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Festival Internazionale di Cannes 1999

52° FESTIVAL DI CANNES

12 - 23 maggio 1999

L’ultima edizione del festival di Cannes, almeno per quando riguarda il concorso, è stata quella delle conferme dei grandi registi e delle belle sorprese, cercando di spazzare via il prodotto medio per cercare di selezionare il meglio, e naturalmente con qualche prevedibile tonfo, comunque da mettere in programma. E’ stato il cinema dei decani e dei nomi attivi da almeno una decina d’anni e sui quali tutti puntano, sicuri di andare sul risultato certo. Il verdetto della giuria, presieduta dall’imprevedibile David Cronenberg, è stato abbastanza singolare e decisamente francofono, per aver lì raccolto la Palma d’Oro, il Gran Premio, la Miglior Attrice e il Miglior Attore.

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Rosetta

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ROSETTA dei fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne, fuori da qualsiasi luogo canonico, esprime una vitalità fragile e poco incline al compromesso, con la diciassettenne protagonista che accetta solo occupazioni retribuite e con contributi, lontana da qualsiasi lavoro in nero. Bruno Dumont con L’Humanité è un film traballante, poco recitato e poco invogliante, ma nella sua disgrazia colpisce allo stomaco grazie a una sua forte sacralità fatta di sesso e di morte. De Oliveira si conferma quello dalla maggiore agilità mentale con A carta, film pieno di sentimenti in conflitto tra loro, THE STRAIGHT STORY-Una storia vera di David Lynch è una grande virata nel suo cinema, qui impegnato in una storia minimalista on the road che ripercorre tutta la storia americana con piccoli ma grandissimi episodi, attraverso una campagna di un commovente umanità. Pola X (ribattezzato Sòla X dai più maligni) di Leos Carrax vorrebbe essere scandaloso con Pierre che lascia la vita agiata per perdersi in un percorso autolesionista all’inseguimento di una sorella che non sapeva di avere. Metterei volentieri una pietra sopra Il barbiere di Siberia di Nikita Mikhalkov, tutto mossettine per imbonire il pubblico europeo e per veicolarsi come il vero padrone di tutto il cinema russo. TODO SOBRE MI MADRE-Tutto su mia madre di Pedro Almodovar

è il più maternale dei suoi film, pieno di transessuali e altri indefinibili animali, ma che nelle mani di Pedro assumono una inarrivabile umanità. Atom Egoyan disegna il Felicia’s Journey come percorso di speranza per perdersi in viaggio che potrebbe essere di morte, percorso da pulsioni sotterranee fortemente emotive. L’inventario viene chiuso da Ghost Dog: the Way of the Samurai di Jim Jarmusch con Forest Whitaker protagonista indiscusso nella parte di un killer spietato ma dal ferreo comportamento morale, secondo la Via del Samurai, che vive ai confini del mondo e alleva piccioni.

UN CERTAIN REGARD

Nella selezione ufficiale un bel posto lo occupa quella di "Un certain regard", dedicata alla produzione più artistica. In questo contesto di inserisce Garage Olimpo di Marco Bechis, lineare e sofferta testimonianza delle torture durante la dittatura argentina, vista attraverso gli occhi di una ragazza torturata. As bodas de Deus permette a quel birichino di João César Monteiro di proseguire la sua definizione del suo personaggio alter ego, con un episodio al solito correlato coi soldi e con giovani donne. Jean-Marie Straub e Danièle Huillet ci fanno vedere la Sicilia! come mai vista prima, in un bianco e nero rigoroso nella fotografia e nella narrazione, dove attraverso pochi episodi (poco più di un’ora) capiamo molto di più che dieci documentari.

QUINZAINE DES REALIZATEURS

Tutti i film hanno diritto ad essere visti, soprattutto quelli molto importanti. Questo è il principio ispiratore di questa sezione. Approda dunque Agnes Browne di Anjelica Huston, che non avrà la stessa sicurezza del padre, ma che riesce comunque a delineare deliziosamente le tribolazioni di una madre e vedova che riesce a reinventarsi una vita. Les convoyeurs attendent del belga Benoît Mariage è una storia di periferia, di gente che fa fatica a compare ma che ha una speranza per il futuro, entrare nel Guinnes dei primati significherebbe cambiare vita ma i sogni si infrangono all’alba. Qui plume la lune? di Chistine Carrière è un’amorevole ritratto di un padre di famiglia inconsolabile che cerca di far crescere le due figlie al riparo dalle catastrofi sempre incombenti, pur lasciando che vivano liberamente la loro pubertà. The Virgin Suicides di Sofia Coppola è un film cattivo sulla repressione puritana nell’America degli anni ‘70 e su cinque belle sorelle adolescenti che progressivamente escono di scena in una spirale inarrestabile. Cattivissimo è Tim Roth, che in The War Zone descrive di un padre incestuoso, una figlia vittima, la morte, le violenze e sconvolgimenti vari delle coscienze.

IL MERCATO

Quasi trecento anteprime mondiali, quasi seicento film da visionare in 25 sale danno l’idea dell’importanza della sezione del mercato. Qui arrivano i distributori di tutto il mondo per portare a casa qualcosa di buono, che naturalmente c’era. In fatto di ambiguità i francesi sono campioni e infatti è ambigua Valerie Lemercier, regista e interprete di Le derriere: si veste da maschietto per infiltrarsi nel mondo della prostituzione maschile con lo scopo di ritrovare il padre gay. Bisessuale è anche Hanna, 13 anni, in Emporte-moi, della canadese Léa Pool, ambientato nel 1963, una storia quasi autobiografica, tra feste in casa e musica d’epoca. Diciottenne invece è Faustine, interpretata da una splendida Charlotte Gaisbourg, in Le soleil des plus pres, una ragazza disposta a tutto pur di incontrarsi col perduto amore. Più che un incontro sarà una scontro (d’auto). E ancora giovanissimi in Petits freres diretti con tocco delicato da Jacques Doillon. Notevole il nuovo capitolo del Dogma, creato da Lars von Trier e amici. Adesso dietro la cinepresa di Lovers c’è uno degli attori di von Trier, Jean-Marc Barr: per un attimo ci si ricorda che a due passi da casa c’è una guerra, infatti si parla di un pittore jugoslavo sans papier e la sua storia d’amore per una bella parigina (Elodie Bouchez), seguita dal regista in un pianto spontaneo da palmares. Depardieu è regista di Un pont entre deux rives recitato con la moglie Carole Bouquet. Un altro ponte, un’altra star: Vanessa Paradis in bianco e nero è La fille sur le pont di Patrice Leconte, un’aspirante suicida che ritrova la forza di vivere grazie all’amore di un lanciatore di coltelli (Daniel Auteuil). Ancora Depardieu in Bimboland, commediola degli equivoci di Ariel Zeïtoun con Juditte Godrèche che si sdoppia grazie a una parrucca. Dalla produzione europea ci piacerebbe che venisse distribuito Farewell Pavel della olandese Rosemarie Blank, su un giornalista che tenta di liberare una prostituta di origine russa, di grande impatto emozionale e forte denuncia sociale. Sul fronte americano da segnalare almeno I’ll remember April, ottimamente diretto da Bob Clark su un gruppo di ragazzi che catturano in California un marinaio giapponese e se la devono vedere coi concetti di amicizia e coraggio Hot War, prodotto da Jackie Chan e diretto da Jingle. Ma è un film apparentabile a "Matrix" e tratta di come in una settimana la CIA è in grado di trasformare un uomo in un serial killer. Terror Firmer è il nuovo lavoro di Lloyd Kaufman della Troma, con una troupe che sta girando appunto un film dell’orrore e viene inseguito da un vero assassino. La nuova fatica di John Badham si chiama The Jack Bull, dove le origini di una caccia all’uomo prendono inizio dalle discussioni su come si debbano allevare due cavalli.

Maurizio Ferrari

Link: www.festival-cannes.org

PALMARES

Palma d’oro: Rosetta di Luc e Jean-Pierre Dardenne

Gran premio della giuria: L’Humanité di Bruno Dumont

Miglior attore: Emmanuel Schotté per L’Humanité

Miglior attrice: ex-aequo a Séverine Caneele per L’Humanité e Emilie Dequenne per Rosetta

Migliore regia: Pedro Almodovar per Todo sobre mi madre

Migliore sceneggiatura: Moloch di Alexandr Sokurov

Premio della Giuria: Manoel del Oliveira per A carta e per tutta la sua carriera

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