L'intervista di Anna Maria Simm

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il secolo di Carla

Como, dicembre 1999 ore 10

Le parole di Carla Porta Musa

 

In una Como che pare Londra, in una vecchia casa nobiliare che suggerisce letture poliziesche, Teresa, la governante in guanti bianchi ci introduce nello studio della scrittrice.

Seduta al centro del tavolo, discretamente truccata e elegantemente vestita di nero, i capelli raccolti e un collier di perle, Carla Porta Musa (dichiarata recentemente personaggio comasco del secolo da un referendum indetto dal Corriere di Como) con squisita ospitalità ci accoglie aggraziata.

Esordisce dicendomi di essere quasi centenaria (è nata nella città lacustre il 15 marzo 1902) e mentre fuori dalla finestra si addensa una pre-natalizia, raccolta domenica di dicembre, (il caffè sul vassoio d’argento è già stato servito con il latte nel bricco di porcellana) cominciano a scorrere cristalline e veloci le parole di Carla.

"Ho attraversato il secolo e ho buona memoria: posseggo quindi ricordi molto precisi anche dei primi anni del 1900"

Io le chiedo invece di spiegarmi il senso di una sua frase che recita: "Quello che conta, mi dico è il minuto chiaro… L’altro appartiene al passato. Mi chiedo quante cose possono accadere nel minuto ‘di sole’ … in fondo quello che conta, è proprio questo. Il principio degli esseri e delle cose. Il principio che poi ha séguito a mano a mano che i minuti si illuminano"

E’ come un "carpe diem"?

Mi risponde ricordando di quanto ha appreso da giovane e limpida ragazza quali "si era tutti allora" nel collegio inglese ("qui ho imparato l’etichetta e le formalità") e svizzeri ("qui invece mi hanno insegnato come si deve essere dentro") dove il padre -industriale della seta nativo di Napoli ma di famiglia milanese, grande mecenate e filantropo- l’aveva fatta studiare. Prima di tutto la lealtà e la sincerità, poi l’ordine e la precisione. A Losanna le capitò di rubare, con le compagne nel giardino del collegio, alcune rape. Scoperte, negarono sino a che furono convinte da un discorso della loro educatrice dell’importanza di dire sempre la verità. Non solo ma dell’importanza di cogliere il momento che fugge nel suo significato e come origine del "tutto". In ciò "fui aiutata dal mio carattere ottimista che mi fa credere nella luce dopo il buio".

Cogliere il minuto chiaro, non lasciarselo sfuggire vuol dire essere attenti anche ai particolari e alle persone?

Risponde Carla: "Sì. Un’altra cosa mi hanno insegnato: imparare a conoscere senza giudicare prima gli individui. Spesso il carattere condiziona chi ci circonda. Occorre saperlo. Mio marito, grande medico e uomo di altrettante cultura, era nonostante ciò molto timido. Io no, sono invece insicura.

Anche oggi, ad esempio, non penso di essere una scrittrice ma un'eterna allieva, sono critica e abbastanza severa più con me stessa che con gli altri. Mi ritengo un niente e ho amici in tutti i campi. Dal principe all’inserviente del supermercato che ho conosciuto per caso."

Anche il modo di scrivere di Carla riflette questo aspetto della sua personalità: arguto, semplice; apparentemente denotativo, assume invece spesso il sapore delle favole esopiche e delle parabole evangeliche… Diviene quindi improvvisamente profondo oltre il primo livello di significato, spontaneamente tragico o sorridente, sempre commovente, nel senso etimologico del termine, vale a dire trascinante.

Pascoli dice che il poeta non deve essere retore, non "deve farlo apposta" il suo lavoro: egli è dunque solo qualcuno che "consola" gli umani e li affratella dando voce spontanea al Fanciullo interiore. Carla, parafrasando il titolo della sua biografia scritta da Luigi Picchi (Carla Porta Musa, una lunga giovinezza, Dialogolibri, 1999), vive dunque una interminabile, curiosa, vivace, fanciullezza che si colora della saggezza dei suoi anni senza perdere il potere disarmante e dissacrante dell’infanzia. Una sapiente "satura" di abilità spontanea, tipicamente artistica perché razionale e "naive" al contempo.

Cogliere il minuto chiaro vuol dire anche aspettare, attendere, non perdere la speranza che succede qualcosa?

"Ancora oggi capitano delle cose che se fossi morta ieri non avrei visto né conosciuto.Pensare che può accadere ciò che magari non ti cambia ma ti arricchisce o ti turba, aiuta a vivere.Questo ottimismo e questa voglia di vivere non è dimenticarmi del contrario. Io contemporaneamente mi sto staccando a poco a poco da tutte le cose. Ho detto a mia nipote che sta mettendo su casa a Milano perché si sposa, di prendere quello che vuole qui dalla nonna. Io stessa le regalerò a ogni ricorrenza degli oggetti miei. Anche libri ma non i miei vocabolari che adoro come fonte di insegnamento continuo. In questo distacco dalle cose che amo e che ho ereditato a mia volta sono serena, felice, perché esse continueranno a vivere nella casa di Giovannella".

Carla senza "spleen" ha però elaborato la possibilità di diventare poeta leggendo le malinconiche liriche di Guido Gozzano.

"Fin da quando avevo sei anni leggo libri con avidità. Ho avuto un padre eccezionale, educatore meraviglioso, fondatore dell’Istituto Carducci Pro Cultura Popolare, attento ai suoi quattro bambini in modo diverso, perché tutti di temperamento diverso. A lui ho dedicato ‘Il tuo cuore e il mio’ ripubblicato nel 1992 per la Nodo libri di Como ma uscito la prima volta quarant’anni prima per i tipi dell’editore Macchia di Roma. Lo descrivo ottimista e generoso (assunse un operaio alto un metro e mezzo, altrimenti scartato altrove offrendogli con semplicità uno sgabello da dove poter piegare le pezze), comunicativo tanto da volere i figli a tavola con sé anche quando vi erano ospiti illustri, poiché quello era un modo di farci crescere e apprendere.

A ognuno di noi figli regalava libri differenti: a me piacevano le fiabe, a mio fratello l’avventure, ecc… e ognuno era geloso dei propri, non ce li prestavamo. Mio padre ci insegnò il rispetto e il desiderio del libro. Così leggendo Gozzano fui colpita dal suo modo moderno più descrittivo forse meno profondo, di comporre rispetto a quello del Carducci che mio padre amava tanto. All’inizio scrissi come Gozzano che non si può paragonare certo ai minimalisti di oggi perché in lui ci sono sentimento e una forma mai volgare. Dei contemporanei mi piacciono Fenoglio, Sciascia, Anna Achmatova e molto Garcia Lorca. Ora Mario Rigoni Stern, Caludio Magris e Erri De Luca. Ma le semplici parole molto musicali di Gozzano e l’armoniosità nella sua poesia mi colpirono allora; cominciai dunque come poetessa iniziata da Carlo Saggio conosciuto ai Venerdì letterari dell’Istituto Carducci da me organizzati dal 1924 al 1926 con Carlo Linati e dal 1946 al 1953 da sola e dove ho avuto tra gli altri Piovene, Quaismodo, Bacchelli, Momigliano, Apollonio, Carlo Linati, grande maestro, Padre Turoldo, Angioletti, Devoto.

Saggio mi invitò a portargli le liriche che custodivo in un cassetto. Ne scelse trentacinque degne di ‘gir infra la gente’ ed io bruciai tutte le altre. Il mio primo libro di poesia uscì nel maggio del ’50 da l’Esame di Somarè al costo di 700 lire. Recentemente ho trovato da un rigattiere una copia di quel volume che ho pagato sessantamila lire.

Fu sempre Saggio a invitarmi a scrivere in prosa per rispondere a una nobilissima lettera di mio padre morto allora da 17 anni.

Questo libro è appunto ‘Il tuo cuore e il mio’. Nei romanzi successivi c’è sempre qualcosa di me e dei personaggi famigliari o di chi ho conosciuto. In tutti, tranne che in ‘La storia di Peter’, ci sono donne protagoniste, ma vi è sempre un riferimento a fatti e atmosfere reali come ad esempio ne ‘la breve estate’ che ricorda uno dei miei soggiorni con mia figlia piccola nella villa che i Falck avevano a Jesolo (a Cava Zuccherina, prima della guerra).

I miei modelli erano Tozzi e Fenoglio semplici nel raccontare.

I miei maestri assoluti sono però Marcel Jouhandeau e Colette altrettanto semplici e spontanei. Il primo girava come me con un notes e una matita per segnare tutto quello che vedeva. Non certo D’Annunzio, Carducci, qualcosa di Pascoli sì. La mia scrittura è scarna non retorica, svelta".

A proposito di semplicità c’è chi ha paragonato la sua visione del mondo e il suo stile a quello di Francesco d’Assisi.

"Luce, ottimismo, natura, fede intensa. La fede è cosa diversa dalla religiosità ma per un periodo mi sono allontanata. Mia madre era terziaria francescana, sua sorella suora di clausura, mia nonna spagnola religiosissima, mio padre ateo (fino al punto di fare Comunione e Cresima di nascosto da lui) poi convertito da mia madre. In quel periodo non capivo bene che cosa volessi ma è tipico dei giovani avere perplessità e dubbi".

Carla mi mostra ora una fotocopia di "Quaderno rosso" con prefazione di Ettore Allodoli (il "principe della grammatica italiana") letterato fiorentino giornalista del Corriere della Sera.

Fu pubblicato da l’Editoriale comense, Como, nel 1954 in tiratura limitata di 350 copie. Allodoli dice di Carla Porta Musa "sembra diventata a prima vista un’osservatrice staccata interamente dai contatti autobiografici e di stretto sentimento, affermatrice implacabile e ironica della contingenza in quello che ha di più interessante e forse anche di inesorabilmente spietato. Ma è questa una supposizione fallace. C’è anche qui tutto un tono lieve, intimo di umana comprensione fra il sorriso e la tristezza elaborata con rara e fine maestria (il grande e delicato poeta Maurizio de Guérin al suo intimo diario dette il titolo di ‘Quaderno verde’)… delicata intuizione del mondo infantile … calda originalità …quando coglie negli animali e nei fiori, elementi che potrebbero sembrare dissociabili, una stessa rappresentazione di sensibile lirica …fatale sensualità immanente …incantevole malizia…Quaderno rosso già mostra implica e applica i possibili indirizzi realizzati e da realizzare della Porta Musa, una scrittrice che è già avviata per un suo sicuro cammino".

Questa opera così particolare verrà ripubblicata ora da Diologolibri.

Carla da giornalista ha diretto per 14 anni la rivista "Como" e ora "La Provincia" pubblica da più di due anni, la domenica, le sue memorie, nelle quali propone quadri dello stesso sapore di quelli di "Quaderno rosso".

Ma non ha fatto solo la scrittrice e la giornalista. Dopo la terza "tecnica" (media) a 14 anni era a Losanna, poi in Inghilterra e a Parigi in altrettanti collegi, come abbiamo visto. Tornata in Italia chiese di poter studiare la sua lingua avendo come maestro Alfredo Galletti successore del Pascoli alla cattedra di letteratura a Bologna.

Le sarebbe poi piaciuto diventare attrice e studiò con Picozzi a Milano per tre anni, carriera abbandonata a causa del fidanzamento.

Ma dopo la crisi del 1929, abituata a vestirsi in sartoria, a comprare tutti i libri che voleva, a vivere in una casa di lusso con la servitù e sei cani, ventisettenne fu posta di fronte ad un momento di ristrettezze.

Suo padre, uomo di rettitudine straordinaria non aveva esitato a versare, unico tra i suoi colleghi, allo stato quattro milioni di allora richiesti a tutti gli industriali. Perciò Carla si mise a far confezionare a mano biancheria intima su consiglio di una sua amica di Liverpool venduta anche a Londra e a Como. Per parecchi anni la giovane signorina Musa disegnò modelli e si mantenne così, aumentando la considerazione di suo padre.

Carla come figlia dunque. E come moglie?

Ebbe un rapporto clandestino con Giannino -il suo futuro marito- un giovane medico, che dopo tre anni la abbandonò con la promessa però che sarebbe tornato in Borgovico solo se si fosse ammalata gravemente. Lo rivide dopo anni quando appunto si ammalò di una congestione polmonare quasi impetrata con la preghiera dal cielo.

E come madre?

"Mia figlia è medico e vice-presidente nazionale degli amici dei musei. Ha avuto un rapporto meraviglioso con suo padre che le ha fatto anche da madre. Ho avuto Livia bellissima e sana quando avevo 37 anni e la colpa del suo distacco fu mia. Nonostante gli avvertimenti di Gianni io insistetti con il farle portare una spilla d’oro che alla fine ingoiò a quattro mesi e mezzo. Giannino non si è più fidato di me. Così io non ho più potuto toccare la bambina. Il pericolo di una laparotomia venne alla fine scongiurato e la spilla ‘recuperata’ fu regalata alla Madonna in Duomo. Oggi i rapporti con mia figlia sono ottimi anche se io ora sono diventata la figlia di mia figlia".

Tra i giovani scrittori contemporanei conosce e apprezza qualcuno?

"Detesto la volgarità e anche quelli bravi sono secondo me un po’ troppo presuntuosi. Tutte le persone che ho conosciuto di grande valore erano invece molto umili. I tempi sono purtroppo cambiati in tutti i rapporti interpersonali".

Cosa salverebbe del xx secolo?

"Possiamo salvare molto ma dobbiamo recuperare l’amore come dedizione, pazienza, tolleranza, amicizia, tra tutti non solo tra coniugi. Tra l’altro ciò farebbe bene ai ragazzi anche nelle famiglie borghesi. Oggi impera l’egoismo, che è mancanza di amore. Io invece ne ho avuto molto sin da bambina"

Finisce così questo incontro sorprendente. Sere dopo sentendo proprio Erri De Luca affermare (parlando si sé) che chi è nato anche solo nella seconda metà del 1900 si dovrebbe sentire "un clandestino a bordo del XXI secolo" mi torna in mente Carla: condividerebbe questa affermazione?

Anna M. Simm

interviste anche a Fernanda Pivano, Maurizio Cucchi, Lalla Romano, Gina Lagorio, e tanti altri

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