Presentation   News Events   Archives    Links   Sections Submit a     paper Mail

FRENIS  zero 

 Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte  

  Home Frenis Zero

        

 

 

 

  Premessa a cura del Comitato di Redazione al numero (n.27-28, 2008) dedicato a "Il trauma tra ferita e possibilità" della rivista "Studi junghiani"(Franco Angeli, 2008)

 

 

 

 


 

 

 Indice:

Premessa del Comitato di Redazione

"Trauma, complesso, dissociazione" di Fabrizio Alfani e Concetto Gullotta

"Elementi demonici nel trauma precoce" di Donald E. Kalsched

"Sentire il trauma" di Pina Galeazzi

"Il trauma nella trasmissione psichica tra le generazioni" di Paola Russo

"Trauma e psicopatologia in adolescenza: fra la ricerca e la clinica" di Alessandra De Coro e Riccardo Williams

"Adolescenza: il tempo del trauma, il trauma del tempo" di Simonetta Bonfiglio Senise

"Ricordare-dimenticare nella psicoterapia dell'adolescente" di Gianni Nagliero

"Traumi fraterni" di Dina Vallino e Marco Macciò

"La Presente Assenza del Trauma. Appunti da un caso di abuso multiplo intrafamiliare" di Albertina Del Lungo e Silvia Morgante

"Esculapio infermo: il concetto di trauma nella malattia dell'analista" di Rita Corsa

 

 


 

  Il Comitato di Redazione, come le voci del coro nella tragedia greca, ha voluto introdurre il tema di questo numero partendo dall'esperienza clinica di ciascuno intorno al trauma. E' emerso un dialogo rappresentabile come una polifonia di voci, ciascuna distinta dall'altra ma ben inserita nel coro che, a sua volta, nel dispiegarsi della rappresentazione tocca vertici diversi e profondi. Ognuno ha centrato l'attenzione su un aspetto piuttosto che un altro: è stata chiara a tutti l'inesauribilità dell'argomento. Proprio questa inesauribilità trascinava verso un gorgo profondissimo di disperazione e dolore, tanto che l'esperienza clinica e teorica di ciascuno riusciva appena a declinare le diverse "voci" teoriche. Voci, che anche cronologicamente, hanno disegnato il percorso del trauma nella storia della psicoanalisi. Edipo al Corifeo nell'Edipo re dice <<Io, come sono straniero a ciò che si dice del fatto, così fui anche al fatto straniero. E non andrei molto lontano nella mia ricerca da solo, se non avessi qualche indizio>>. Apre, così, la strada al proprio tragico destino, evidenziando come il trauma, ignaro a se stesso, possa diventare tale in un disvelamento progressivo e inesorabile.

Nelle pagine che seguono il trauma apparirà sotto diversi aspetti pur mantenendo in sé il segreto di una cicatrice profonda. L'inesauribilità dell'argomento è anche la radice epistemologica delle psicologie del profondo.

Trauma dal greco trauma-tos, ferita. Il concetto evoca nella letteratura psicoanalitica e psicologica molteplici sfumature che rimandano a ferite profonde, talvolta necessarie, come per il trauma della nascita, talaltra insanabili come i traumi psichici responsabili delle dissociazioni più drammatiche. La psicoanalisi ha tuttavia mutuato dalla medicina il significato di "ferita con lacerazione" e, come affermano Laplanche e Pontalis, <<ha ripreso questo termine trasponendo sul piano psichico i suoi tre significati: quello di shock violento, quello di lacerazione, quello di conseguenze sull'insieme dell'organismo>>(p.619).

Freud ne ha dato perlopiù una connotazione economica nel senso di un eccesso di eccitazione non adeguatamente tollerato dall'apparato psichico. Agli albori della teoria psicoanalitica, Freud individuava l'etiologia delle nevrosi nelle esperienze traumatiche pregresse, l'abreazione e l'elaborazione psichica, ne rappresentavano la cura. Tuttavia, come sottolineato da Laplanche e Pontalis, <<le condizioni psicologiche particolari in cui si trova il soggetto al momento dell'evento vanno a costituire uno dei fattori che incidono sul valore traumatico dell'esperienza>>. Essi precisano ancora, in riferimento al Freud di Studi sull'isteria che:<<E' anche possibile definire una serie che va dall'evento la cui efficacia patogena deriva dalla sua violenza e dal suo carattere improvviso fino all'evento che deve la sua efficacia al suo inserimento in un'organizzazione psichica che ha già i suoi punti di rottura ben precisi>>(Freud 1892-95, p. 620).

In seguito Freud attribuì un carattere sessuale al concetto di trauma, connettendo il trauma alla difesa, dove l'evento traumatico avrebbe avuto il compito di suscitare difese patologiche nell'Io.

Successivamente l'evento traumatico fu scomposto in due momenti temporali dove il primo era caratterizzato dalla seduzione avvenuta in epoca infantile, riattivata in un secondo momento durante la pubertà. Tale concezione, considerando che la seconda parte della scena seduttiva si appoggiava su una precedente seduzione e dunque un precedente eccesso eccitatorio, <<apre già la via all'idea secondo cui gli eventi esterni traggono la loro efficacia dai fantasmi da essi attivati e dall'afflusso di eccitazione pulsionale che essi provocano>>(p. 621).

E' in Al di là del principio di piacere (Freud, 1920) che l'idea di trauma va oltre la visione strettamente economica e viene modificata considerando l'eccitazione prodotta dall'evento traumatico responsabile dell'"annullamento del principio del piacere" (la coazione a ripetere): il trauma minaccia ora l'integrità del soggetto. Infine, con la seconda topica, la minaccia dell'eccitazione non sarà più solo esterna ma soprattutto interna dove il "segnale di angoscia" definisce la situazione in cui l'Io è indifeso. Il cardine teorico freudiano era già presente nel Progetto (1895), ove già in nuce si intravedeva che l'effetto patogeno dell'evento traumatico sarebbe stato postumo: l'episodio scatenante riattivava una traccia mnestica perlopiù infantile che permaneva protetta dalla rimozione e quindi inaccessibile alla coscienza.

Ferenczi negli anni '31-'32 amplia la visione freudiana, proponendo una concezione del trauma, poi fatta propria da Balint, Winnicott, Bowlby e altri autori moderni, in base alla quale l'ambiente esterno con la propria reazione allo 'spavento del bambino' determinerebbe la traumaticità dell'evento, spostando la visione del trauma verso una psicoanalisi più relazionale. E' interessante e attuale l'analisi di Ferenczi delle condizioni post traumatiche, laddove la negazione dell'ambiente genererebbe nel bambino una "scissione della personalità", come conseguenza all'abbandono. E, ancora l'identificazione con l'aggressore, che per l'Autore è conseguente alla scissione, porta la vittima a "pensare come l'aggressore", ad interpretare e ad anticiparne i desideri. Dice Ferenczi nel "Diario Clinico"(1932): <<Nessuna possibilità di sfogarsi piangendo per l'ingiustizia subita o lamentandosi con una persona comprensiva. Soltanto allora il mondo reale, quale esso è, diventa così insopportabile, il sentimento di ingiustizia, lo stato di impotenza e la mancanza di ogni prospettiva di miglioramento diventano così assoluti che l'Io si ritira dalla realtà senza tuttavia abbandonare se stesso>>.

La visione di Ferenczi, e di autori come Winnicott che individuano alla radice del trauma la condizione di dipendenza e, conseguentemente, la precoce separazione dall'oggetto o un'inadeguata capacità di questo nel supportare il bambino anche nelle fasi di passaggio e di crescita (che possono così diventare potenzialmente traumatiche), avvicina ad un'immagine di trauma plurideterminata e polifonica. Jung sembra inserirsi in tale cornice sussumendo le precedenti versioni teoriche e cliniche intorno al trauma nell'immagine unica di impatto col mondo. A partire da un senso fondamentalmente metaforico, nella psicologia analitica il trauma acquista anche le caratteristiche di un evento che, attraverso la destabilizzazione, cerca di porre l'individuo nella necessità di esprimere tutte le sue potenzialità, ritrovandole  o trovandone di nuove nell'incontro con se stesso. Pieri sottolinea che il termine <<consiste nell'evidenziarsi, nel processo immaginativo-rappresentativo, di un evento che, seppure accompagnato dal sentimento di pericolo dell'Io, e forse proprio per questo, è da intendere essenzialmente come l'accadere di una possibilità>>(Pieri 1998, p. 752).

Per Jung è la "predisposizione interiore al trauma"(ibidem, p. 754), una sorta di "arretratezza dello sviluppo affettivo", responsabile del prodursi di una nevrosi, non già l'evento di carattere sessuale vissuto nell'infanzia, infatti <<l'individuo deve avere nei confronti del trauma una ben determinata predisposizione, perché questo acquisti efficacia>>(Jung 1913, p.120). La maggior parte degli eventi traumatici sembrano importanti, ma sono solo:<<l'occasione perché si manifesti uno stato già da tempo abnorme. Lo stato abnorme è [...] un persistere anacronistico  d'uno stadio infantile dello sviluppo della libido. I pazienti conservano ancora forme d'impiego della libido che avrebbero dovuto abbandonare già da tempo[...]. La libido, invece di venire spesa per un adattamento il più possibile preciso alle condizioni reali, rimane bloccata in attività fantastiche>>(ibidem, p.156).

In diverse occasioni, nel corso delle nove lezioni tenute alla Fordham University di New York nel 1912, Jung ha ripreso il discorso sulla morbosità di un evento e sul ruolo che si deve attribuire alla disposizione personale nella comprensione dell'effetto traumatico, e nel 1916, in "Psicologia dell'inconscio", ricorda ancora che:<<[...] l'intensità di un trauma ha evidentemente di per sé scarsa importanza patogena, ma deve avere un'importanza per il paziente>>(Jung 1916, p.14). Queste osservazioni ci conducono fino ai giorni nostri, in un territorio (apparentemente) lontano qual è quello della psicosomatica o, meglio ancora, della più recente Psicologia della Salute. In questo ambito di studio, infatti, le scale che utilizzavano misure assolute per l'impatto degli eventi (tra cui il trauma) sulla vita degli individui sono state da tempo sostituite con misurazioni molto più articolate che prendono in considerazione, per valutare il peso di un evento traumatico, alcune caratteristiche di personalità, tra cui la hardiness (o capacità di resistenza) o lo stile di coping (gestione) degli eventi.

Nella psicologia analitica, come abbiamo detto, è la regressione della libido il fattore scatenante e attivatore dei ricordi infantili necessari ad evocare il trauma, ma l'attivazione della fantasia regressiva può avere anche una funzione protettiva in situazioni che appaiono insopportabili o senza via d'uscita. A questo proposito la Knox (2003) osserva come Jung abbia anticipato l'idea di una funzione difensiva delle fantasie infantili, laddove ha affermato:<<Per questi motivi io cerco la causa di una nevrosi non più nel passato, ma nel presente. La domanda che mi pongo è: qual è il compito necessario al quale il paziente non vuole adempiere? La lunga lista delle sue fantasie infantili non mi dà alcuna spiegazione soddisfacente delle cause della malattia, perché io so che queste fantasie sono state portate all'esasperazione soltanto dalla libido regressiva, che non ha trovato il suo sbocco naturale in una nuova forma di adattamento alle esigenze della vita>>(1916, pp.266-267).

La funzione dissociativa e demonica che, attraverso la fantasia inconscia, permette il perpetuarsi del trauma, è per Kalsched di natura archetipica, infatti:<<L'originaria situazione traumatica ha messo talmente in pericolo la sopravvivenza della personalità, che non ne è stata conservata traccia in una forma personale riconoscibile, ma soltanto in una forma archetipica demonica>>(2001, p.93).

Il discrimine tra ciò che è umano e ciò che è disumano o inumano è dato dalla soglia oltre la quale il dolore non è sopportabile e, soprattutto, rappresentabile. Relegare nella psiche inconscia ciò che la coscienza non è in grado di accogliere, risponderebbe a una dinamica difensiva allo scopo di trattenere i contenuti perturbanti in un teatro interiore autosufficiente, onnicomprensivo. L'evitamento del contatto con la realtà esterna preserverebbe dal perpetrarsi della realtà traumatica. <<La mente può modificare se stessa di fronte agli eventi, soprattutto di fronte ad eventi particolarmente traumatici e dissonanti con gli schemi precedenti di sé, dell'altro, del mondo>>, ci ricorda Solano (2001, pag. 44) e Fonagy (1991), dal canto suo, osserva che la capacità di leggere la realtà può essere attivamente danneggiata, per evitare un dolore intollerabile.

Nella relazione terapeutica la realtà esterna assume tuttavia la sua funzione di mediatore, con il suo corredo di immagini, sensazioni, affetti, permettendo così un transito nella coscienza, e consentendo all'incorporeo demonico di umanizzarsi e di prendere corpo dal mondo interno della fantasia inconscia, abbandonando il carattere diabolico e perturbante.

A questo punto il coro rimanda allo sciagurato Edipo l'idea di un trauma che si articola secondo delle variabili storico-temporali e al contempo strutturali. Il bambino che subisce il trauma e/o il trauma che si perpetra nella vita a causa di un impatto con delle difese che, per proteggere l'individuo, ne dissociano una parte psichica importante. Dice Kalsched (1996, p.44):<<Perché si realizzi a pieno l'effetto patologico del trauma, è necessario un evento esterno e un fattore psicologico. Il trauma esteriore non scinde la psiche. E' un agente psichico interno suscitato dal trauma a operare la scissione>>.

In riferimento all'Autore il coro ipotizza una risposta immunitaria della "psiche" a sua volta dannosa e tirannica. Ricordando ancora Kalsched:<<nella risposta traumatica possiamo immaginare che qualcosa vada storto in queste risposte immunitarie normalmente protettive. E' un dato quasi universale, nella letteratura sul trauma, che i bambini che hanno subito abusi non possono mobilizzare l'aggressività per espellere gli elementi nocivi, cattivi, non-me, dell'esperienza>>(op.cit., p. 48).

Un'altra voce del coro ricorda che il concetto di resilienza, mutuato dalla fisica dei materiali, indica la capacità di un materiale di resistere a un urto senza spezzarsi. In ambito psicologico indica non solo la capacità di difendersi ma anche quella di ricostruire positivamente un proprio percorso nonostante siano state vissute o si vivano situazioni difficili o estreme che farebbero presagire una risposta assolutamente negativa. Tuttavia non sempre la capacità di resilienza è adeguata e sufficiente e talvolta, specie con il perpetrarsi di situazioni traumatiche più o meno silenti sin dall'età precoce, la psiche può mettere in atto una risposta autodistruttiva. La psiche spesso risponde al trauma con una dissociazione, un espediente che consente il proseguimento della vita, spezzettando l'esperienza intollerabile e distribuendola in diversi compartimenti tra la mente e il corpo. Nei traumi precoci la psiche non può elaborare l'esperienza traumatica e così questa viene depositata nella memoria del corpo (Solomon 2004, p. 649):<<[...] è come se la psiche non potesse tollerare l'impatto con questa esperienza, o come se non riuscisse a darle un senso e tutto ciò che può fare è tradurla in una forma organica, anche perché l'esperienza traumatica ha effettivamente effetti tossici sui sistemi fisiologici>>.

Tra i principali effetti a lungo termine del trauma i ricercatori indicano un abbassamento cronico dei livelli di cortisolo ematico che compromette il funzionamento del sistema immunitario (Yehuda, 1998).

La forza negativa del Sé è forza disumana, appunto, attivata dalla deviazione di energie distruttive e aggressive. Energie altrimenti disponibili per l'adattamento alla realtà e per una salutare difesa dagli agenti tossici, in una psiche traumatizzata vengono rivolte all'interno e riportate nel mondo interiore come se la tossicità provenisse da lì. Dando così luogo al meccanismo altrimenti definito da Ferenczi "identificazione con l'aggressore".

Il trauma nella sua componente psichica interna fa da controcanto al trauma osservato sotto un profilo relazionale, in cui si evidenzia come fin nella relazione precoce il bambino possa sviluppare degli stili di attaccamento da una parte adattativi alla situazione potenzialmente traumatica ambientale, dall'altra in grado di esprimere, attraverso il potere della trasmissione transgenerazionale, il senso ineluttabile e potente delle situazioni traumatiche storiche, familiari. Il riferimento del coro va subito all'abuso fisico e/o psicologico, spesso identificato nella letteratura specifica con il trauma (si pensi alla nosografia psichiatrica relativa al Disturbo da Stress Post Traumatico). Tuttavia se l'abuso è per definizione traumatico o meglio viene definito tale proprio in virtù di una dinamica traumatica tra un soggetto più debole che è l'abusato e uno che prevarica, non necessariamente il trauma è abuso e non sempre finisce sotto i riflettori o sulle pagine dei quotidiani. Esistono i micro traumi quotidiani, quelli che si consumano nelle relazioni precoci, esistono i traumi necessari alla crescita ma altrettanto necessariamente tollerabili.

Il coro giunge infine ad indicare ad Edipo, nell'incalzare della tragedia, il valore traumatico per eccellenza: la perdita di una persona cara, ancorché dalla quale di è dipendenti: la morte precoce, improvvisa, violenta di un genitore. Un genitore suicida, un genitore che muore in età precoce..., il carattere cicatriziale dell'esperienza traumatica sollecita il coro sulla difficile elaborabilità di questi traumi che, sfuggendo al lavoro del lutto, se ne differenziano e vanno a incistarsi in una dimensione psichica scissa e al suo interno indifferenziabile al tempo stesso.

Infine un accenno al coro medesimo che fa della sua stessa cura un trauma, là dove talvolta, nella delicata asimmetria della stanza di analisi il paziente si trova a subire la confusione dei linguaggi, senza difese adeguate, costretto ad identificarsi con le parti cieche del suo stesso analista. Chiude questo breve canto introduttivo sul trauma, un coro un po' speciale, quello che nell'Antigone di Sofocle dice:

Felici quelli che non hanno mai conosciuto il dolore. Ma una volta che una casa investì l'urto di un dio continua il compimento del flagello su l'intera progenie inarrestabile. Così quando si scontrano feroci i venti della Tracia l'onda scende in grembo al mare oscuro e ne solleva il nero fondo e ai colpi trema il lido risonante all'intorno alto di gemiti.

In queste brevi battute è espressa la forza dell'impatto traumatico e al contempo il senso del processo necessario all'elaborazione, anche in una prospettiva transgenerazionale. In altri termini il tema del trauma riteniamo che rivesta un valore profondamente ontologico, inesauribile e declinabile sia sotto il profilo ambientale che al contempo intrapsichico e storico. I lavori che seguiranno affronteranno l'argomento da diversi punti di vista, rinviando ad un ascolto analitico polifonico e complesso.

 

 

 

             

 

                    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

Copyright - Ce.Psi.Di. - Rivista "FRENIS ZERO" All rights reserved 2004-2005-2006-2007-2008-2009