice Winnicott) ma in primo luogo d’essere consapevoli dei loro stessi meccanismi di difesa per acquisire una coscienza di realtà non persecutoria. Solo così potranno evitare la separazione del male e contenere il bambino intero favorendone l'integrazione con il suo male nel contesto relazionale e sociale.

    Il compito per i medici non è però facile perché la loro funzione di curanti implica un impiego professionale separante del male che segue il corto circuito clinico: sospetto-accertamento-diagnosi-terapia.

    Il medico non può rinunciare ad imboccare questa strada senza tradire il suo compito istituzionale quando viene chiamato ad occuparsi della malattia. Si configura così un doppio compito (professionale) per il medico che deve contemporaneamente separare ed integrare  mantenendo copresenti nella mente sia il corto circuito separante che il più ampio cerchio contentivo riparatorio.

     

     

     

    Non possiamo accettare l'attuale moda reattiva del privilegio assoluto agli aspetti relazionali finora trascurati perché anche questa settorialità è a suo modo separante.

    II modello che riteniamo possa essere proposto è invece quello della strategia riparativa che tiene conto di tante realtà diverse nell’ambito di una coscienza di realtà ben elaborata.

    Quest’attenzione strategica nella mente del singolo operatore non può essere ipso facto così globale da permettere scelte immediatamente coerenti ma deve seguire un percorso alterno di preoccupazioni su piani diversi (tab. 2). Illuminante sembra una figura proposta da Kostler per la sua “bisociation” in un altro contesto ma applicabile ai due piani dei due cerchi della figura 3 (fig 4)

     

     

     

    Medicina della malattia

    Medicina della salute

    separazione settorialità parte malata cerchio interno (fig. 3)

    integrazione globalità bambino intero cerchio esterno (fig. 3)

     

     

     

    Il pensiero salta da un piano all’altro riconducendosi ogni volta a un diverso punto di vista in un processo che gradualmente per interazioni successive conduce al coordinamento strategico.

    La metodologia di lavoro multidisciplinare rappresenta lo strumento più idoneo alla copresenza di pensieri diversi a condizione che vi sia una consapevolezza integrata di gruppo.

    Il riferimento al modello teorico della teoria generale dei sistemi è necessario per indicare che non si tratta di una distribuzione di deleghe come nella équipe tradizionale ma di una continua interazione fra sistemi compenetrati nel gruppo integrato.

    Le escursioni sui singoli piani possono così essere reciprocamente moderate senza conflitti e senza prevaricazioni di modelli settoriali nel ricordo della frase di Borges «...un sistema non è altro che la subordinazione di tutti gli aspetti dell'universo ad uno qualsiasi degli aspetti stessi» che permette di definire abuso la settorialità assunta ad immagine globale.

    Questa moderazione sarà poi guidata dalla consapevolezza del principio propositivo ossia di quella stupefacente capacità dei bambino e del partner di creare nel dialogo persone e rapporti per cui l'intervento degli operatori

     non sarà mai per accomodare bambini o contesti relazionali ma per lasciarli liberi di crescere e aiutarli ad essere liberi.

     

     

     

     

    Un'altra considerazione moderatrice si può vedere nella corrispondenza non solo metaforica del compito di contenimento riparativo di un servizio di riabilitazione con holding materna delle pulsioni aggressive del bambino. Così anche per noi vale il principio moderatore del good-enough perché anche noi dobbiamo solo permettere salute e non costruirla (fig. 2).

     

    Bibliografia

     

    BORGES J.L (1980): Finzioni, Einaudi, To­rino.

    DEL CARLO GIANNINI G (1977): “La psicotizzazione dell'intervento tecnico”, in Dalla par­te dei bambini, n. 4/5, Panni. Pisa.

    GADDINI R. (1980): “Abuso e riabilitazio­ne”, Corso d’aggiornamento “Aspetti-psico­logici della riabilitazione infantile”, Firenze, 5-6 novembre.

    MANNONI M. (1971): Il bambino ritardato e la madre, Boringhieri, Torino.

    MILANI COMPARETT] A. (1980): “Dalla medi­cina della malattia alla medicina della salute”, in Caffo E. (a cura di), Abusi e violenze all'infanzia. Unicopli. Milano.

    WINNICOTT D.W. (1975): Dalla pediatria alla psìcoanalisi Martinelli, Firenze.

     

     

    Milani Comparetti A.(1985): Dalla perversa alleanza alla strategia riparativa. Rivista “Bambino Incompiuto”, n. 2, 151-157.

     

     

    Apparati iconografici: