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IN RICORDO DI ADRIANO MILANI COMPARETTI |
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Rivista Frenis Zero |
Dalla «perversa alleanza» alla strategia riparativa in riabilitazione.
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di Adriano Milani Comparetti | ||||||
Maitres à dispenser | ||||||
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Sommario: 1. Premessa 2. Il bambino organizzatore d’abuso 3. Il vortice di perverse alleanze 4. Un modello teorico alternativo: la strategia riparativa
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1. Il rischio psico-patogeno dell'intervento riabilitativo per il bambino handicappato è ormai noto da tempo. Già nel 1964 M. Mannoni nel “Il bambino ritardato e la madre” lo aveva chiaramente indicato; la professoressa Giannini nel 1977 descrivendo un caso clamoroso metteva in guardia i riabilitatori; io stesso parlavo di riabilitazione e abuso al convegno di Grottaferrata del 1980. Un contributo fondamentale è stato però dato dalla professoressa Renata Gaddini quando al Convegno di Firenze del 1980 su «Aspetti psicologici della riabilitazione» definiva «perversa alleanza» il meccanismo, indicato da Winnicott, per cui i pediatri, che curano il corpo ignorando la mente, offrono agli istinti emergenti ed alle angosce di separazione del bambino un’occasione distruttiva. Tanto più, segnalava la professoressa Gaddini, che i bambini handicappati nel processo di separazione dalla madre hanno una «infanzia prolungata» e vengano aggrediti in modo continuativo da interventi riabilitativi. Alla luce di queste consapevolezze, tutta la recente storia della riabilitazione sembra strutturarsi nella cultura del nostro tempo intorno a questo nucleo di perversa alleanza, in un vortice di cerchi sempre più pericolosi per il bambino e sempre più istituzionalizzato e prevaricatorio. Lo sviluppo rapido e diffuso di provvidenze riabilitative nel nostro paese, si può considerare iniziato esattamente 50 anni fa, quando la legge 218 dell'aprile 1954 attribuiva allo Stato l'onere della cura e assistenza ai “discinetici poveri recuperabili”. L'Associazione Italiana per l'Assistenza agli Spastici nata lo stesso anno aveva un ruolo di protagonista fra le associazioni di categoria come strumento di pressione culturale e politica e da allora scatenava lo sviluppo di una rete di servizi riabilitativi che è cresciuta, più che in ogni altro paese, ben oltre il segno del soddisfacimento di veri bisogni, tanto da configurare oggi una situazione di vero e proprio abuso istituzionale. Bisogna riconoscere che, in questi 30 anni, vi è stato un enorme progresso per il miglioramento dei servizi e delle competenze professionali, di cui è paradigma di merito il superamento pionieristico in Italia della fase istituzionale della riabilitazione (centri residenziali). L'attuale distribuzione territoriale (legge 833/78), almeno secondo il progetto, porta i servizi riabilitativi nel luogo di residenza degli handicappati in tutto il paese. Tuttavia, proprio per la perfezione di questo modello, una potente struttura sanitaria articolata e ubiquitaria moltiplica il rischio psico-patogeno al limite dell'abuso istituzionale. La stessa professoressa Gaddini citava la socratica conclusione di Winnicott: «la responsabilità della prevenzione della psicosi spetta ai pediatri: se soltanto lo sapessero». Ma se gli operatori sanitari si sono lasciati delegare un compito così perverso dobbiamo ritenere che vi siano adeguate ragioni.
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2. Dalla mia esperienza d’osservazione ecografica della motricità fetale ho acquisito una sicura consapevolezza dell'autonomia creativa del bambino rappresentata dalle sue stupefacenti competenze propositive anche in fasi precocissime dell'ontogenesi. Ho così proposto il modello del protagonismo del bambino non solo nella costruzione della propria identità ma anche nella strutturazione dei suoi rapporti col mondo fisico e umano. Tale creatività propositiva dell'individuo richiede come contropartita nel dialogo per produrre uno sviluppo, una creatività propositiva dell'ambiente (fig.1). Non occorre che l'ambiente sia ottimale per uno sviluppo ottimale ma la controproposta deve essere sufficientemente buona (good-enough) da permettere libertà creativa al bambino (fig. 2). Naturalmente anche il bambino deve possedere adeguate competenze propositive ossia deve essere good-enough per agganciare l’holding materna. I due partner devono portare ciascuno il proprio diverso contributo al dialogo per la “regolazione congiunta” della situazione creativa. Nella paralisi cerebrale connatale, per esempio, salvo rare eccezioni, la catena d’eventi parte sempre da una fetopatia cui segue prematuranza o immaturità poi sofferenza neonatale e conseguenti terapie intensive spesso invasive. In questi bambini il processo di strutturazione dell'individuo e del rapporto parte già in condizioni patologiche e patogene, cui si aggiunge la propositività negativa direttamente o indirettamente legata al difetto motorio. Così spesso comincia la distorsione delle esperienze primitive e degli affetti (basti pensare alla degenza in culla termostatica isolata, al gavage, all’incompetenza del Dialogo corporeo (cuddliness), ai disturbi del sonno, della consolabilità, della suzione, dell’ascolto e dello sguardo ecc. Cosi il bambino stesso può essere organizzatore di distorsioni relazionali e non permettere la liberazione delle valenze affettive dai fantasmi onnipotenti distruttivi dell'ambiente ivi compresa la provocazione della perversa alleanza col medico.
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3. A questo punto scattano poi i meccanismi dì difesa che coinvolgono non solo i genitori ma poi anche in un vortice d’ulteriori perverse alleanze la comunità, la scuola, i politici ed in primo piano di nuovo gli operatori sanitari. Questo vortice di «perverse alleanze» innescato, ha tutti i connotati della posizione schizo-paranoide e sembra sottendere tutta l'evoluzione del processo storico-culturale descritto che ha portato alta istituzionalizzazione dell'abuso terapeutico in riabilitazione. Il bambino diverso che ha innescato il processo può essere quindi considerato un organizzatore d’abuso. L'istituzione stessa poi provvede a mantenere l'abuso creando propri meccanismi omeostatici che finiscono per rappresentare un ulteriore livello di perverse alleanze. Basti citare la difesa sindacale di mastodontiche strutture di servizi ed il perverso incentivo delle rette della legge 118. Ne deriva che i servizi privati (ancora in maggioranza) prosperano a condizione di erogare più terapie in modo che è proprio la malefica separazione del male e del malato ad essere fatturabile!
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Tabella 1 Tre diversi atteggiamenti degli adulti (genitori, insegnanti e sanitari) nei confronti del «male»
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4. Quanto tutto questo rappresenti un abuso all'infanzia è ormai riconosciuto ed io stesso ho avuto modo di segnalarlo in precedenti convegni. Oggi vorrei invece spostare l'enfasi oltre la semplice denuncia ad una prassi sempre più selvaggia dell'intervento riabilitativo e parlare d’alternative più rispettose e costruttive ormai disponibili ed emergenti fra gli specialisti neuropsichiatri infantili. Per gli operatori sanitari si tratta non solo di conoscere i rischi psico-patogeni degli interventi (come dice Winnicott) ma in primo luogo d’essere consapevoli dei loro stessi meccanismi di difesa per acquisire una coscienza di realtà non persecutoria. Solo così potranno evitare la separazione del male e contenere il bambino intero favorendone l'integrazione con il suo male nel contesto relazionale e sociale. Il compito per i medici non è però facile perché la loro funzione di curanti implica un impiego professionale separante del male che segue il corto circuito clinico: sospetto-accertamento-diagnosi-terapia. Il medico non può rinunciare ad imboccare questa strada senza tradire il suo compito istituzionale quando viene chiamato ad occuparsi della malattia. Si configura così un doppio compito (professionale) per il medico che deve contemporaneamente separare ed integrare mantenendo copresenti nella mente sia il corto circuito separante che il più ampio cerchio contentivo riparatorio.
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Non possiamo accettare l'attuale moda reattiva del privilegio assoluto agli aspetti relazionali finora trascurati perché anche questa settorialità è a suo modo separante. II modello che riteniamo possa essere proposto è invece quello della strategia riparativa che tiene conto di tante realtà diverse nell’ambito di una coscienza di realtà ben elaborata. Quest’attenzione strategica nella mente del singolo operatore non può essere ipso facto così globale da permettere scelte immediatamente coerenti ma deve seguire un percorso alterno di preoccupazioni su piani diversi (tab. 2). Illuminante sembra una figura proposta da Kostler per la sua “bisociation” in un altro contesto ma applicabile ai due piani dei due cerchi della figura 3 (fig 4)
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Il pensiero salta da un piano all’altro riconducendosi ogni volta a un diverso punto di vista in un processo che gradualmente per interazioni successive conduce al coordinamento strategico. La metodologia di lavoro multidisciplinare rappresenta lo strumento più idoneo alla copresenza di pensieri diversi a condizione che vi sia una consapevolezza integrata di gruppo. Il riferimento al modello teorico della teoria generale dei sistemi è necessario per indicare che non si tratta di una distribuzione di deleghe come nella équipe tradizionale ma di una continua interazione fra sistemi compenetrati nel gruppo integrato. Le escursioni sui singoli piani possono così essere reciprocamente moderate senza conflitti e senza prevaricazioni di modelli settoriali nel ricordo della frase di Borges «...un sistema non è altro che la subordinazione di tutti gli aspetti dell'universo ad uno qualsiasi degli aspetti stessi» che permette di definire abuso la settorialità assunta ad immagine globale. Questa moderazione sarà poi guidata dalla consapevolezza del principio propositivo ossia di quella stupefacente capacità dei bambino e del partner di creare nel dialogo persone e rapporti per cui l'intervento degli operatori non sarà mai per accomodare bambini o contesti relazionali ma per lasciarli liberi di crescere e aiutarli ad essere liberi.
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Un'altra considerazione moderatrice si può vedere nella corrispondenza non solo metaforica del compito di contenimento riparativo di un servizio di riabilitazione con holding materna delle pulsioni aggressive del bambino. Così anche per noi vale il principio moderatore del good-enough perché anche noi dobbiamo solo permettere salute e non costruirla (fig. 2).
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Bibliografia
BORGES J.L (1980): Finzioni, Einaudi, Torino. DEL CARLO GIANNINI G (1977): “La psicotizzazione dell'intervento tecnico”, in Dalla parte dei bambini, n. 4/5, Panni. Pisa. GADDINI R. (1980): “Abuso e riabilitazione”, Corso d’aggiornamento “Aspetti-psicologici della riabilitazione infantile”, Firenze, 5-6 novembre. MANNONI M. (1971): Il bambino ritardato e la madre, Boringhieri, Torino. MILANI COMPARETT] A. (1980): “Dalla medicina della malattia alla medicina della salute”, in Caffo E. (a cura di), Abusi e violenze all'infanzia. Unicopli. Milano. WINNICOTT D.W. (1975): Dalla pediatria alla psìcoanalisi Martinelli, Firenze.
Milani Comparetti A.(1985): Dalla perversa alleanza alla strategia riparativa. Rivista “Bambino Incompiuto”, n. 2, 151-157.
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Apparati iconografici: | ||||||||||||