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„The differentiation of our pictures from those of the fine
arts is possible today only because of obsolete dogmatism. Otherwise
there are no demarcation lines. Some of our works are so clearly
artistic that many an average “healthy” work is left far behind.”
“All expressive gestures as such are subordinate to one purpose: to
actualize the psyche and thereby to build a bridge from the self to
others.”
Hans Prinzhorn
Un lungo
poster con tanti occhi colpisce l'attenzione del visitatore che accede
alla mostra "The Prinzhorn Collection" che dal 24 aprile 2009 è in
corso presso la "Stone Bell House". Tutti quegli occhi, di chi
saranno? Alcuni mi sembrano senz'altro tratti da foto di Kafka,
che qui, nella "Staro Mesto" (Città Vecchia) di Praga, è nato e da
questo quartiere non si è mai mosso nei suoi continui traslochi da
un'abitazione ad un'altra. Ma chi sono gli altri occhi? E quelli
raffigurati nella locandina della mostra, così carichi di ferina
voluttà? Questi sono tratti da un'opera di August Natterer, uno
degli artisti "degenerati" a cui Hitler aveva voluto dedicare la
celebre mostra, requisendo tele e sculture da tutti i musei germanici
in cui l'arte d'avanguardia poteva turbare lo spirito "ariano" della
propaganda nazista. Ma prima dei gerarchi nazisti, un vero studioso si
era occupato di questi sfortunati artisti, quasi tutti deceduti in
manicomio. Si tratta di Hans Prinzhorn. Questi, nato nel 1886 in
Westphalia, dopo essersi laureato a Vienna in storia dell'arte e dopo
una carriera di cantante in Inghilterra, durante la Grande Guerra
operò come infermiere alle prese coi tanti soldati vittime di gravi
traumi psichici. Da quell'esperienza decise di studiare medicina e
psichiatria per poi, nel 1919, diventare assistente di Karel Wilmanns
nella Clinica Psichiatrica di Heidelberg. Il suo interesse per le
opere d'arte prodotte dai pazienti degli asili psichiatrici si
concretizzò in una collezione che arrivò a contare circa 5.000 opere,
realizzate da più di 400 autori.
All'ingresso
della mostra un'installazione raccoglie le striscie di tessuto secondo
il disegno originale che aveva predisposto Marie Lieb.
Dei riverberi
luminosi riflettono queste forme di stelle sull'intera parete
adiacente.
Di Marie Lieb
non conosciamo né la data di nascita né quella di morte. Dalle note
della clinica psichiatrica di Heidelberg, sappiamo solo venne
ricoverata nel 1894 per "mania periodica". Delle sue opere
sopravvivono solo due fotografie, sulla base delle quali è stata
ricostruita l'installazione esposta in questa mostra. Queste foto
vennero pubblicate in un libro di Wilhelm Weygandt, primo assistente
di Emil Kraepelin: "Atlas und Grundriss der Psychiatrie". Marie Lieb
raggruppò motivi ciclici di fiori, stelle e cerchi realizzando degli
ornamenti che assomigliano a simboli magici di stregoni. La Lieb è
forse una delle prime artiste ad aver precorso l'utilizzo dello spazio
come materia della creazione artistica.
Ma chi sono gli
altri artisti della mostra praghese?
Else Blankenhorn
(1873, Karlsruhe –
1920, Ospedale psichiatrico di Costanza) era la primogenita di una
famiglia borghese il cui capofamiglia era un professore di chimica.
Come studente al "Viktoriaschule
für höhere Töchter", una scuola per ragazze ricche, Blankenhorn
partecipò attivamente alla vita sociale e culturale della sua città.
Sin dall'infanzia crebbe circondata dall'arte. Amava la musica,
suonava il pianoforte e cantava. Si coinvolse anche in un movimento
femminile e si preparava a diventare moglie e madre. All'età di 26
anni perse la voce come esito di una forma di neurastenia e passò la
convalescenza presso la clinica di Bellevue a Kreuzlingen, in
Svizzera, dove restò fino al 1902. Dopo la morte del padre nel 1906,
Else cercò nuovamente aiuto nella stessa clinica, e le fu fornita
un'assistente personale. Ella soffriva di ipocondria, era tormentata
da incubi in cui sognava che la sua famiglia sarebbe stata ammazzata e
che lei avesse dei buchi nel cervello.
Nel 1908, cominciò a dedicarsi alle
belle arti, alle traduzioni ed alla musica. Dipingeva ad olio e ad
acquarello, disegnava, creava arazzi e lavorava ad uncinetto. I suoi
dipinti oscillano tra il simbolismo e il primo stile modernista. I
soggetti rappresentano scene allegoriche, il cui principale
protagonista è in genere il suo alter ego. Blankenhorn viveva con
l'Imperatore Guglielmo II nella mente, servendolo come se fosse la sua
sposa spirituale - l'angelica "Else von Hohenzollern". La sua maggiore
ossessione divenne quella di produrre banconote di immenso valore, il
cui scopo era quello di aiutare gli amanti deceduti che dovevano
essere redenti. Nel 1919 Else Blankenhorn fu trasportata -
probabilmente per motivi finanziari - al manicomio di Reichenau presso
Costanza dove morì di cancro l'anno successivo.
Josef Forster (1878, Stadtamhof - ?)
era il decimo di tredici figli di un padre che faceva il
muratore. Costui era mentalmente sofferente e si suicidò all'età di 54
anni. Sebbene non fosse stato molto agevolato il suo talento, Josef
completò il suo apprendistato come decoratore. Dopo l'apprendistato,
cominciò a girovagare, ad abusare del tabacco e ad essere prodigale.
Tuttavia, svolgeva bene la sua professione e presto divenne
indipendente, fondando una propria azienda. Non si sposò mai e non
ebbe mai figli. All'età di 20 anni, Forster si ammalò di tubercolosi e
dovette sottostare alla quarantena. Comunque, i suoi sintomi erano già
visibili durante l'infanzia, come quando pensò che uno straniero gli
stesse inviando dei segnali attraverso degli sguardi di assenso, o
quando dichiarò che egli poteva udire delle preghiere che si
riverberavano nel cielo. Cominciò subito a dipingere e quando un
amico gli disse che aveva talento, Forster si immerse nella sua arte
in un modo profondo.
Egli copiava dei dipinti visti nei
musei e fece anche dei ritratti di persone locali. Descrisse il 1912
come il suo "naturale ritiro" dal mondo esterno in quello interno.
Quattro anni dopo, mentre era sveglio sul suo letto vide una figura
con feroci occhi lampeggianti. Perciò fu ammesso nel manicomio di
Regensburg dove rimase fino al 1941, quando sua sorella lo portò a
casa per proteggerlo dai programmi nazisti di eutanasia. Ma Forster
restò creativo persino durante il suo internamento. Dipingeva ritratti
degli altri pazienti come anche autoritratti, paesaggi o altre
bizzarre astrazioni. Oltre ad usare i normali colori, utilizzava le
proprie feci ed urine. Sosteneva anche di aver inventato una "macchina
dal moto perpetuo" ed altri apparecchi. Il dipinto di un uomo sui
trampoli divenne l'emblema della collezione Prinzhorn. Su di esso
Forster scrisse: <<E' per mostrare che quando il corpo di qualcuno non
pesa più, egli non ha più bisogno di lamentarsi del peso, ed è capace
di volteggiare rapidamente nell'aria>>.
Heinrich Hack (1869,
Sandhausen – ?) lavorava come operaio in una fabbrica di tabacco e
dopo in un cementificio. Si sposò molto giovane ed ebbe sette figli.
Dal 1904 Hack ebbe una pensione di invalidità a causa di un tumore al
cervello. Due anni dopo, i sintomi della sua patologia restavano
identici, tuttavia egli cominciò a soffrire di un delirio di
persecuzione. Di conseguenza, cominciò ad avere allucinazioni
che erano accompagnati da trilli. Nel 1907 fu ospedalizzato nel
manicomio di Wiesloch per la prima volta. Da allora entrava ed usciva
dai manicomi, fino al 1919 quando venne internato a vita. Nelle
cartelle cliniche era descritto come "una persona piuttosto apatica,
lenta, goffa, con un aspetto strano, spesso distante, altre volte
vuoto. L'espressione del suo viso è talora quasi sentimentale". Dopo
il 1925 le conseguenze del suo lungo internamento divennero evidenti.
Finì per non parlare più, divenne apatico e come "stupefatto". Nel
1936 entrò nella "fase finale della schizofrenia" e fu trasferito a
Sinsheim.
Hack, che spesso e con gran
piacere pronunciava dei sermoni spontanei, affermava di aver visto
Gesù sulla croce. Gesù lo avrebbe spinto a dedicarsi alla pittura per
poter sostenere la sua famiglia. Allora un angelo gli sarebbe apparso
e i due si sarebbero fusi in un'unica persona. Nel 1912, sulla base
della sua esperienza, Hack cominciò a dedicarsi alla pittura.
Dapprima, cominciò a copiare dei dipinti dalle riviste, ma ben presto
trovò il proprio stile unico. Creò una grande galleria di ritratti,
dando alle figure un aspetto imponente e come disincarnato. I lavori,
nonostante le loro forme corporee, danno l'impressione di provenire da
un livello di esistenza quasi etereo.
Di Oskar Herzberg non conosciamo né le
date né i luoghi di nascita e di morte. Sappiamo solo che fu
ospedalizzato a Vienna tra il 1912 ed il 1914. Fu probabilmente
internato anche in un manicomio di Lipsia. Herzberg si definiva un
compositore ed un distributore di notizie originario di Francoforte
sul Meno, anche se era un servo di mestiere.
Nei suoi
disegni egli assumeva una vita del tutto diversa, traendo ispirazione
dai suoi contemporanei e dipingendo la vita quotidiana, eventi felici,
la prosperità come anche la povertà. Nei suoi dipinti ci sono persone
che pattinano, che danzano e persino motivi religiosi. Egli aveva
l'abilità di fare dei vividi commenti sui propri dipinti e di
elaborare delle storie su di essi come un narratore orientale. I suoi
dipinti possono assomigliare a quelli degli artisti "naive", ma, al
contrario di essi, il suo approccio dimostra una certa complessità di
tipo mentale e sociale come anche differenti livelli temporali.
Nonostante l'assenza di formazione accademica, Herzberg è davvero
abile non ritrarre gesti ed espressioni mimiche significative come
anche motivi sacri e trascendenti.
August Klett
(1866, Heilbronn –
1928, manicomio di Weinsberg) fu chiamato da Prinzhorn con lo
pseudonimo di August Klotz. Questo figlio di un commerciante ebbe una
gioventù difficile. Dopo aver completato la scuola commerciale ed
assolto il servizio militare, Klett lavorò con il padre ad Anversa,
Bruxelles e Londra. In seguito, lavorò come commerciante di vini. Era
un massone, gli piaceva avere delle storie molto passionali con le
donne e bere del vino in compagnia. Dopo il fallimento di una
relazione amorosa ed un grave episodio di influenza, si
intensificarono la sua depressione, i suoi sentimenti di colpa e il
suo timore della morte. In un episodio allucinatorio, si ferì
all'addome all'altezza dello stomaco e nel 1903 fu inviato al
manicomio di
Göppingen. Si sentiva costantemente come se fosse inseguito e
dichiarava inoltre di aver sperimentato di persona una crocifissione
simile a quella di Cristo. Nel 1905 nella cartella clinica fu scritto
che egli era "non migliorato" e fu trasferito alla clinica di
Weinsberg.
Mediante
dei simboli massonici dipinti nelle sue opere, egli esorcizzava una
serie di volti diabolici e di teste di morto che egli vedeva sulla
carta da parati. Egli inventò un "alfabeto di colori" (a=rosso, ecc.)
ed un sistema cabalistico di numeri, di colori e di lettere. Klett era
un'artista che lavorava sia con la parola che con l'immagine. Da lui
fuoriuscivano fuochi d'artificio sia linguistici che visivi, sia con
non studiata spontaneità che a seguito di una rigida attenzione alla
perizia tecnica ed al dettaglio. Nelle sue opere egli ha de-costruito
le sue esperienze dell'ospedale psichiatrico secondo delle personali
ricatalogazioni, legate al mondo degli affari, alle conversazioni ed
alle riflessioni sulle sue conoscenze e sul desiderio sessuale, per
cui dei frammenti individuali sono stati riconnessi attraverso la sua
logica del tutto peculiare. Eppure, le forme finali finiscono per
cambiare del tutto queste fonti di ispirazione che non si riesce a
riconoscere più. Una nuova realtà viene creata, una realtà che
riflette il davvero unico sistema di pensiero dell'autore.
Johann Knopf (1866,
Wünschmichelbach – 1910, manicomio di Wiesloch) fu ribattezzato da
Prinzhorn "Johann Knüpfer”. Egli lavorò come fornaio, operaio di
fabbrica e fabbro. Dopo la morte di sua madre nel 1895, si persuase a
sposarsi. Tuttavia, ebbe un matrimonio infelice, litigava con la
moglie e girovagava nelle vicinanze e venne persino accusato di
accattonaggio e gravi lesioni personali. Nel 1903 tentò il suicidio
con un coltello da tasca "a causa di gravi vessazioni" e venne
trasferito da un ospedale di Mannheim alla clinica psichiatrica di
Heidelberg. Knopf continuava a sentirsi seguito ed aveva anche
allucinazioni visive di tipo mistico. Affermava di essere "la
risurrezione" - e che nessuno soffriva più di lui, nemmeno Gesù. Nel
suo "zelo religioso" disegnava e scriveva ogni tipo di carta. Knopf
rifiutava gli elogi per i suoi lavori, poiché la sua missione era solo
quella di rivelare la "verità".
Nelle sua opere riempiva gli
sfondi con un denso miscuglio dei suoi messaggi, nomi locali e
genealogie bibliche partendo da Abramo. In uno dei suoi dipinti, c'è
un volto sorridente - il Sole nella forma di un ostensorio che si
manifesta come la "favolosa Gloria del Mio Redentore del Cristo di
Cristo". Nei suoi disegni e nei suoi testi letterari Knopf si pone nel
ruolo di un cacciatore armato di rasoio, pugnale e fucina, che deve
cacciare le arpie del male con l'uso di una testa di donna. Knopf
disegna spesso anche degli uccelli che egli credeva di comprendere in
modo perfetto. Uno dei suoi temi preferiti era la fattoria dei suoi
nonni. Per lui essa era un simbolo di quiete e di felicità. Egli la
catturava in uno stile idilliaco e multicolore, con animali che
correvano tutt'intorno liberamente ed uccelli che volavano nel caldo
splendore del sole sorridente.
Della biografia di Paul Kunze,
nato a Rosswein at Chemnitz nel 1860, non conosciamo
praticamente nulla: né luogo né data del decesso, né
informazioni anamnestiche, ecc. L'unica traccia del suo passaggio al
manicomio di Hubertusburg è data dai suoi collages a soggetto erotico.
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