STORIA VERA
Il Reggipetto
- “Oh ma, avrei caro anch’io come le mi amiche
andà a imparà un popò a cugì”.
- “Vacci bimba, che io un ho mai saputo fa nulla,
altro che portà del concime”.
- Così partitti da casa la matina dopo e andai dalla
Santa giù nelle Piote. Mi prese subito a benvolè e qualcosa imparai
a sapè fa.
- “Pottiga”, mi disse la Santa un giorno, “bimba
mi par che ti crescino già le pupporette, sarà meglio, che tu ti
facci un bel reggipetto”.
- “Qui c’è la stoffa, guardiemo un po’ che ci si
tira fora”.
- Tutta contenta cominciai l’avventura, e anco se cun
popò d’aiuto me lo fei.
- Lo portai a casa, ma un lo fei vedè a mi mà, otè,
aveo vergogna, lo rimpiattai e la domenica matina me lo missi , “mosca,
faceo la mì figura! Mi mà, un s’accorse di nulla”.
- La sera, supito lo lavai, e ecco che qui mi vensino i
problemi: ora due lo stendo?
- Dopo avecci pensato un bel po’ decisi di stendilo
sul tietto del metato li vicino, lassù un n’avrebbe visto nimo senz’altro,
missi sulle cordelle un sasso per parte e me ne andai a letto.
- Il diavole fa le pentole, ma si scorda di fa i
cuperchi: la notte si levò un vento che dio, strappò il mi’ndumento
personale dal tietto e lo porto nella via di sotto.
- La matina dopo sentìo discute n’dela via dù
donnette vecchie cun mi ma, vi conto quel che diceino.
- “Oh Sabè, di chi d’è questo coso? Pottarina,
pottarina, e a chi sarà nato un bimbetto cun dù teste?”
- “Io ragà, un ne so na sporta, al seguro un n’ho
mai visto un cencio come questo!”
- Averanno avuto i sù difetti e i sù peccati le gente
d’una volta, ma se quando moio e vado di là, un fussino in
paradiso, me n’avrei per male anco del Padreterno”.
-
- GiancarloVannucci
|
- S. Colombano
-
L’iniziativa di riscoprire S. Colombano e di
volergli ridare il suo giusto valore è senz’altro lodevole.
Nessuno pretende di dargli l’importanza che non ha,
ma è giusto festeggiarlo come compatrono del paese, né più né meno
di S. Clemente.
Terrinca ha la fortuna d’avere due santi Patroni al
posto di uno solo, e invece di far festa due volte, si divide e fa la
guerra a se stesso, non rendendosi conto che a rimetterci è solo e
soltanto lui, e non i due Santi che ormai da tempo hanno ottenuto la
gloria eterna.
E’ vero che San Clemente e San Colombano sono stati
guerrieri, che hanno tanto lottato e tanto combattuto, ma sono stati
soldati dell’esercito di Cristo, esercito della fede, della
speranza, della carità.
Accanto a San Clemente e a San Colombano ci sono
anche altri Santi a cui il paese di Terrinca è devoto, si raccomanda
e chiede protezione. Sono devozioni sentite, profonde, sincere
e…. cieche. A San Rocco si chiede la protezione
dalle malattie e non abbiamo tempo di andare a far visita ad un malato
o di dire una preghiera per lui.
Alla SS. trinità si chiede l’amore per la famiglia
e non siamo capaci di telefonare ad un fratello, ad una sorella, ad un
figlio, ad un genitore con cui abbiamo conteso, neanche per Natale.
A San Giovanni si chiede la purezza del Battesimo e
si va alla Messa guardando com’è vestito il nostro vicino di panca
o dicendo male di quello e di quell’altro.
Alla Madonna del Carmine, poi, si chiedono le grazie
più grosse e si fa scoprire durante la Messa, ma se qualche povero ci
chiede la grazia di un’elemosina, ci giriamo di là dicendo: “ mi
dispiace, non posso proprio ….”.
E allora perché tutti i nostri Santi protettori
dovrebbero potere sempre e comunque, quando noi ci rivolgiamo a loro?
Con quale coraggio invochiamo la Misericordia di Dio
senza avere un briciolo di misericordia verso il nostro prossimo?
La grandezza di Terrinca di avere tanti Santi cui
rivolgersi e cui chiedere aiuto ha fatto del nostro paese un campo di
battaglia, ha creato dei gruppi che invece di onorare il Santo al
quale si sentono più vicini, lo festeggiano per fare dispetto a
quelli che si fanno promotori di un altro Santo.
Cosi San Colombano ce l’ha con San Clemente perché
l’ha messo nel dimenticatoio; la Madonna ce l’ha con San Rocco
perché a ferragosto si porta lui e non lei; San Giovanni sposta le
feste perché a San Colombano ci vada meno gente; San Antonio se la
prende con San Francesco perché i ragazzi preferiscono il movimento
dei “ Giovani in cammino verso Assisi “ alla sua associazione; San
Clemente è arrabbiato perché quest’anno si è fatta troppa festa a
San Colombano; la SS. Trinità invidia San Giovanni perché a lui
hanno fatto più propaganda, più festa….erano in di più!
La Madonna di Lourdes si è offesa perché alla “
Madonna del 12 settembre “ gli hanno dedicato una piazza e un
monumento!
Che bell’insegnamento ci danno i nostri Santi !!!
Un po’ di ritegno però l’abbiamo nei confronti
dei nostri morti e delle opere che ci hanno lasciato, perché davanti
a una marginetta a volte ci sorprendiamo a recitare una “ requiem
aecterna “. Davanti a quelle dei vecchi però, perchè quelle di
nuova costruzione o appena restaurate sono di chi “ beato lù , che
ha dè soldi da spende …” , e non meritano una nostra preghiera .
C’è da dire che però queste rivalità hanno
almeno il pregio di stimolare a prendere iniziative , a farsi venire
idee , a cercare di realizzare qualcosa anche se , a parte qualche
clamorosa eccezione , mi sembra di vedere sempre le stesse facce a
portare i Santi in processione , a pulire le foglie del percorso , a
mettere le bandierine , a sistemare i fiori e i drappi , a organizzare
rinfreschi .
Sembra così che a Terrinca questi gruppi con a capo
un Santo protettore ci siano , pronti però a fare solo polemiche , a
dire parole e non fatti , critiche e non contributi .
E quel che è più triste e più desolante è che
vengono fatte in nome di un santo , che ha lasciato ben altro
messaggio !
Questo mette in risalto tutta la miseria umana di un
paese che non vede al di là del proprio naso , che non ama se non
dentro le mura della propria casa , che non aiuta altro che il proprio
egoismo e il proprio orgoglio
Non sono da fare processioni a Santi per far scena se
non si ha la forza di viverle con fede , non sono da far dir Messe ai
morti per tradizione se non si ha la speranza della venuta del Regno
di Cristo , non è da chiedere la misericordia di Dio se non si ha la
carità di operarla verso tutti i fratelli.
Bonacchelli Daniela
|
- AD UN AMICO
-
- Italo Cocci era una prova della mia
teoria, non formulata, sui Terrinchesi the si occupano dei problemi
della collettività paesana.
-
- Le nostre proprietà confinavano e lui
approfittava della mia presenza saltuaria per conversare
amabilmente, mentre la Marietta, sua moglie, lo sgridava perché mi
faceva perdere tempo nel compimento delle pratiche agricole. Seduto
su un poggio, chiedeva di andargli vicino a mi raccontava la storia
del paese di Terrinca, la tradizione orale the gli aveva trasmesso
la madre, Assunta Calviotti, la sua vita militare in Russia, le sue
esperienze di "rastrellato" dai Tedeschi, la sua attività
di cavatore. Era una narrazione pacata, ritmica, inframmezzata di
pause, dall'andamento troppo lento per il mio carattere di
"fracassino", ma puntigliosa nei dettagli quasi a voler
rivivere gli avvenimenti del passato.
-
- Io to ascoltavo con attenzione, gli
chiedevo spiegazioni ed ammiravo la sua saggezza, il suo
autocontrollo anche nelle situazioni tragiche, il coraggio di
esporsi non solo per se o per la sua famiglia, ma anche per gli
altri...Restavo in silenzio. Lui proseguiva il racconto a lungo,
poi, ad un tratto si fermava a mi fissava negli occhi a con tono
dolce mi rimproverava: "Ma tanto te non ci credi ai racconti,
vuoi i documenti scritti, le prove, le foto, i progetti..."
-
- Caro Italo, amico mio, scusa, se puoi,
l’incredulità giovanile che leggevi sul mio viso. Oggi penso a te
con tanta nostalgia a vorrei udire la tua voce narrare lentamente la
storia a la preistoria di questo borgo, anche tu lo portavi nel
cuore, mentre sul tetto di piastre del casello del Biondo, nella
Costa, tambureggia la pioggia e la Nina pretende, insieme al Billy,
di dormire sulle mie ginocchia di fronte al camino acceso.
-
- Si! Era vero quello the ti aveva
narrato la mamma sulla costruzione della chiesa parrocchiale di
Terrinca; era vero che due colonne di marmo provenivano dalla cava
del Giardino e furono donate dalla Ditta Henraux.
-
- Io, per crederci veramente, ho dovuto
trovare la lettera del Parroco Giuseppe Tarabella, inviata in
ringraziamento alla Ditta Henraux, a te era bastato il racconto
della mamma.
-
-
- Marino Bazzichi
|
GRAZIE TERRINCA
- Non si può certo dire che in Versilia ci sia un
grande fermento culturale. Prova e riprova, siamo sempre con il
sacco ai piedi: nessuno riesce, -culturalmente parlando- a portare
quel sacco sulla vetta.
- A Terrinca invece si muovono. Gente difficile, come
tutti del resto, spesso diffidente, ma tenace, dura diremmo.
- Da anni c'è un gruppo, i Colombani, che realizza
cose importanti. Crediamo uniche in tutti e quattro i Comuni del
Fiume: mostre retrospettive, conferenze, pubblicazioni. E’ di
pochi mesi fa la ristampa de "Il paese di Terrinca" di
Giulio Paiotti, uscito per la prima volta, ed a spese dell'autore,
val la pena di sottolinearlo, nel 1936, ai tempi del Negus e della
guerra d'Abissinia. Si tratta di uno dei capolavori del vecchio
professore, uno dei classici storico-letterari della Versilia. Con
il Santini, padre Gherardi, il Barbacciani Fedeli e pochi altri, il
Paiotti è ancor oggi uno dei primi scrittori che hanno lasciato una
traccia sicura e duratura non solo della nostra terra, ma della
stessa loro vita.
- Dire Paiotti è dire Carducci, Barsanti, Bettino
Pilli. tanto per fare dei nomi. Il "Carducci e la Versilia sua
terra natale" è un libro ancora presente in libreria
nell'edizione originale del 1957 quando costava 800 lire.
- E’ un atto di amore e di ricerca scrupolosa della
vita del Poeta versiliese, premio Nobel 1906 per la letteratura, ed
anche di suo padre, il dottor Michele, patriota e perseguitato
politico.
- Ricordiamo il professor Paiotti quando, allora
giovane corrispondente de "La Nazione" al Forte, veniva a
portarci i suoi scritti, accompagnato sempre dalla sua gentilissima
mogliettina, una insegnante milanese che gli è stata al fianco
tutta la vita con dedizione ed ammirazione.
- Le sue pagine ci sono state preziose per la
compilazione della voce "Carducci" nell'ormai prossimo
Almanacco Versiliese.
- Due opere del Paiotti sono dunque ancora ben
presenti in libreria.
- I nostri lettori non hanno che da verificare se
l'esaltazione che abbiamo sempre fatto di questo studioso sia un
fatto sentimentale, oppure la riscoperta di un figlio autentico
della terra in cui viviamo, nella quale spesso, se non sempre, i
valori autentici vengono ottenebrati.
- I Colombani non si sono fermati solo onorando il
loro conterraneo Paiotti, ma hanno poi dopo dato appuntamento a
tutti, era il 3 settembre, al Passo Croce sulla strada dei Retro
Corchia, quella che dalla via d'Arni, subito dopo Terrinca, arriva
fino al passo di Fociomboli. Era una via che doveva continuare e che
con l'avvento alla Regione dei comunisti, come è stato del resto
fatto per la Stazzema-Gallicano, è rimasta incompiuta. Doveva (e
dovrebbe) continuare fino a Mosceta.
- Nell'invito c'era chiaramente scritto che la
cerimonia si sarebbe svolta anche in caso di maltempo, ed infatti è
piovuto come Dio voleva, anche se al momento giusto l'acqua l'ha
finita di rompere. E si è potuta tenere, "lassù fra le
montagne", come dice la canzone, la cerimonia di inaugurazione
del cippo marmoreo posto a ricordo dei padri Cesare Coppedè e
Gustavo Cocci, benemeriti apostoli e promotori della strada
"Versiliana Carducci", quella appunto che, in un panorama
da sogno, porta fino ai 1277 metri di Fociomboli. Il futuro della
Versilia, cari fortemarmini, è lassù.
- Bene. Siamo arrivati a Passo Croce in compagnia di
Giovanni Pieraccini, prelevato a Viareggio dal comune di Stazzema, e
finalmente ringraziato pubblicamente con una cerimonia che La
Nazione e il Tirreno hanno regolarmente ignorato. E Pieraccini, ex
ministro dei lavori pubblici, ha così potuto ricordare agli
immemori che nel 1968 fu lui ad onorare il sogno dei padri Coppedè
e Cocci, trovando finalmente i soldi dello Stato italiano per
finanziare la VersiIiana Carducci, appunto.
- Ambiente suggestivo, le nubi che si alzavano e
scendevano, la pioggia che rompeva, qualche squarcio di luce ogni
tanto, quel tanto che bastava per farci osservare, da lassù, dai
nostri antenati liguri-apuani deportati in massa nel Sannio dai
consoli romani, che guardavano con tenerezza i loro testardi
discendenti alla ricerca tenace, -vedi i Colombani e, perché no?
Versilia Oggi - delle proprie origini indiscusse.
- Terminata la breve rievocazione di Pieraccini, ad
un certo punto dal microfono si è udita la voce: "C'è Giorgio
Giannelli?". Il nostro direttore che in quel momento si stava
sorbettando un gelatino crema e limone che nelle grandi occasioni è
possibile gustare anche lassù trasportato da un furgoncino, si è
sentito battere il cuore dentro. “O che vogliono da me?”
Volevano semplicemente dargli una bellissima targa per quanto fece,
sempre in quel famoso 1968, per accontentare quei
"furbacchioni" di Terrinchesi che gli affidarono
l'incarico di rimuovere l'annoso silenzio con il quale la
democristianeria romana di quel tempo aveva rinchiuso la Versiliana
Carducci nel frigorifero. E Giorgio Giannelli è rimasto così
commosso da quell'inaspettato riconoscimento da non avere neppure la
forza di prendere il microfono in mano e dir la sua. Non c'è cosa
più bella di un dono insperato.
-
- Giorgio Giannelli
- Direttore di Versilia Oggi
- Dal giornale “Versilia Oggi”
- n° 410 Ottobre 2000
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- STORIELLINA
Il nome un me lo disse la mì
nonna,
e duve andasse gnanco lo sapèa...
"Veniva di marina chianna
chianna
guardando giro giro che accadea.."
La giubba su le spalle ed il
cappello
un po` di sghembo su le ventitre'
un filo di catena nel'occhiello
e nela tasca fonda del gile`,
venìa di per in su col sol ch'ardea
ed era guasi guasi "da
Bugia".
La gente che 'ncontrava gli
chiedea
se c'erin dele nove per la via.
Sara` stato 'l su` spirito
folletto
o 'l vino assaporato su la riva,
a lu' gli vense 'n mente 'no
scherzetto
da fassi con chi 'ncontro gli
veniva.
"Sapessite che bestia, mamma
mia,"
lu' li` comincia a di' con questo
e quella,
"ho visto 'n piagge quando
vengo via!
Laggiu` c'e` 'na balena da vedella
!!"
"Sara` 'n ora che 'l mare la
rimpalla,
e quant'e` lunga un ve lo posso
di'.
C'en tutti i marinelli a misuralla!
Ce n'han da misura` per qualche
di'..."
La gente lo guardava e 'n po`
ridéa
e 'n po` pensava ch'era la
giornata;
di novo c'era pogo che accadéa,
sara 'l caso d'un perde la
cacciata.
E fu 'n Mignano, cole mane 'n
tasca,
quell'omo da la giubba sul
cotrione,
ma s'era fermo 'n po` sotto la
frasca...
e s'era scordo 'l mare e quel
bestione.
Cosi' che quando vide la via
piéna
di popolo ch'andava per la via
curioso di vede' quela balena,
'n mente un gli torno' ch'era la
sua.
"Ohe'!.."si disse,
"questa e` propio bella
godessi 'na balena su la rena!
A me mi par millanni di vedella."
E 'n giu` riandette 'n mezzo a
quela piéna.
Mario Salvatori
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- FESTA IN 2 PUNTATE
- SULL'ALPE DI "PUNTATO"
-
- È stata una festa quasi per scommessa quella che
ha portato alcune centinaia di persone in Puntato i giorni 22 e 23
luglio scorsi.
- Niente volantinaggio o annunci sul giornale, solo
un passaparola che ha però ottenuto esiti imprevisti.
- Le cause della riuscita sono molte: sicuramente la
novità della serata accanto al fuoco allietata dalla musica del
maestro Sergio Maggi e la nottata in tenda, che ha trovato il
consenso di una sessantina di persone, costituiva un incentivo alla
partecipazione.
- Il fascino della vallata, uno dei posti più belli
delle Apuane, la chiesa ristrutturata, hanno giocato un ruolo
importante.
- L’occasione per rendere omaggio alla cara Marfisa
per quanto ha donato al nostro sacro patrimonio, è stata infine la
molla che ha dato l’abbrivio a tutto il meccanismo; giusto epilogo
nell’anno giubilare
- Erano presenti il Sindaco, il Presidente della
Comunità Montana e due assessori.
- La messa, celebrata da due sacerdoti e seguita da
un nutrito numero di fedeli, (molti dall’esterno della chiesa
ascoltavano mediante l’impianto di amplificazione), è stata resa
solenne e a tratti commovente dal coro di Capezzano. L’impeccabile
cerimoniere Francesco ha donato all’Oratorio una icona con la S.S.
Trinità che i parroci hanno personalmente recato in processione.
- Dopo la messa un frugale pasto offerto
gratuitamente fidando nel buon cuore di chi si avvicinava al desco.
- Il raduno è stato movimentato nel pomeriggio dall’arrivo
in elicottero del giornalista Paolo Brosio e la “su” mamma.
- Decine i viandanti di passaggio che hanno sostato
all’Oratorio, tanti bambini sui campi, anche in tenera età, una
nuvola passeggera non ha ingrigito i toni di una festa
indimenticabile, sicuramente la più imponente organizzata sui
nostri alpeggi.
- Era quasi palpabile un senso di serenità diffuso
che ha reso unico l’evento, un clima di festosa unione, voglia di
stare insieme in allegria, e possono ben essere soddisfatti gli
organizzatori (i soliti noti).
- Tutto nasce dall’idea di Bruno Tovani che vuole
dar risalto all’immane impegno che da decine di anni pone la
Marfisa a simbolo di uno sforzo corale per il recupero delle chiese
e marginette terrinchesi.
- Dovevamo dirle grazie, è vero, ma dovevamo farlo
lì, nel posto dove il suo sentimento, il suo entusiasmo, la sua
determinazione hanno tenuto incatenato il pensiero di quella donna
che ha saputo lottare con la forza di chi è prescelto a realizzare
un sogno.
- C’erano tutti coloro che sentono di doverle
riconoscenza e l’applauso in chiesa ci ha unito in un
ringraziamento globale alla “Signora degli Alpeggi” ed a Dio
che, come ricordava Francesco, chiama alcuni di noi a missioni
insondabili ed elargisce loro doni superiori.
- Il paragone col Santo di Assisi che ebbe in sogno
il comando da Cristo “ripara la mia chiesa” può apparire fuori
misura ma a noi piace pensare che ci sia qualche analogia.
- Al coro plaudente unisco il mio ossequio,
orgoglioso di sapere che porti il cognome dei miei avi e dico grazie
dunque, donna Marfisa, non solo per i risultati ottenuti, per la
lezione di tenacia e di fede profonda,ma anche perché sei stata la
causa di un così bel giorno, uno di quelli, che, senza sgomitare,
trovano un posto nei ricordi… piccolino, ma ci restano per sempre.
-
- Baldino Stagi
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- TRA LA MORTE E LA PAURA :
- GLI ANGELI DELLA SPERANZA
-
- 19/06/1996
- ore 14,00
-
- Qui sta avvenendo il finimondo. Fuori l'acqua cade
come da un rubinetto aperto.
- Non so cosa succede, ondate sporche di fango e di
dolore stanno travolgendo case, alberi, strade e mietono vittime.
- Pian piano l’acqua si alza: 1mt, 2mt, fino e
coprire intere case.
- Io sono seduta sul divano, ogni tanto mi affaccio
alla finestra.
- Non sappiamo se vivremo, se rivedremo la luce del
sole, forse domani saremo già angeli che solcano le nuvole per
arrivare e quel mondo pieno di pace. Un rumore assordante ci
spaventa a morte: una frana è caduta a pochi metri da noi. Uomini e
donne piangono, il loro cuore è spezzato vedendo il paese da noi
tanto amato, pieno di dolore e morte.
- Io sono in lacrime, la mia testa è piena di
pensieri.
- Ore 19,30
- Stiamo piangendo, siamo terrorizzati, sono le 19,30
e un elicottero sta portando via da questo posto pieno di paura, le
persone rimaste vive che abitavano nella parte più alta del paese.
Noi accendiamo un fuoco, agitiamo una maglia, ma i soccorsi non si
fermano da noi, volano in alto, sempre più in alto.
- Sono per i sopravvissuti gli angeli della speranza.
-
- 20/06/1996
-
- Sono le 6,00 del mattino, i primi soccorsi sono
arrivati. Noi ci prepariamo per raggiungere l'elicottero. Dopo aver
superato acqua, fango, detriti... siamo pronti a partire, lasciando
con dolore le nostre case.
- I bambini chiedono alle madri perché stanno
piangendo. Uomini, donne e vecchi piangono. I volontari, pur nel
loro pallore, cercano con gesti e parole di alleviare il nostro
dolore: a volte momentaneamente ci riescono: il pianto cessa per un
attimo per poi nella perplessità, tornare a sgorgare.
- Volti inespressivi si interrogano: è un sogno o
realtà? Saliti sull'elicottero un orrore si presenta davanti ai
nostri occhi. Il Cardoso ci ha lasciati. Ci ritroviamo al Campo “Buon
Riposo” di Ripa. Siamo pronti a lasciare amici, parenti e
compaesani, per avviarci ognuno in una strada sconosciuta. Volontari
ci accolgono, ci offrono tè, cioccolato caldo.... Ma noi dopo tutte
quelle immagini di terrore non ce la facciamo a mandare giù niente.
Guardo per un ultima volta quelle montagne, una volta verdi e
felici, ore ricoperte da una nube nera di morte.
- Chissà se potremo vivere di nuovo come una volta
nel nostro paese, con le nostre tradizioni, i nostri giochi, i
nostri ricordi..…
-
-
- Lara Dalle Luche e Veronica Viacava
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- IL PATRONO
-
- ORA IL POPOLO GAGLIARDO,
- RISVEGLIATOSI IN RITARDO,
- VUOL SCALZARE DAL SUO TRONO
- L’AMATISSIMO PATRONO
-
- SAN CLEMENTE E’ SUPERATO.
- ANTIQUATO E SORPASSATO,
- ED E’ BENE CHE ESSO SIA
- CONFINATO IN SACRESTIA
-
- PER ADESSO, SOTTOMANO
- HANNO GIA’ SAN COLOMBANO,
- MA NEL TEMPO CHE VERRA’
- TUTTO QUESTO CAMBIERA’
-
- COME VUOL LA TRADIZIONE,
- URGE FARE UN'ELEZIONE,
- ED I BRAVI CANDIDATI
- SONO GIA’ TUTTI SCHIERATI
-
- SAN FRANCESCO, E PAOLO, E BRUNO,
- POVERINI, SON “NESSUNO”
- SAN MARINO E’ ASSAI ADEGUATO,
- MA S’E’ TROPPO ALLONTANATO
-
- COME SANTO NOVEMBRINO,
- CI SAREBBE SAN BALDINO.
- SAN DOMENICO O IL MONDIALE,
- NON SAREBBERO POI MALE;
- MA SE IL VESCOVO IO FOSSI,
- PROPORREI GIUSEPPE ROSSI
-
- ADCT
Associazione Devoti S.Clemente
Terrinca
Il Gruppo Culturale dei Colombani ringrazia l’Associazione
Devoti S.Clemente di Terrinca per la simpatica iniziativa e si dispiace
per alcuni componenti del gruppo che sono stati dimenticati. |
- COLUMBAS DAY
- 2 LUGLIO 2000
-
- Sul numero precedente del giornalino mi rammaricavo
di come I Terrinchesi hanno fin qui trascurato il Patrono S.Colombano.
- Un Santo da sempre ritenuto di secondo ordine,
neanche paragonabile agli altri grandi nomi che onorano le nostre
chiese.
- Niente sappiamo di questo uomo, nessuno a mai sentito
un sacerdote parlarne dai nostri altari, mai una processione, una
preghiera, un inno.
- Credo che nessun terrinchese prima di addormentarsi
abbia mai pregato S.Colombano, e credo che pochi sappiano quale giorno
dell’anno gli sia stato dedicato, eppure i nostri avi lo scelsero
come protettore, seppure compatrono con S.Clemente.
- Anche i Colombani, che pure ne hanno assunto il nome
e il simbolo (la colomba campeggia sulla spada nel logo del
gruppo)hanno fatto poco per rivalutarne la figura.
- Mentre però eravamo impegnati a dimenticare l’Abate,
in giro per il mondo centinaia di persone studiavano, viaggiavano, si
impegnavano per diffonderne la conoscenza.
- Capita così, che un gruppo di giovani di S.Colombano
al Lambro viene a trovarci in una piovosa domenica di giugno. Stanno
organizzando un gemellaggio tra i paesi che hanno s.Colombano come
Patrono. Il raduno, che giunge quest’anno alla terza edizione si
terrà il giorno 2 luglio.
- Ci mostrano le foto dei viaggi, fatte sulle orme del
Santo, ci raccontano cose ed aspetti del personaggio che non
conoscevamo e lo fanno con una foga che tradisce l’ansia di
scoprirne di nuovi.
- Mentre sgranavano notizie e dati, supportati da un
entusiasmo prorompente, provavo un po’ di vergogna scoprendo quanto
grande sia stata la figura di S.Colombano e quanto grande la mia
ignoranza sul suo conto.
- Di lui si parla come di un “Nuovo Mosé” come del
Santo che “ha unito l’Europa nella Cristianità” la più grande
figura spirituale d’Irlanda.
- “Apostolo dall’anima infuocata, infaticabile
camminatore sotto le stelle e salvatore della civiltà”.
- E’ talmente grande la sua figura e diffusa la sua
venerazione che potrebbe essere eletto Patrono d’Europa, quel
continente che ha percorso disseminandolo di conventi, chiese,
monasteri ecc.
- Centinaia sono i paesi e i luoghi che portano il suo
nome, milioni le anime che ricorrono a lui nella prova, nella
difficoltà.
- Sono migliaia i “Padri dell’Ordine di Colombano”e
le “Sorelle missionarie di S.Colombano” che ancora oggi portano la
parola di Cristo nel mondo.
- I suoi scritti sono esaminati da studiosie
specialisti e molto si è scritto su di lui.
- Lucca stessa aveva una chiesa dedicata all’Abate, e
uno dei suoi bastioni della cinta muraria si chiama “Baluardo
S.Colombano”. A pochi chilometri dalla città sorge il paese di
S.Colombano e ovviamente la sua chiesa gli è intitolata.
- In quindici eravamo presenti al Columba’s Day,
accolti con entusiasmo dai nostri amici e dal presidente dell’A.P.T.;
ci hanno mostrato la loro sede ed accompagnati alla conoscenza del
paese, poi di una bellissima cantina dove si produce il vino
S.Colombano D.O.C. e un vino chiamato S.Rocco.
- Abbiamo partecipato alla messa nel bellissimo Duomo a
5 navate con la reliquia del Santo.
- Nella sede comunale c’è stata la presentazione dei
libri “S.Colombano d’Irlanda Abate d’Europa” di Renata Zanuzzi
e “S.Colombano attraverso le sue parole” del Cardinale Tomas o
Fiaich, (traduzione a cura della parrocchia di S.Colombano di Riva –
Suzzara MN) alla presenza del Primate emerito d’Irlanda, Arcivescovo
emerito di Armagh, Cardinale Daly.
- Mi ha fatto piacere constatare che la signora Zanuzzi
ricordava perfettamente il nostro gruppo ed ha voluto dedicarci il suo
libro scrivendo semplicemente << I Colombani>> con la
firma .
- Altra nota piacevole leggere nell’appendice del
libro del Cardinale Fiaich tra i nomi delle parrocchie gemellate per
il meeting giubilare, il nome di SS. Clemente e Colombano di Terrinca
LU al N° 42 tra i 49 paesi presenti.
- Peccato che alla stessa ora della Messa Solenne
celebrata all’aperto, ci fosse la finale dei campionati Europei di
calcio che ha rubato un po’ di folla alla celebrazione.
- Al momento dell’uscita dei 65 sacerdoti che si
avviavano all’altare, era il nostro Francesco Navarchi a guidare il
corteo con tanto di turibolo.
- La messa è stata presenziata dal primate alla
presenza dei 49 sindaci dei paesi gemellati, per il Comune di Stazzema
l’Assessore Giuseppe Rossi vestiva la fascia di primo cittadino.
- La cerimonia trasmessa via satellite in tutto il
mondo è stata significativa: letture in italiano, inglese e irlandese
per dare un senso di internazionalità alla celebrazione. Tra la folla
si notavano molti irlandesi presenti.
- Daniela Bonacchelli ha fatto emozionata la preghiera
dei fedeli. Alla fine grande rinfresco, fuochi artificiali e banda
musicale.
- Purtroppo per noi era ora di tornare e con un po’
di nostalgia abbiamo salutato gli amici di S.Colombano al Lambro e
ripreso la via di casa, non prima di esserci complimentati per la
perfetta organizzazione. Durante il viaggio i soliti commenti, resi
col cuore di chi ha trascorso una giornata indimenticabile e con una
nuova certezza: aver conosciuto meglio il nostro patrono e sapere di
doverne rivalutare la grande figura presso i nostri paesani, compito
questo che hanno assunto idealmente i Colombani di Terrinca.
- Stagi Baldino
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- S.COLOMBANO D'IRLANDA
- ABATE D'EUROPA
-
- presentazione del libro di
Renata Zanuzzi
-
- Lodovico Gierut,
- critico d’arte
-
- Il ‘percorso letterario’ di Renata Zanuzzi,
conosciuta anche su un territorio particolarmente attivo qual è
quello versiliese - una striscia incantata, tra il Tirreno e le Alpi
Apuane -, continua con “San Colombano d’Irlanda Abate d’Europa”,
edito da Pontegobbo.
- Non mi soffermerò tuttavia che ben poco sulla
specifica letterario-documentaria di quest’interessante
pubblicazione, dando ad altri l’onere, ma soprattutto l’onore,
di presentarla adeguatamente.
- E’ un libro ‘costruito’ con infinita
pazienza, amore, capacità, che del resto sono le prerogative comuni
ad ogni buon lavoro.
- E’ un libro che colma, poi, per certi versi,
molti vuoti del passato, offrendo al lettore un supporto utilissimo
per conoscere e capire una delle personalità spiritualmente più
interessanti dell’intero millennio, e cioè quella di Colum,
Columbanus, San Colombano, o San Colombano Abate, come si vuol
chiamare, nato in Irlanda nel 543, morto in Italia, a Bobbio, nel
615.
- E’ un volume ‘di contenuto’, in cui le
ricerche dell’autrice, stilate con rigore, confermano un iter in
cui Colum, nel suo stile di vita, sparge i semi più appropriati,
essendo “l’amico dell’anima”.
- Renata Zanuzzi ha saputo abilmente miscelare lo ‘spaccato’
dei costumi irlandesi del tempo, con l’insieme d’accadimenti –
fatti piccoli e grandi – d’un certo periodo, e non solo,
accostando il tutto a descrizioni, ad annotazioni, a riflessioni, in
un complesso sparso anch’esso ‘a raggio’, per perpetuare in un
certo senso lo stile di vita d’un Uomo che “Primo fra tutti ha
vissuto da Europeo nell’azione, negli intenti, nelle dichiarazioni”.
- Essendo, almeno in parte, un addetto ai lavori,
cioè un critico d’arte, per di più impegnato costantemente nell’ambiente
bibliotecario, mi è agevole offrire un contributo sulla parte
grafica ed illustrativa del volume.
- L’opera si presenta intensa, ma ben leggibile,
nella scelta dei caratteri e di ‘corpo’, e perciò – nelle
parti, nei cosiddetti capitoli, nelle soste volute – è ben
fruibile e direi lineare, rifuggendo fronzoli e orpelli così
negativi per la lettura. Il merito va alla collaborazione di Daniela
Gentili.
- Per quanto attiene poi la parte illustrativa del
libro, inserito nella collana denominata “itinerari narrativi”
diretta da Stefano Aravecchia, la lode va a Gian Piero Baldazzi.
- Le tavole “Antica Irlanda pagana – predicazione”;
“Partenza”, “San Colombano – Europa”; “Loriche”,
rappresentano una sorta di teatro, su cui Renata Zanuzzi, con
linguaggio appropriato e ben fruibile, alterna le vicende e le
vicissitudini di Colum.
- ‘Tavole’ eseguite dopo, si dirà, così penso,
ma si tratta d’opere d’arte che interpretano momenti cruciali
del libro, che possiede un’esaustiva copertina raffigurante il
Santo, in connubio con una parte grafica della sua ‘Peregrinatio’.
- Gli stessi cromatismi, appaiono quasi simboli, e
tutti interessanti: il verde dell’Irlanda, si coniuga alla croce
di Cristo, rappresentata con tale colorazione, quale “simbolo
della speranza e della salvezza”.
- C’è poi l’azzurro in quasi tutte le opere
realizzate da Baldazzi, a rammentarci ciò che è spirituale,
predisponendo l’animo alla meditazione.
- E’ presente pure il tono rosa, delicato, che si
coniuga a coloriture biancastre e perlacee.
- Le figure nel tempo e fuori del tempo, portate in
essere da quest’artista nativo di Conselice, nel ravennate, che ha
studiato all’Istituto per la Ceramica di Faenza e all’Accademia
di Belle Arti di Brera, a Milano, sono incisive.
- Esse ne rivelano la maestria di sperimentazione, la
cui vivacità permette di cogliere certi aspetti del quotidiano, per
assurgerli a valore universale: il mondo unitario di Colum, s’apre
ai nostri occhi anche grazie a lui, con ritmi e modulazioni
vigorose, piene d’effetti e d’evocazioni.
- La stagione figurale del Nostro, colloca Colum in
un’atmosfera vibrante, in cui il colore si sposa ad un disegno
robusto, anche se essenziale, in un insieme molto efficace.
- Le illustrazioni, e qui termino, sono un percorso
nel percorso, e contribuiscono – assieme al dato grafico – al
giusto successo dell’opera di Renata Zanuzzi, la quale ha
giustamente inserito Terrinca nell’ampio ‘percorso’ che
perpetua la devozione per San Colombano.
-
- Terrinca, 6 agosto 2000
- Lodovico Gierut
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- PREGHIERA NELLA MARGINETTA
-
- È dedicata alla Madonna la marginetta che “in
Monti” fu costruita nel 1797 da Giovanni Antonio Stagi.
- Nel 1993 i suoi discendenti vollero ristrutturarla
accogliendo la proposta della solita Marfisa.
- Ogni anno, la prima domenica di Settembre, Padre Lino
Stagi celebrava la messa in quel luogo e preparava un libretto di
racconti e poesie ispirate alla marginetta.
- Il 30 Giugno scorso P.Lino è scomparso, aveva però
già preparato una poesia che doveva far parte del libretto dell’anno
giubilare. Ve la proponiamo a suo ricordo.
-
- Oh ! quante cose ti vorremmo dire,
- o Mamma, che ci guardi qui, ai tuoi piedi,
- abbiam voluto ancor quassù venire,
- ov'è il tuo trono e tu, Regina, siedi
- Un avo nostro qui ti pose e volle
- che la sua gente ognor fosse protetta
- da Te: perciò salimmo questo colle,
- per rivelarti ciò che il cor ci detta.
- Prima di tutto ti vogliam cantare:
- Ave Maria, del mar lucente stella,
- aiuto dei cristiani; e nelle amare
- vicende sei rifugio, Eva Novella!
- Tu sei Colei che fé nostro fratello
- il Dio della maestà che dalla gloria
- discese nel tuo grembo, che fu ostello
- dal qual comincia la novella storia.
- Quando morì, innalzato sulla croce,
- il Verbo eterno, eppur fatto tuo Figlio,
- a Te affidò coll'ultima sua voce
- color che ancor camminan nell'esilio.
- E tu fosti la guida e la difesa
- del popolo cristiano, che ti canta
- Porta del cielo e Madre della Chiesa,
- Figlia di Sion e Donna tutta Santa.
- La nostra terra è posta sotto il manto
- della tua protezione, e ancor proclama
- che nei giorni terribili del pianto
- Tu la salvasti: viva è ancor la fama.
- Per questo tu ci vedi tutti gli anni
- venir, pur da lontano a visitarti,
- per dirti i nostri voti; e dagli affanni
- sentirci ristorati nel pregarti.
- Spesso, lungo il cammino faticoso
- di nostra vita, a Te femmo ricorso,
- o Immacolata, e '1 cuore tuo pietoso
- non cí fece mancare '1 tuo soccorso.
- Guardaci ancora, o Mamma, e ver noi piega,
- pieno di affetto e di pietà lo sguardo,
- così che il grande amore che ti lega
- a Dio, noi pur ferisca col suo dardo
- Fa' che in quest'anno che Gesù dal cielo
- effonde più abbondante la sua grazia,
- cada dagli occhi nostri il triste velo,
- così che l'alma nostra resti sazia
- di quell'amor che la fa divenire
- la casa dove abita il Signore,
- e noi lo loderemo a non finire,
- e potrem superare ogni dolore.
- Guarda la nostra patria, e benedici
- a tutti i figli suoi, che fra di loro
- non riescon ad intendersi, e felici
- non sono, se non riescon a far coro.
- E il mondo, Vergin Santa, che il Signore
- volle affidare a Te, per altre strade,
- vedi che corre; e pare con furore
- cercar felicità, ma sempre cade.
- Fa' che accenda in ogni cuor la speme
- di ciò che il Figlio tuo volle annunziarci;
- e questi incontri nostri siano seme
- che lentamente porti a rinnovarci.
- .Noi lo vogliam, Te lo gridiam col cuore,
- oggi che ci hai raccolti qui davanti
- a questa marginetta, che è l'onore
- di tutti, e ognun vogliam che se ne vanti.
- Sì, o Madre bella, ci vogliam vantare
- Di Te, che sei la fonte della gioia,
- Madre del buon consiglio, e poi cantare
- A Te, senza provare mai la noia.
- Con questi sentimenti ce ne andremo
- Ciascuno al proprio impegno, ma lasciamo
- Qui '1 nostro cuor, e sempre canteremo
- Il canto nostro ch'ora noi T’offriamo.
-
- Fr. Lino Stagi
- Cappuccino
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- Presentazione delle poesie dialettali dei bimbi
-
- La classe 3B dell’anno scolastico 99/2000 a tempo
prolungato, della sezione Scuola Media, dell’Istituto “Martiri
di Sant’Anna” di Pontestazzemese ha realizzato per tutto il
corso del triennio un’attività linguistica che ha avuto come
finalità la conservazione delle varie forme dialettali presenti in
tutte le frazioni del Comune di Stazzema.
- A scuola infatti si deve insegnare l’uso corretto
della Lingua Italiana, ma tale finalità non è certo in
contraddizione con la necessità di conoscere le proprie radici e
mantenerle nel tempo come bene prezioso, e come testimonianza di
tradizioni culturali ed emozionali che fanno di un territorio “quel
territorio” e non altro.
- Inoltre tale percorso si è ben inserito nel contesto
del Progetto di educazione ambientale dal titolo “ Un ambiente…una
storia, noi…” in cui l’Istituto si è impegnato da alcuni anni.
- La lingua dialettale è infatti un mezzo per
comunicare con il mondo circostante in tutte le sue forme: la storia,
l’economia, le usanze di un paese sono tutte nel suo linguaggio, in
quelle forme così primitive e genuine che ci riconducono per mano in
un lontano passato.
- Il passato è da preservare come bene inalienabile e
momento di costruzione del futuro.
- Andiamo avanti, parliamo un Italiano sempre più
corretto, ma quando siamo “al lume di una lucerna” non
dimentichiamo chi siamo.
- In questo contesto possiamo presentare solo una delle
tante poesie prodotte.
-
- Patrizia Bianchini
-
- La farina di ciaccio
-
- Mi conta la mi’ nonna
- Che tanti anni fa,
- Al mi’ paese si vedevino
- Un mucchio di metati fumà
- Quand’erino secche le castagne venìa
- Michè a pestalle
- E gli omini empivino le balle
- Se le mettevino, poi, sul cotrione
- E le portavino al molino per poi
- Piglià la farina e empicci il cascione.
- E un’è miga come ora, che
- C’eno un fottio di mangiari,
- All’ora, polenta e pota
- Cocea nella cazzarola.
- Un mancava mai il ciaccio;
- Se erin fortunati, lo mangiavino
- Col latte cagliato, sennò scebro
- O anco diaccio.
- A quel tempo un c’erino quattrini
- Ma erino più sani e contenti
- I farnocchini.
-
- Igor Bazzichi
-
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- Ai COLOMBANI, gente DOC di
Terrinca.
-
- Sto tentando un approccio, ma non
trovo ancora le parole giuste per iniziare a dire quanto vorrei.
Finirò, lo so,per parlare di me.
- Devo dire, infatti, che io sono uno di
quegli omuncoli che si aggirano da molti anni nella pianura che avete
ai vostri piedi, che va dai colli al mare.
- Non soltanto l'occhio, ma l'animo mio
si posa spesso sulla montagna, la quale da Nord a Est cinge ed
incornicia riccamente la Versilia "che nel còr ci sta", per
dirla spudoratamente con le belle parole di un genio nostrano.
- Anch'io professo la fede, da tanti
predicata, del mare-monti nel senso più esteso, cioè: consentire
viabilità migliori dove occorrano, alberghi adattati a recepire ed
offrire il meglio per invogliare il turismo, funivie se ritenuto che
non danneggino i panorami o i luoghi, affinché sia possibile ad
ognuno di accedere a cime aspre dalle quali spaziare la vista in
lontananze sognate.
- Eppure devo dire e confessare
scusandomene che, essendo io sostanzialmente un pigro, poche volte ho
salito le asperità che di fatto tengono lontani pianigiani e
montagnini.
- E' un progetto impensabile, dicono
alcuni, proprio per la configurazioni della Versila la quale è, sì
perfetta nel suo insieme che meglio non si potrebbe, ma se si guarda
bene in qua o in là si vede che, dove offre mollezze, dove asprezze
non facilmente raggiungibili.
- Infine gli uffici predisposti a
convogliare il movimento del turismo continuerebbero ugualmente ad
accarezzare con l'occhio quella parte di Versilia che a loro fa
comodo.
- Il discorso si fa lungo e mi
scapperebbe dalle mani, poco capace di riafferarlo e di continuare a
reggerlo.
- Devo ancora dire che, certo non
soltanto per pigrizia che con questa parola ho inteso scherzare, so
che poche occasioni avrò di venire almeno costassù a salutarvi
tutti, che mi farebbe veramente piacere.
- Le necessità della vita, ognuno ha le
sue diverse, non mi lasciano che poco tempo.
- Continuo però dentro di me ad
auspicare una Versilia nella quale mare-monti siano uniti entro i
confini canonici che per alcuni, anch'io fra questi, sono sacri e
dovrebbero essere intoccabili. Dentro questi confini la gente ha
uguale cultura maturata nei secoli, nonostante gli aspetti diversi coi
quali la nostra terra si mostra e, per quello, i caratteri possono
essersi forgiati diversi.
- Ho detto di essere un pianigiano, è
vero, ma ciascuno del piano che sia versiliese di nascita, che non sia
capitato qui per caso o per pirateria da terre straniere ha nel nucleo
delle cellule che compongono il proprio corpo, almeno qualche
cromosoma trasmessogli dagli abitatori delle nostre montagne.
- La pianura, un tempo, era da ritenersi
invivibile. Piena d'insidie e di malaria come questa doveva essere, la
gente che con mille difficoltà in fretta e furia la attraversava se
ne fuggiva alla svelta, di gran fiato, senza nemmeno voltarsi indietro
per ripensarci.
- Dunque è dalla montagna, dove allora
era la vita, che la gente del piano ha ereditato i caratteri e la
cultura.
- I miei cromosomi, ad esempio, da parte
di madre mi sono stati dati dalla montagna. Da quella parte, mio nonno
era di Sant'Anna e mia nonna dalla Porta di Farnocchia. Per l'altra
supponibile metà da parte di padre, un pò dalla campagna quercetana,
dove da tempo si erano stabiliti diversi ceppi di Salvatori, l'altra
parte dalla marina, proprio da Forte dei Marmi. Infatti mia nonna era
sorella del fondatore del bagno Montecristo, insieme con la moglie
Isabella.
- Proprio quando gli altri
incominciavano a promuovere il turismo a Forte dei Marmi, a far soldi,
mia nonna, la quale proveniva anche lei da una famiglia miserella come
allora ce n'era, aveva altri pensieri, rivolta come pare che fosse
alle attenzioni che mio nonno dimostrava verso di lei.
- Dai miei tredici anni in su ho
trascorso gran parte della mia giovinezza per la via del Borgo dei
terrinchesi.
- Abitavo nelle vicinanze e avevo li,
qualcuno c'è ancora, i miei migliori amici, un bar, inoltre il riso
argentino delle ragazze. Ora abito addirittura in Via del Borgo. Che
pianigiano dunque sono?
- Il Borgo dei terrinchesi..! In molte
parti esso conserva la struttura tipica delle case della montagna. Se
la vietta in mezzo non fosse diritta, qui essendo in pianura era
possibile, l'agglomerato sarebbe simile proprio ad un angolo di
Terrinca. Ora sono intervenute lievi modifiche a ringiovanire alquanto
l'aspetto di alcune case, di costruzione presumibile intorno al
1450-1500. Ma penso che anche al bel paesotto di Terrinca avvenga
questo.
- I cognomi più comuni del Borgo, tutti
di origine terrinchese, sono Giannelli (in maggioranza), Stagi,
Cecconi, Costa, Bazzichi, Olobardi, Alessandrini ecc..
- Non ci sono equivoci! Scrive il
Paiotti sul suo libro su Terrinca: "Nel comune di Seravezza c'è
un'intera tribù di terrinchesi e la località dov'essi abitano è
detta Borgo dei terrinchesi."
- Penso di essere giunto alla fine di
questo lungo dialogare con voi, cara gente di Terrinca. Se non ho
detto tutto è perchè non sono riuscito a farlo. Le parole buone che
meritate non faccio altro che trascriverle pari pari da -Appunti per i
miei compaesani di Terrinca-(di P.C. Coppedè) tratte dal libro di
Marino Bazzichi
- -Padre Cesare Coppedè: "Sono
contento perchè da qualche tempo mi accorgo che i miei compaesani si
sono svegliati e si occupano, in modo disinteressato ed
appassionatamente, della valorizzazione del nostro paese."-
- Erano forse diretti ad altri, ma
potrebbero essere stati scritti proprio per voi del Gruppo Culturale
dei Colombani.
- Mario Salvatori
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- ERA 'L VENTO DEL '42
Brugiavino du' stecchi
d'una stenta fiamma,
sognavino du' bimbi,
accosto a la su' mamma.
Fora c'era la brina,
sul tetto c'era 'l vento
e li c'erin du' bimbi,
du' bimbi accanto accanto.
Su' mà smorzava 'l lume...
svanivino i su' sogni
dentro 'l fume.
"Se 'l babbo un fusse 'n
Russia!...
"Ma 'n ci volèa mia anda`..!
sentìo che s'aggrappava!"
" Lu'la sapea guida`,
lu' la sapea la via."
"Speriam ch'un abbi freddo,
ovunque sia..."
Sentinno scalpiccià,
scotettin le canale..
Ma fora fischia 'l vento..
sgringollon le tegole.
"Sentite che buriana!"
"A noi parea che fusse
la Pefana.."
Friggéa l'ultimo tizzo
l'ultima fiammella,
struggéa vede' du` bimbi
stretti a 'na gonnella.
Mario Salvatori
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- C'ERA UNA VOLTA
- Saltella sui legni
- la fiamma scarlatta,
- s'allunga, e s'avvolge,
- si placa, risorge.
- Sprizzi, faville, scintille
..
- giochi di bimbi
- seduti d'attorno.
- “C’era una
volta..."
- La nonna racconta
- di Fate, di Maghi...
- Il resto non conta.
- I bimbi che sanno di gioie
- sbiadite nel tempo,
- di fresche ferite nel cuore?
- Pene, questioni, dolori
- li porti via il vento
- Nel fumo che sale.
- Tinge la fiamma
- le gote arrossate,
- si fanno leggere,
- le cose pensate.
- Si spenge la sera, col fuoco
- negli occhi. velati dal
sonno,
- da voci di Maghi, d'Amore,
- da pianti nascosti nel fumo.
- Mario Salvatori.
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