L'intervista di Anna Maria Simm

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Evelina, o della caverna di Mogli

Tracce di un’intervista a Evelina Schatz

Milano, luglio 1999 ore 11

Musica di strumenti diversi, suoni, echi, vibrazioni: tamburi e arpe, timpani e "drum-machine".

Questo è Evelina Schatz di Odessa, da più di vent’anni a Milano, poeta prima in lingua italiana ("La rima russa era consumata e stretta, il verso lirico italiano mi fu congeniale") e poi in lingua russa ("Nella poesia russa vi è più misticismo, più canto").

La sua lingua poetica è per me codice nuovo, koiné futuristica ma rorida di passato, propria di uno spazio che è quello del pianeta Terra (corpo unico respirante con cuore testa sangue gambe braccia molteplici).

Le parole di Evelina anche nella comunicazione interpersonale propongono uno "scarto" a chi ascolta. Chi ascolta deve valicare il confine con decisione perché poi può anche divenire impossibile: si può provare paura di perdersi in uno spazio, non solo linguistico, che è il "presente" di cui parlava Bergson e che può accecare e turbare.

Ecco, la lingua di Evelina è il cerchio perfetto e misterioso, "punto di partenza e punto di arrivo".

E’ la lingua di un poeta "imperiale" cioè appartenente al mondo, non alle regioni. Uso per lei una definizione che la Schatz usa per altri.

Ed è anche questa lingua davvero "una voce parallela e conturbante" che esprime "la schizofrenia", la stratificazione dell’artista: Evelina ha in effetti come due vite affiancate, e se anche per amore di un umano volesse lasciare l’Arte, l’Arte non lascerebbe lei.

Essenze, non solo profumi, anzi oli e essenze mescolati, profondi aromi che si "tagliano come l’aria degli spazi sacri".

Questo è Evelina Schatz artista.

Le sue recenti opere plastiche assemblano e affaldano nel "riciclo" cascami della società post-industriale e non, sue poesie accartocciate, fotografie e parole che decorano l’oggetto ("Non so quale dei due, la poesia o l’oggetto siano supporto l’uno all’altro").

La sua tendenza al ridondante, al barocco, la sua anima "sontuosa"e narcisista si leviga perfetta nella "misura"che Evelina ha in sé e che ella cerca in un ormai gioioso scontro tra l’alchimia di Zenone e la matematica di chi come lei è anche fisico e economista.

Le sue opere plastiche sono al contempo mistiche e illuministe :"mi tradisco con me stessa; il misticismo che non coltivo ma non combatto si mescola al pensiero razionale", dice Evelina sorridendo.

Ciò che ne esce è sempre un’opera densa, ma nello stesso momento ironica e leggera.

Donna potente, forte, ma dolce e accogliente. Umile e signorile. Imperatrice e nomade. Fredda e calorosa. Capace di trasformarsi mentre risponde in un chiaro lago (i suoi occhi), di apparire gigantesca, lei che in fondo alta non è.

E come "domina" ma zingara mi ha ricevuto insieme al suo cane Borzoj nella casa via Ozieri a Milano dove è ospite, dopo aver perso a causa di uno sfratto che suscitò scalpore, il salotto-museo, luogo di ritrovo di artisti nel quale abitava vicino Piazza Duomo. Entrare in via Ozieri (immagino l’effetto decuplicato nella precedente abitazione) è simile all’ingresso nella penombra di un suk medio-orientale o la salita per un viaggio senza fine sulla carovana della quale Evelina stessa è la guida; una carovana che lascia tracce profonde nella sabbia del deserto di questo pianeta che la Schatz attraversa (per usare un concetto di M. Sokolov che di lei ha parlato ).

Così anche i cibi e le bevande sono vivificanti in questi "non/patria, non/paese" che sono il mondo di Evelina pure se in essi vi è un’impronta più spiccatamente russa (ma la cultura di quella terra e forse la stessa cucina russa o meglio ex sovietica è un vaso in cui si mescolano oriente e occidente in ogni senso).

Pranzare da lei è assaporare letteralmente tutto con tutti i cinque sensi. Mangiare, bere, annusare, vedere, toccare, ascoltare.

Così le sue opere come un cibo allertano contemporaneamente gusto, olfatto, vista , tatto, udito in una insolubile e officinale sinestesia.

Il sapore è forte, come quello del sangue, la "Vivifica smagliante linfa" di cui ella ha scritto.

E la musica Evelina?

A chi le pone questa domanda risponde di essere oggi più attratta dal desiderio di scoprire "la chiave artigianale dell’approccio alla scultura".

D’altra parte le sue opere in poesia da molti vengono sentite e recitate come musica o canto (secondo una tradizione delle sue terre e non solo) e hanno offerto ispirazione e testo a musicisti italiani e russi.

Oggi quando anche nell’arte prevale la dittatura del "mercato totale" che esclude ironia, auto-ironia, paradosso, assurdo ma direi anche l’attenzione al particolare e mentre si è portati a deificare artisti di un’ora … Evelina Schatz mistica e fine ricercatrice, attenta studiosa di filosofie e di lingue anche interiori mi ha guidato ad immergermi con un sorriso nella "Caverna di Mogli".

Anna M. Simm

interviste anche a Fernanda Pivano, Maurizio Cucchi, Lalla Romano, Gina Lagorio, e tanti altri

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