Le recensioni di Anna Maria Simm

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dietro il sorriso del clown

Dietro il sorriso del clown
Di Miriam Ballerini
Editrice.com 2003     

Nel suo secondo romanzo dopo "Il giardino dei maggiolini" Miriam Ballerini, in cerca di una sua identità specifica di scrittrice, vuole affinare vocaboli e similitudini affrontando tematiche all’ordine del giorno e particolarmente sentite: la depressione, il rapporto coi genitori, l’amicizia, il rapporto col sesso e l’amore, la violenza.
Il romanzo si svolge secondo un percorso a climax che vede la protagonista -una giovane donna- lasciare una vita per costruirsene un’altra ex novo grazie ad un’eredità che le consente di licenziarsi dal lavoro e andare a vivere ad Aurora, una tranquilla e amena località lacustre.
Prima però che la tranquillità divenga anche interiore e si trasformi in vera e propria serenità, Ira si vede costretta ad affrontare un altro viaggio: quello dentro di sé, le proprie paure e fantasmi: riconoscere le prime e dare voce ai secondi (una violenza subita da ragazza e taciuta quasi a tutti e il pessimo giudizio su sua madre) sarà la chiave della sua liberazione.
In questo cammino Ira viene aiutata non solo da una psichiatra -Claudia- ma anche da altre figure femminili (l’amica Fiorella e la nuova amica Gemma, una giovane mamma single) che appaiono come un tentativo di recuperare attraverso esse l’altra figura femminile ancestrale per eccellenza, quella materna appunto, di Silvana. Come se il rapporto estremamente negativo con la genitrice –che avrebbe potuto inimicarle la donnità per sempre – si reificasse davvero attraverso e dentro queste figure diverse che si fanno portatrici per lei di una sorta di "matérnage".
Indubbiamente i personaggi maschili hanno meno spazio scenico e -anche se alla fine del romanzo per Ira sembra aprirsi una nuova stagione di amore e fisicità con Umberto dopo il fallimento del precedente fidanzamento, questi uomini -tra i quali il padre che la donna rivede e col quale recupera affiatamento proprio nell’occasione della morte prematura di lui - appaiono illuminati dal suo ricostruito concetto di sé piuttosto che artefici del medesimo.

Il romanzo di Miriam Ballerini sia fa leggere perché scorrevole e facile, perché delicato pur nella tragicità delle situazioni e in esso appare ancora una volta la sua particolare attenzione verso le persone che soffrono (gli anziani all’ospizio ne "il giardino dei maggiolini", i depressi in questo).
Altro pregio di questa opera che io insisto col definire "al femminile" è quello di proporre ai lettori e alle lettrici ai quali essa è rivolta, oltre che un climax interno, come scrivevo all’inizio, anche una sorta di "crescita" che vede legati quasi consequenzialmente i primi due romanzi (l’infanzia, l’adolescenza e la conquista dell’indipendenza della protagonista nel primo; la prima parte dell’adultità nel secondo) che fa presumere e auspicare la costruzione di un ciclo di scritti ove vengano affrontate da parte di questa promettente autrice le successive fasi dell’esistere.

Anna M. Simm


il giardino dei maggiolini

Miriam Ballerini
Eeditrice.com
Ser.EI.International
Pagg.156 / Euro 15

Essere come i maggiolini: apparire e sparire dopo una stagione, la stagione della vita.

Cogliere la fuggevolezza del tutto per afferrare il senso del nostro breve esistere è uno degli intenti del piacevole libro di Miriam Ballerini. Con naturalezza, scorrevolezza e modestia, la scrittrice raccoglie in un quadro di vita comune che scorre in un piccolo centro della provincia, l’esistere quieto e tradizionale della giovane Beatrice dai diciotto anni fino al fidanzamento con colui che diverrà poi suo marito.

Una altro dei meriti del libro è proprio quello di render affascinante e interessante una vita qualunque.

Il tono è colloquiale al punto che alcune volte l’autrice si sdoppia intervenendo sulle motivazioni del suo scrivere (una sorta di crescita interiore) e stimolando un colloquio quasi diretto con il lettore.

Tutto ciò senza apparire mai né invadente né supponente. Anzi questa scelta mi pare felice proprio per accentuare l’impressione che per altro si ha sin dall’inizio della lettura, di trovarci di fronte ad uno stretto intreccio tra realtà e realtà romanzesca.

Un terzo intento del libro è quello di mettere a confronto due generazioni per così dire di "perdenti" (i giovani non ancora usciti di famiglia, gli anziani dimenticati in un piccolo ospizio) con una generazione di apparenti "vincenti" (i genitori) sino a capovolgere però i ruoli e l’importanza di tutti gli attori: i giovani riescono proprio con i "vecchi" a intendersi e da loro colgono il senso dell’esistere, anzi la voglia addirittura di vivere… mentre gli ospiti dell’istituto finalmente trovano nella ragazza che li accudisce -Beatrice- comprensione, amore, emozione, considerazione (quest’ultima, reciproca).

In particolare si staglia su tutte le figure degli anziani quella di Luce, la donna destinata con la sua morte a dare sboccio definitivo alla crescita della ragazza.

Una luce sinistra si accende invece su ogni gesto e parola del babbo e della mamma di Beatrice. Divieti e umiliazioni continui che fanno concludere ogni giornata nel pianto sembrano così inutili e meschini se non fosse che la scrittrice ci avverte di aver assunto totalmente il punto di vista della giovane protagonista, così da salvare in extremis la natura apparentemente diabolica della coppia.

Ancora si delinea il delicato ma forte rapporto tra la ragazza e suo fratello, e proprio in un’alleanza comune contro i genitori si scoprono adulti e vicini dopo anni di quasi indifferenza

caratterizzati da tipiche gelosie tra figlio maggiore e figlio minore.

Un romanzo che si fa leggere con atteggiamento di curiosità e interesse reali grazie allo stile piano e assolutamente armonioso di Miriam Ballerini.

Anna M. Simm

le interviste di Anna Maria Simm

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