28 Dicembre 2000

Il giorno dopo il solito gallo che canta rompe le balle. Ci prepariamo per il ritorno togliendo le cose dall’armadio….. ehmm....… dal muretto in pietra sotto le amache e dopo colazione si parte. Per un pezzo il tragitto è diverso che all’andata, lo si percorre un po’ in barca e un po’ a piedi. Attraversiamo un tratto sabbioso con poca vegetazione e in lontananza, verso nord-ovest, si scorge il KUSARI TEPUI, un’altro imponente massiccio con la cima piatta. Tutt’intorno il silenzio è interrotto dal Rio Charrao e dal richiamo di qualche aquila. Oltre a noi non si vede anima viva.  

                                 In lontananza il Kusari Tepui                il Kusari Tepui

Eccoci qui tutti assieme. Stanchi ma contenti! Dopo un po’ si risale in curiara e dopo circa mezz’ora si approda e continuiamo a piedi. Passiamo vicino ad una centrale idroelettrica perfettamente mascherata nella vegetazione e qui facciamo qualche foto tutti assieme.
La laguna di Canaima vista dall'aereo

  Torniamo verso la laguna di Canaima e verso le 10,30 siamo all’aeroporto. Il nostro volo per Ciudad Bolìvar non è puntuale, ma non ci faccio caso, non c’interessa. Non abbiamo tutta ‘sta fretta di ripartire. Per altri il problema è più grosso: non solo il loro aereo è in ritardo, ma addirittura non hanno nemmeno il posto prenotato! ….Misteri….

Verso le 14,30-15,00 siamo all’Hotel Valentina di Ciudad Bolìvar. Una doccia e prendiamo un taxi per andare in centro. Le numerose notizie lette sulla malavita locale, mi inducono ad essere prudente così non porto nulla appresso: né macchina fotografica, né telecamera e pochi soldi nel portafoglio. Nulla di più sbagliato!

Come ci è già capitato, anche in altri stati abbiamo esagerato con le precauzioni, solo per aver ascoltato qualcuno che non ha osservato delle semplici regole di comportamento quando si è “ospiti” in un altra nazione. Le stesse regole che bisogna rispettare in tutte le metropoli del mondo. O anche solo per aver ascoltato qualche dossier alla Tv, pilotato ad hoc per qualche campagna politica. Ritengo che ognuno di noi dovrebbe farsi un’opinione del posto solo dopo averlo visitato.    

A Ciudad Bolìvar non esiste malavita come a Caracas e la gente è gentile e disponibile.

 

CIUDAD  BOLIVAR

Ciudad Bolivar è una calda città che si estende sulla sponda meridionale dell’Orinoco, a circa 420 Km dall’Atlantico. Fondata nel 1764 su un’altura rocciosa nel punto più stretto del fiume, venne giustamente chiamata “Angostura” (letteralmente ‘strettoia’) e per lungo tempo rimase un sonnolento porto fluviale distante centinaia di chilometri da qualsiasi centro abitato importante.  Poi, improvvisamente e inaspettatamente diventò il luogo in cui venne decisa buona parte della storia del paese e dell’intero continente.

Oggi Ciudad Bolivar è la capitale dello stato di Bolivar, una città di discrete dimensioni (280 mila abitanti) con diversi luoghi di interesse turistico. In centro ha mantenuto la sua atmosfera di vecchia città fluviale e conserva ancora alcuni edifici risalenti ai suoi 50 anni di dominio coloniale. E’ un luogo molto frequentato dai viaggiatori, che si fermano in parte per vedere i suoi monumenti e in parte per partire verso il Salto Angel.

   

 

Il centro città si sviluppa di fianco al fiume Orinoco (v. riquadro) con numerosi negozi, stipati all’inverosimile di qualsiasi genere di oggetto vendibile: frigoriferi, mobili, oggetti da giardino, condizionatori, alimentari, fuochi d’artificio, quadri…… All’ingresso dei negozi di scarpe e di abbigliamento, ci sono 4-5 ragazze che t’invitano ad entrare. Per gli acquisti di prima qualità, sviluppato in un’elegante galleria tra i fabbricati, c’è un centro commerciale con ottimi negozi, bar, ristorante e internet cafè.

Di fronte, la strada principale è percorsa da numerosi autobus con le porte aperte e la musica altissima. Sui vetri qualche pubblicità abbozzata con pennello e vernice. Mi dispiace non avere la macchina fotografica, perché parte del centro storico della città si sviluppa a monte del fiume Orinoco con decine di calli strette, pulite e pavimentate con ciottoli. Alcuni vecchi fabbricati colorati ne fanno da cornice.

Camminando sotto il portico, ad un certo punto incontriamo Dirk e Mark, i due ragazzi tedeschi che facevano parte del nostro gruppo a Canaima. Andiamo a mangiare tutti assieme al ristorante “Mezzaluna” in periferia, gestito da siciliani e gustiamo degli ottimi spaghetti al pomodoro e basilico e un filetto di LauLau, un pesce d’acqua dolce tenero e saporito. Anche questa notte alloggiamo all’hotel Valentina.

 

IL DELTA DELL’ORINOCO - regione “Delta Amacuro” -

  mappa del Delta dell'Orinoco    mappa politica con la distinzione delle varie regioni

29 Dicembre 2000

Ci viene a prendere un’auto per il trasferimento da Ciudad Bolìvar al porticciolo di Tucupita. Ci accompagna il fratello di Beatriz Amico (la moglie di Cosimo dell’Energy Tours) con un suo amico e la rispettiva fidanzata. 

 

In traghetto attraversando il Rio Orinoco

Il percorso è lungo, ma il tempo passa veloce, perché si instaura un bellissimo rapporto con quei giovani: i ragazzi hanno circa 22-24 anni al massimo e per la ragazza siamo sui 18. Conoscono abbastanza bene la geografia del loro territorio e sono contenti del posto in cui vivono.  

Dopo essere arrivati a San Felix, carichiamo l’auto su un traghetto per attraversare il Rio Orinoco (mezz’ora circa) e infine altri 20 chilometri circa per arrivare a Tucupita. Qui saliamo su un motoscafo assieme ad una giovane coppia di svizzeri (Beatrice e Daniele). La barca è piena di viveri, Taniche di acqua potabile e grossi pezzi di ghiaccio. Dopo un’ora circa, la flora di fianco al fiume si infittisce. 

Iniziamo a vedere, avvertiti dai ragazzi venezuelani, qualche Tucano e….. i delfini! Sono di un grigio-azzurro più intenso rispetto a quelli di acqua salata. Si vedono solo quando escono per respirare, perché l’acqua è di color marrone chiaro, dovuto alla complessa reazione ai componenti chimici che formano le rocce e il suolo del letto e delle rive del fiume, nonché alla flora che cresce lungo le rive, al clima e a numerosi altri fattori. Il fiume diventa sempre più chiaro mano a mano che si va verso la foce.  

Le abitazioni degli Indios nel Delta dell'Orinoco

Dopo circa tre quarti d’ora arriviamo al Delta Lodge, www.orinocodelta.com sul Delta dell’Orinoco.

Attracchiamo su un piccolo molo in legno e ci accolgono Victor, un Venezuelano factotum e la proprietaria del villaggio, arrivata per festeggiare qui l’ultimo dell’anno. Con mio immenso piacere noto che tutto il complesso è stato costruito nel rispetto della natura, o almeno ce l’hanno messa tutta! La capanna più grande (circa 50 mq), accoglie la reception, il bar, ristorante e cucina. Tutto sotto un unico tetto e tutto in comune. 

5-4.JPG: Il tapiro che gironzola tranquillo

 La cucina è divisa dal resto da un semplice muretto alto un metro e la zona adibita a ristoro è costituita da 5 tavoli in legno, contornati da qualche pianta tropicale. Nient’altro. L’unico cemento (ma non lo sembra) è quello del pavimento con qualche mattonella fatta a mano.   

 

5-2.JPG: I marciapiedi del Delta Lodge

Ci accompagnano al bungalow e ci invitano a camminare sempre lungo i corridoi costruiti in legno tutti rialzati, che collegano gli alloggi tra di loro e con la reception. I bungalow sono costruiti interamente in legno e rialzati da terra. Non esistono finestre, solo zanzariere accuratamente sigillate. Le uniche mattonelle sono sul bagno, formato da un muretto che divide (!) i due letti dove è stato fissato un lavandino piccolo come un quaderno. L’acqua della doccia zampilla da un tubo di plastica ed è quella…… del Fiume!! Non esistono prese per la corrente, armadi, ecc…, solo qualche attaccapanni e un’unica lampadina al centro del tetto.

L'escursione in canoa con Beatrice negli anfratti del Delta dell'Orinoco

La barchetta ricavata da un tronco intero di un albero.

Dopo aver mangiato qualcosa, ci accompagnano ad un’escursione in canoa lungo dei piccoli canali che s’immettono nella jungla. Dopo una bella spruzzata con Autan, e una spalmata di crema protettiva, partiamo con i nostri remi.

 Non ci sono tante zanzare, ma in compenso alcune mosche che sembra che il loro piatto preferito sia proprio l’Autan! Il sole picchia verticale su di noi, ci saranno 30-32 °C circa. Ad un certo punto piove, e siamo costretti a tornare . Ne approfitto per vedere un po’ la “situazione”: tutti i parenti della proprietaria danno una mano chi in cucina, chi nelle pulizie, chi nell’organizzazione. Le comunicazioni si hanno solo tramite una radio e un unico telefono che non ho ben capito se adopera una rete cellulare o via cavo. Ogni tanto arriva un indio (di solito donna con bambino) in una piccola e stretta barca ricavata da un tronco scavato, con qualche tubero (Jucca) o frutta da scambiare con un sacchetto di riso. Non smontano nemmeno dalla barca. Attendono in silenzio e come sono arrivati se ne vanno, scomparendo nei numerosi affluenti del fiume.

Ci sediamo sul molo del Lodge. Di fronte a noi il fiume sembra un lago immenso, non si vede il verso della corrente. In questo punto sarà largo circa 150 metri, forse più. Sulle sponde, una fitta vegetazione che, anche con lo zoom, non si riesce minimamente a penetrare. Non si vede un metro più in la. Il contesto non è nemmeno monotono, poiché le specie di piante e di animali che ci circondano variano di metro in metro. Dappertutto si vedono scimmie che saltano di ramo in ramo così come svariate specie di uccelli coloratissimi.

La sera dopo cena, c’è l’escursione sul fiume, ma tra la stanchezza e le zanzare, preferiamo andare a riposare.

30 Dicembre 2000

Il mattino dopo ci svegliano le… scimmie!! Una inizia con uno strano urlo, poi due, tre, quattro… dieci, tutte assieme! All’inizio non nego di aver passato qualche momento di angoscia, anche perché non sapendo cosa fossero e non riuscendo a vedere nulla…….. Eppoi, vetri non ce ne sono, inferriate men che meno!?! Ok, ci prepariamo e dopo un’abbondante colazione, partiamo con una barca a motore per l’escursione assieme alla nostra guida Rafael e ad una famiglia di indiani. Abitavano in Venezuela, poi si sono trasferiti in USA. Alcuni di loro sono tornati in Venezuela e vivono a Puerto la Cruz, sulla costa nord. Una delle loro figlie si è laureata in statistica in Usa e parla bene l’italiano, l’inglese e lo spagnolo, oltre alla loro lingua madre.

5-11.JPG: la Uacaracia

i tucani sopra gli alberi

Appena Rafael vede qualche animale, spegne il motore e ci informa sul comportamento e abitudini. Qualche delfino e uno strano uccello con parecchie piume colorate sulla testa. Si chiama “Uacaracia”  e ad un certo punto ne incontriamo 5-6 appollaiati su un cespuglio basso. Sono bellissimi e sembrano non aver paura. Più avanti ci fa notare dei Tucani che riesco a vedere con più nitidezza con lo zoom della macchina fotografica. Di solito sono fermi sui rami più alti degli alberi.  Ancora qualche delfino che viene a galla per respirare, ma si rituffa immediatamente.  

Quando il motore è spento, sembra di essere in paradiso. Nessun rumore, una brezza che soffia leggera, il sole che scalda 360 giorni all’anno, pappagalli coloratissimi che svolazzano, il lento scorrere del fiume senza grosse correnti, l’acqua pulita, inquinamento ancora inesistente, insomma è un luogo che riunisce molte fra le più belle cose che la natura può esibire.

 

                Un fiore appena sbocciato        il ns. amico Rafael        la mascotte del Delta Lodge: un Puma

I denti acuminati del Piraña

Verso le 12 ci fermiamo in una piccola insenatura. L’acqua è piatta, immobile e senza il tipico colore marrone, con tutti i riflessi colorati degli alberi. Rafael tira fuori quattro bacchette di legno con filo e amo, un pezzo di carne cruda e si mette a pescare i…… Piraña! Invita anche noi a provare e chi vuole fare il bagno può accomodarsi! Oddio, dico, non è che sia il massimo della tranquillità! Ci dice che non c’è alcun problema: il Piraña non attacca l’uomo! Comunque io il bagno non lo faccio…. Dopo averne pescati 3-4, torniamo al Lodge per il pranzo.        

Si riparte verso le 14,30 per la camminata all’interno della Jungla. Ci fanno indossare degli stivali alti fino alle ginocchia e dopo 10-15 minuti di barca, inizia l’escursione. Ci intrufoliamo tra palme e cespugli, allungando le maniche della camicia e alzando il colletto. Anche con Autan o Off le zanzare pungono lo stesso. Rafael ci spiega tante cose, ma ne capisco poco più della metà perché non spiaccica una sola parola d’inglese. Solo ed esclusivamente spagnolo e il dialetto degli indios. Avanziamo ancora: in qualche punto si sprofonda. Ad un certo punto Rafael inizia a tagliare un tronco già a terra, e ci fa assaggiare il Palmito: è il cuore di palma, molto usato nella regione, sia da solo che per preparare piatti squisiti. Poi ancora della frutta simile ai fichi d’india e per bere?? Nessun problema: raccoglie un piccolo tronco, ne taglia le estremità con il macete e inizia a bere l’acqua che sgorga limpida dal pezzo di legno! Ce lo porge e… ne abbiamo usufruito quasi in sei!

Poi ancora ci spiega a cosa serve quell’altra pianta, per cosa la usano gli indios, come si cucina quell’altro frutto, e, cosa molto importante, ci ha elencato una serie di malattie, guaribili con quel tipo di foglia o con l’infuso di quell’altra pianta. Tra una cosa e l’altra siamo stati in giro tre ore circa.

Risaliamo in barca e pian pianino ci porta a visitare diversi affluenti un po’ lontani dal Lodge. Siamo gli unici in giro, non si vede anima viva. Ad un certo punto ci fa vedere due tucani sull’albero, poi altri due…. Dall’altra parte tre pappagalli colorati, sul ramo di fronte a noi sono in fila cinque cocorite verdi, alcune scimmie curiose ci osservano e poi entrano nella foresta, insomma di tutto un po’. Più avanti scorgiamo un albero con poche foglie e tantissimi nidi a forma di pera, con piccoli uccellini gialli e neri, chiamati “Arndaho” che fanno capolino. Più ti avvicini più si sente un animato e curioso cinguettio. Ad un certo punto uno stormo di uccelli bianchissimi attraversa il fiume, si gira, torna indietro, e con una piroetta passa di nuovo dall’altra parte. Saranno una dozzina, grandi più o meno come un tucano e sono tutti sincronizzati, si muovono tutti assieme! Si fermano su un albero e poi ripartono. Incredibile! Uno spettacolo unico. Rafael ci dice che a quest’ora, verso sera, è facile incontrare dei gruppi di uccelli che tornano ai nidi.

L'incantevole tramonto nell'Orinoco

Verso le 18 ci fermiamo all’incrocio di tre corsi d’acqua per fare il bagno e poi ammiriamo il tramonto: il sole stava calando e riflesso sulle nuvole formava dei colori bellissimi.   

Torniamo al villaggio con un po’ di malinconia: era bello stare lì rilassati, stesi sulla barca in mezzo all’acqua che con un leggero dondolìo ti invitava ad un pisolo. Eppoi è l’ultimo giorno che stiamo qui. Peccato. Se sapevo che si stava così bene avrei prolungato il soggiorno ben volentieri, anche a scapito di qualche altro posto da visitare.

 

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