Il
giorno dopo il solito gallo che canta rompe le balle. Ci prepariamo
per il ritorno togliendo le cose dall’armadio….. ehmm....… dal muretto in
pietra sotto le amache e dopo colazione si parte. Per un pezzo il tragitto è
diverso che all’andata, lo si percorre un po’ in barca e un po’ a piedi.
Attraversiamo un tratto sabbioso con poca vegetazione e in lontananza, verso
nord-ovest, si scorge il
KUSARI TEPUI, un’altro imponente massiccio con la
cima piatta. Tutt’intorno il silenzio è interrotto dal Rio Charrao e dal
richiamo di qualche aquila. Oltre a noi non si vede anima viva.
Verso
le 14,30-15,00 siamo all’Hotel Valentina
di
Ciudad Bolìvar. Una doccia e
prendiamo un taxi per andare in centro. Le numerose notizie lette sulla malavita
locale, mi inducono ad essere prudente così non porto nulla appresso: né
macchina fotografica, né telecamera e pochi soldi nel portafoglio. Nulla di più
sbagliato!
Come
ci è già capitato, anche in altri stati abbiamo esagerato con le precauzioni,
solo per aver ascoltato qualcuno che non ha osservato delle semplici regole di
comportamento quando si è “ospiti” in un altra nazione. Le stesse regole
che bisogna rispettare in tutte le metropoli del mondo. O anche solo per aver
ascoltato qualche dossier alla Tv, pilotato ad hoc per qualche campagna
politica. Ritengo che ognuno di noi dovrebbe farsi un’opinione del posto solo
dopo averlo visitato.
A Ciudad Bolìvar non esiste malavita come a Caracas e la gente è gentile e disponibile.
CIUDAD
BOLIVAR
Ciudad
Bolivar è una calda città che si estende sulla sponda meridionale
dell’Orinoco, a circa 420 Km dall’Atlantico. Fondata nel 1764 su
un’altura rocciosa nel punto più stretto del fiume, venne giustamente
chiamata “Angostura” (letteralmente ‘strettoia’) e per lungo tempo
rimase un sonnolento porto fluviale distante centinaia di chilometri da
qualsiasi centro abitato importante.
Poi, improvvisamente e inaspettatamente diventò il luogo in cui
venne decisa buona parte della storia del paese e dell’intero
continente. Oggi
Ciudad Bolivar è la capitale dello stato di Bolivar, una città di
discrete dimensioni (280 mila abitanti) con diversi luoghi di interesse
turistico. In centro ha mantenuto la sua atmosfera di vecchia città
fluviale e conserva ancora alcuni edifici risalenti ai suoi 50 anni di
dominio coloniale. E’ un luogo molto frequentato dai viaggiatori, che si
fermano in parte per vedere i suoi monumenti e in parte per partire verso
il Salto Angel. |
Il
centro città si sviluppa di fianco al fiume Orinoco (v. riquadro) con numerosi
negozi, stipati all’inverosimile di qualsiasi genere di oggetto vendibile:
frigoriferi, mobili, oggetti da giardino, condizionatori, alimentari, fuochi
d’artificio, quadri…… All’ingresso dei negozi di scarpe e di
abbigliamento, ci sono 4-5 ragazze che t’invitano ad entrare. Per gli acquisti
di prima qualità, sviluppato in un’elegante galleria tra i fabbricati, c’è
un centro commerciale con ottimi negozi, bar, ristorante e internet cafè.
Di
fronte, la strada principale è percorsa da numerosi autobus con le porte aperte
e la musica altissima. Sui vetri qualche pubblicità abbozzata con pennello e
vernice. Mi dispiace non avere la macchina fotografica, perché parte del centro
storico della città si sviluppa a monte del fiume Orinoco con decine di calli
strette, pulite e pavimentate con ciottoli. Alcuni vecchi fabbricati colorati ne
fanno da cornice.
Camminando
sotto il portico, ad un certo punto incontriamo Dirk e Mark, i due ragazzi
tedeschi che facevano parte del nostro gruppo a Canaima. Andiamo a mangiare
tutti assieme al ristorante “Mezzaluna” in periferia, gestito da siciliani e
gustiamo degli ottimi spaghetti al pomodoro e basilico e un filetto di LauLau,
un pesce d’acqua dolce tenero e saporito. Anche questa notte alloggiamo
all’hotel Valentina.
29 Dicembre 2000
Ci viene a prendere un’auto per il trasferimento da Ciudad Bolìvar al porticciolo di Tucupita. Ci accompagna il fratello di Beatriz Amico (la moglie di Cosimo dell’Energy Tours) con un suo amico e la rispettiva fidanzata.
Iniziamo a vedere, avvertiti
dai ragazzi venezuelani, qualche
Tucano
e….. i delfini! Sono di un
grigio-azzurro più intenso rispetto a quelli di acqua salata. Si vedono solo
quando escono per respirare, perché l’acqua è di color marrone chiaro,
dovuto alla complessa reazione ai componenti chimici che formano le rocce e il
suolo del letto e delle rive del fiume, nonché alla flora che cresce lungo le
rive, al clima e a numerosi altri fattori. Il fiume diventa sempre più chiaro
mano a mano che si va verso la foce.
Dopo
circa tre quarti d’ora arriviamo al Delta
Lodge, www.orinocodelta.com
sul
Delta dell’Orinoco.
Attracchiamo su un piccolo molo in legno e ci accolgono Victor, un Venezuelano factotum e la proprietaria del villaggio, arrivata per festeggiare qui l’ultimo dell’anno. Con mio immenso piacere noto che tutto il complesso è stato costruito nel rispetto della natura, o almeno ce l’hanno messa tutta! La capanna più grande (circa 50 mq), accoglie la reception, il bar, ristorante e cucina. Tutto sotto un unico tetto e tutto in comune.
Ci
sediamo sul molo del Lodge. Di fronte a noi il fiume sembra un lago immenso, non
si vede il verso della corrente. In questo punto sarà largo circa 150 metri,
forse più. Sulle sponde, una fitta vegetazione che, anche con lo zoom, non si
riesce minimamente a penetrare. Non si vede un metro più in la. Il contesto non
è nemmeno monotono, poiché le specie di piante e di animali che ci circondano
variano di metro in metro. Dappertutto si vedono scimmie che saltano di ramo in
ramo così come svariate specie di uccelli coloratissimi.
La sera dopo cena, c’è l’escursione sul fiume, ma tra la stanchezza e le zanzare, preferiamo andare a riposare.
30 Dicembre 2000
Il
mattino dopo ci svegliano le… scimmie!! Una inizia con uno strano
urlo, poi due, tre, quattro… dieci, tutte assieme! All’inizio non nego di
aver passato qualche momento di angoscia, anche perché non sapendo cosa fossero
e non riuscendo a vedere nulla…….. Eppoi, vetri non ce ne sono, inferriate
men che meno!?! Ok, ci prepariamo e dopo un’abbondante colazione, partiamo con
una barca a motore per l’escursione assieme alla nostra guida
Rafael
e ad una
famiglia di indiani. Abitavano in Venezuela, poi si sono trasferiti in USA.
Alcuni di loro sono tornati in Venezuela e vivono a Puerto la Cruz, sulla costa
nord. Una delle loro figlie si è laureata in statistica in Usa e parla bene
l’italiano, l’inglese e lo spagnolo, oltre alla loro lingua madre.
Si
riparte verso le 14,30 per la camminata all’interno della Jungla. Ci fanno
indossare degli stivali alti fino alle ginocchia e dopo 10-15 minuti di barca,
inizia l’escursione. Ci intrufoliamo tra palme e cespugli, allungando le
maniche della camicia e alzando il colletto. Anche con Autan o Off le zanzare
pungono lo stesso. Rafael ci spiega tante cose, ma ne capisco poco più della
metà perché non spiaccica una sola parola d’inglese. Solo ed esclusivamente
spagnolo e il dialetto degli indios. Avanziamo ancora: in qualche punto si
sprofonda. Ad un certo punto Rafael inizia a tagliare un tronco già a terra, e
ci fa assaggiare il
Palmito: è il cuore di palma, molto usato nella regione,
sia da solo che per preparare piatti squisiti. Poi ancora della frutta simile ai
fichi d’india e per bere?? Nessun problema: raccoglie un piccolo tronco, ne
taglia le estremità con il macete e inizia a bere l’acqua che sgorga limpida
dal pezzo di legno! Ce lo porge e… ne abbiamo usufruito quasi in sei!
Poi
ancora ci spiega a cosa serve quell’altra pianta, per cosa la usano gli indios,
come si cucina quell’altro frutto, e, cosa molto importante, ci ha elencato
una serie di malattie, guaribili con quel tipo di foglia o con l’infuso di
quell’altra pianta. Tra una cosa e l’altra siamo stati in giro tre ore
circa.
Risaliamo
in barca e pian pianino ci porta a visitare diversi affluenti un po’ lontani
dal Lodge. Siamo gli unici in giro, non si vede anima viva. Ad un certo punto ci
fa vedere due tucani sull’albero, poi altri due…. Dall’altra parte tre
pappagalli colorati, sul ramo di fronte a noi sono in fila cinque cocorite
verdi, alcune scimmie curiose ci osservano e poi entrano nella foresta, insomma
di tutto un po’. Più avanti scorgiamo un albero con poche foglie e tantissimi
nidi a forma di pera, con piccoli uccellini gialli e neri, chiamati
“Arndaho” che fanno capolino. Più ti avvicini più si sente un animato e
curioso cinguettio. Ad un certo punto uno stormo di uccelli bianchissimi
attraversa il fiume, si gira, torna indietro, e con una piroetta passa di nuovo
dall’altra parte. Saranno una dozzina, grandi più o meno come un tucano e
sono tutti sincronizzati, si muovono tutti assieme! Si fermano su un albero e
poi ripartono. Incredibile! Uno spettacolo unico. Rafael ci dice che a
quest’ora, verso sera, è facile incontrare dei gruppi di uccelli che tornano
ai nidi.
Verso
le 18 ci fermiamo all’incrocio di tre corsi d’acqua per fare il bagno e poi
ammiriamo il tramonto: il sole stava calando e riflesso sulle nuvole formava dei
colori bellissimi. |
Torniamo al villaggio con un po’ di malinconia: era bello stare lì rilassati, stesi sulla barca in mezzo all’acqua che con un leggero dondolìo ti invitava ad un pisolo. Eppoi è l’ultimo giorno che stiamo qui. Peccato. Se sapevo che si stava così bene avrei prolungato il soggiorno ben volentieri, anche a scapito di qualche altro posto da visitare.