|
Il presente volume affronta un
problema fondamentale per la teoria e la pratica psicoanalitica: la
controversia riguardante la relazione tra trauma effettivo e fantasia
inconscia come determinanti gli effetti del trauma. Tale controversia
ebbe inizio con l'ipotesi originale di Freud delle fantasie di
seduzione inconsce come espressione del complesso edipico, in seguito
criticata come se implicasse la negazione dell'importanza della
effettiva traumatizzazione sessuale nella prima infanzia. L'autrice
rintraccia questa controversia fino alla sua originale ambiguità,
negli scritti di Freud, prima, e nel rapporto dialettico
dell'approccio di Freud e di Ferenczi su questo argomento. Come Clara
Mucci elabora così bene nel testo, correnti politiche e ideologiche
implicavano la contrapposizione tra negazione culturale delle fantasie
sessuali infantili, e, con essa, delle caratteristiche primarie delle
fantasie sessuali infantili, da un lato; e la negazione patriarcale
della prevalenza dell'abuso sessuale sui bambini, dall'altro.
In teoria, la condensazione del
trauma reale e della fantasia inconscia nella eziologia della
psicopatologia non è contraddittoria, ed effettivamente questi fattori
sono riconciliati quotidianamente nella pratica psicoanalitica. Le
disposizioni innate e le fantasie inconsce unite ai conflitti edipici
sono elementi individualizzati predisponenti a gradi specifici di
reazione al trauma reale, mentre quest'ultimo rinforza selettivamente
ed è rinforzato da tali disposizioni e dalla fantasia. Ovviamente, in
circostanza estreme, il trauma oggettivo sovrasta di gran lunga i
contributi della fantasia sessuale inconscia, ma non si può ignorare
fino a che punto in casi non così estremi la predisposizione
individuale contribuisca alla reale traumatizzazione.
Tale dialettica è potentemente
rinforzata dal trauma reale, massivo, come l'Olocausto, sistemi
politici totalitari, tortura e altri traumi massivi indotti
socialmente. In questi casi il riconoscimento e l'elaborazione di una
realtà effettiva terribile è cruciale nel trattamento psicoterapeutico
del disturbo post traumatico da stress e le sue conseguenze a lungo
termine. A questo proposito, va sottolineato che gli effetti diretti
di un assalto massiccio all'apparato psichico, come viene riflesso
clinicamente nella forma della sindrome da stress post traumatico,
devono essere differenziati dagli effetti a lungo termine di tali
circostanze traumatiche sulla struttura della personalità, risultanti
in gravi disturbi della personalità.
Gravi traumi, l'abuso sessuale e
fisico, l'assistere ripetutamente ad abuso sessuale o fisico non sono
cause necessarie né sufficienti per lo sviluppo di gravi disturbi di
personalità, ma un importante fattore eziologico. In circostanze
simili, la psicoanalisi ha il doppio compito di riconoscere ed
elaborare il trauma reale e le sue conseguenze intrapsichiche sulla
personalità, ovvero, la tipica identificazione inconscia sia con la
vittima che con il perpetratore del trauma. Questo riflette la natura
fondamentale dell'identificazione, vale a dire, l'internalizzazione di
una relazione, che implica sempre l'internalizzazione sia della
rappresentazione traumatizzata del sé che il corrispondente agente
traumatizzante. Le implicazioni pratiche di questa situzione sono che,
nel transfert, è possibile che ci si debba aspettare la riattivazione
della identificazione alterna sia della vittima che del persecutore,
mentre la rappresentazione corrispondente, di persecutore e vittima,
viene proiettata sull'analista.
Ciò che viene implicato qui è il più
profondo livello di riconoscimento di come l'aggressività primaria
sperimentata traumaticamente venga incorporata nella struttura della
personalità della vittima per cui, alla fine, deve essere riconosciuta
ed elaborata come parte della elaborazione del trauma. Qualora il
trauma non venisse elaborato e le sue conseguenze fossero negate,
questa identificazione inconscia con la vittima e il persecutore può
essere messa in atto in complesse dinamiche interfamiliari e
costituire un meccanismo di trasmissione intergenerazionale degli
effetti del trauma. Nel caso di trauma sociale massivo su una intera
generazione, queste disposizioni collettive ad attivare
identificazioni possono essere scatenate da successive crisi sociali e
dalla corrispondente regressione di grossi gruppi sociali, perpetrando
storicamente in questo modo il rischio della violenza. A tale
riguardo, la psicoanalisi ha un approccio più profondo al trauma e
alla violenza della comune terapia del trauma, permettendo cambiamenti
significativi nella personalità stessa e non solo l'elaborazione e la
risoluzione dei sintomi post traumatici.
Come Clara Mucci sottolinea in
questo libro, un compito fondamentale in tutti i casi di cura di
vittime del trauma è per la psicoanalisi la ricerca di una realtà
definita e oggettiva dietro l'inevitabile combinazione di verità e
fantasia. La messa in atto del trauma nella situazione analitica
fornisce il materiale grezzo che permette di sciogliere la relazione
complessa tra realtà esterna e realtà intrapsichica. Il trauma emerge
sempre come processo a due fasi: innanzitutto, l'impatto schiacciante
della situazione traumatica sull'apparato psichico, e in un secondo
momento l'elaborazione conscia e inconscia del trauma, che viene
tessuta insieme alle primitive disposizioni e alle successive
esperienze. La psicoanalisi fornisce una cornice sicura entro cui il
paziente può osare rivivere ciò che precedentemente era intollerabile,
e trasformare l'indicibile in una esperienza di vita
padroneggiabile simbolicamente. Il volume di Clara Mucci ci guida
in modo affascinante attraverso le fasi complesse di questo sviluppo
nella teoria e nella pratica.
|