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Cenni storici


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È davvero difficile definire le origini di una cittadina come Alcamo, splendido esempio di come, in un solo tassello del mosaico Sicilia, si sia concentrata la sintesi culturale dell’intera isola. I pareri degli studiosi a tal riguardo, non sempre precisi nel chiarire al meglio l’intricata matassa etnico-storica, si trovano ancora oggi a dover fare i conti con una penuria di testimonianze concrete. Da questo poco materiale che via via si è portato alla luce, ci si è indirizzati a interpretare la peculiare ubicazione del sito come probabile "castrum" (castello) medievale, adibito alla difesa dalle popolazioni nemiche.

Furono diversi, per cultura e tradizioni, i popoli che in età antica si affacciarono su questo centro, che si trova alle falde settentrionali del monte Bonifato, a circa 50 km da Trapani e da Palermo. Fu sicuramente abitato dagli Elimi, che lo difesero dai Sicani e dai Siculi; fece quindi parte dell’Impero Romano (III sec. d.C.) e, successivamente, subì invasioni barbariche e la dominazione bizantina (V sec. d.C.). Verso la fine del X secolo, sotto la dominazione degli Arabi, prese il nome dell’emiro Al-Qamah.

Con la conquista da parte dei normanni dell’intera Sicilia (essa si compì in un trentennio: dal 1061 al 1091), fu via via restaurato il cattolicesimo anche ad Alcamo. Nel documento più antico che tratta di questo centro (il "Libro di Ruggero", scritto nel 1154 dal geografo arabo Ibn Idris su ordine del re Ruggero II), si legge di "un vasto casale che ha un mercato frequentato e manifatture".

Nel periodo svevo, esattamente nel 1225, Cielo o Ciullo d’Alcamo scrisse il celeberrimo contrasto d’amore "Rosa fresca aulentissima", componimento in 32 strofe che costituisce una delle prime opere in lingua italiana.

Con gli Arabi, i Normanni e anche con gli Svevi, Alcamo continuò a essere un casale, ovvero un agglomerato di case. La nascita di una vera e propria urbe avvenne verso la metà del XIV secolo in coincidenza con la costruzione del castello che passerà alla storia come quello dei conti di Modica (fu fatto edificare dei fratelli Enrico e Federico III Chiaramonte, entrati in possesso di Alcamo con le lotte baronali). Le genti che abitavano il Monte Bonifato cominciarono a discendere a valle, unendosi a quelle che popolavano le falde.

Alla fine del secolo, sotto la dominazione dei Ventimiglia, si ritrovarono ad abitare un unico nucleo più di tremila persone, per la maggior parte immigrati pisani, amalfitani, bolognesi, calabresi, liguri, spagnoli oltreché provenienti da varie parti della Sicilia. La notevole presenza di forestieri testimonia gli intensi scambi di allora fra Alcamo e altri centri. Questi scambi riguardarono anche l’artigianato e vi furono coinvolti fabbri ferrai, tessitori, conciatori di pelli, eccetera.

Nel XV secolo, con l’arrivo degli Aragonesi, Alcamo rivestì il ruolo di caricatore: con questo termine che si ritrova nella storia economica del paese si definiscono quei siti dove si approvvigionava il grano. Alcamo non fu dunque esente dall’essere ciò che, nello scacchiere continentale degli spagnoli, divenne la Sicilia tutta e specialmente quella occidentale: il granaio delle province e il principale rifornimento delle derrate agricole per la corona imperiale.

Lasciò il segno la visita di Carlo V, l’imperatore che col suo arrivo portò alcune modifiche nell’assetto urbano. Una delle quattro porte principali, Porta Trapani, fu chiusa proprio in quell’occasione (le altre tre erano: Porta Corleone, alla fine dell’attuale via comm. Navarra; Porta Palermo, in fondo all’attuale via Rossotti; Porta di Gesù, di fronte al convento dei Padri Minori Francescani). Ciò permise l’apertura di nuove vie d’accesso alla cittadina: tre dal lato ovest e una nelle mure orientali.

Oltre che dalla già ricordata espansione urbana, Alcamo fu caratterizzata nel periodo rinascimentale da un grande fermento culturale. Esso fu dovuto a dotti fra cui il poeta Sebastiano Bagolino e ad una scuola scrittoria cui appartenne Giacomo Adragna, che trascrisse dal latino testi di Tommaso Schifaldo. Ma la cittadina fu protagonista non solo di avvenimenti positivi: divenne tristemente famosa per la peste che la investì e che si ripetè nel ’600 con le stesse modalità tragiche.

Alcamo continuò a sottostare al re di Spagna, Filippo V, fino al trattato dell’Aja del 17 febbraio 1720, quando fu Carlo III d’Asburgo a diventare re di Sicilia. Il Settecento alcamese fu caratterizzato da un ripopolamento, coincidente con una rifioritura artistica che diede nuova linfa culturale al luogo. Fu questo un periodo di ricostruzioni che interessarono dapprima la Chiesa Madre e la Chiesa di S. Oliva, in seguito la monumentale Chiesa di S. Francesco di Paola.

La storia del Risorgimento nell’isola fu tra le più tragiche della nazione, come si può leggere dalle pagine del Verga. E le rivolte che scoppiarono in Sicilia nell’Ottocento non lasciarono immune neanche la stessa Alcamo. Nel palazzo dei fratelli Triolo, baroni di Sant’Anna e protagonisti di diversi moti, Giuseppe Garibaldi dopo essersi proclamato dittatore di Sicilia (era il 17 maggio 1860) nominò Francesco Crispi segretario di Stato.

Nel ’900 Alcamo ha dovuto superare difficoltà quali il colera del 1911, la febbre spagnola del 1918, gli effetti delle due guerre mondiali, il terremoto del 1968, i fenomeni del separatismo e del banditismo. Ciò nonostante ha continuato il suo percorso artistico-culturale: negli anni Cinquanta è stata fondata l’Accademia di Studi Cielo d’Alcamo; nel 1960 si è inaugurato il Museo d’Arte Sacra, che comprende una biblioteca che custodisce varie edizioni cinquecentine, e un archivio storico con documenti sin dal 1545.

  • LE BELLEZZE NATURALI E LE OPERE D’ARTE

Alcamo fu scelta dai Romani per la sua posizione strategica: il monte Bonifato, oltre a fungere da osservatorio, risultava imprendibile per via degli scoscesi pendii a picco. Altro motivo fu la bellezza unica del paesaggio: il monte, alto 826 metri, offre un panorama fra i più suggestivi della Sicilia, costituito dall’intero golfo di Castellammare. La vetta, che conserva i ruderi d’origini bizantina e araba dell’antico abitato, è ricoperta da un fitto bosco, riserva naturale fra le più piccole della regione. Per raggiungere il bosco, che è attrezzato per i picnic, bisogna percorrere 4 km di una strada molto agevole. Altro forte richiamo turistico è il rinomato lido di Alcamo Marina. Qui, quasi sulla battigia, un hotel offre una cinquantina di posti letto.

Nella storia di Alcamo rappresenta una pietra miliare il Castello dei conti di Modica, i Caprera, che presero il controllo baronale della città dopo la signoria dei Chiaramonte. È un vero esempio di architettura gotico-catalana; con pianta romboidale, è composto da quattro torri di forma alternativamente cilindrica e parallelepipeda, con bifore e trifore ai lati di ognuna. La più grande, la "torre maestra", è quella di sud-est, la quale andò del tutto in rovina alla fine dell’Ottocento. Il castello è stato ultimamente oggetto di opere di restauro che l’hanno riportato all’antico splendore.

Le meraviglie architettoniche che offre Alcamo non finiscono certo qui, e annoverano la Chiesa dell’Annunziata (sec. XIV), la torre De Ballis (sec. XV), la Chiesa di S. Tommaso Apostolo (sec. XV), la Chiesa dei SS. Paolo e Bartolomeo (magnifico esempio barocco del XVIII sec.), la Chiesa dei SS. Cosma e Damiano (XVIII sec.), la Chiesa di S. Francesco di Paola (XVIII sec.), la Chiesa di S. Oliva (XVIII sec.), la sontuosa Chiesa Madre Basilica Maria SS. Assunta (XVIII sec.).

Tra gli edifici nobiliari più importanti: il Palazzo Morfino Rocca, di metà Cinquecento; il Palazzo Velez, con all’interno un giardino, edificato tra il 1600 e il 1700; l’elegante e barocco Palazzo Fraccia, del Settecento; il Palazzo Rossotti Chiarelli, altro esempio barocco del 1700. Fanno parte delle tappe del visitatore di Alcamo anche la torre Saracena e la Funtanuzza.

Numerose le opere scultoree che sono custodite dalle chiese: le statue di Antonello Gagini e di Bartolomeo Berrettaro, dei secoli XV e XVI; gli stucchi di Giacomo Serpotta ("La Pietà" e "La Giustizia", veri capolavori del ’700, nella Chiesa dei SS. Cosmo e Damiano; altre otto statue, nella Chiesa di S. Francesco di Paola); gli stucchi di Gabriele Messina, nella Chiesa di S. Oliva.

Altrettanto grande è il valore artistico delle opere pittoriche, fra cui: "La Madonna del miele", tavola lignea del XV secolo della quale il probabile autore è Barnaba da Modena; "La Madonna greca", tela attribuita ad Antonello Crescenzio; gli affreschi di Antonio Grano e quelli di Guglielmo Borreman, che si trovano rispettivamente nella Chiesa dei SS. Paolo e Bartolomeo e nella Chiesa Madre; le tele barocche dei fratelli Carrera e di Pietro Novelli, quest’ultimo noto come il Monrealese.

  • LE TRADIZIONI E L’ECONOMIA

Espressione di una forte e sfaccettata identità culturale, Le tradizioni alcamesi ci parlano di epoche molto lontane che, come nel caso della religiosità popolare, possono addirittura coincidere con il periodo in cui ebbe origine la città. Tra le feste religiose più antiche, si ripete annualmente dal 19 al 21 giugno quella di Maria Santissima dei Miracoli, patrona di Alcamo. È un momento di straordinaria aggregazione, che travalica anche lo spirito religioso.

Tracce del passato, fra storia e leggenda, sono rimaste anche nella letteratura popolare: intramontabili opere in prosa e in versi dialettali, ma anche semplicemente proverbi, indovinelli e modi di dire ci consentono di leggere tra le righe il percorso di una civiltà.

Fra le arti tradizionali, anche quella gastronomica possiede ad Alcamo i numeri per catturare il visitatore, nella cui memoria rimangono indelebili certi sapori, colori e fragranze. Primi piatti da gustare assolutamente sono: la pasta con le sarde; gli spaghetti al pesto locale; le tagliatelle con i broccoli fritti e la mollica tostata; i maccheroni con il ragù di maiale; lo sformato di riso al forno; la pasta con la salsa di pomodoro, le melanzane e il basilico. Tra i secondi: la "neonata" a polpette; il tonno all’agrodolce; le polpette di carne di manzo al ragù. Per chiudere un pasto nel migliore dei modi ci sono i dolci a base di ricotta (i cannoli, la cassata e le cassatelle), le "paste vergini", gli "amoretti", i "bocconcini", i "gelati duri".

L’economia alcamese è trainata dai settori dell’agricoltura e dell’artigianato. Fiorente da sempre per via del territorio molto fertile, l’arte di coltivare la terra si esplica principalmente nella viticoltura. Un buon 90% del raccolto è destinato alle cantine sociali del luogo, dove si produce il rinomato Bianco d’Alcamo doc. Anche la coltivazione del melone ha raggiunto negli ultimi decenni un’importante diffusione, tant’è che ad essa sono ormai dedicati più di mille ettari di terreno.

L’artigianato vanta da queste parti un’antichissima tradizione; in particolare vengono praticati la lavorazione del legno, del ferro battuto e del marmo (per lo più travertino), nonché il ricamo. Nemmeno l’inevitabile avvento della tecnologia, che ha finito per interessare anche questo settore, è riuscito a sminuire le grandi doti di manualità degli artigiani alcamesi, le cui opere continuano a possedere quel fascino magico di ciò che è fatto a mano.

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