LUNGHEZZA DEL PERCORSO: km 12
COME RAGGIUNGERE IL PUNTO DI PARTENZA:
Autostrada A29, uscita Alcamo. Da Alcamo si percorre la S.P. per Alcamo Marina fino alla
S.S. 187; da questa, in territorio di Balestrate, si raggiunge la strada provinciale per
Alcamo che da Villa Chiarelli porta alla Rocca di Calatubo.
Venendo da Palermo, lasciati alle spalle agrumeti
ed olivi, è la rocca di Calatubo che annuncia il territorio di Alcamo.
La rocca, maestosa e ricca di suggestioni, con le
sue aspre balze a strapiombo domina il paesaggio di un'ampia vallata coltivata a vigneti
che si affaccia sul mare.
Ed è proprio il vigneto l'elemento più
significativo del paesaggio agrario alcamese e ciò fin dal XV secolo quando i contratti
enfiteutici obbligavano i contadini a "beneficiare, meliorare seu plantare
vinea".
Il nome di Calatubo evoca l'origine araba
di Alcamo sorta come "casale" (manzil), centro agricolo e commerciale in
luogo di una antica stazione di posta lungo l'antica strada consolare romana che da
Palermo portava a Trapani.
Interessanti rinvenimenti archeologici confermano
che anche il sito di Calatubo venne abitato fin dall'antichità. Calatubo "valida
fortezza e paese grande" come la definisce Ibn Idris, il geografo di Re Ruggero,
nel 1154, per secoli svolse la funzione di castello fortificato a difesa del "carricatore
del Vallone"; scalo marittimo naturale delle produzioni agricole del versante
occidentale del Val di Mazara, uno dei tre grandi ambiti territoriali in cui la Sicilia fu
a suo tempo divisa dagli arabi.
Sulla sommità della rocca si erge il Castello
di Calatubo grandioso rudere che la corona in una perfetta continuità di materia
e di forma.
Oggi in stato di abbandono, la cinta muraria ad
andamento triangolare irregolare presenta un fronte di circa 250 m. presidiato da due
torri quadrate; altre due torri piccole si innalzano su uno sperone roccioso all'interno
del cortile.
In epoca medievale il Castello continuò ad
assolvere al ruolo strategico di controllo del territorio e dello sbocco commerciale
marittimo delle ricche produzioni di grano dei "latifondi" dell'entroterra.
Il controllo delle "vie del
frumento" costituiva infatti il motivo di fondo delle aspre contese feudali e
l'asse portante di qualsiasi politica dei feudatari dominanti.
Fino al 1773 il Castello era in piena efficienza
ed ospitava una compagnia di soldati.
Il paesaggio di rara bellezza della vallata
di Calatubo, oggi connotato dalla presenza del vigneto, in passato era interessato
da coltivazioni agricole a seminativo.
La trasformazione storica dall'economia
cerealicola del latifondo alla specializzazione agraria del vigneto e delle colture
arboree è testimoniata dalla presenza dei numerosi "bagli" della zona:
il Baglio Le Vigne suggerisce anche nel nome questa trasformazione del paesaggio
agrario.
Attraverso il diritto di enfiteusi, che
consentiva di godere dei fondi baronali e di apportare migliorìe alla campagna in cambio
di un canone in denaro o in natura, diverse famiglie contadine promuovono la diffusione di
colture intensive e più redditizie. Si affermano in questo modo nuovi protagonisti della
storia sociale ed economica del territorio.
Le architetture dei "bagli" che
caratterizzano il paesaggio della campagna alcamese hanno un impianto rettangolare "a
corte centrale" e nascono come strutture progettate unitariamente al servizio
dell'agricoltura e delle specifiche esigenze della produzione vitivinicola.
La distribuzione interna è quanto mai funzionale
e specializzata; i diversi locali contengono i palmenti, i magazzini per il vino, i
depositi dei prodotti agricoli e degli attrezzi, oltre alla residenza dei proprietari.
All'impianto originario spesso si aggiungono in
seguito altri corpi di fabbrica al servizio delle residenze dei contadini, come nel Baglio
Chiarelli di c.da Manostalla, dove una seconda corte si aggiunge alla prima.
La trasformazione dei processi di produzione, e
specialmente l'affermarsi delle Cantine Sociali, ha messo in discussione lo specifico
carattere di strutture legate alla produzione agricola e vitivinicola dei bagli ed ha
determinato un venir meno delle esigenze di lavorazione e di deposito in loco.
Tutto questo, insieme al frazionamento della
proprietà, ha provocato un progressivo degrado dei complessi edilizi che postula la
necessità di una loro "rifunzionalizzazione" e di un loro "riuso"
compatibile con i caratteri propri delle architetture.
L'Azienda Agricola Manostalla ha
ristrutturato il complesso edilizio detto "Collegine" destinandolo ad
attività di turismo rurale e di agriturismo integrando l'attività agricola
con attività di sport equestri e di servizi di ospitalità.
Alle spalle del Castello di Calatubo, al centro
di quello che fu il Feudo della Fico sorge il grande complesso architettonico del Baglio
Villa Fico del Barone Pastore.in rapporto di visuale diretta sia con il mare a
nord che con il Centro abitato di Alcamo ad ovest.
Realizzato (probabilmente su progetto del
Cardona) tra la fine del '700 e l'inizio dell'800 dal Barone Felice
Pastore, Consultore del Regno, sia per le notevoli dimensioni che per le qualità
architettoniche rappresenta uno straordinario esempio dell'architettura rurale siciliana.
La corte interna su base quadrata è l'elemento
generatore dell'organismo edilizio: due passi carrai in asse e contrapposti
significativamente distinguono e separano l'ingresso al piano nobile, ai suoi servizi ed
ai locali della servitù, dall'ingresso sul lato nord che collega direttamente con la
campagna e con le case a schiera dei contadini.
L'organizzazione interna è perfettamente
definita e la complessità dei cicli di produzione agricola si riflette nella complessità
degli spazi interni.
Sulla corte si affacciano gli ingressi ai diversi
locali al servizio delle attività agricole; ad est un unico lungo corpo di fabbrica con
struttura "a capriate" ospita i magazzini del vino in aderenza ai palmenti per
la pigiatura dell'uva. Ad ovest un grande locale destinato alle cucine separa i frantoi ed
i magazzini dell'olio dai magazzini del grano. A nord sono ricavati i locali delle stalle
ed i fienili.
Al centro della corte una grande vasca sormontata
da un pozzo in pietra a pianta ottagonale raccoglie le acque piovane dai tetti con un
complesso sistema di riporto.
L'unità progettuale tra la struttura edilizia e
l'organizzazione dell'azienda agricola rispecchia le idee illuministe del Barone Felice
Pastore, allievo del Balsamo.
La progettazione dell'organismo architettonico e
dei suoi spazi interni, curata fin nei dettagli, è estesa all'esterno sia nell'impianto
ortogonale del vigneto e dell'oliveto sia nel complesso sistema di irrigazione dell'orto e
del giardino a nord.
Attraverso un viale alberato controllato da due
guardiole sulla strada e da una torre di avvistamento si accede all'ingresso monumentale
della Villa signorile, sul lato sud. Il piano terra ospita i servizi e le cucine. Un ampio
scalone porta al piano nobile, caratterizzato da ampi saloni decorati e da due terrazzi
panoramici che si affacciano sul mare e sulla campagna che guarda verso la città. Il
secondo piano ospitava i locali della servitù ed una foresteria.
In adiacenza dell'ingresso principale una
cappella di notevole fattura, decorata con marmi policromi, si apre sul giardino ricco di
essenze arboree di pregio.
Alcune architetture rurali di qualità
arricchiscono la campagna che si affaccia verso il mare.
La Villa della Marchesa in stile
neogotico è stata realizzata dalla famiglia De Stefani verso la metà dell800,
a fianco di un baglio del '700.
Sopra un bel giardino si affaccia una torre
merlata che al primo piano presenta uno splendido loggiato con quattro colonne corinzie in
marmo bianco che sostengono tre archi a guglia. Al piano superiore due eleganti finestre a
bifora.
Sullo stesso lato al piano nobile, sei aperture
con archi acuti ritmano la facciata principale sormontata da una merlatura. Sul lato
destro dell'ingresso una piccola cappella ed un campanile a guglia separano la Villa dai
magazzini del vino. |