Fino a qualche tempo fa era
stata la psicoanalisi a fornirci la più corretta e soddisfacente
visione sul funzionamento della mente,nel suo aspetto conscio e
soprattutto inconscio. Negli ultimi decenni i progressi delle
neuroscienze hanno contribuito molto alla conferma di teorie
psicoanalitiche, alla correzione di altre ed all’ampliamento di
altre ancora. Il cervello, di cui la mente è una funzione,era
considerato una scatola nera in cui si sapeva cosa entrava e cosa
usciva,ma non quello che succedeva dentro: adesso conosciamo
alcune delle cose che avvengono dentro. Alcuni potranno ritenere
questa visione neuro-psicologica un po’ riduzionista, però può
spiegare perché e come prendiamo decisioni. Sul funzionamento
mentale,e sul decidere cosa fare,sono usciti quest’anno due libri
interessanti, uno di Jonah Leher (divulgatore scientifico)”Come
decidiamo” (pag.246, Codice Edizioni Torino, giugno 2009, ed.orig.
2009, trad.dall’inglese di Susanna Burlot) che chiarisce le
strutture ed il funzionamento neuro-psicologico della mente umana;
l’altro di Richard H.Thaler (prof.di Economia e Scienza del
comportamento) e Cass R.Sunstein (prof.di Diritto e collaboratore
del presidente Obama) ”La spinta gentile” (pag.284, Serie Bianca
Feltrinelli, aprile 2009, ed.orig. 2008, traduzione dall’inglese
Adele Oliveri), che indica come poter orientare i cittadini verso
decisioni“buone”. Divertente sapere che c’è chi sta guadagnando
vendendo a strutture pubbliche mosche finte, adesive, da applicare
all’interno delle tazze dei gabinetti maschili, con riduzione
della fuoriuscita di urine fino all’ 80%. Giocatori, piloti,
politici, militari, mercanti, economisti, medici, etc. sono i
personaggi di numerosi aneddoti che J. Leher usa per spiegare
come sono prese decisioni sul fare (decision making),
anche se non sempre questi soggetti sono consapevoli del perché
hanno preso quelle decisioni, buone o cattive. Da Platone a Freud
la mente si ritenne essenzialmente ragione,con la funzione di
controllare e gestire le emozioni buone e cattive. Ma possiamo ora
ritenere che questa idea non è corretta, spesso è il contrario. A
volte è opportuno che siano le emozioni a guidarci nelle
decisioni. La neuro-psicologia potrebbe chiarire cosa ha portato
al disastro finanziario dei mutui "subprime" ed alla crisi delle
carte di credito, che approfittano di meccanismi cerebrali:
le emozioni sopravvalutano i guadagni immediati (il
cervello emotivo non ragiona su concetti finanziari) il
NAcc (nucleo accumbens, centro della ricompensa, in cibo, sesso,
danaro, etc.) si accende ed inonda il cervello di dopamina,
neurotrasmettitore che dà uno stato di benessere, sovrastando aree
cerebrali come l’insula (che di norma scatena emozioni avversive)
e la corteccia prefrontale (area razionale), che così non
reagiscono alle scelte fatte. Il dolore per la spesa,
procrastinata, non è paragonabile alla gioia di possedere subito
qualcosa di nuovo. A confermarlo anche una ricerca eseguita con la
Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI). Si offriva ai soggetti
dell’esperimento la possibilità di avere subito un buono per un
piccolo regalo o un buono per un regalo più sostanzioso, ma nel
futuro. In quelli che facevano la prima scelta si attivava il NAcc,
in quelli che erano disposti ad attendere si attivava la corteccia
prefrontale, centro della pianificazione razionale. E’ su questi
meccanismi che si basano operazioni di marketing in supermercati:
sono messi bene in vista oggetti molto desiderati, sono
distribuiti generosamente omaggi alimentari, si attiva cioè il
NAcc, la voglia di avere. Ad ostacolare l’acquisto potrebbero però
intervenire l’insula ed i lobi prefrontali ed ecco allora
strumenti razionalizzanti, tranquillizzanti: “prezzo di costo”,
“scontato”,”grande offerta”. Tutto questo avviene anche in
politica, e allora dall’analisi delle reazioni in "focus group" si
può capire, quali“spettacoli”, frasi, situazioni, rappresentazioni
e comunicazioni in genere, attivino maggiormente questi
meccanismi: gratificazione del desiderio e inibizione dei centri
razionali e di quelli dell’avversione. All’uopo si può dire che
non c’è crisi, si può spendere, tutto va bene, siamo i migliori,
etc.; o anche proporre candidati belli, desiderabili,
rassicuranti. Si può anche rispondere alla domanda: l’elettore è
soggetto razionale? Si sono fatte vedere ad elettori affermazioni
e successive contraddizioni di loro candidati (è stato
indifferente per repubblicani e democratici); alle affermazioni
“godevano”e poi, di fronte alla loro incoerenza il soggetto
mobilitava i centri cerebrali prefrontali (razionalità) non per
analizzare quello a cui avevano assistito, ma per preservare le
loro convinzioni partigiane, “godendo” poi (attivazioneNAcc) della
razionalizzazione, della giustificazione raggiunta per il loro
candidato. Questo ci fa pensare che anche in politica spesso
“demonizzare” o “santificare” significa mettere in atto un
meccanismo per cui il cervello razionale è posto al servizio di
quello emozionale. L’autore cita lo psicologo P.Tetlock, che si è
occupato di politologi, e distingue due tipi di pensiero: a riccio
e a volpe, rifacendosi alla metafora di Archiloco: “la volpe sa
molte cose, il riccio ne sa una sola, ma molto importante” (il
riccio ad uno stimolo esterno reagisce in un solo modo, si chiude,
la volpe invece reagisce cambiando risposta in base al variare
della realtà esterna e della sua realtà interna in quel momento).
Il problema di un politologo che pensi come un riccio (ma questo
vale per tutti gli “esperti”) è che vuole certezze, anche
se questo lo porta a interpretare male la realtà. Il cervello
emotivo viene inattivato se contraddice una delle sue expertises.
Informazioni utili vengono deliberatamente ignorate. Un bravo
esperto invece pensa come una volpe, che accetta il dubbio,
l’ambiguità e sceglie un approccio appropriato quando deve dare
una spiegazione, e guarda con diffidenza alle idee inconfutabili.
Ha più probabilità di studiare il suo processo di decisione:
pensa a come pensa. La volpe non zittisce i suoi centri
emotivi perché contraddicono i suoi preconcetti. Dobbiamo imparare
ad ascoltarci, a “sentirci”. Sarebbe opportuno anche per
gli esperti psicoterapeuti vivere la terapia come volpe, e che la
ricerca di certezze non ci trasformi in riccio, nell’aiuto al
soggetto che tendenzialmente tende già di per sè ad essere riccio.
Altra considerazione è che il cervello emotivo è più
”intelligente” perché riesce a trasformare gli errori in occasioni
di apprendimento. Per esempio la corteccia anteriore del cingolo (Acc)
è coinvolta nella rilevazione degli errori: quando il centro della
ricompensa (NAcc) non è gratificato per una aspettativa che si è
rilevata errata, manda un segnale detto “negatività legata agli
errori”: J Leher ci ricorda che è per questo che molti
neuroscienziati lo chiamano ”circuito dell’Oh merda!” Una volta
diventati veri esperti (avendo commesso errori) è importante
fidarsi delle emozioni, che aiutano a “sentire” la realtà. Dal ’40
al ’90 le statistiche degli errori umani negli incidenti aerei è
stata costantemente sul 65%, ma dal ’90 son diminuiti rapidamente
al 30% grazie a: 1) introduzione dei simulatori di volo dove si
allena molto il cervello emotivo, rivolgendo l’attenzione al
sistema dopaminergico che, come abbiamo visto, si migliora
trasformando gli errori in apprendimento, e 2) gestione delle
risorse umane nella cabina di pilotaggio (Cockpit Resource
Management–CRM), dove molti errori erano dovuti al fatto che si
riteneva fosse il comandante “a sapere” (il riccio sa una cosa=il
comandante sa la cosa, la volpe ne sa molte=l’equipe sa). Questa
nuova modalità è efficace perché induce le equipes a lavorare
(“pensare”) insieme, evitando la certezza (riccio) e
incoraggiando lo scambio, il dibattito (volpe).
L’introduzione dalla CRM negli ospedali, nelle sale operatorie in
particolare, ha portato ad analoghi miglioramenti. Anche gli
autori di “La spinta gentile” in pratica mettono in funzione tutti
questi meccanismi neuro-psicologici.
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